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Autore: Little Firestar84    15/01/2021    6 recensioni
A Tokyo, Ryo Saeba delude ancora una volta la donna che aveva detto di amare, spedendola in una spirale di tristezza e delusione, mentre a Shinjuku un killer semina la morte tra le donne...
A Austin, Patrick Jane scopre che la morte di John Il Rosso potrebbe non essere la fine della sua storia, e che ancora una volta, Visualize e Bret Stiles potrebbero essere connessi alla sua caccia.
Ancora non lo sanno, ma i destini di Ryo Saeba e Patrick Jane sono destinati ad incrociarsi- ed il tutto per il bene delle donne che amano, e in nome del futuro che con loro desiderano creare.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Consultant'
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Tokyo, quartiere di Shinjuku- nella sede di Visualize

Le sette, Ryo si era reso conto guardandosi intorno all’interno di quel pacchiano palazzo che sembrava una piramide egizia di un architetto sotto acido da troppo tempo,  amavano due tipi di persone; i disperati, che gli avrebbero dato tutti i loro soldi e avrebbero poi lavorato vita natural durante a gratis, facili da irretire e destinati a rimanere per sempre nelle loro file, e quelli con tanti soldi. I ricchi erano spesso viziati ed annoiati, che stavano con loro il tempo di una volata di vento, ma che, oltre ad apportare un influsso di denaro elevato ed immediato, servivano anche ad un altro scopo.

La pubblicità. L’influenza.

Entrambe cose che Stiles sembrava adorare alla follia.

Ryo, una volta entrato in quell'obbrobrio, attese un attimo a togliersi gli occhiali da sole a specchio, preferendo tenerli per sembrare annoiato e svogliato, da vero ricco; indossava un completo di alta sartoria per vendersi meglio, e Saeko gli aveva gentilmente offerto un po’ di denaro da tenere a portata di mano per fare scena. Camminare per le strade del quartiere con tutti quei bei soldini in tasca era stato molto complicato, perché la tentazione di spenderli in bere e nella compagnia (puramente platonica) di deliziose conigliette era stata davvero forte, ma aveva sospirato, mettendo il muso, conscio che Saeko, quei soldi, li avrebbe voluti indietro, che le cose a casa - a Shinjuku- stavano andando a rotoli e che comunque, avrebbe preferito la compagnia di Kaori, semplicemente rimanere in silenzio con lei, leggere il giornale mentre lei canticchiava preparando colazione, a qualsiasi avvenente coniglietta mezza nuda.

Già, era ufficiale: l’amore aveva rincretinito Ryo Saeba. Peccato che lo sapessero tutti tranne la diretta interessata.

Ryo strinse i denti, e si dette una scrollata, maledicendosi: non era quello il momento di pensare a Kaori, doveva entrare nella parte. Entrato nella sala riunioni, conferenze, qualsiasi cosa fosse, Ryo sbuffò, cercando di apparire più annoiato di quel che era, e si sedette con gambe larghe e malamente, praticamente stravaccato, su una delle poltroncine che stavano dinanzi al palco decorato con una specie di foresta di rami bianchi.

Nel giro di un quarto d’ora, la sala si gremì, le porte vennero chiuse- a chiave, ne era quasi del tutto certo dal suono della serratura che gli era sembrato di captare- e le luci si abbassarono. Un occhio di bue puntò una figura che era rimasta fino ad allora nella penombra, e quello che inizialmente pareva solo un profilo, una sagoma quasi fosse stata solo di  cartone, andò sotto al bagliore accecante, rivelando, man mano, la propria natura di essere umano e vivente.

Stiles. Il leader di quella setta piena di misteri. Forse anche un assassino?

Ryo chinò il capo sulla spalla, e lo studiò attentamente, e decise che Jane aveva avuto ragione: no, quell’uomo non era capace di commettere un reato - non materialmente, almeno, non ne aveva il fisico, era troppo vecchio e malridotto, ormai, ma lo sguardo cinico, beffardo, malvagio, suggeriva che sì, lui non si sarebbe mai sporcato le mani, ma di certo non avrebbe disdegnato chiedere che venisse fatto scomparire qualcuno a nome suo.

“Sono molto fiero di ciascuno di voi,” Stiles iniziò, battendo le mani con fare teatrale, nemmeno fosse stato davvero in procinto di complimentarsi con ognuno di loro; e quel sorrisetto beffardo… possibile che nessuno si rendesse conto che li stava prendendo in giro? “Oggi, iniziate il luminoso cammino verso la scoperta delle vostre vere potenzialità ed il vostro vero destino!  Io sono Bret Stiles, e oltre cinquant’anni fa, col mio migliore amico, fondai Visualize con un unico scopo in mente: voi. Tutti voi. Perché qui siamo tutti una grande famiglia!”

Certo, come no… Ryo pensò, annoiato. Sì, la presentazione non era male; sì, Stiles per l’età era ancora parecchio carismatico, ma lui non ci sarebbe cascato in quella trappola per topi, non era proprio il tipo… e se gli altri babbei lì presenti abboccavano, peggio per loro: voleva dire che si meritavano di essere spennati.

La maggioranza dei presenti, tuttavia, applaudì, il rumore così forte che faceva quasi scoppiare i timpani; Ryo, sollevando un sopracciglio con un sorrisetto cinico stampato in faccia, assecondò la folla, senza mai tuttavia smettere di guardarsi bene intorno… sì, quasi tutti quelli che erano andati, come lui, a curiosare stavano applaudendo, ma le loro mani venivano battute in modo quasi timido, stentato, assecondando più il bisogno di apparire come supporter a quell’uomo apparentemente potente piuttosto che fare la figura dei cafoni.

I veri applausi, però, quelli provenivano dai fedelissimi della setta, esseri umani che di umano sembravano avere ancora ben poco, e che apparivano piuttosto come degli automi con dei sorrisi da mogli di Stepford stampati sul volti, ghigni che gli ricordavano caricature, il sorriso pazzo del Joker di Batman. I loro sguardi erano piantati fermamente su di lui, sul loro signore e padrone. Ryo dovette ammettere che Visualize si sapeva vendere davvero bene: ad un primo sguardo, ufficialmente, sembravano quasi insegnare più una dottrina psicologica, una sorta di filosofia di vita- e se così fosse stato, gli sarebbe pure potuto stare bene- ma una volta che eri dentro, era chiaro e lampante che i seguaci ricevessero il lavaggio del cervello, “ascendendo” al livello successivo di conoscenza di Stiles e compagnia bella… divenivano veri e propri adepti di quella che era a tutti gli effetti una setta e che venerava quel vecchio pazzo vanaglorioso.

Ryo sussultò, avvertendo come una scossa elettrica percorrergli il corpo, quando avvertì lo sguardo di Stiles soffermarsi, con un sorriso perverso, su di lui; ecco, ce l’aveva fatta: aveva attirato l’attenzione del vecchio, adesso aveva solo da sperare che non dubitasse della sua buona fede e di riuscire ad entrare nella sua cerchia stretta in un tempo relativamente breve.

“Avverto dei dubbi provenire da te, fratello…” Scendendo dal palco, con le mosse e i tempi giusti da navigata star della TV, Stiles passò tra le file di sedie fino a giungere davanti a Ryo, e con quella che sarebbe dovuta essere un’espressione caritatevole, ma sembrava invece lo sguardo di un serpente pronto a divorare la sua preda, gli mise una mano sulla spalla, stringendola leggermente, abbastanza perché Ryo lo avvertisse, ma non così tanto da mettere in allarme gli altri “fedeli” presenti all’adunata. “Non ricordo il tuo nome…”

“Kuroba Ryosuke,” rispose Ryo, con espressione a metà tra l’annoiato e lo strafottente.

“Se non sbaglio, è la prima volta che ti vedo qui, fratello,” Stiles continuava a guardarlo con quell’espressione da schiaffi, come avesse voluto sfidarlo apertamente, e se avesse avuto la Python con sé, Ryo era quasi del tutto certo che l’avrebbe usata su quel rifiuto della società, facendogli un bel buco in mezzo agli occhi e facendo un favore al mondo intero.

“Eh, già…” Ryo gli fece un sorrisetto, allungò le gambe incrociando le caviglie, e fece schioccare le nocche delle mani. “Sa, mi sono reso conto che non so cosa fare della mia vita… tanti soldi, tante donne, mai lavorato un giorno grazie a papino… arrivati alla mia età si inizia a farsi delle domande….”

“Eppure lei non sembra essere un uomo con dei dubbi…” Stiles continuò, per nulla intimorito da quel giapponese grande e grosso dagli occhi color canna da fucile. Lo guardò estremamente bene, studiandolo con calma, da tutte le angolazioni- nel vero senso letterale della cosa. Ryo strinse i denti, mal sopportando quel silente terzo grado. “No, invece… lei ha dei dubbi. Ma, fratello, ascolta…. con la consapevolezza e la pace interiore, tutte le scelte sono semplici e quasi automatiche, i dubbi svaniscono.”

“Chissà, forse,” Ryo soppesò le parole, scandendole per bene, lentamente. “Mi sono smarrito lungo la strada….”

“Capita a tutti, Ryosuke, io stessi, molti anni,” il “profeta” continuò, cercando alternativamente l’attenzione del suo pubblico e quella diretta del suo interlocutore, muovendosi con fare deciso, senza tuttavia apparire pericoloso o irriverente. “mi sono trovato ad un bivio, e ho messo tutto me stesso nella ricerca di una soluzione ai miei problemi, le mie tribolazioni. Dimmi Ryosuke,” l’uomo continuò, guardandolo bene, soffermandosi con occhio critico sugli eleganti capi che quel giorno sfoggiava, il Rolex al polso, la sua postura. “Ti sei mai soffermato su ciò che conta davvero, quello che c’è dentro di te, la tua vera essenza?”

Lo sweeper quasi scoppiò a ridere. Non capiva come qualcuno, a meno di essere pazzo da legare, potesse cadere nella trappola di quel tizio. Cosa diceva Visualize di diverso dagli altri presupposti guru che si trovavano a frotte in giro per il mondo? Dal Papa? Da semplicissimi libri di auto-aiuto che si potevano comprare per poco o nulla al mercato delle pulci?

Nulla; eppure, il circo mediatico che Stiles ed i suoi avevano messo su fruttava un mare di quattrini, e, sebbene gli fosse sembrato di capire che dopo la débâcle di John il Rosso in America i fedeli fossero diminuiti, sembrava che in Oriente il balordo avesse finalmente trovato il suo vero paradiso e un prato su cui seminare e raccogliere in gran quantità, ed in particolare in Giappone aveva trovato terreno fertile, grazie alla mentalità piuttosto aperta per quel che riguardava le convinzioni filosofiche e religiose… d’altronde, che il Giappone con le sette avesse un bel problema non era certo una novità.

Ryo non rispose, si limitò a guardare, intensamente, con fare enigmatico, il suo interlocutore. Non doveva apparire scettico, o avrebbe fatto scattare gli allarmi di quella gente. Incerto, curioso, dalla mente aperta… quello sì, nonostante fosse tutto l’opposto di ciò che Ryo era realmente.

Ma, dovette scrollarsi lo sweeper, lui non era Ryo Saeba, spiantato pseudo-investigatore privato, guardia del corpo, sweeper, e sì, a volte anche sicario, perennemente al verde, era Ryosuke Kurobe, erede di un magnate del metallo che aveva fatto fortuna vendendo le materie prima all’Ikea.

Stiles si allontanò da lui, e continuò a girare per la sala, parlando al maggior numero di persone possibile, sempre con quel maledetto sorrisetto stampato in faccia; capiva perché Jane odiasse quell’uomo: aveva il fare, i modi del truffatore. Nei giorni precedenti era andato a farsi un giro in rete, cercando su Google il nome del biondino dell’FBI, e ne aveva trovato da leggere, per giorni… principalmente, si trattava di articoli sulla morte della sua famiglia, altri che riguardavano casi su cui aveva lavorato, ma c’erano anche alcuni video, che Ryo aveva studiato per bene, guardato e riguardato… registrazioni in studio dei tempi in cui aveva finto di essere un sensitivo. Non gli era voluto molto per capire che Jane si odiava, che rinnegava quella parte del suo passato, che era disgustato dall’uomo che era stato in quella vita precedente… e Stiles era tale e quale a ciò che era stato Patrick Jane un tempo. 

Stile si congedò con falsa modestia dal suo pubblico, con un mezzo inchino, e la folla proruppe in un boato, urla, preghiere, applausi… sentendosi come un pesce fuor d’acqua, e chiedendosi se il mondo intero fosse andato a farsi benedire, Ryo lasciò la sala, con le mani in tasca degli eleganti pantaloni, quando qualcuno lo afferrò alla spalla, da dietro. Con uno sguardo glaciale e pronto a tirare un sonoro gancio a chiunque avesse osato agire così, Ryo incontrò lo sguardo terrorizzato di uno dei seguaci di Stiles, il suo braccio destro, da ciò che aveva capito, Fratello Jason. Con mani tremanti, l’uomo gli offrì una scatolina, che Ryo prese svogliatamente e pigramente, come se non avesse potuto importargli meno, e mentre si apprestava a lasciare quel luogo, la aprì; c’era una tessera magnetica all’interno, ed un biglietto scritto a mano con un’elegante e raffinata calligrafia…

Carissimo Ryosuke, desidero dal più profondo del cuore approfondire con te ciò di cui abbiamo discusso oggi.  Ti aspetto domani mattina per un giro della struttura e per l’orientamento.

La lettera non era firmata, ma Ryo non aveva bisogno di veder messo nero su bianco il nome dell’autore, era a dir poco palese.

Stiles.

Era riuscito a farsi amico il leone, e adesso avrebbe potuto avvicinarlo… c’era solo da capire chi fosse la preda, e chi il predatore.

Nel retro del Cat’s Eye Cafè…

Saeko entrò nella stanza dove Jane stava lavorando, controllato da Cho, con un grosso scatolone in mano, ed altri due delle medesime dimensioni la aspettavano in macchina. Aveva raccolto tutto il materiale che il “mentalista”, come Jane veniva definito, aveva richiesto, ed adesso era andata a consegnarglielo, anche se non capiva cosa avrebbe potuto trovarci; tutti loro avevano guardato quei fascicoli, lei li aveva analizzati più e più volte, anche dopo il suggerimento dell’uomo, ma non le sembrava di aver notato incongruenze, omissioni o legami che potevano essere stati tralasciati ad una prima occhiata.

Secondo lei, quello era un vicolo cieco, ma se andava bene a lui…

Si guardò intorno, con aria smarrita, travolta da un silenzio quasi assordante- tutte le altre volte che era stata lì, Jane aveva borbottato, si era lamentato, aveva pensato ad alta voce…. la seducente poliziotta strinse denti e pugni, sbattendo un piede a terra: quel cretino le aveva fatto fare tutto quel lavoro, e per giunta in fretta, ed adesso se l’era data a gambe? Pregò solo per il suo bene che lo avesse fatto per un motivo serio, e che non si fosse ficcato in un qualche guaio, perché era così innervosita che difficilmente gli avrebbe salvato le chiappe.

“Sta parlando con Abbott ed il vostro amico, Saeba.” Quando sentì la calda voce avvolgente, Saeko fu percorsa da brividi dalla punta dei capelli alle unghie dei piedi; si voltò, lentamente, e trovò, seduto allo stesso tavolo dove aveva preso a sedere da quando aveva assunto l’incarico di cane da guardia di Jane, Cho. Tranquillo, pacato, non sembrava darle la benché minima attenzione, il che era al contempo tanto strano quanto lusinghiero per Saeko; da una parte, nessun uomo le aveva mai resistito, dall’altra, faceva piacere vedere un uomo che facesse più attenzione alla sua mente, la sua persona, piuttosto che al suo corpo. E, per giunta, Cho era etero: nell’archivio di un quotidiano californiano aveva trovato l’annuncio di fidanzamento, ma immaginava che le cose non fossero andate a buon fine… niente fede al dito, niente linee da abbronzatura all’anulare, e soprattutto nessuna telefonata strana, non di cui lei sapesse, almeno.

“Sì, Ryo mi ha detto che Stiles vuole conoscerlo meglio.” La conturbante moretta gli rispose, sistemandosi una ciocca di capelli che le copriva il viso con falsa nonchalance ed uno sguardo ammaliatore che su quell’uomo di ghiaccio non ottenne però il risultato sperato- era davvero un osso duro, ma era un bel tipino, e non le sarebbe dispiaciuto conoscerlo un po’ meglio, specie sotto le lenzuola. L’amore eterno non faceva per lei, non più ormai, la sua chance la aveva avuta e se l’era lasciata scappare per i dubbi e perché pensava, era certa, di dover scegliere tra amore e carriera,  ma era una donna di sangue e carne, con bisogni, e ogni tanto un po’ di calda ed eccitante compagnia maschile non le dispiaceva. E poi, Cho non sarebbe stato lì in eterno: era la perfetta distrazione temporanea di cui approfittare.

La discussione sembrò non andare oltre, perciò Saeko  gli andò alle spalle, e mordendosi le labbra osservò cosa stesse guardando al computer, cosa rapisse l’attenzione e la mente sveglia ed elastica di quell’enigmatico essere umano.

Lo schermo era diviso in due, ma colmo da entrambe le parti di fotografie; da una parte, immagini chiaramente tratte da dossier di lavoro, dall'altra, quelli che dovevano essere scatti personali, immagini in molte delle quali c’erano lui, Jane, Abbott e altre tre, quattro persone che più o meno apparivano in quasi tutti gli scatti; molte di esse parevano essere state prese ad un matrimonio, e sebbene Jane indossasse bene o male sempre le stesse cose- e Saeko dovette ammettere, con una punta di rimpianto, che sebbene con savoir faire e carisma, con quei tre pezzi, più che elegante come era Mick, il mentalista sembrava uno straccione appena scappato da una clinica per malati mentali- la bella donna indossava indubbiamente un abito da sposa ed era a lui che si univa in matrimonio.

Era lampante: quella donna guardava Jane proprio come Kaori  guardava Ryo, anche se la rossa raramente si era permessa di donargli quello sguardo apertamente; lei lo faceva di sfuggita, segretamente, quando credeva che nessuno li stesse guardando.

Saeko si trovò a sospirare, rattristata. Sapeva di non essere la persona preferita di Kaori, ma lei, al contrario, teneva molto alla giovane Makimura. I suoi rapporti con Ryo, le sue battute, erano più che tutto frecciatine che continuava a sperare smuovessero i due innamorati, dettati dall'abitudine, erano un retaggio di un tempo antico, precedente al giorno in cui, ragazzina, Kaori era entrata nella vita dello sweeper travolgendolo come il mare in tempesta.

“TORNA INDIETRO!” Gridò a Cho, e lui, a cui il caffè quasi andò di traverso, la guardò di sottecchi. “La galleria, quella con le immagini di lavoro, ho visto qualcosa…” Fece come la donna aveva suggerito e riavvolgere la galleria di immagini fino a che lei non gli fece cenno che poteva fermarsi, indicando sullo schermo un’immagine ben precisa, che, come ogni volta, faceva salire la bile in gola al federale.

Quell’immagine veniva da un fascicolo su di un caso ben preciso che aveva colpito tutti loro: era un primo piano di una donna castana dai lunghi capelli mossi, gli occhi chiusi, il corpo immobile, il viso macchiato e disegnato oscenamente con qualcosa di rosso, una semplicissima croce di oro giallo al collo e le mani, con lo smalto rosso, incrociate davanti al petto: Saeko era certa che fosse un cadavere. “Chi era?” gli chiese, tenendo una mano sulla spalla di Cho, l’altra sulla scrivania, china davanti allo schermo in quel completo troppo stretto che quasi faceva schizzare via i bottini.

“Chi è, vuoi dire.” le rispose, ed accennò un sorrisetto, il primo che gli avesse visto fare da quando era sbarcato in Giappone. “Guarda che hai appena visto le sue foto di matrimonio… quella è Lisbon…. Teresa… la moglie di Jane.”

Saeko si ricompose; mettendosi dritta, incrociò le braccia, e studiò con occhio critico quell’immagine che, non sapeva il perché, era certa le avrebbe dato gli incubi per un lungo, lunghissimo lasso di tempo. “Cho, cosa le era successo in quella foto?” gli chiese, diretta, senza troppi giri di parole.

 “Non sono certo che sia la mia storia da raccontare, ma…” L’uomo si lasciò andare sulla sedia, e sospirò, passandosi una mano sui capelli; si guardò intorno, come per controllare che nessuno potesse sentirli- specie Jane- poi tornò a posare lo sguardo sulla Nogami. “Pochi mesi prima che Jane uccidesse John il Rosso… McAllister… una sera Jane andò a trovare Lisbon, non mi ha mai detto il perché, ma credo che… che fosse pronto ad ammettere di provare qualcosa per lei. Trovò la porta socchiusa, le luci spente, e Lisbon non rispondeva. Era come se sapesse che… lui aveva ricreato la scena dell’omicidio della sua famiglia. Ed infatti la trovò così, nel suo letto. Solo che l’aveva drogata, e non uccisa…”

“Beh, conosco qualcuno che non è stato così fortunato…” Si diresse verso lo scatolone, lo aprì ed iniziò a far passare, uno ad uno, tutti i fascicoli, fino a che non trovò quello che voleva; era una semplice cartellina gialla, con pochissimi fogli dentro, forse una o due pagine di rapporto, qualche foto… decisamente, quel caso non aveva avuto nessuna priorità. “Una ragazza che lavorava in un bordello nel quartiere, assassinata alcuni giorni prima che venisse gettata la prima pietra per la costruzione del Visualize Center. I miei colleghi non sono stati troppo ligi, e sinceramente non avevo fatto troppo caso nemmeno io, questo fascicolo l'avevo aggiunto solo perché il tuo amico voleva sapere qualsiasi cosa fosse successa a Shinjuku dall’arrivo dei vostri amichetti, ma dopo che ho visto quella foto, la cosa è ben diversa. Guarda tu stesso.”

Saeko gli passò il fascicolo, aprendolo alla foto che la interessava, e che, era certa, avrebbe causato un bel po’ di dubbi e domande anche agli “amici” di Austin… e difatti, Cho scattò in piedi, facendo cadere per la foga la sedia alle sue spalle.

Con gli occhi sgranati, fissava quell’immagine, scioccato, impaurito, nervoso… spaventato.

Una donna- asiatica, quello sì- dalla pelle chiarissima, lunghi capelli castani leggermente mossi, le labbra adornate da un rossetto rosso fuoco, le unghie delle mani, incrociate come fosse in preghiera o nella bara, laccate dello stesso colore, ed al collo, una croce, semplice, vecchio stile.

Identica a quella di Lisbon.

“Beh, le cose sono due: o il tuo amico ha ammazzato l’uomo sbagliato, oppure abbiamo a che fare con un emulatore…”

“Oppure abbiamo capito male cosa Renfrew volesse dirci.” Allo sguardo allibito di Saeko, Cho, le mani sui fianchi, prese un grosso respiro, e tornò indietro con la mente ad oltre dieci anni prima, quando era ancora il braccio destro di Lisbon al CBI e lavoravano da nemmeno due anni con Jane. “Renfrew è uno dei pochissimi partner noti di John il Rosso. Era stato arrestato, ma non aveva mai ammesso nulla. Jane lo aveva fatto evadere sperando di ottenere delle informazioni in cambio, ma lui era fuggito in Messico. Lo trovammo cadavere nel bagno di un motel alcuni mesi dopo: John lo aveva fatto morire dissanguato molto lentamente, ma era riuscito e scrivere col suo sangue qualcosa sul muro: he is mar. Non abbiamo mai capito cosa volesse dire, ma dopo la morte di McAllister avevamo immaginato volesse dire “marked”, riferendosi al tatuaggio che tutti i membri della cerchia di John avevano. Ma forse…”

“Forse non aveva finito di scrivere la frase. Forse non voleva scrivere una “r” ma una “n”...” Saeko continuò, pensierosa, leggendogli nella mente, incapace di distogliere lo sguardo da quella donna, su cui nessuno aveva indagato perché vendeva il suo corpo per denaro- molto probabilmente, mossa dalla disperazione e dal bisogno, non certo dalla lussuria. “He is many. Lui è molti… lo avete mai pensato? Che non avesse solo amici, solo persone che usava… ma complici ben più vicini, che quel nome appartenesse a… a un collettivo?”

“Non lo so, la cosa mi puzza. Se fosse stato un collettivo, qualcosa sarebbe accaduto negli anni, e a quest’ora avrebbero già preso di mira Jane e Lisbon…”  Cho si grattò il collo, pensieroso, lo sguardo fisso su quei rapporti di cui capiva poco o nulla. Saeko lo guardò con ammirazione ed un sorriso di compiacimento: capì perché avesse fatto carriera in fretta all’FBI, era sveglio e con la mente agile, e soprattutto, sapeva come muoversi e quando parlare. “Sai, non c’è bisogno di tanti attori per interpretare lo stesso ruolo, ne basta uno e la sua controfigura, ed un secondo, che lo rimpiazzi al momento del bisogno… e se McAllister era la star della produzione, Carter la controfigura che si è sacrificata spacciandosi per il killer che cercavamo… chi è il terzo uomo?”

“Sai, Cho, credo che sia giunto il momento che facciate vedere a me e Ryo quello che avete su questa “Società di Blake” che il vostro sceriffo pazzo aveva fondato…” Saeko lo guardò, seria, decisa, determinata a portare a termine la missione, dispensare giustizia costasse quel che costasse. “Perché se davvero il suo secondo gli era così vicino, non c’è da dubitare che lo abbia scelto tra quelle fila.”

“Non so quanto potrebbe esserci utile,” Cho scrollò il capo, guardando quella foto che gli lacerava il cuore. “Quelli più alti in grado sono morti quando Jane ha fatto esplodere casa sua, Stiles non sembra avere il profilo da serial killer anche se a dirla tutta io l’ho sempre considerato un sadico, ma penso sia più un voyeur che altro, e gli altri… erano tutti pesci piccoli, gente che  anche se è già uscita di galera non aveva il fegato di fare una cosa del genere.”

“Beh, qualcuno il fegato lo ha avuto…” Saeko sibilò, mentre lanciava uno dei suoi pugnali contro una rivista che mostrava il capo della setta. “E credimi, quando City Hunter avrà finito con loro, si pentiranno amaramente di aver scelto casa nostra per uccidere.”

   
 
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