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Autore: Rosette_Carillon    12/01/2021    0 recensioni
Nella brughiera si vaga e ci si perde per trovare sé stessi; ci si lascia affascinare dalla natura selvaggia, ci si lascia annientare dalla sua forza per poi trovare conforto fra le braccia di un amante.
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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                                                                                                                             Rowan House
 
 








 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Le mani di Ronald lo cecavano spesso.
Si muovevano incerte, a tentoni, cercandolo. Movimenti lenti e controllati la maggior parte delle volte, che diventavano più frenetici quando l’uomo si agitava, cosa che, soprattutto i primi tempi, era capitata spesso.
Col tempo si era arreso ai fatti e, anche se non aveva interamente accettato ciò che gli era capitato, aveva cominciato a farlo e, pertanto, ad adattarsi alla nuova vita.
Tuttavia, continuava sempre, inconsciamente o meno, a cercare Gideon.
In quel suo mondo fatto di ombre, la presenza dell’uomo lo calmava e, non potendo vederlo, aveva bisogno di sentirlo. Sentire il peso della sua mano sopra una spalla, sulla schiena; le sue dita che lo sfioravano appena, che gli accarezzavano una mano.
In quei momenti era felice, sentiva di essere finalmente nel posto giusto, ed era contento di essere ancora vivo.
 
                                                                                                                                   §۝§
                
 
Si era perso.
Dopotutto, era questo che voleva, no?
No?
No, decisamente no, no.
Si era perso davvero, senza la minima idea di dove si trovasse, fin dove fosse arrivato e, soprattutto, di come tornare indietro.
Era solo nella vasta e silenziosa brughiera. Uno spettacolo che, in un’altra situazione, sarebbe certamente stato maestoso.
Ma forse era meglio così…sì, era decisamente meglio così.
Aveva sentito tante sinistre leggende sulla brughiera, una terra desolata e senza tempo, a tratti spettrale, in cui tutto poteva capitare. Alcuni la chiamavano la terra dei morti. Era il posto adatto a lui: per due volto la Morte era stata sul punto di portarlo con sé, ed entrambe le volte non era stata clemente abbastanza da farlo. Si era mostrata a lui facendogli intuire il suo futuro, per poi ritirarsi nelle ombre e lasciarlo a vivere un presente che non sarebbe dovuto essere, che non aveva senso di esistere.
Strinse forte il suo bastone, e inspirò a fondo. Aveva paura, aveva tanta paura, ma se si era ritrovato in quella situazione era solo colpa sua.
Un vento freddo cominciò a soffiare scuotendo l’erica e facendo rabbrividire l’uomo.
Lentamente, reggendosi al bastone, si inginocchiò tastando il terreno con la mano libera, alla ricerca di sassi o fango. Le sue mani titubanti accarezzarono solo morbidi fiori. Erica?
Si immaginò la solitaria pianta dai fiori rosa: quanto avrebbe voluto poterla vedere, ma davanti ai suoi occhi ora c’era solo un distesa di ombre.
Udì un rombo lontano. Un tuono. Presto avrebbe piovuto.
Quanto avrebbe voluto poter vedere il cielo, quel cielo che aveva sempre amato, che l’aveva rassicurato… ora poteva solo immaginarlo grigio, di un grigio particolare che tingeva tutta la brughiera attenuandone i colori, rendendoli opachi eppure tanto affascinanti che descriverli a parole era quasi impossibile.
Si sentì immensamente piccolo sotto quel cielo che non poteva vedere, e solo, e smarrito. Gettò la testa all’indietro levando lo sguardo verso l’alto.
Dov’era? Perché era stato così stupido da mettersi in quella situazione?
Stupido! Era stato uno stupido! Era tutta colpa sua! Non era capace di fare per il verso giusto, né morire né, tantomeno, vivere.
Forse, se avesse ripreso a camminare sarebbe arrivato da qualche parte, ma le sue gambe non erano più in grado di reggerlo. Era stanco e disperato, e non poteva fare altro che restare solo, abbandonato, ad attendere qualsiasi cosa sarebbe arrivata.
Un altro tuono risuonò, più forte del primo, squarciando l’aria; poi un latrato. Ronald si fece attento, e cominciò a preoccuparsi. Se si fosse trattato di un cane randagio, aggressivo, quella sarebbe stata certamente la sua fine. Che vergogna, sopravvivere alla guerra, un tentativo di suicidio, e finire sbranato da un cane.
Sentì l’animale avvicinarsi continuando ad abbaiare, lo sentì girargli attorno, e vide un’ombra fermarsi davanti a lui. Il cane abbaiò nuovamente, incerto, poi allungò una zampa e la posò sopra la mano dell’uomo per attirare la sua attenzione.
<< J-Juniper? >> tentò l’uomo, speranzoso. L’animale abbaiò confermando la sua identità, Ronald lo sentì correre attorno a lui.
<< Juniper sei tu, >> non poté fare a meno di sorridere felice, e allungò una mano cercando l’animale che, docilmente gli si avvicinò per farsi accarezzare. << Ma sì, sì, sei proprio tu! Mi hai trovato, >> affondò le mani nel suo pelo morbido, accarezzandola dolcemente. << Brava, brava, mi hai trovato. Mi hai salvato, Juniper. Mi hai salvato. >>
L’animale si allontanò all’improvviso e riprese ad abbaiare, forte, come se stesse avvisando qualcuno. Non era sola.
Ronald cercò a tentoni il bastone adagiato sull’erica, lo strinse forte fra le mani e si mise in piedi. Le gambe dolevano, era stanco, e infreddolito.
Sentì dei passi e rimase in ascolto, concentrato. Erano davvero dei passi, o solo il vento che attraversava la brughiera? No, forse qualcuno stava davvero correndo verso di lui.
<< Ronald! >>
L’uomo fremette nel riconoscere quella voce. Si guardò attorno nel disperato e impossibile tentativo di individuare il nuovo arrivato, cercò di muovere alcuni passi, ma le ombre si confondevano davanti ai suoi occhi, i suono attorno a lui lo avvolgevano stordendolo.
Due braccia lo avvolsero. Il familiare odore di tabacco gli riempì le narici.
<< Gideon… >>
<< Sì, sono io, >> l’uomo si allontanò di un passo << scusa, scusa, avrei dovuto avvisarti anzi che assalirti così, ma… >> si schiarì lo gola << Stai bene. Ora andiamo, torniamo a casa. >> Si mise di fianco a lui, un braccio gli circondò la vita.
<< Non credo di farcela. >>
<< Sei ferito? >>
<< No…no, >> abbassò lo sguardo.
L’uomo avvolse la mano dell’altro, stretta al bastone << Ronald che succede? >>
<< Sono stanco… le mie gambe…non posso tornare indietro… è troppo lontano. >>
La stretta di Gideon divenne più salda, e Ronald non poté fare a meno di cominciare ad agitarsi.
<< Siamo piuttosto vicini. >>
<< Cosa? >>
<< Poco più di due chilometri. >>
<< I-io… >>
<< Hai perso l’orientamento. È normale, la brughiera è tutta uguale, >> cercò di buttarla sul ridere per alleggerire la tensione << chiunque avrebbe- >>
<< Ma io non sono chiunque. Io- >>
<< Tu non avresti nemmeno dovuto correre un rischio simile. >> Ora il suo tono era severo. << È stato uno sforzo fisico troppo grande. Lo sai, il dottore te l’ha detto: hai bisogno di tempo e di riposo. >> Tacque per un momento, per convincersi a terminare quello che voleva dire << e abbiamo avuto paura. Io ho avuto paura che ti fosse capitato qualcosa. E, no, non sarebbe stato meglio così. >>
Quando la sagoma di Rowan House, comparve all’orizzonte, le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere dal cielo e, non appena il portone della casa si chiuse alle loro spalle, il temporale infuriò all’esterno.
Rolando sobbalzò, colto di sorpresa dal forte boato dei tuoni, e inciampò addosso a Gideon.
<< Va tutto bene, tranquillo. >>





 
  
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