Stiles era sicuro di aver fatto dei gran passi avanti in quella che ormai era diventata la sua missione nella vita: costruire un rapporto con il grande e grosso lupo cattivo. Così ci restò molto male quando, dopo tre giorni dalla sua ultima visita, si presentò al loft e Derek, non solo non lo fece entrare, ma non aprì neppure di un centimetro il portone, neppure quel tanto che bastava a far sbucare quella faccia perennemente scazzata.
«Che altro c’è, ragazzino?»
Stiles voleva solo accertarsi che stesse bene, ma non riusciva nemmeno a vederlo in faccia, così decise di lasciar perdere: ci avrebbe provato un altro giorno. «Scott dice se puoi raggiungerlo a casa stasera. Cose di branco.»
Anche se non poteva vederlo, Stiles era sicuro che Derek avesse un sopracciglio sollevato, «E non poteva dirmelo Scott? Hanno inventato i telefoni.»
Stiles fece spallucce, sconfortato: Derek doveva scoprire l’esistenza non solo delle frasi, ma addirittura di due periodi interi proprio quel giorno? E da quando aveva un telefono? E perché Stiles non aveva il suo numero?
«Oh, beh, tanto passavo.»
«Passavi?»
«Sì.»
«Per andare dove?»
Stiles andò visibilmente nel panico. Doveva essere proprio il suo giorno sfortunato, perché Derek Hale non faceva mai tutte quelle domande. Per la maggior parte del tempo stava zitto. Per l’altra parte ringhiava e la piccola percentuale che restava era riservata alle minacce che rivolgeva quasi esclusivamente a Stiles.
«Per andare… beh, da Gladys.»
«Gladys?»
«Gladys, Derek. La tua vicina, che è più simpatica di te, se ci tieni a saperlo.»
«Gladys» ripeté Derek, «E che ci fai con Gladys?»
Stiles era tentato di sfondare il portone e prenderlo a pugni. Quella situazioni era ai limiti dell’inverosimile, e lui, di cose inverosimili, ne aveva viste abbastanza in quegli anni per poterlo dire con certezza. «Cerco di sedurla, così da impossessarmi della sua eredità. Mi sembra ovvio.»