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Autore: _Zaelit_    08/01/2021    0 recensioni
Come cambierebbe la storia di Final Fantasy VII se un'altra creatura aliena fosse caduta sul pianeta, anni fa, oltre a Jenova?
Il Progetto Yoshua R porta alla creazione di una ragazza all'apparenza normale ma che, in realtà, dovrebbe incarnare il potere dei Cetra e uguagliare la forza fisica dei prodotti del Progetto Jenova.
Rainiel non sa di essere nata da un esperimento, esattamente come non lo sa Sephiroth, ma i loro destini percorrono la stessa strada e sono pronti a incrociarsi.
- La Fanfiction è ambientata durante le vicende di Crisis Core ma gli eventi sono stati cambiati per comodità della trama. Alcuni personaggi potrebbero risultare lievemente OOC. Vi è la presenza di coppie canon e noncanon e di personaggi OC. -
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Crisis Core, Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Heiress of Yoshua'
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Quella notte che sarebbe dovuta essere la più importante e speciale, trascorse invece rapidamente e in maniera del tutto diversa da come Sephiroth l'avrebbe immaginata. Quel che desiderava era poter stare con Rain, dimenticare ogni problema per almeno qualche ora, anche perché sapeva che molto probabilmente si sarebbero separati l'indomani, e invece...

Invece, quella notte, aveva ottenuto un altro pezzo del quadro completo. Aveva scoperto l'identità dei suoi genitori.
E ora eccolo, lì immobile nella sua uniforme da Generale, il grande e potente Sephiroth che tutti credevano essere un eroe, imbattibile e inflessibile, che invece si lasciava divorare dai suoi stessi pensieri. La sua mente era più forte e letale della sua spada, e gli si ritorceva contro.
Era a Midgar. Aveva raggiunto la città con gli altri per mettere fine a quella storia. Per eliminare una volta per tutte il Professor Hojo in maniera da evitare che mietesse altre vittime. Per uccidere suo padre.
Questo lo avrebbe reso un assassino, si disse. Eppure, un assassino lo era già, ricordò. Quante vite aveva preso durante la guerra? Vite di soldati che erano morti perché qualcuno aveva ordinato loro di combattere. Soldati sfortunati che avevano incontrato proprio lui sul loro cammino. La Masamune aveva bevuto inesorabile il loro sangue, e Sephiroth non aveva battuto ciglio. Era nato per questo. Era nato per combattere e per uccidere.
Non aveva ancora incontrato Rain, non la Rain adulta che conosceva adesso, e per questo non aveva mai visto un'ambizione che andasse oltre la guerra. Una ragione di vita. Vita... lui non viveva, esisteva. Non per se stesso, ma per gli altri.
E quando aveva finalmente compreso la sua vera natura, quando aveva scorto una possibilità di liberarsi dalle catene che aveva imparato a conoscere sin dalla nascita, tutto era cambiato. Tutto era diventato troppo importante per essere ignorato. Doveva fare quel che andava fatto per liberare se stesso e tutti gli altri. Non c'era altra via per terminare quella storia durata fin troppo.
Quando si ritrovò ai piedi della Torre Shinra, dopo aver raggiunto la grande piattaforma senza troppe difficoltà grazie a eventuali conoscenze e trucchetti di ogni tipo, guardò il grattacielo senza alcun affetto. Sarebbe potuto crollare in quel momento, e non gli sarebbe importato. Non sentiva più nulla. Non aveva più nulla che lo interessasse, al suo interno.
Rainiel lo affiancò e sfiorò il suo braccio con una mano. Con la coda dell'occhio, lui la vide sorridergli per infondergli un po' di speranza.
Se non fosse stato per quel sorriso, forse Sephiroth avrebbe buttato giù la Torre Shinra con le sue stesse mani.
«Andiamo. Conosco un'entrata che ci farà passare inosservati.» ordinò poi.
Rainiel, Cloud e Zack lo seguirono senza fiatare.

La Torre Shinra nascondeva più meandri e passaggi di quanto la sua facciata sobria e professionale desse a vedere. Ma più di allora sembrò essere effettivamente un covo di segreti e misteri, menzogne sulle quali la Compagnia aveva messo le sue radici.
Un passaggio in particolare, lontano da occhi indiscreti e probabilmente non utilizzato da molto tempo, permise loro di passare semplicemente sfruttando le chiavi magnetiche conferite a Sephiroth, che fortunatamente aveva con sé.
Raggiunsero un pianerottolo collegato a un corridoio, dal quale si poteva avere accesso a un ascensore che stonava con l'ambiente ultramoderno attorno a sé, protetto da inferriate scure e intimidatorie.
Il SOLDIER leggendario spiegò che li avrebbe condotto direttamente al laboratorio di Hojo.
Nel dirlo, i suoi occhi si erano velati di un ricordo complesso quanto amaro. Rain poté capire all'istante che probabilmente, anche in più giovane età, egli aveva dovuto percorrere quella strada e molte altre per essere puntualmente scortato ai laboratori, dove veniva tenuto sotto stretta osservazione.
Il solo pensiero di cosa avesse dovuto subire ogni giorno della sua vita, prima di diventare un eroe di guerra, le diede la nausea.
Lo osservò utilizzare la tessera su uno scanner che avrebbe conferito loro di usare il mezzo, ma un rumore preoccupante attirò l'attenzione di tutti e quattro, mentre il piccolo schermo s'illuminava di luce rossa.
Le sopracciglia di Sephiroth si piegarono mentre lui comprendeva che qualcosa non andava per il verso giusto.
«Non funziona.» annunciò.
«Poco importa. Distruggiamo queste sbarre ed entriamo.» propose Zack, le mani già strette intorno all'elsa della pesante spada.
«È un'ottima idea, se il tuo piano è quello di fare scattare l'allarme e attirarci addosso un'orda di guardie.» rimbeccò lui, rivolgendogli un'occhiata seccata.
«Non c'è un'altra via?» domandò Rain, tentando di essere razionale e di non lasciarsi travolgere dall'ansia.
Sephiroth riflesse sfiorandosi il mento e lasciandosi andare a un lento sospiro.
«Hojo avrà sicuramente delle entrate personali, ma io non vi ho mai avuto accesso e non sono a conoscenza della loro locazione. L'unica possibile strada resta quella principale.» spiegò.
Dopo qualche secondo di silenzio, Zack ricordò.
«Il laboratorio è al sessantacinquesimo piano. Possiamo prendere l'ascensore di servizio e raggiungere il cinquantanovesimo.» cercò di ricordare Zack.
«Il piano panoramico?» ricordò Cloud, proprio accanto a lui.
«Esatto. Da lì possiamo usare le scale o gli ascensori di vetro. Dobbiamo solo superare la sala conferenze.»
Rain si avvicinò a una porta che dava sulle scale d'emergenza e successivamente agli altri ascensori. Le girava un po' la testa, non pensava che infiltrarsi nel luogo che era stato la sua casa per anni fosse tanto complicato.
«Allora andiamo. Se non ci notano, andrà tutto bene.»

E così, fortunatamente, fu. Era tarda sera e molti impiegati erano già tornati a casa. Non essendo un'ora di punta gli ascensori erano pressoché vuoti e il gruppo si curò di attendere che lo fossero completamente prima di entrarvi e utilizzarli.
Rain provò una profonda nostalgia nel vedere il piano panoramico. Era lì che aveva incontrato Sephiroth per la prima volta dal proprio arrivo a Midgar, non troppo lontano dagli uffici, dopo aver sconfitto la macchina da guerra Shinra all'interno del simulatore, e dove lui l'aveva affidata a Genesis come sua allieva.
Le mancavano quei tempi. Sembrava tutto più facile... prima che molte cose cambiassero. Era come vivere nell'illusione che tutto andasse bene.
Un ologramma attendeva di essere interpellato per rispondere alle domande di turisti o impiegati, ma loro non vi passarono vicino e proseguirono con la propria missione.
La sala conferenze era chiusa. Una grande porta conduceva agli uffici e alle stanze dedite alle riunioni, un'altra su un fianco portava invece ai servizi igienici. Davanti alla grande porta principale, le scale portavano al piano inferiore e superiore.
Rain e gli altri risalirono con cautela, lieti di non essere stati sorpresi finora.
Erano vicini alla meta. Tremendamente vicini.
Ma, arrivando per prima sul pianerottolo, Rainiel sgranò gli occhi ed ebbe un tuffo al cuore.
Una ragazza riposava con le spalle contro il muro, un curioso berretto con visiera rigida nero in testa e le braccia conserte, gli occhi persi nel vuoto che ben presto si puntarono su di lei.
«Rain...?» domandò la giovane, mentre la sua voce familiare accompagnava il movimento di un sopracciglio che si alzava perplesso. «Ma dove eri finita? È da ieri mattina che ti cerchiamo ovun...»
Rainiel osservò impotente lo sguardo della sua amica, la Turk Vaneja, indurirsi e insospettirsi mentre dietro di sé apparivano anche Sephiroth, Zack e Cloud.
In quel momento, Vaneja comprese che qualcosa non andava e la sua mano si avvicinò a una delle pistole legate alla sua cinta.
Rainiel sapeva che quell'incontro inatteso avrebbe potuto portare a un esito indesiderato, per cui doveva scegliere con cautela le sue parole.

 

   
 
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