Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
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Autore: Ghostclimber    14/01/2021    2 recensioni
Gokudera ha passato due mesi in Italia nel vano tentativo di dimenticare il Decimo.
Ora è di ritorno, e dovrà decidere se continuare a fingere o guardare in faccia la realtà.
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Genere: Demenziale, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don't tell her she means everything,
or she might see the fool behind the frown,
and then the heart behind the fool.

 

 

 

 

-Gokudera.- chiamò Reborn a bassa voce, nel cuore della notte. Gokudera si voltò; era sul ballatoio che circondava casa Sawada e stava fumando una sigaretta.

-Reborn. Sawada san non c'è?

-No, è in vacanza con Iemitsu.- Reborn rispose, vago. Gokudera attese un po', poi chiese: -...e?- Reborn gli rivolse un mezzo sorriso compiaciuto.

-Non ti sfugge nulla, vero? Hai proprio l'animo del mafioso. È un bene che tu sia al fianco di Tsuna. Le cose tra i Sawada non vanno molto bene.

-Mi dispiace.

-Per Nana, suppongo.- Gokudera esitò, prendendosi il tempo di aspirare una boccata dalla sigaretta. Era esitante a criticare l'uomo che aveva dato i natali al suo Decimo, eppure c'era in Iemitsu qualcosa di stridente, come un sassolino sotto ai denti. Reborn sembrò comprendere il significato del suo silenzio e cambiò argomento: -Hai consegnato la lettera che ti avevo dato?

-Sì. Ma non l'ha voluta aprire.- Reborn si arrampicò sul parapetto e si sedette. Tacque per un po', poi chiese: -Sai se almeno l'ha tenuta?

-Sì. Ma ha detto di non essere ancora pronta a leggerla. Posso sapere cos'è successo? Quando le ho detto che era da parte tua per poco non mi fulmina.

-Suo fratello maggiore è morto a causa mia.- rispose Reborn, sibillino. Gokudera continuò a fumare in silenzio, in attesa di sapere se il killer avesse intenzione di aggiungere altro, ma non accadde e lui ritenne più prudente non indagare oltre.

-Ho letto il tuo diario.- disse infine Reborn. Gokudera spense la sigaretta nel posacenere che Nana aveva approntato apposta per lui e ribatté: -L'avevo immaginato.

-Che cos'è successo?

-A cosa ti riferisci?

-A quell'appunto sull'ubriacarsi. So che non sarebbe da te mettere a repentaglio la reputazione dei Vongola, ma...

-Un incidente di poco conto.- lo interruppe Gokudera, -Un incidente privato.- sottolineò.

-Se dovessero esserci conseguenze, informami immediatamente. Posso provvedere a tutto io.- Gokudera non rispose. Aveva la netta, agghiacciante sensazione che in qualche modo Reborn avesse intuito a grandi linee cos'era successo; se avesse sospettato una scena ridicola, l'avrebbe minacciato di conseguenze, non gli avrebbe certo promesso di “provvedere a tutto”. Era una scelta di parole ben precisa che sottintendeva esattamente le possibili conseguenze di ciò che era successo.

-Dovresti parlare con Tsuna.- aggiunse Reborn.

-Senti, non è niente di serio. Abbiamo scopato da sbronzi, punto, non c'è nessun tipo di...

-Non di quello. Quello sono affari tuoi, anche se penso che Tsuna dovrebbe saperlo. Magari lo smuoverebbe un pochino.

-Smuoverlo?- Gokudera rabbrividì al pensiero che Reborn stesse sottintendendo che il Decimo avrebbe potuto prendere spunto dalla sua immane cazzata per buttarsi e dichiarare i propri sentimenti a Kyoko Sasagawa.

-Sì. Magari è la volta buona che si rende conto che potresti non restare innamorato di lui per tutta la vita, se a un certo punto non ottieni il minimo risultato.- Gokudera lasciò che le parole di Reborn cadessero, mentre prendeva un respiro dopo l'altro nel tentativo di non mancargli di rispetto.

-Sai, non sono proprio sicuro che mi piaccia l'idea che uno che la pensa così stia con mia sorella.

-Non sto con tua sorella.

-E non sarebbe il caso di informarla?

-Credimi, ci ho provato.- Gokudera si voltò a guardare Reborn, ma il killer aveva lo sguardo fisso nel buio della notte. Dopo un po' aggiunse a mezza voce: -Un giorno si arrenderà all'evidenza.- Gokudera tacque. Moriva dalla voglia di chiedere a Reborn come mai si credesse così superiore all'umanità intera, perfetto e del tutto privo di difetti; ogni sua frase suonava come qualcosa di cascato dal cielo, una dichiarazione insindacabile e innegabilmente corretta che non si poteva in alcun modo contraddire, pena l'umiliazione. Il Decimo aveva accennato al fatto che Reborn sembrasse più rompiscatole del solito, e ora anche Gokudera se ne rendeva conto in prima persona.

-Dicevo che devi parlargli dei tuoi sentimenti.- disse Reborn, -L'hai sentito, no, quel che ha detto prima di mettersi a dormire.

-Avanti, come puoi credere che lui...

-No, come puoi tu non crederlo!- Reborn sembrava inviperito, -Vi morite dietro a vicenda da anni, avanti! Non puoi davvero...

-Piantala.- Gokudera aveva sussurrato, ma evidentemente Reborn doveva averlo sentito, perché si interruppe. Il Guardiano della Tempesta si voltò verso di lui e sibilò: -Hai una minima idea di quanto possa far male? Eh? Amare un amore impossibile, vivere ogni giorno, ogni minuto cercando di convincere te stesso a non illuderti? A ripeterti che quella mano non ha sfiorato la tua di proposito, che non c'è nessun secondo fine nelle attenzioni che ricevi, che non guarda te per primo perché ti ama ma solo perché sei quello che fa più casino?- Gokudera tacque. La voce gli si era spezzata sull'ultima frase, appena appena ma quanto bastava perché Reborn se ne accorgesse, e lui non voleva dargli nessun ulteriore appiglio per cominciare a coinvolgerlo in uno dei suoi giochetti psicologici.

Era stanco per il viaggio, stressato per la situazione che si era lasciato alle spalle in Italia, confuso dal comportamento del Decimo, assonnato e al tempo stesso incapace di addormentarsi, e si sentiva sul punto di cedere. Si mise nervosamente in bocca una sigaretta che non aveva la minima voglia di fumare, ma che almeno gli avrebbe tenuto le mani occupate; dovette cercarne a lungo l'estremità con la fiamma dell'accendino prima di riuscire ad accenderla.

-Sì.- disse Reborn dopo un po', a bassissima voce, -Che tu ci creda o no, so cosa vuol dire. Ma dall'esterno, io resto dell'idea che dovresti parlare con Tsuna. Pensaci.

-Sì, ci penso.- tagliò corto Gokudera, appoggiandosi con i gomiti al parapetto; Reborn saltò giù un po' goffamente e si diresse verso l'interno della casa: -Buonanotte, Gokudera.

-Buonanotte.- Gokudera spense la sigaretta fumata solo a metà e cominciò a passeggiare avanti e indietro per il ballatoio. Sotto un certo punto di vista, Reborn non aveva torto: se lui non avesse parlato al Decimo dei propri sentimenti, presto o tardi sarebbe successo qualche patatrac. In sua presenza, Gokudera cercava di essere sempre più lucido possibile: non aveva mai toccato alcool, se si sentiva troppo nervoso si alzava e andava a fumarsi una sigaretta per calmarsi, cercava di non addormentarsi per evitare il rischio di parlare nel sonno. Ma era stancante, molto stancante, e non poteva restare teso per il resto della vita. E se poi fosse scoppiato all'improvviso di fronte alla notizia di un eventuale fidanzamento del Decimo, non avrebbe fatto altro che rendere le cose imbarazzanti per tutti quanti. Gokudera fissò la sigaretta nel posacenere e rimpianse di averla spenta. provando un vago senso di colpa, ne estrasse un'altra dal pacchetto e la accese.

Tirò la prima boccata per calmarsi. Era giunto il momento di ragionare sulla parte peggiore della questione, il logico incubo di qualunque innamorato: come avrebbe reagito se il Decimo gli avesse detto che non ricambiava, cosa assai probabile? Razionalmente, Gokudera sapeva che in ogni caso il Decimo sarebbe stato gentile, era nella sua natura esserlo. Che diamine, era gentile anche con Testa a Prato quando partiva con le sue filippiche sulla boxe.

Eppure, Gokudera sapeva che un rifiuto da parte del Decimo l'avrebbe ridotto in pezzi. Ricordò di aver letto da qualche parte che sarebbe meglio poter morire quando ci si spezza il cuore, o una cosa del genere, e si rese conto con un brivido lungo la parte posteriore delle braccia che, se il Decimo l'avesse rifiutato, lui avrebbe trascorso il resto della propria vita a cercare di convivere con i frantumi del proprio cuore. E a cercare di non farlo pesare a nessuno, soprattutto al Decimo, che si sarebbe già sentito male per conto proprio all'idea di averlo fatto soffrire.

No, decisamente questa non era una strada praticabile, almeno non al momento.

Gokudera si massaggiò la fronte con la punta delle dita. Decisamente, quel viaggio in Italia aveva fatto più male che bene. Era tornato solo per affogare di nuovo nel caos, quello fisico generato dai suoi turbolenti compagni Guardiani e quello mentale causato da lui stesso, dai suoi ragionamenti e dalle sue elucubrazioni senza fine sul Decimo.

Tutto, poi, per tornare sempre al punto di partenza: non doveva, non poteva confessare i propri sentimenti. Altrimenti, il Decimo l'avrebbe visto come qualcuno che non sapeva tenersi dentro ciò che provava e non si sarebbe più fidato di lui.

Gokudera spense la sigaretta, rassegnato, e tornò in casa. Si guardò intorno nel salotto vuoto e meditò se non fosse il caso di dormire sul divano; sembrava la soluzione migliore, almeno sarebbe stato lontano dal Decimo e non nella sua stessa stanza con la costante tentazione del vederlo addormentato e il rischio di mugugnare qualcosa di compromettente nel sonno.

Tuttavia, il Decimo aveva steso un futon apposta per lui, e se lui avesse dormito sul divano avrebbe potuto offenderlo. Se il Decimo voleva che Gokudera dormisse nella sua stanza, così sarebbe stato. Nel futuro aveva ovviato alla questione semplicemente alzandosi e andando a dormire in biblioteca con la scusa di voler continuare a studiare il Sistema CAI, ma in quel momento non era certo una giustificazione plausibile.

Salì le scale con lentezza, cercando di non fare il minimo rumore, entrò con riverenza nella stanza del Decimo e lo guardò dormire. Poco prima, sulla spinta di quella frase che, ora ne era certo, non era altro che un fraintendimento, aveva lasciato il proprio diario aperto sul suo comodino; lo ritrovò nella stessa posizione e ne dedusse che Reborn l'aveva letto senza spostarlo, o che l'aveva fatto in precedenza. Si soffermò di fianco al letto del Decimo, sperando di non svegliarlo, e lesse:

 

“Non funziona.

Non sta funzionando per un cazzo.

Sono qui per dimenticarlo e ho fatto tutto il giorno a parlare solo di lui.

Mi ricordo i tratti del suo viso come se lo avessi proprio qui di fronte a me, se sapessi disegnare riuscirei a fargli un ritratto così realistico che prenderebbe vita e io potrei fingere di poterlo amare.

Ma no, non sarebbe altro che un palliativo inutile, forse mi sentirei solo peggio, come quando sogno di chiamarlo per nome invece che con il suo titolo e lui mi corre incontro e mi bacia... e poi mi sveglio e lui non c'è, e io non oso dire quelle due sillabe che compongono il suo nome mentre i suoi occhi mi guardano nella vita reale, e resto solo con i rimasugli acidi di un momento mai vissuto.

Non riuscirò mai a dimenticare che amo Sawada Tsunayoshi.

(ed è così da stupido arrossire solo perché ho scritto il suo nome. Juudaime, ti prego, perdonami per questo amore che non riesco a soffocare!)”

 

Cristo santissimo.

Gokudera prese il diario e lo ficcò nello zaino, in fondo in fondo, cercando di resistere alla tentazione di appiccare un fuoco e bruciarlo.

Rimase lì in piedi a fissare lo zaino e a chiedersi come cavolo avrebbe mai potuto addormentarsi: il sonno era di là da venire, e nella mente stanca di Gokudera fece capolino una canzone italiana che aveva sentito ai Giardini Bovino. Quella, in effetti, era stata la svolta dopo la quale aveva cominciato a confidarsi davvero con Viola: stavano leggendo in tranquillità nella casa sull'albero, la radio accesa a basso volume in sottofondo, quando era cominciata una canzone degli 883 che parlava di sonno che se n'era andato, di un amore mai confessato e di una lenta agonia nel doversi limitare a guardare solo da lontano la persona amata. Viola era scoppiata in lacrime senza preavviso, e come una diga che cede gli aveva raccontato tutto del suo Dani, di com'era vissuto e di com'era morto tra le sue braccia, e di come lei lo sentisse ancora vivere.

E lui aveva a sua volta raccontato di com'era bello il suo Decimo, di come la luce fluisse intorno a lui, riempiendo il mondo di ossigeno, di come una sua sola risata fosse in grado di creare la vita.

Da lì in poi, si erano macinati tutta la discografia degli 883, avevano accantonato quasi del tutto i libri e i giochi da tavolo e avevano cominciato ad incidersi metaforicamente a vicenda per liberare tutta la sofferenza. Gokudera si chiese vagamente se anche Viola si sentisse comunque ancora da schifo.

Come diceva Max Pezzali in quella fatidica canzone, il sonno se n'era andato e non sembrava avere intenzione di tornare, quindi Gokudera decise di provare ad essere produttivo, se non altro per distrarsi dalla presenza del Decimo che, profondamente addormentato, era lì a lasciare che Gokudera lo sentisse vivere, e minacciava di smontare ad ogni respiro lieve la maschera che si era costruito con così tanta cura.

Si sedette contro il muro, cercando di scrivere decentemente alla fioca luce dei lampioni e della luna e mise giù un piano di lezioni più lievi possibili sul sesso per Lambo.

Quando terminò, erano quasi le quattro del mattino, e finalmente il sonno cominciava a fare capolino nella sua coscienza, ottenebrandogli la vista, rallentando i suoi movimenti e offuscandogli i pensieri.

Rilesse quel che aveva scritto, lo trovò abbastanza razionale e decise di riguardarlo meglio, ascoltando anche il parere del Decimo, il mattino dopo a mente fresca. Ripose il diario nello zaino e si coricò nel futon. Ora, la stanchezza finalmente stava avendo la meglio su di lui.

Gokudera non si addormentò subito.

Rimase sveglio per un po' ad ascoltare il Decimo che respirava e a rendersi conto ancora una volta di quanto lui fosse speciale. Gli era capitato di addormentarsi nella casa sull'albero insieme a Viola, e a volte di svegliarsi prima di lei, eppure non aveva mai avvertito quelle fitte al petto nell'udire il suo respiro regolare. Invece, lì con il Decimo, ogni respiro era un soffio di speranza, l'irrazionale attesa spasmodica del successivo era una quieta agonia: un ritmo lieve di sensazioni che pian piano cullarono Gokudera verso un sonno ristoratore.

 

Gokudera si svegliò spontaneamente quando il sole era già sorto, sentendosi corroborato. Senza fare rumore, sbirciò il cellulare e vide che erano le otto e mezza.

Si stupì onestamente di sentirsi così riposato dopo neanche cinque ore di sonno, e istintivamente si girò per controllare se il Decimo si fosse già svegliato.

Lo trovò con gli occhi aperti, disteso su un fianco, abbracciato al cuscino.

Guardava lui.

-Buongiorno. Hai dormito bene, Gokudera kun?

-Buongiorno, Decimo! Sì, ho dormito bene, e voi?

-Come un sasso. Ti sei svegliato durante la notte o è stata una mia impressione?

-In realtà ho faticato ad addormentarmi... spero di non avervi disturbato!

-Al contrario. Ho continuato a dormire, ma meglio, sapendo che tu eri qui con me.- Gokudera arrossì. Rifletté mestamente sul fatto che se il Decimo avesse continuato ad essere così affettuoso lui non sarebbe riuscito a trattenersi per molto tempo, figurarsi per tutta la vita come aveva deciso di fare giusto qualche ora prima.

Poi, il Decimo aprì la bocca per parlare e sbiancò di colpo.

-Decimo, vi sentite bene?- chiese Gokudera, scattando subito di fianco al suo letto.

-Gokudera kun, tu... sei...- Gokudera guardò verso il basso, istintivamente, colto dal tremendo terrore di essersi spogliato durante la notte o di avere l'alzabandiera del secolo.

Così non era: era in maglietta e calzoncini e sì, aveva una mezza erezione mattutina, ma niente di disumano o di troppo imbarazzante.

-...sei arrabbiato con me?- chiese Tsuna in un soffio.

-Io... cosa? No!- rispose Gokudera, allarmato, -Cosa ve lo fa pensare?

-Ecco... quel che ti ho detto ieri sera. Io...- Tsuna si sollevò seduto, sempre abbracciato al cuscino, e si grattò la nuca ridacchiando imbarazzato: -Sul momento credevo di essere stato geniale e di non essermi lasciato scappare niente, ma... ecco, sì, adesso che ci ripenso mi sa che mi sbagliavo.

-Avete detto un paio di cose strane, Decimo, ma eravate stanco. Sono sicuro che non intendevate...- Tsuna si rabbuiò e Gokudera si interruppe.

-Ma è proprio quello, il punto, Gokudera kun. Io le intendevo davvero, quelle cose.

 

 

 

 

Ed eccomi qui finalmente con il terzo capitolo!

Doveva essere pubblicato ieri sera, ma il cervello ha alzato bandiera bianca così all'improvviso e quindi niente, pace, ho dovuto aspettare di riavviarlo per essere sicura di non aver scritto di merda (un “e meno male” dalla regia).

Piccole notine:

La citazione sul cuore spezzato viene da Cuori in Atlantide di Stephen King, il mio libro preferito. L'originale è: “Hearts can break. Yes, hearts can break. Sometimes I think it would be better if we died when they did, but we don't.”

La canzone degli 883, ma che ve lo dico a fare (voci dalla regia: -Lo dici perché non tutti vanno in trip per gli 883 a intervalli regolari), è “Ti Sento Vivere”, una di quelle cose che mi fa awwware come non mai.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, battete un colpo se avete gradito!

XOXO

 
   
 
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