Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Arkady    21/01/2021    0 recensioni
Dal capitolo 4:
- Stai bene? - Mi chiede
- Non. Farlo. Mai. Più!! - Riesco a dirgli con voce strozzata, tra un colpo di tosse e un altro.
- Come hai fatto a bere? Non dirmi che sei una di quelle che deve tapparsi il naso con la mano? -
- Mi hai preso completamente alla sprovvista, mi sono pietrificata! –
Troppo tardi penso che, detta così, può sembrare che io abbia paura. Cosa, ovviamente, falsa! Che sia chiaro!
- Se avessi saputo che avevi paura, non ti avrei fatto questo scherzo. –
Ecco, appunto.
- Io non ho paura! - dico, in perfetto stile bimba di quattro anni.
- Si, certo che no. - mi risponde accondiscendente.
Genere: Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 12: Sorpresa

 
Oggi è una bellissima giornata di sole e io voglio fare una sorpresa a Lorenzo.
Ho chiesto a Enrico di spiegarmi dov’è il campo di gioco pregandolo di non dire nulla, e mi presento lì a metà tra il primo ed il secondo tempo.
Sarei arrivata anche prima, ma mio padre è ancora via e mia madre doveva accompagnare Fabrizio alla sua di partita, e quindi ho dovuto ricorrere al trasporto pubblico, che di domenica non è così ben fornito.
Mi sento un po’ troppi occhi addosso, onestamente.
Non che la gente mi stia proprio fissando, ma sugli spalti ci sono si e no 50 persone, quasi tutti uomini e quasi tutti della generazione dei miei o oltre. Il gruppetto di ragazze sotto i 20 anni, sedute tutte assieme a circa metà del campo, ha tutta l’aria di essere di casa lì, considerato che sono munite di cuscino su cui sedersi, felpa e altri gadget con i colori della squadra.
Dunque io sono la novità, e pizzico più di qualcuno ad osservarmi curioso o perplesso.
Mi scelgo un posto defilato e l’ingresso in campo degli atleti distoglie finalmente l’attenzione dalla mia persona.
Lorenzo è tra i primi ad entrare, però è girato dall’altra parte perché sta parlando animatamente con un suo compagno. Dietro di lui, Enrico scruta gli spalti, cercando me, è ovvio.
Quando mi trova, mi sorride e attira l’attenzione di Lorenzo allungando un braccio fino a dargli una pacca.
Per fortuna non ha interrotto il contatto visivo con me, che scuoto energicamente la testa in un “no” terrorizzato.
Anche da questa distanza, vedo un suo sopracciglio inarcarsi perplesso, comunque si volta verso Lorenzo e si inventa qualcosa al volo in modo che lui non si giri nella mia direzione.
Pericolo scampato!
Non so se anche per Lorenzo funziona così, ma quando io arrivo sul palco mi immagino che gli spettatori non ci siano, oppure che siano tutti degli sconosciuti. Non cerco i miei tra i posti a sedere, non voglio sapere in che punto della sala sono, perché altrimenti ogni volta che entro in scena mi distrarrei a cercare il loro sguardo.
Anche all’ultimo spettacolo ho cercato loro, Lorenzo e gli altri compagni di classe che sapevo essere venuti, solo alla fine del tutto.
Magari a lui avrebbe fatto piacere vedermi sugli spalti, ma non sapendolo preferisco che ne rimanga sorpreso alla fine, piuttosto che condizionare negativamente la sua performance.
 
 

 
 
Ammetto che dopo 15 minuti di gioco mi sono già annoiata a morte.
Meno male che sono arrivata al 2° tempo!
Sono quasi tentata di svignarmela, magari scongiurerei anche l’ipotesi che Lorenzo, vedendomi, mi chieda di venire ogni domenica.
Per altro, ho scoperto di essere seduta in mezzo ai tifosi dell’altra squadra, nel momento in cui lui ha fatto una bellissima parata e tutti intorno a me hanno urlato il loro disappunto.
Da quel momento in poi mi sono ben guardata dal manifestare le mie reazioni al gioco, fingendo completa indifferenza ad ogni azione, riuscita o meno, di entrambe le squadre.
Finalmente questo strazio è finito e vorrei mettermi a ballare per la gioia.
La gente inizia a scemare verso il chiosco ed i giocatori verso gli spogliatoi, e io mi chiedo cosa dovrei fare.
Ieri Lorenzo mi ha detto che sarebbe venuto non prima delle 18.30, questo vuol dire, e me ne rendo conto solo adesso, che ho almeno un’ora da aspettare ancora.
Anche se le giornate hanno iniziato ad allungarsi, a quest’ora il sole non è più nemmeno tiepido, e restare ferma all’aperto non mi piace granché come prospettiva.
 
- Eleonora! –
Mi sento chiamare e mi giro di scatto verso la voce.
Con le mani aggrappate alla rete verde che delimita il campo separandolo dagli spalti c’è Lorenzo che mi sorride.
Beh, sono l’unica persona rimasta ferma al suo posto, forse mi ha notato per quello.
Sorrido anche io e mi avvicino a mia volta alla rete – ciao Lorenzo –
- sei venuta a vedermi –
Non è una domanda, e sinceramente non so che dovrei dire. Insomma, sono qui, è evidente che sono venuta a vedere te! Così mi limito ad annuire.
- quando sei arrivata? Al primo tempo non c’eri –
- all’inizio del secondo tempo. Mi hai cercato? – Che Enrico gli avesse rivelato le mie intenzioni?
- no, butto sempre l’occhio se ne ho l’occasione, per vedere chi c’è che ci guarda. –
- quindi mi hai visto? – chiedo sorpresa. Io ho guardato praticamente solo lui, a parte qualche rara pausa in cui ho risposto a qualche messaggio.
Lui annuisce e mi regala un bel sorriso.
- ma quando? –
- quando ci hanno concesso il rigore. Gli occhi di tutti erano sull’altra metà del campo e io mi sono potuto guardare in giro. Volevo aspettare che ti girassi a guardarmi, per salutarti… -
- perché non l’hai fatto? –
- perché ho immaginato che se non avevi attirato la mia attenzione fino a quel momento e ti eri andata a nascondere lassù, forse non volevi farti vedere –
- beh, è così – ammetto compiaciuta da questa dimostrazione che mi conosce – non volevo che la tua performance ne risentisse… sai io negli spettacoli faccio finta che la sala sia vuota, per non distrarmi –
- in effetti vederti lì mi ha emozionato parecchio – ammette con un filo di imbarazzo ma gli occhi sono luminosi e felici.
Occhi che io mi imbambolo a fissare.
 
Un colpo di tosse attira l’attenzione di entrambi: accanto a me è comparso Enrico, docciato e vestito di tutto punto, anche se i capelli sono ancora bagnati.
- Lore, sarebbe il caso ti andassi a lavare, o vuoi far aspettare Eleonora delle ore –
- si! Giusto! – ridacchia lui imbarazzato e dopo un’ultima occhiata a me, se ne va verso gli spogliatoi
- Ele, me lo hai rimbambito proprio – dice Enrico scuotendo la testa e trattenendo una risata.
- chi io? – esclamo io, fingendomi shoccata
- no, hai ragione, era un cretino anche prima –
Scoppiamo tutti e due a ridere e lui si propone di offrirmi da bere nell’attesa.
Accetto di buon grado.
 
 

 
 
Lorenzo si fa attendere decisamente tanto, e quando arriva mi chiede scusa, spiegandomi che lui è sempre l’ultimo a fare la doccia e ha dovuto aspettare gli altri che non avevano nessuna fretta.
Mi passa un braccio sulle spalle - vuoi andare subito da me o…? –
- o? - chiedo, quando lui non espone la seconda opzione.
- no, beh. Mi sa che non c’è nessun oppure! – ridacchia lui.
- beh, allora… andiamo? – chiedo un po’ titubante
Lui mi guarda un po’ perplesso – è tutto ok? –
- si perché? – ribatto io troppo in fretta e con la voce troppo acuta
- perché non ti riconosco – mi si piazza davanti, scrutandomi serio – che problema c’è? –
Rido nervosamente, come fa ad avermi inquadrato già così bene?
- sono un po’ tesa per i tuoi – confesso con un filo di voce
- non devi – replica, rilassandosi – ti assicuro che sono persone alla mano. E ti adoreranno -
Faccio un mezzo sorriso, un po’ rinfrancata da queste parole, ma non del tutto.
 
 

 
 
Alla fine mi ero sbagliata, e Lorenzo aveva ragione: i suoi sono davvero persone eccezionali.
Mi hanno messo subito a mio agio, suo padre ha riso e scherzato con me e mi ha fatto praticamente subito dimenticare che davanti avevo un importante uomo d’affari internazionale, decisamente benestante, mentre sua madre mi ha trattato con una tenerezza che non mi aspettavo e nessuno dei due mi ha fatto sentire imbarazzata o a disagio.
Leonardo ci ha salutato praticamente subito dopo aver finito di masticare l’ultimo boccone, non che si sia notata la differenza se c’era o meno. Avrà detto si e no due parole, ma Lorenzo mi aveva avvertito già ieri che non è uno di molte parole.
Forse perché suo padre ne ha per entrambi…
La nostra chiacchierata viene interrotta da un telefono che suona, lui si scusa dicendo che deve rispondere perché è una chiamata importante. Poco dopo torna da noi, ci spiega che è una cosa che andrà per le lunghe, quindi mi augura la buona notte, nuovamente mi dice che è stato un piacere conoscermi e se ne va nel suo studio, dopo aver augurato la buona notte anche a Lorenzo e alla moglie.
Ci alziamo tutti e sua madre inizia a sparecchiare. Mi appresto ad aiutarla e dopo che mi assicurato che non è necessario, smetto di insistere.
Anche lei ci augura la buona notte, dicendoci che andrà a stendersi, dato che l’indomani deve alzarsi presto.
 
- visto che è andato tutto bene? – mi dice Lorenzo con aria di superiorità, una volta che siamo rimasti soli
- ok, lo ammetto. Mi sono preoccupata per niente – dico alzando le mani
- ti va di vedere un film? –
- dipende dal film – ribatto io
- lo sapevo che mi avresti risposto così – ridacchia lui.
Mi prende per mano e si avvia verso le scale.
 
Entriamo nella stessa stanza di ieri, che si rivela essere effettivamente la sua.
Arrossisco immediatamente, ricordandomi cosa è successo nemmeno 24 ore fa, e per mascherare la cosa mi guardo intorno curiosa, osservando tutto ciò che mi circonda.
Quando poso i miei occhi su Lorenzo, lui mi sorride e inizia ad indicarmi le sue cose, con una piccola storia sulla loro origine o sul perché siano lì.
Infine si siede alla scrivania e traffica con il pc, facendomi l’elenco dei film che ha.
Io mi distraggo quasi immediatamente, quando mi siedo sul letto e mi cade l’occhio su una cornice in bella mostra sul suo comodino. Ritrae lui a 5 o 6 anni con i suoi genitori.
- Ele, mi ascolti? –
La voce di Lorenzo mi riporta al presente, e mi giro a guardarlo. Lui incrocia i miei occhi e poi sposta lo sguardo sulla cornice che stavo guardando.
Si viene a sedere vicino a me, prendendola in mano – incantata? -
- eri carinissimo – dico sincera
- certo che lo ero, e lo sono tutt’ora se dobbiamo dirla tutta – ridacchia lui, rimettendo la cornice al suo posto.
- cretino – ridacchio io, tirandogli un cuscino.
- allora, che vuoi vedere? –
- va bene tutto, tranne comici e western -.
- i comici posso capire – afferma alzandosi – fai già ridere tu e quindi non ti servono, ma che ti hanno fatto i western? –
- stai dicendo che sono ridicola? – mi infervoro subito
Lui si gira a guardarmi con un’espressione a metà tra seria e divertita – beh, si. Sei frizzante, spiritosa, sempre con la battuta pronta, autoironica. Non è una cosa negativa il fatto che tu mi faccia ridere. -
- beh, grazie – balbetto io, arrossendo per il complimento.
- non ringraziarmi, è la verità – afferma, e poi si volta di nuovo verso il pc, facendo partire un film di avventura fantasy.
Il mio genere preferito.
E questo mi fa sorridere come una scema.
 
Quando si torna a sedere accanto a me, si toglie le scarpe e mi invita a fare lo stesso, e ci distendiamo sul suo letto, io davanti e lui dietro di me, con il suo braccio che mi circonda la vita ed il suo petto ben aderente alla mia schiena.
Mentre inizia il film chiacchieriamo commentandolo, ma la nostra conversazione si fa sempre più diradata, man mano che il film entra nel vivo.
Ad averlo così vicino mi sento accaldata. È… beh, è eccitante.
Sia il contatto con lui, sia l’intera situazione.
Praticamente siamo da soli in casa, al buio, tolta la luce che proviene dallo schermo, spalmati l’uno sull’altra.
È soprattutto il sentire diversi punti in contatto tra noi a farmi andare su di giri.
Chissà se per lui è lo stesso…
Mi muovo quasi impercettibilmente, allontanandomi di qualche millimetro, e nemmeno mezzo secondo dopo lui ha colmato la distanza.
Allora mi sposto un po’ più verso di lui, schiacciandomi addosso il suo corpo.
- stai scomoda? – sussurra lui nel mio orecchio.
Non so se la voce roca è voluta o gli è uscita perché siamo in silenzio da un po’, ma è incredibilmente sexy.
Mi sposto, facendo aderire la mia schiena al materasso e voltandomi a guardarlo.
Le nostre gambe si incrociano le une con le altre, io allungo la mano verso la sua maglia e lo attiro verso di me per baciarlo.
Lui non si fa certo pregare e con la sua mano sul fianco mi attira di più a sé, facendola poi scorrere fino al seno.
Inizia a trafficare con il primo bottone della mia camicia, ma con una mano sola è impossibile, così lo aiuto.
Una volta sbottonata tutta, si scosta un attimo per guardarmi e poi torna a baciarmi, mentre la mano si insinua sotto al reggiseno.
Di mio faccio scivolare la mano verso il basso, infilando le dita sotto l’elastico delle sue mutande.
Si allontana da me, lancia un’occhiata alla mia mano e poi riporta gli occhi nei miei, con un’espressione sorpresa.
 
- il fatto che io sia vergine non vuol dire che non ne abbia mai visto uno – sussurro maliziosa
- ma che birichina! – mormora lui divertito, aiutandomi ad abbassarsi i pantaloni.
 
Beh, in realtà non è che ne abbia visti un’infinità, solo uno e ora… e ora butto l’occhio sul secondo, prima di puntare di nuovo gli occhi nei suoi e prenderlo delicatamente in mano.
Lui emette un piccolo gemito e mi bacia con foga, mentre mi fa venire a sedere e mi sfila la camicia.
Al secondo tentativo riesce anche a slacciarmi il reggiseno.
Una sua mano corre subito al mio seno, mentre l’altra cerca di farsi strada nei jeans, intrufolandosi da dietro la schiena. Il tutto mentre continua a baciarmi.
Gliela sposto, e subito lui smette di baciarmi e mi guarda allarmato.
Mi alzo in piedi e mi tolgo i pantaloni, ed il panico nei suoi occhi si trasforma in eccitazione, mentre mi guarda eliminare anche le mutandine.
Mi vergogno un po’ in realtà, ma il fatto che siamo praticamente al buio mi infonde sicurezza.
Quasi si strappa via la maglia, restando nudo anche lui e mi ri-attira sul letto, riprendendo subito a baciarmi.
Senza ostacoli, un suo dito mi affonda dentro con semplicità, mentre io riprendo ad accarezzarlo come facevo prima.
L’altra sua mano viene ad aiutarmi nei movimenti, appoggiandosi sulla mia e velocizzandoli, e poco dopo io spalanco la bocca in un grido muto, quando inserisce un altro dito in me.
Il piacere mi raggiunge come un fiume in piena e lui se ne rende conto perché boccheggio e mi immobilizzo per godermelo.
Cerca di sfilare le dita, ma gli arpiono il polso affinché le lasci esattamente dove si trovano.
Quando anche l’ultimo strascico di appagamento se n’è andato, mollo la presa.
Mi accorgo di avergli conficcato le unghie nella pelle e me ne scuso, ma lui nemmeno mi ascolta, portandosi la mano alla bocca e leccandosi le dita.
Poi mi bacia, e sulla lingua sento il mio sapore agrodolce.
Continuando a baciarmi riporta la mia mano sotto la sua, e si muove sempre più veloce.
Non molto tempo dopo me la scosta e si allontana, girandosi con la schiena sul letto.
La fontanella, decisamente copiosa, gli macchia tutto il petto, che si alza e si abbassa velocemente, mentre lui cerca di regolarizzare il respiro ed i battiti.
 
Mi rivesto, mentre lui si ripulisce, e a turno ci diamo una sistemata in bagno.
Quando torna in camera, ha portato con sé anche due bicchieri d’acqua, e me ne porge uno.
Sullo schermo, che nessuno dei due ha più degnato di uno sguardo, sono finiti i titoli di coda e torna bianco, illuminando la stanza quasi come se fosse accesa la luce.
Lui si siede accanto a me e mi accarezza la schiena, posandomi un piccolo bacio a fior di labbra.
- mi hai sorpreso, sai? – mi dice con un mezzo sorriso
- in che senso? – chiedo io leggermente allarmata
- non pensavo… - si interrompe e si schiarisce la voce – beh, ammetto che non pensavo che fossi… -
Non sa come continuare, ma credo di aver inteso.
- pensavi che non avessi mai fatto cose del genere –
- si – confessa sorridendomi – credevo non fossi… pronta – continua abbassando gli occhi sulla sua mano che va ad intrecciarsi con la mia
- beh, ecco… per il… resto… non lo sono – balbetto io, mentre sento le guance arrossarsi e guardo ovunque tranne che lui
- come ti ho detto ieri, non ho intenzione di farti alcuna pressione. – mi dice, prendendo il mio volto e girandolo verso di lui.
Gli sorrido e gli do un bacio leggero.
- comunque – riprende lui con un po’ di imbarazzo – ecco, non credere che io abbia tutta questa esperienza. Insomma, a parte Mary, non mi sono mai spinto fino in fondo con la seconda e con Federica non sono mai andato oltre i baci. – detto questo mi guarda di sottecchi, con un sorriso malizioso – Invece, oltre ad aver avuto più storie, tu sembri sapere il fatto tuo –
Non ne sono sicura, ma ci ho sentito una nota di gelosia in quest’ultima frase.
- nelle due storie che ho avuto il massimo è stato baciarsi con la lingua – confesso io – ma eravamo tutto sommato piccoli per andare oltre –
Lui aggrotta la fronte, confuso – e quindi come…? –
- ti sei dimenticato il “mezzo” – dico io con un sorriso storto, poi arrossisco e distolgo lo sguardo.
Non prima di notare lui che spalanca la bocca.
 
Mi sento un filo incoerente, lo so.
Quando mi ha raccontato di Mary l’ho scherzosamente accusato di essere privo di romanticismo, ma tra me e Alberto non ce n’è mai stato nemmeno un briciolo.
L’ho conosciuto l’estate scorsa, alla fine dell’ennesima giornata passata a sperare che tra me e Francesco nascesse qualcosa.
Ero arrabbiata, delusa e triste.
E invece di tornare a casa subito dopo la riunione, ho deciso di fare una passeggiata.
Persa nei miei pensieri, sono andata a sbattere contro questo ragazzo alto, facendo cadere a terra entrambi.
Mi sono scusata imbarazzata, disagio che è cresciuto quando entrambi abbiamo notato che la sua maglia si era macchiata con la bibita che aveva in mano e che nella caduta si era rovesciata.
Lui ha cercato di tranquillizzarmi, mentre agitata cercavo di pulirlo con una salvietta.
Gli ho offerto da bere per scusarmi e abbiamo chiacchierato del più e del meno, tra le mie continue richieste di perdono.
Quando ci stavamo per salutare, è successo qualcosa.
Non so cosa sia scattato, ma c’era qualcosa di magnetico tra noi. Nemmeno ci conoscevamo, ma non riuscivo a fare a meno di sentirmi attratta irrimediabilmente da lui.
Più di quanto non lo fossi mai stata per Francesco.
Ci siamo quasi saltati addosso per baciarci, e nelle settimane successive ci siamo visti quasi ogni giorno. Credo che non ci siamo scambiati più di qualche frase in tutto quel periodo, a volte è capitato che nemmeno ci salutassimo a dovere, andando subito al sodo.
Non so come l’ha vissuta lui, non gliel’ho chiesto e onestamente non mi interessava.
Io stavo scoprendo pratiche ed emozioni a me completamente sconosciute e quello che mi muoveva era principalmente la curiosità di addentrarmi in tutte queste novità. Che lui fosse praticamente uno sconosciuto che non avrei forse mai più rivisto una volta finita l’estate, non poteva che essere positivo.
Non ho idea nemmeno di quale fosse la sua esperienza in quel campo, sembrava sapere bene dove e come muovere le mani, ma paragonato a me che non avevo alba di cosa fare, chiunque sarebbe sembrato un esperto.
È stato un maestro paziente, se si può definire così.
Mi ha guidato nei movimenti, finché non sono stata in grado di capire da sola cosa andava bene e cosa no. Immagino avesse capito che fossi vergine, e non ci siamo mai nemmeno avvicinati ad un rapporto completo.
Dentro di me sapevo quanto fosse sbagliato tutto questo, ma non riuscivo a mettervi fine.
L’ultima volta che ci siamo visti, ero di pessimo umore: c’era stata la prima riunione di teatro dopo molto tempo e avevo rivisto Francesco, avevo litigato con mio padre per il suo ennesimo tentativo di sapere dove me ne andassi praticamente tutti i giorni, mi ero macchiata i pantaloni, mi si era rotta un’unghia e l’autobus era in tremendo ritardo.
Arrabbiata, triste e delusa, esattamente come il giorno che ci siamo conosciuti, ho deciso di voler andare oltre.
L’ho fatto capire a Alberto senza dirlo in realtà ad alta voce, ma lui mi ha allontanato.
In un inaspettato risveglio di coscienza, mi ha fatto tutto un discorso sul fatto che la prima volta dovrebbe essere con la persona che si ama, quella giusta, e via discorrendo.
Cose che nella mia mente pensavo (e penso) anche io, ma in quel momento mi sono sentita rifiutata e umiliata.
Mi sono rivestita alla velocità della luce e sono scappata via. Non l’ho più visto o sentito.
Con il senno di poi posso dire che forse, nella mia vulnerabilità di quel periodo, ho cercato in lui una valvola di sfogo. E dovrei ringraziarlo per non avermi fatto svendere la mia prima volta con uno sconosciuto.
L’unica che sa di lui è Ambra, la mia compagna di banco. Al rientro dalle vacanze estive mi ha raccontato di una sua esperienza simile avuta con un suo vecchio compagno delle medie che non rivedeva da anni, e sono riuscita ad aprirmi con lei, sapendo che non mi avrebbe mal giudicato.
 
- lui chi è? –
La domanda di Lorenzo mi riporta al presente, sembra teso.
- anche se ti dicessi il nome, non lo conosci. Non è di qui, e non credo che lo rivedrò mai -
Pare rilassarsi e dopo avermi stretto in abbraccio un po’ possessivo non indaga oltre, e poco dopo mi accompagna a casa.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Arkady