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Autore: thors    08/01/2021    1 recensioni
[note] I fatti narrati in questa storia si svolgono poco tempo dopo gli eventi raccontati nelle serie animata “Avatar: The legend of Aang” (quindi c’è qualche spoiler) e costituiscono un enorme “what if” della successiva stagione “The legend of Korra” (alla quale non viene fatto nessun riferimento).
[intro] Il nuovo Signore del Fuoco viene travolto dalle più terribili violenze, mentre sui quattro regni spira un nuovo vento di guerra che lo trascinerà in un abisso oscuro e profondo, ma Ethiel, una giovanissima mezzelfa, affiderà a lui la sua vita e gli mostrerà in cambio un nuovo futuro.
[cit] Nel vederlo, Ethiel ne fu sorpresa, confusa ed inorridita.
«Non… non è un elfo…» protestò, senza smettere di fissare l’orrenda bruciatura che sfigurava il volto del ragazzo davanti a lei.
«No, non lo sono», replicò lui con tono seccato, mentre ricambiava lo sguardo della ragazzina con un’espressione altrettanto perplessa.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mai, Zuko | Coppie: Mai/Zuko
Note: Otherverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di una mezzelfa'
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6. Preparazione e viaggio

 

Zuko non ebbe molto tempo per farsi spiegare come la foresta potesse annunciare la morte di una regina degli elfi perché una freccia colpì Ethiel di striscio ad un braccio. Afferrò subito la ragazzina, troppo sconvolta per reagire, e la caricò su un cavallo-struzzo. Poi chiamò l’altro e si allontanò al trotto, reggendo le redini di entrambe le bestie e sapendo che gli elfi si erano limitati a dar loro un avvertimento. Si fermò quand’era già troppo buio per proseguire e dovette bloccare Ethiel, che cercò, invece, di spronare la sua cavalcatura ad avanzare ancora.

Appena smontò a terra, lei scoppiò in un gran pianto e, smozzicando le parole, gli spiegò come avesse appreso la brutta notizia da un’ombra più scura passata per la foresta e dal triste canto del vento. Gli confessò anche di voler cercare Fanie nel mondo degli spiriti, ma di non avere il coraggio per farlo.

Zuko la consolò, assicurandole che non aveva nulla di cui rimproverarsi, le fasciò la ferita e parlò con lei davanti al fuoco fino a quando non si addormentò tra le sue braccia.

Il giorno seguente ripartirono con calma, liberandosi facilmente di alcuni piccoli gruppi di banditi che tentarono di infastidirli lungo la via, e una settimana dopo trovarono il luogo dove realizzare i progetti condivisi una decina di giorni prima. Mentre Ethiel si riprendeva un poco alla volta, costruirono la loro casa in stile elfico; anche se Zuko, per consentirsi una salita e una discesa più agevoli, intagliò il tronco di uno degli alberi di sostegno, e costruì anche quattro sedie, un tavolo e qualche altro mobile d’aspetto piuttosto rozzo e solo vagamente somigliante a quelli in uso tra la sua gente. Ethiel fece una faccia disgustata alla vista dei gradini da lui realizzati, ma si limitò a camuffare quelli più vicini al suolo, mentre trasformò il mobilio in legna da ardere la prima volta che lui tornò nei villaggi vicini per vendere pelli, cosmetici e medicamenti.

A circa mezzora di cammino, circondata da un terreno impervio, vi era una piccola spiaggia incontaminata, dove Ethiel si recava spesso per cantare le antiche canzoni mentre il cielo si tingeva dei colori del tramonto. La prima volta ci andò soltanto per curiosità. Non aveva mai visto il mare, e fu allora che incontrò lo spirito della sabbia, il primo a rivolgerle la parola nel mondo dei vivi. Aveva l’aspetto di una testuggine e la riconobbe subito come la figlia di Fanie.

«Come fai a sapere chi sono?», chiese Ethiel sorpresa.

«La somiglianza è evidente, ed io ricordo chiunque lasci le impronte sulla sabbia. Un tempo il regno degli elfi si estendeva sino al mare, ed i loro canti erano molto piacevoli. Ogni solstizio d’inverno venivano a salutare l’ultimo raggio di sole, mentre il disco di fuoco, tingendo cielo e mare di malinconia, si nascondeva dietro i lontani monti dell’Ovest. Tua madre aveva la voce più bella.»

«Tu sai che è morta?»

«Oh, morta… Ha solo interrotto la sua vita, perché un giorno rinascerà. E so che ha messo sottosopra il mondo degli spiriti.»

«Non capisco cosa intendi dire… ma potresti aiutarmi ad incontrarla?»

«Dolce bambina, non sai che tua madre non è morta come immortale? Ora si trova nel mondo degli spiriti, ma ben presto tornerà ad essere un’elfa della foresta. E penso dovrai attendere ancor meno per incontrarla: è proprio per questo che ha smosso mari e monti.»

Ethiel non capiva per quale motivo sua madre avesse rinunciato all’immortalità ed era turbata da questa sua scelta, che vide come un tradimento. Ed ora, anche all’idea di rivederla, non sapeva se sentirsi felice o amareggiata.

Giorni dopo, quando la costruzione della casa era già a buon punto, un gatto bianco le si avvicinò facendo le fusa e la seguì ovunque andasse. Lei vi si affezionò subito e comprese la sua natura solo il mattino dopo. In sogno, Fanie le aveva parlato a lungo, consolandola, incoraggiandola ed infine dicendole che il suo nuovo animaletto l’avrebbe sempre accompagnata, consigliandola col suo istinto e facendo da ponte tra il mondo onirico e quello dello spirito. Del ciondolo tuttavia, non seppe dirle nulla, perché era un oggetto troppo antico anche per lei.

 

Trascorsero in quel luogo quattro anni piacevoli, trasformando la loro amicizia in qualcosa di più profondo. Lavoravano quel tanto che era necessario per acquistare ciò che non potevano procurarsi da soli e passavano una buona parte delle loro giornate ad allenarsi con arco e spada.

Alla fine di quel periodo, Ethiel era diventata una splendida ragazza, e le sue abilità crebbero sino a farla diventare un avversario troppo ostico anche per il suo maestro di lama. Ciò che ancora le mancava era la padronanza del dominio degli spiriti: non era più tornata nel loro mondo, del quale continuava ad avere una paura troppo grande, mentre qualunque cosa chiedesse di fare ad uno spirito nel suo mondo le costava un dolore insopportabile.

Tra i due, Zuko era quello più imprigionato nel passato e più preoccupato dalla guerra incombente. Non riusciva a dimenticare Mai e, avendo cinque anni più di Ethiel, preferiva vederla come una sorella più piccola. Aveva dovuto insistere per due anni prima di convincerla a visitare con lui i villaggi vicini, ed ora il suo obiettivo era di attraversare con lei mezzo Regno della Terra e raggiungere un luogo nel quale la sua coscienza lo spingeva a tornare.

Non l’avrebbe mai lasciata, ma sentiva un forte desiderio di stare tra la gente, di avere degli amici, di scoprire come proseguivano i preparativi di guerra, e di vedere com’era la vita nei villaggi meno isolati.

 

Un mattino, trovarono sotto casa un vecchio dalla pelle scura, con una barba lunga fino al petto e bianca come neve, e con addosso una tunica gialla che lasciava scoperte gambe, braccia ed una buona metà del petto. Il suo viso dimostrava almeno un centinaio d’anni, ma il suo corpo era ancora robusto ed asciutto.

«Buongiorno!» esclamò lui con un gran sorriso, mentre dozzine di uccellini appollaiati su di lui spiccavano il volo.

«Buongiorno a te», rispose Zuko, osservandolo con una certa diffidenza.

«Scusatemi, ma sono di fretta. Ho soltanto qualcosa da dire alla ragazza. Potete chiamarmi Pathik. O Guru, se preferite.»

«Come hai fatto a trovarci? E per quale motivo dovresti parlarle?» chiese Zuko, guardingo.

«Oh… gioventù d’oggi… ho poco tempo, ve l’ho già detto. Perciò non perdiamone altro. Ragazza, devi migliorare nel dominio degli spiriti, ed io sono qui per aiutarti. Vogliamo cominciare?»

Zuko ed Ethiel si scambiarono uno sguardo perplesso, ma il tono allegro del vecchio e le festose fusa di Ithil convinsero la ragazza ad accettare la proposta, almeno per scoprire cosa avesse da insegnarle.

 

Pathik la condusse poco lontano, si sedette a gambe incrociate su di un masso e la invitò ad accomodarsi nello stesso modo su di un’altra grossa pietra.

«Liberare i chakra è importante per il tuo dominio», cominciò, serio e sicuro. «Tutto il tuo potere passa per il cuore, perciò è lì che dovrai lavorare. Dovrei farti bere una bevanda… ma il mio allievo precedente l’ha… Beh, non servirà.»

Le spiegò la postura corretta e come entrare in stato di meditazione, poi le disse: «Tieni gli occhi chiusi ed evoca gli episodi che hanno scatenato le tue più grandi paure. Dovrai riviverli come se ti trovassi realmente lì, in quel momento, e poi dovrai lasciarli andare, e liberatene».

Una serie di immagini le affollarono la mente: lei stessa da bambina, quando Fanie non le fece visita per sette orribili giorni, e temette di esser stata abbandonata; gli sguardi degli elfi, carichi di un disprezzo che avvertiva anche senza vederli; nuovamente lei stessa, nei panni di una ragazzina smarrita, sola, lontana dalla sua foresta, come un tempo si era immaginata; la vigilia della sua partenza e i primi giorni di viaggio, pieni di nostalgia e di terrore per una nuova vita che non sapeva ancora immaginarsi; ed infine il mondo degli spiriti, pieno di creature orribili e malvagie, dalle quali non poteva sfuggire.

Riuscì a scacciarle tutte quelle immagini, tranne l’ultima, che la trascinò nella più profonda disperazione e costrinse Pathik a saltar giù dalla sua roccia. Il vecchio le toccò le tempie con due dita per parte ed intonò una lenta cantilena, smettendo solo quando la ragazza si addormentò.

Al suo risveglio, lui disse con tono rassicurante: «Così non vai molto d’accordo con il mondo degli spiriti… Forse avrei fatto meglio a chiedertelo prima di entrare nella meditazione. E dimmi, di cosa avresti paura, esattamente?»

Con il terrore ancora negli occhi, Ethiel gli rispose: «Ho paura… di non incontrare l’orso… di non trovare il modo di uscirne… di morire lì dentro».

«Oh, ragazza!» esclamò costernato. «Molte persone hanno così tanta paura di morire da non riuscire a vivere. Ho visto troppi uomini valorosi fuggire la loro ultima battaglia, e passare il tempo che restava loro con la morte nel cuore. Ma tu, amica mia, se tieni a vivere il destino che ti attende e non vuoi dispiacerti nei rimpianti, devi proprio affrontarla questa paura, perché solo nel mondo degli spiriti troverai un maestro che possa affinare il tuo dominio.»

Le parole di Pathik l’avevano calmata, ma non convinta. «No… non voglio», sussurrò, nascondendosi il viso.

«Ragazza, tu sei fortunata, perché vado spesso a farmi un giro da quelle parti e qualche consiglio posso dartelo. Per cominciare: l’orso è un tipo gentile, ma i cattivi là dentro non sono poi tanti. Devi solo essere gentile a tua volta e non partire con l’idea che ti vogliano far del male. Ed in quanto ad uscirne, dovresti avere un amuleto con te. Aspetta… Non dirmi che sei entrata senza aver messo la collana al collo…»

Quella soluzione le parve tanto ovvia in quel momento da vergognarsi di sé stessa per non averci pensato da sola.

«Sì, ragazza mia», disse lui, guardandola con un gran sorriso. «Ti bastava questo per uscirne facilmente.»

«Ma se gli spiriti non avevano intenzione di farmi nulla, perché continuavano ad avvicinarsi a me, anche se avevo chiesto loro di starmi lontani?»

«Perché sono suscettibili come i vivi. Se tu stessi andando in giro per i fatti tuoi, o volessi solo salutarmi, ed io ti ordinassi di cambiare strada, tu non te la prenderesti un po’? Gli spiriti, se non sono impazziti per qualche motivo, ragionano in modo simile a noi.» La guardò con tale intensità da sembrare che volesse scrutarle dentro l’animo. «Ora… se avessi più tempo, ti farei andare dall’altra parte per chiedere scusa a tutti, ma, siccome non ne ho… preferirei farti ripetere subito la meditazione.»

Ethiel sentì Ithil strusciarsi contro la sua gamba, come a volerle far coraggio, e decise di potersi fidare. Così riprovò l’esercizio e lo completò, sentendosi avvolgere da una sicurezza mai provata prima.

«Scusami,» gli chiese, vedendolo già andar via, «prima mi hai parlato di destino, ma quale sarebbe il mio? Perché sei venuto qui ad aiutarmi? Perché devo imparare a dominare gli spiriti?»

Lui si voltò e le rispose cortesemente: «Il tuo destino sarai tu a deciderlo. Io sono venuto qui per aiutarti a capire cosa puoi fare. E tu puoi continuare a vivere qui senza interessarti d’altro, oppure puoi guardarti attorno e capire da sola cosa fare col tuo dominio». Si allontanò di tre passi, quindi si fermò di nuovo e le sorrise benevolo. «Quel che mi aspetto da te, è che tu sia sempre gentile, anche con i viventi. Vedrai che così tutto ti sarà più facile.»

 

L’incontro con il maestro di dominio avvenne nel pomeriggio dello stesso giorno. Mentre Zuko vegliava sul suo corpo addormentato, Ethiel sperimentava i suggerimenti di Guru nel mondo degli spiriti. Molti si fecero avanti, solo incuriositi dalla presenza di un vivo nel loro mondo, ed alcuni si dimostrarono felici di aiutarla. Fu proprio il coccodrillo, dopo aver accettato le sue scuse in modo un po’ scontroso, a condurre Fanie da lei.

Il suo insegnante, un mezzelfo vissuto quando ancora il mondo era giovane, e piuttosto seccato per aver dovuto interrompere le sue meditazioni, iniziò ad istruirla con queste parole: «Il corpo degli Elfi non permette loro di usare nessun dominio. Noi mezzelfi abbiamo gli stessi chakra degli umani, ma possiamo apprendere solo il dominio degli spiriti, che è radicalmente diverso dagli altri quattro. Anzi, “dominio” è una parola a dir poco fuorviante».

«Questo penso di averlo già compreso,» gli rispose Ethiel, «ma tu, quand’eri in vita, come l’hai usato?»

Lui le rivolse un sorriso maligno. «Dovrai usare il tuo dominio per farmelo dire.»

Nel corso di un mese le insegnò come comunicare agli spiriti le proprie intenzioni ed il proprio animo, perché avrebbe potuto ottenere il loro vero potere solo se avesse condiviso appieno la propria volontà, l’avvertì che ogni volta avrebbe pagato le sue richieste assorbendo una parte delle sofferenze dello spirito e la invitò a non imporsi mai su quelli troppo potenti, perché il suo cuore avrebbe potuto non resistere all’ira violenta di uno spettro infuriato.

Nell’ultima lezione, Ethiel riuscì ad usare il dominio dello spirito sul suo maestro e poté così riproporgli la sua domanda.

«Ho ucciso un avatar», le rispose.

 

Dopo aver meditato a lungo sulle parole di Pathik, Ethiel accettò di intraprendere quel viaggio tanto caro a Zuko; così fecero i bagagli e partirono sul loro carro.

A sere alterne si fermarono in qualche paese per chiedere ospitalità, che ripagavano poi generosamente alla loro partenza. Zuko non sceglieva mai le case più ricche, ed Ethiel si divertiva spesso nell’insegnare usi poco noti delle erbe locali. In quel periodo, oltre ad apprendere questioni politiche del tutto al di fuori del suo modo di pensare, lei tenne le orecchie nascoste sotto i capelli, come Zuko le aveva suggerito, ma accettò di farlo solo dopo che lui le fece notare come le tenesse piegate allo stesso modo ogni volta che poggiava la testa su di un cuscino.

Una sera, mentre mangiavano allegramente, un bambino che la prese un po’ troppo in simpatia volle arruffarle i capelli e si ritrovò tra le mani una sottile fascia di seta. Lei si nascose subito sotto al cappuccio della tunica, ma, quando vide l’intera famigliola guardarla a bocca spalancata con le posate a mezz’aria, scappò via in lacrime.

Prima di raggiungerla, Zuko si rivolse ai padroni di casa, che apparivano costernati quanto i loro figli, diede loro qualche moneta per la cena e disse: «Mia sorella è nata con questa… deformità. Come potete capire, lei se ne vergogna molto, perciò vi prego di scusarci, ma credo dormiremo altrove».

Ethiel si era andata a nascondere dentro al carro. Quando Zuko la raggiunse, preoccupata e triste, gli chiese: «Cosa facciamo adesso?»

«Sono brave persone, non ti preoccupare», la rassicurò lui. «Erano così dispiaciuti che hanno deciso di farci trovare dei biscotti appena sfornati domattina.»

Si allontanarono un poco dal paese e dormirono all’aperto. Al mattino tornarono indietro e ringraziarono l’intera famiglia per i dolci. E non chiesero più ospitalità a nessuno fino a giungere a destinazione, neppure nelle notti di pioggia.

   
 
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