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Autore: Little Firestar84    22/01/2021    12 recensioni
In un eterno gioco dell'oca con le pedine che tornano irrimediabilmente al via, dopo la radura Ryo e Kaori si trovano, paradossalmente, più lontani che mai, ed a sconvolgere un già precario e delicato equilibrio ci pensa il caso, riportando nella vita del duo di sweeper Mayu Uragami, ormai adolescente, e suo padre... nuovamente single.
E che tra amici impiccioni, baci sulla guancia e compleanni apparentemente rovinati, inizi il gioco delle coppie!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Questa shottina giaceva in fondo al pc da un po'... paradossalmente, è stata una delle prime cose che ho scritto quando sono tornata nel mondo di City Hunter, ma non l'ho mai pubblicata... ora però, beh, Klaudia e Ste la conoscono, e hanno tanto insistito che la pubblicassi. Questo scenario la nostra Ste lo aveva già immaginato, io me lo sono pure immaginato mentre rileggevo il manga... e beh, eccola, e spero di aver fatto onore a Stekao e alla sua "una seconda possibilità"... quindi, senza null'altro aggiungere... buona lettura!
 

I tiepidi raggi del sole riscaldavano quella luminosa giornata di fine inverno, mentre, tra le vie di Tokyo, un leggero venticello, più fresco che freddo, muoveva i leggiadri boccioli dei fiori dei ciliegi e le tenere foglioline verdi, facendoli danzare in uno spettacolo di colori e aromi che, però, non rinfrancavano l’animo annebbiato di Kaori, che da sempre aveva amato quella stagione, ed in particolare quei mesi- febbraio ma soprattutto marzo, quello del compleanno di Ryo e del suo, che si stavano avvicinando sempre di più.

Da quasi un anno a quella parte, la sua vita era diventata meccanica, un continuo ripetersi di azioni dettate dalla ragione e dal bisogno, non più dal cuore e dal desiderio di aiutare, fare effettivamente la differenza. Tutte la mattine, da quasi un anno a quella parte, si alzava, preparava colazione, pranzo e cena a Ryo, lo svegliava, e poi se ne usciva a controllare la lavagna. C’era un XYZ? Allora si metteva al lavoro per arrangiare incontri, compensi e via discorrendo. Non c’era nulla? Nessun problema, andava da Eriko e dava una mano a lei in negozio. Alla sera, tornava a casa, e poi di nuovo giù da capo. 

E perché? Perché tanto, era stufa di impegnarsi, cercare di capire, andargli incontro. Un anno. Era passato quasi un anno dal matrimonio di Miki,   quando era stata di nuovo rapita, da quando quel… quel cretino le aveva fatto una meravigliosa dichiarazione d’amore… e per cosa, poi? Una volta tornati a casa, era tornato tutto alla normalità, lui aveva ripreso  a darle del travestito, a rincorrere tutte le minigonne che intravedeva sulla sua strada, ad andare in giro per locali…

Si era talmente stufata della situazione che ultimamente nemmeno più lo rimproverava o ricorreva alla violenza, tanto Ryo non era cambiato né lo avrebbe mai fatto. 

Di certo, non per lei. 

Forse, pensava Kaori mentre si allontanava dalla lavagna ancora una volta lasciata bianca, era tempo che a cambiare fosse lei. Eriko continuava ad insistere che, con il suo fisico e quanto era naturalmente portata per le passerelle, a continuare a lavorare con Ryo era sprecata. Le aveva più volte offerto un impiego nella boutique, a cui accompagnare l’ingaggio da modella, ma Kaori si era sempre rifiutata. Ma forse, era il caso di ripensarci: se avesse voluto riprendere gli studi, per diventare magari infermiera, come aveva sperato da ragazzina, quei soldi avrebbero potuto farle comodo…

O forse, potrei andare a New York. Sayuri sarebbe felice di aiutarmi a rifarmi una vita…tanto, chi lo capisce quello è bravo. Non so nemmeno più cosa prova per me… forse sto solo sprecando il mio tempo e dovrei iniziare davvero a guardarmi in giro…chissà, forse quest’anno sarà l’ultima volta che festeggiamo i nostri compleanni insieme… o forse… forse non lo faremo nemmeno questa volta…

Sospirò, persa nei suoi pensieri, la sua anima incupita da quelle lucubrazioni, dal sentire Ryo sempre più lontano, quando un urlo di fanciulla proveniente da uno dei vicoli semibui di Shinjuku la destò dal suo torpore. Istintivamente, corse nella direzione da cui provenivano le grida, e trovò un gruppetto di bulli che se la stavano prendendo con una ragazza- dalla divisa, una studentessa della superiori- spintonandola, cercando di rubarle la borsa, sbattendola a terra e contro il muro…

“Ehy, voi, cosa credete di fare!” Disse freddamente, alzando un sopracciglio. Aveva imparato che quando si mostrava fredda e distaccata, metteva in maggior apprensione il proprio opponente, chiunque esso fosse. E dei ragazzotti che se la prendevano con una ragazzina? 

Lei, quelli lì, se li mangiava a colazione. Da adolescente. 

Leggermente costernati dall’essere stati interrotti, il gruppetto- quattro mocciosi che probabilmente si credevano chissà chi e volevano giocare alla Yakuza- si voltò verso di lei, che stava battendo ritmicamente e con falsa noia una scarpina dal tacco otto sul lurido marciapiede. 

E intanto giocherellava con la sua “fidata” pistola- l’arma che era stata, anni prima, brandita dal suo amato fratello, una delle tre cose che lui le aveva lasciato in eredità, insieme all’anello e a Ryo.

“Che hai, vecchia, vuoi giocare con noi? Pensi di spaventarci con il tuo giocattolino?” le chiese, irriverente, uno dei mocciosi, avvicinandosi con fare losco verso di lei, brandendo un coltello a serramanico, pensando forse di impressionarla. Evidentemente, quei marmocchi non sapevano con chi avevano a che fare, e che lei ne aveva viste di cose ben peggiori, e ben più pericolose, di quel coltellino…

Sparò contro un bidone dei rifiuti, giusto per fare vedere che sì, quella pistola era vera, e nell’istante in cui il proiettile colpì il metallo sottile e lo perforò, rimbombando nell’aria come un tuono, sogghignò, come fosse stata la strega cattiva nel Mago di Oz. “Cos’è che dicevate a proposito della vecchia?” Gli domandò, mentre, neanche fossero stato un piccolo stormo di uccelli, quelli se la davano a gambe levate, disperdendosi ai quattro venti. 

Leggermente divertita, scosse il capo- ci avrebbero impiegato un bel po’ di tempo prima di pensare di fare di nuovo una cosa simile… o chissà, magari lo spavento sarebbe stato abbastanza grande da farli incamminare per la retta via… 

“Ehi, tutto bene ragazzina?” Kaori domandò alla ragazza, che stava in un angolo tremante come una foglia, abbracciando la sua cartella e singhiozzando. La rossa le si inginocchiò davanti, e le prose la mano per aiutarla, con un sorriso che avrebbe illuminato una stanza, tanto era luminoso- le piaceva decisamente troppo aiutare le persone, per prendere davvero in considerazione l’ipotesi di cambiare lavoro…

La ragazzina, dai lungi capelli neri, alzò lo sguardo, e si immobilizzò, rimanendo a bocca aperta. Poi, il viso le si illuminò, e si gettò tra le braccia della sua salvatrice, gettandola a terra a causa del contraccolpo. Kaori non si mosse, rimase immobile a subire quel curioso attacco, balbettando e arrossendo, confusa. Poi però…

Poi però avvertì la delicata morbidezza di quel corpo fanciullo sopra il suo, vide la luce di quegli occhietti vispi, e inspirò a fondo il profumo della giovane – un profumo da donna, non da bambina- e la mente viaggiò a ritroso nel tempo, ad alcuni anni prima, quando aveva stretto tra le braccia una bambina con quegli stessi occhietti vispi e quello stesso curioso profumo…

Possibile che quella ragazzina fosse… che fosse la stessa bambina che… sbattè le palpebre, stupita, cercando ulteriore conferma di quello che il suo cuore già sapeva- che conosceva la ragazzina che la stava abbracciando e stringendo con tanto affetto.

“Kaori, mi hai salvata di nuovo! Che bello, speravo tanto di incontrarti, ma non credevo che sarebbe successo così… che il mio primo giorno nel quartiere tu mi avresti di nuovo salvata!”

“Mayuko Uragami, ma guarda un po’ come ti sei fatta carina!” Lo sguardo della donna si addolcì, e le passò una mano tra i capelli scuri,  legati in una treccia, mentre l’aiutava ad alzarsi. “Certo che ne è passato di tempo, quasi non ti riconoscevo!”

“Tu invece sei bella come quando ci siamo incontrate, anzi, di più!” La ragazza cinguetto, stringendosi nelle spalle, osservando la vecchia amica. Kaori indossava un grazioso vestitino che faceva risaltare il corpo snello e le lunghe gambe, portava i tacchi e nonostante avesse tagliato i capelli, sembrava più femminile che mai.

“Oh, grazie….” Kaori arrossì, portandosi una mano alla guancia, mossa dal complimento- nonostante non fosse la prima volta che glielo dicevano, e che molti di quelli che elargivano complimenti fossero uomini. Eppure, bastava che ci fosse una persona che le dava del maschiaccio ermafrodito, che le dicesse che era grassa e con il seno piccolo, e lei si scordava tutte le cose positive dette dagli altri. “Ma… ma cosa ci fai qui?” 

La ragazza si morse il labbro, assumendo un broncio che la fece sembrare più giovane dei suoi effettivi anni, e che a Kaori ricordò incredibilmente la bambina che aveva incontrato anni prima- Mayuko, Mayu come amava farsi chiamare, non era poi cambiata più di tanto… comprendendo il suo stato d’animo, avvertendo un sottile senso di solitudine che lei stessa aveva provato in passato, Kaori decise di abbandonare l’argomento, e strinse le delicate manine della ragazza nelle sue. “Su, andiamo, ti accompagno a casa, vuoi?”

Mayu alzò il volto di scatto, il suo polso era visibile nel collo, nella vena pulsante, e la sua paura, il suo senso di smarrimento era rispecchiato dal colorito pallido, dalla pelle imperlata di gocce di sudore: aveva avuto davvero paura, quella ragazza che, da bambina, aveva mostrato un coraggio simile a pochi… chissà che brutti ricordi affollavano la sua mente! Il fatto che all’epoca non avesse potuto vedere, non aveva certo reso  le cose più semplici, anzi, era stato forse il contrario: Mayu stessa le aveva confidato di essere molto più sensibile, e matura, dei ragazzi della sua età.

“Stai tranquilla, quei piccoli balordi non ti daranno più fastidio! Piuttosto, non mi hai detto cosa ci fai qui. Casa tua non mi sembrava fosse da queste parti…”

 “Ci siamo trasferiti qui dopo il divorzio,” Mayu ammise, sospirando scontenta. “Papà non voleva ancora altri figli, anche perché io mi stavo rimettendo dall’operazione, e la signorina Takigawa non l’ha presa bene. Diceva che il suo orologio biologico stava ticchettando e che anche papà non era più tanto giovane, così dopo l’ennesimo litigio lei ha preso e fatto le valigie. Adesso ci siamo trasferiti qui perché hanno dato a papà il compito di produrre un programma di news che girano in un teatro qui del quartiere, e io ho iniziato oggi le scuole qui!” 

Mayu scosse il capo, camminando il più vicina possibile alla sua salvatrice, arrossendo lieve: Kaori era proprio come la ricordava, gentile e bella, e usava perfino ancora lo stesso profumo! Le lanciava occhiate furtive, cercando di vedere se, per caso, portasse o meno anelli… ma nulla, non sembrava avere nulla né alla mano destra né alla sinistra. Né fede, né anello di fidanzamento… a quanto pareva, il nonnino non si era ancora dato una mossa e Kaori era ancora single. E giù di morale, proprio come la prima volta che si erano incontrate in ospedale…  

“E tu, Kaori? Lavori ancora con Ryo?” le chiese, giusto per essere sicura. Dopotutto, non era detto che il nonnino facesse ancora il cretino con tutte come all’epoca. Magari stavano insieme ma Kaori non indossava gioielli, oppure non erano più partner, oppure, chissà…

“Uhm, sì, io e Ryo…” fece una pausa, sorridendo un po’ misteriosa, un po’ triste, un po’ rassegnata. “Sì, diciamo che sono ancora la sua assistente. Anche se adesso ogni tanto do anche una mano ad un mia amica con la sua attività. Magari la conosci: ha una sua linea di abbigliamento, si chiama Eri Kitahara!” 

“Tu…. Tu lavori con Eri Kitahara?!” Gli occhi della ragazzina uscirono dalle orbite, e si mise a saltellare entusiasta, sotto agli sguardi increduli dei passanti; Mayu sembrava, forse per la prima volta, davvero una ragazzina. “Mi piacciono così tanto i suoi vestiti! Ma papà dice che sono ancora troppo piccola!”

Mise il broncio, e Kaori si chiese se  anche lei fosse così. Se anche lei avesse quell’espressione quando qualcuno le ordinava di mettersi jeans e sneakers invece di vestiti e tacchi…

“Quindi… tu e Ryo non state insieme?” La ragazzina chiese, dopo che avevano ripreso a camminare l’una accanto all’altra in un confortevole silenzio- quello di due persone che si ritrovano dopo tempo, e non necessitano di grandi gesti  o di spiegazioni per comprendersi, quello di due anime, in un modo o nell’altro, affini, a cui bastava la presenza reciproca o un semplice sguardo per comunicare.

“Eh?” Kaori si portò una mano alla guancia, ed arrossì. “No, no, Ryo ed io non abbiamo quel tipo di rapporto… noi, sì, abitiamo sempre nello stesso appartamento, ma è solo per comodità, no, no, davvero… e poi, con un cascamorto come quello, io non potrei assolutamente…”

Mayu fece un sorrisetto. A quanto pareva, il nonnino non si era dato una mossa come lei aveva sperato, e quella poverina di Kaori stava facendo passare gli anni migliori della sua vita aspettando un cretino patentato che sapeva solo molestare le donne. E lo amava ancora. Si capiva benissimo dal suo sguardo, dal lieve rossore che le graziava le gote.

Eppure… eppure Mayu era certa che, anni addietro, Kaori per un momento avesse avuto come uno sbilanciamento, uno slancio amoroso verso suo padre… che fosse perché un po’ assomigliava a Ryo? O perché finalmente un uomo le aveva dato le sue attenzioni e lei si era sentita finalmente lusingata, si era sentita finalmente donna?

La ragazzina sospirò. Povera Kaori, destinata ad amare un emerito imbecille!

A meno che… sghignazzò, con uno sguardo truce a malevole, che fece venire i sudori freddi alla rossa, che si fermò, mettendo quanto più spazio tra di loro possibile. 

Sì! Aveva un piano, ed era infallibile! Perfetto! Nel migliore dei casi, Kaori e Saeba si sarebbero fatti furbi e lei finalmente avrebbe fatto da damigella d’onore- e non da paggetto- al loro matrimonio, e se non avesse funzionato… pazienza. Suo padre non era pronto per innamorarsi di nuovo- era ancora pazzo della sua ex-moglie- ma non aveva veri amici adulti con cui passare il tempo o confidarsi, solo colleghi con cui parlava solo di lavoro; avere qualcun altro nella sua vita, un’amica come Kaori, gli avrebbe fatto bene. E poi chissà, magari non solo Ryo si sarebbe ingelosito, magari voci di corridoio sarebbero potute arrivare alle orecchie della sua matrigna, e chissà cosa avrebbe potuto fare una volta che avesse pensato che forse il suo ex poteva voler andare avanti… 

“Ma… ma si può sapere cosa ti prende?” Kaori le chiese, ingoiando a vuoto, lievemente terrorizzata da quella risata demoniaca.

Mayu si voltò verso di lei, ed arrossì, imbarazzata per essere stata colta in flagranza. “Niente, niente, niente, niente… piuttosto, perché non ti fermi a pranzo da noi? Così ti ripago della gentilezza che mi hai fatto! Eh, eh, eh…”

Kaori scrollò le spalle. Era un adolescente, e gli adolescenti erano notoriamente strambi- lo era stata pure lei, e difatti aveva avuto la brillante idea di prendersi una sbandata per quel cretino patentato e maniaco del suo attuale partner di lavoro. 

Controllò il sottile orologio che aveva al polso, e sorrise. Ma sì, poteva prenderselo un giorno libero- lei ed Eriko dopotutto non avevano degli accordi ufficiali, sono ufficiosi e dettati da tanti anni di amicizia. 

“Se sei sicura che a tuo padre sta bene così, accetto volentieri, ma non vorrei imporre la mia presenza…”

La ragazzina scosse il capo, felice come una Pasqua. “No, no, anzi… sono certa che sarà felicissimo di rivederti!”

E così dicendo, si mise a trotterellare verso casa, con Kaori che tentava di tenere il passo in cima ai suoi bei tacchi…

 

“Papà! Guarda chi ti ho portato!” 

Mayuko corse in casa, senza nemmeno togliersi le scarpe, e corse ad abbracciare il padre che le andò in contro, incrociando le braccia. 

“Mayuko! Non sei un po’ troppo grande per correre in casa?” La redarguì l’uomo, bonario, scompigliandole la frangetta ribelle, ottenendo una tenera linguaccia in risposta. Lui alzò le spalle, poi finalmente si sporse verso l’ospite, rimasta alcuni passi indietro. Era pronto per ringraziarla per aver accompagnato la figlia a casa, quando le parole gli morirono sulle labbra, e sussultò, lieve, mentre le sue guance si colorirono di un lieve rossore, non dissimile da quello della donna. 

“Signorina… signorina Makimura…è…” si grattò il collo, allontanando lo sguardo da Kaori per un attimo. “Non pensavo che le nostre strade si sarebbero rincrociate… ma… sono lieto di rivederla. Lei ed il signor Saeba state bene?”

Kaori  scrollò le spalle, mordendosi le labbra, riflettendoci su. 

Stavano bene? Male? Difficile a dirsi….

“Eh, diciamo che va….” Ammise un po’ a disagio. “E comunque, signor Uragami, Kaori va benissimo, non c’è bisogno di tutta questa formalità…”

“Beh, allora, Kaori, insisto…” le disse sorridendo ed offrendole la mano, che lei guardò timida, quasi spaventata, quasi accettando quel semplice gesto tutta la sua vita potesse essere stravolta, cambiare radicalmente da un momento all’altro. “Ma se informale deve essere,  informale sia fino in fondo…insisto nel darci del tu, Kaori. Quindi… che ne diresti di chiamarmi… Yasuo?”(1)

Kaori allungò la mano per accettare quel gesto d’amicizia, tuttavia, per un attimo serrò il pungo, mentre il cuore prendeva a batterle pazzo nel petto e la mente le si affollava di pensieri ed ipotesi e di Ryo- cosa avrebbe pensato, detto?  Gli sarebbe importato se avesse riprese a frequentare quella famiglia?  Le avrebbe fatto una delle sue sagaci battutine che prima la facevano infuriare, e poi le spezzavano il cuore?

Voglio vivere per la persona che amo, aveva detto in quella radura quasi un anno prima. Ma poi non aveva detto né fatto nulla per farle accettare concretamente che fosse lei la persona che amava- e che il suo amore non fosse solo platonico. Ryo sapeva che lei non avrebbe mai avuto il coraggio di fare la prima mossa, e quindi…

E quindi? Cosa doveva aspettare, che lui si decidesse a fare qualcosa? Sinceramente, era stufa. Lui aveva anche amicizie e divertimento fuori dal loro circolo di lavoro, quindi poteva benissimo fare altrettanto anche lei.

Col sorriso sulle labbra, afferrò la mano e la strinse, avvertendo un calore che si diffuse in tutto il corpo, un senso di protezione e appartenenza che poche altre volte aveva avvertito nella vita- nelle braccia di Ryo, mentre lui la portava a casa in spalle, mentre cingeva le sue spalle col suo braccio…

Scosse, sovrappensiero, il capo: lui ormai era troppo ingranato nei suoi pensieri e soprattutto nel suo cuore per poterlo scacciare via così. Ma aveva bisogno di qualcosa d’altro oltre al lavoro, altri amici che fossero solo suoi e non in comune con Ryo…

“Allora Kaori, ti fermi a pranzo con noi? La mia governante ha preparato per un esercito… giuro che a volte credo che abbia paura che moriremo di fame!”

“Va bene, però insisto, dopo vi aiuto a riordinare!”

 

Ryo entrò al Cat’s Eye che erano ormai quasi le undici, col muso accigliato e le mani nelle tasche dello spolverino. Era di pessimo umore, talmente pessimo che non tentò nemmeno di importunare Miki o prendere Falcon per i fondelli, cosa che li fece immediatamente preoccupare. 

“Caffè.” Decretò sedendosi al suo solito tavolo, con un tono lamentoso, mentre lasciava cadere il capo sul bancone. “Voglio caffè!”

Stravolta da quell’insolita visione, Miki gli diede la tazza, ma limitandosi a spingerla verso di lui con un dito, cercando di mantenere la distanza tra di loro, mentre si stringeva un vassoio al petto in caso le fosse stato necessario usarlo come arma di distruzione.  

“Ma sei sicura che sia Ryo?” Il marito le chiese, bisbigliandole nell’orecchio. Aveva gli occhi fissi sull’amico/nemico, nonostante non potesse più vederlo. Però, poteva ancora percepire le persone, e quello che proveniva da Ryo era un’aura… strana, colma di dubbi, tribolazioni e… sofferenza? Era possibile? Quell’idiota egocentrico? Che si fosse messo in qualche guaio?

“Non è che magari è di  nuovo Silver Fox mascherato?” Miki gli chiese, rammentando quel peculiare evento, quando Kaori aveva dimostrato di che pasta fosse veramente fatta e che, nonostante non avesse forse l’addestramento del compagno, non era certo da prendere alla leggera.

“Quella strega stamattina non mi ha svegliato!” Borbottò, annoiato. “Una cosa deve fare, e non la fa! Anzi, scommetto che è così presa dalla sua amichetta Eriko che non va nemmeno più a vedere la lavagna!”

Miki alzò un sopracciglio, sorridendogli maliziosa, mentre si appoggiava con i gomiti sul bancone davanti a lui.. “Sai, Saeba, forse è il caso che ti decidi. Allora, vuoi o no Kaori intorno?”

Ryo sbuffò. Certo che la voglio, pensò, ma le vecchie abitudini erano dure a morire, e quando l’anno prima Miki e Falcon si erano sposati, dopo quella mezza dichiarazione, aveva pensato che forse sarebbe potuto… cambiare, che sarebbero diventati davvero una famiglia. Ma Kaori era crollata addormentata durante il viaggio in macchina, e così non avevano parlato, e non lo avevano fatto nemmeno il giorno dopo, e quello dopo e quello dopo ancora,  col risultato che era passato quasi un anno e la tensione tra loro si poteva tagliare con un coltello. 

Ma adesso era intenzionato a cambiare le cose- o almeno, quella era stata la sua idea iniziale. Avrebbe approfittato dei loro compleanni per creare l’occasione, brindare insieme in terrazza con coppe di champagne sotto al cielo stellato, poi le avrebbe tolto il bicchiere dalle mani e l’avrebbe baciata, e avrebbero lasciato parlare i loro corpi, e Kaori avrebbe capito tutto perché loro non avevano mai avuto bisogno di parlarsi per capirsi, e nessuno di loro due avrebbe mai più dormito da solo fino alla fine dei tempi, e così avrebbero iniziato i festeggiamenti il giorno del compleanno di lui per terminarli magari nel giorno del compleanno di lei…

Sì, sì, sì, sì, cinque giorni senza lasciare il letto con Kaori, giusto per andare in bagno! Anche mangiare… dovremo riprendere le energie, ma ce l’ho io il metodo perfetto… ih, ih, ih…. Mi vedo già che lecco il gelato dal corpo di Kaori… mamma che bello… cinque giorni? Ma io quel letto non lo lascio proprio più!

Sogghignò, con la sua solita espressione allupata, che fece venire il latte ai gomiti a Miki e alzare gli occhi al cielo all’ex mercenario, che sospirò con aria rassegnata.. 

“No, mi sono sbagliato. È proprio lui…” 

“Cambiando argomento…” chiese lui, con una fetta di pane tostato che gli usciva dalla bocca. “Avete mica visto Kaori? Ultimamente si fa un po’ desiderare…”

“Guarda che Kaori è la tua assistente, non la tua serva, Saeba…” Falcon lo rimproverò, con tono glaciale. “O forse ti preoccupi per qualche altro motivo? Sei forse geloso, Saeba? Paura che abbia finalmente capito di che pasta sei fatto e ti abbia scaricato?”

Ryo digrignò i denti, pronto a tirare fuori la pistola e urlare al caro polipone che cosa pensava esattamente delle sue affermazioni, quando sentirono qualcuno palesarsi nel caffè, schiarendosi la gola e sporgersi sul bancone, verso la bella Miki, con fare lascivo e da seduttore perdigiorno. 

“Mia bella Miki, ma perché non lasci perdere questi due stupidi e non vieni con me? Mezz’ora in mia compagnia e ti scorderai del tuo maritino!” le disse, facendole l’occhiolino, facendola arrossire. Sapeva che lui scherzava, ma come tutte le donne, quando lui (come anche Saeba) si comportava con galanteria, era a dir poco irresistibile. E poi, Mick era simpatico e soprattutto sapeva dimostrare i suoi sentimenti, al contrario di un certo qualcuno di sua conoscenza…

“Mick, dai, non dire così…. Lo sai che mi imbarazzi!” Disse, civettuola, prima di voltarsi verso Ryo, con le mani sui fianchi e gli occhi rossi di rabbia, prima di andarsene nel retro sbattendo i piedi. “E tu, dovresti prendere qualche lezione da lui, brutto cretino!” 

“Ma che le prende a tua moglie? Umi, non è che non la fai contenta? Capisco che per un coso grande e grosso come te possa essere complicato compiacere quel bel corpicino, ma guarda che far funzionare un rapporto è importante, dentro e fuori la camera da letto!” Ryo lo canzonò.

“Guarda che io so benissimo come far funzionare il matrimonio! Sei tu quello che non sa trattare bene la sua donna!”  Umi gli gridò in faccia, sputacchiando tanto era il suo fervore.

“Ehi, guarda che Kaori non è la mia donna!” Ryo sbraitò di rimando.

Scatenando la risata compiaciuta dell’amico/nemico, che lo fissava da sotto gli occhiali neri. “Guarda che sei tu che hai tirato fuori Kaori, non io…”

Ryo quasi cascò dallo sgabello, mentre il panico si impossessava di lui. Gliel’aveva fatta. Lo aveva inavvertitamente fatto ammettere che, se non in nome, lui considerava Kaori la sua donna. Non che lei lo sapesse…

“Ehm…” Mick si schiarì di nuovo la gola, osservando i due alzando un sopracciglio, leggermente seccato per essere stato lasciato fuori da ogni discussione e perché nessuno pensava a lui- anche se con i suoi problemi, rimaneva sempre il numero uno, nonostante le fesserie che Ryo amava raccontarsi per addormentarsi beato la notte- e con un sorrisetto compiaciuto gli ficcò davanti agli occhi una fotografia formato A-4 bella nitida in cui Ryo poté perfino vedere la perfezione della pelle priva di pori della sua assistente ed innamorata. “A proposito della bella e dolce Kaori…”

Kaori sotto al palazzo, sorridente. Che saliva in una macchina… con un uomo che le teneva la portiera aperta e le toccava la schiena! E lei era tutta carina, con un bel vestito, ed il trucco, e… e….

Senza rendersene conto, Ryo appallottolò la foto in una pallina talmente minuscola che poco mancava che collassasse su stessa…

“Non preoccuparti, ho tutte le foto che vuoi…” gli disse l’amico con falsa modestia, e chiaramente compiaciuto, sbattendogli un’intera cartellina di fotografie sotto al naso. “Dì un po’, non trovi che il tizio ti assomigli un po’?”

“Ma non dire fesserie! Io sono più giovane, più alto, più abbronzato, più muscoloso più bello, e di sicuro molto più dotato di questo pesce lesso!”

“Ah, il dotato non lo so… questo forse lo dovresti chiedere a Kaori… “ Mick lo prese in giro, cinguettando e ridendosela sotto ai baffi. Non che pensasse che Ryo avesse finalmente combinato qualcosa con Kaori…ma lo conosceva abbastanza bene da sapere che, se era come quando erano giovani, lui, di dormire vestito, non ne voleva sapere nulla. 

Povera donna, chissà quante volte avrà dovuto ricordarsi di guardare ma non toccare!

Ryo sbiancò, poi però, colto da un’irrefrenabile rabbia, afferrò l’amico per il bavero della giacca e lo sollevò da terra. “Cosa? Cosa ha osato fare quel… quell’uomo? Cos’è che hanno fatto lui e Kaori? Io lo ammazzo! Cosa sai? Dimmelo!”

Falcon e Miki alzarono un sopracciglio nello stesso istante, perfetta coppia che erano….Meno male che Kaori non è la sua donna… è peggio di un marito geloso! Pensarono, comunicandosi quel pensiero con un semplice sguardo.

“Ma no, dai, la mia era solo una battuta… io li ho solo visti andare via insieme qualche volta… giuro non si sono mai baciati… tolto qualche volta sulla guancia… al massimo all’angolo delle labbra…” Tentò di giustificarsi l’amico, a cui Ryo stava letteralmente torcendo il collo.

“Dì un po’, Mick, come mai hai tutte queste foto di Kaori?” Miki gli chiese all’improvviso, alzandone una in particolare con due dita e facendogliela vedere. A Mick vennero le lacrime agli occhi dalla gioia, perché lui quella foto in particolare la amava. La strappò di mano all’ex mercenaria e se la strinse al petto, con aria sognante. 

“Dammi quella foto!” Ryo ringhiò. 

“No, è mia, non la condivido con nessuno, soprattutto con te! Sei un cavernicolo che non apprezza Kaori!”

“Fammi vedere quella maledetta foto, Angel!” Ryo sibilò, tirando fuori la sua amata pistola. 

“Guarda che non mi fai paura! E io questa foto non la condivido con nessuno, nemmeno con te!” Mick gli fece la linguaccia, e mentre stringeva al cuore l’immagine, allungò il braccio destro verso l’amico, pronto a colpirlo con le siringhe nascoste nella manica nel caso quello gli avesse lanciato un tiro mancino.

“Si può sapere cosa c’è di così importante in questa foto?” Falcon domandò, mentre come se nulla fosse prendeva la foto dalle mani dell’americano e la fissava, come se l’immagine si potesse piantare nelle sue retine per pura forza di volontà; Mick impallidì, iniziò a sudar freddo, e si lanciò verso quella montagna di muscoli, con il solo scopo di riprendersi quella foto. 

“Niente, è solo che è molto carina! Ha un bel vestito! Stavo solo provando la mia nuova reflex con teleobbiettivo, giuro!” disse tutto di un fiato, con le mani cinte in preghiera. 

“Ah sì? E c’era bisogno di fare una foto a Kaori nuda sotto alla doccia per provare il teleobbiettivo? Tra l’altro, la finestra del bagno nemmeno dà su casa tua… “ Miki gli chiese, maliziosa. Suo marito, intanto, era arrossito talmente tanto da aver avuto un mezzo colpo apoplettico che gli aveva fatto perdere i sensi, cosa di cui Ryo aveva approfittato per fregargli la foto e letteralmente sbavarci dietro, con un’espressione da cretino innamorato.

Quanto è bella tutta nuda e bagnata! Ma come fa a crederci quando le dico che è mascolina? Ma guarda che corpicino… il seno pieno e grande e bello sodo, e che fianchi stretti… oh, e le gambe lunghe….no, no, adesso, mi faccio coraggio, me la metto nel letto e poi le cose sono due: o non la lascio più  alzare, o per casa, basta vestiti. In mia presenza nuda deve stare!

“Comunque, Mick ha ragione… il tipo un po’ ti assomiglia…e ha anche un nonsoché di famigliare…”Miki rifletté, guardando una copia della prima foto che Mick aveva mostrato loro prima di sobbalzare, il suo viso illuminato una volta che si rese conto di dove avesse già visto quel viso così famigliare. 

“Oh, ma è il signor Uragami! Certo che anche dopo tutti questi anni è ancora affascinante e sembra che lui e Kaori abbiano ritrovato il loro feeling…”  Mick si voltò verso la mora, attendendo ansioso che lei gli ricapitolasse i passati avvenimenti, dato che sembrava che Ryo fosse troppo preso dal rosicare morso dalla gelosia e dalla rabbia per dargli una qualsivoglia spiegazione. “Alcuni anni fa, Kaori venne ricoverata in ospedale, e lì incontrò Mayuko Uragami, una ragazzina non vedente che attendeva una delicata operazione. Lei e Ryo si presero cura di lei perché era finita nelle mire di un criminale poco di buono che pensava avesse assistito ad un delitto. Kaori ed il padre della bimba, il signor Uragami, si frequentavano parecchio, e tutti pensavamo che finalmente avrebbe mollato Ryo per mettersi con lui- era ricco, giovane, affascinante, e non aveva problemi a mostrare i suoi sentimenti, ma purtroppo si era invaghito di un’infermiera…”

“…Da cui ha appena divorziato.” Il biondo investigatore si sentì in dovere di specificare, baldanzoso e tronfio. Schietto, si era voltato verso Ryo, guardando l’ex socio con un aria a dir poco irriverente. “Quando ho visto che questo tizio ronzava intorno alla mia… ehm, alla nostra Kaori mi sono sentito in dovere di informarmi, solo che mi era sfuggito questo loro passato affaire… eh, così adesso sono tutti e due single, eh? Bene per lei… certo, la mia porta per lei è sempre aperta, ma almeno mi ha preferito un uomo ricco e dal discreto fascino e che l’apprezza, non un emerito imbecille come qualcuno…”

“A chi è che hai dato dell’emerito imbecille?” Ryo sbraitò, ma Mick non si fece prendere per il naso. Con gli occhi brillanti e schietti, sogghignò, mentre la bella barista incrociava le braccia e guardava Ryo, pronta a prenderlo per i fondelli. 

“Sai, Ryo, è incredibile come ti senti sempre tirato in causa nonostante tu asserisca che tra te e Kaori non c’è nulla…”

Digrignando i denti, se ne andò senza nemmeno dare loro risposta- se non la porta sbattuta…

 

Mayuko guardò i due biglietti che il padre le aveva portato imbronciata e seccata, petulante solo come una ragazzina della sua età poteva essere. “Uffa papà, lo sai che odio le cene di gala che organizza la tua emittente, mi annoio…  ci sei solo tu che porti tua figlia! Tutti hanno mogli, fidanzate, amici… sono sempre l’unica della mia età! E poi adesso sono abbastanza grande da stare da sola a casa per un paio d’ore!”

Il padre le spettinò i capelli, un gesto che, nonostante l’età, gli veniva ancora naturale- aveva il sospetto che sua figlia sarebbe rimasta la sua bambina anche a sessant’anni… “E chi dovrei portarci, se non te, eh? Mica vorrai mandare il tuo povero papà da solo!”

Un sorrisetto lievemente malvagio si impresse sul viso normalmente angelico della creatura, che fece scioccare la lingua contro il palato e guardò il padre di soppiatto. “Papà… ma perché non inviti Kaori? Sono certa che il signor Saeba non la porta mai in posti come quello….”

Uragami iniziò a sudare freddo. Invitare Kaori? Non era certo fosse una buona idea. Non gli piaceva pestare i piedi agli altri- e Saeba non gli era mai sembrato un tipo da prendere alla leggere, anzi… però… sì, Kaori gli piaceva, ma dopotutto, una singola uscita insieme non significava nulla, no? Erano amici, e come amici avrebbero potuto continuare a vedersi. Anche quella sera. Anche con una cena a lume di candela in un elegante ristorante vestiti alla meglio. 

Si grattò il collo, osservando i biglietti, poi sua figlia poi di nuovo i biglietti e poi di nuovo sua figlia. 

Il volto di Kaori il giorno in cui era andata a pranzo da loro di nuovo gli comparve davanti agli occhi, e l’uomo arrossì lievemente. 

“Ma sì, forse hai ragione… chiederò a Kaori se vuole venire con me, lavoro permettendo.”

Appena ebbe lasciato la stanza, Mayu si mise a saltellare, stringendo forte, forte al petto il suo peluche preferito. Il suo piano stava andando alla perfezione. Ryo si sarebbe ingelosito del suo papà, e avrebbe finalmente reso Kaori felice e fatto di lei una donna onesta! 

 

Era arrivata la seconda metà di marzo, ed i loro rispettivi compleanni si stavano avvicinando. Ormai erano tre settimane che Kaori aveva ripreso a frequentare la famiglia Uragami, in un modo piuttosto assiduo. Se Ryo se era accorto di qualcosa, di un suo turbamento, di un suo ripensamento riguardo al loro rapporto- fosse questi lavorativo o personale- non lo aveva dato a vedere: tra un caso e l’altro, una sfilata e un turno in negozio da Eriko, lei passava il suo tempo divisa tra il Cat’s Eye, i preparativi dell’imminente matrimonio di Mick con la sua bella infermiera e Mayu e suo padre, mentre Ryo…

Beh, Ryo era Ryo. Scostante, perfido con lei, sempre più lontano, che continuava a rompere l’anima al 99,99% delle donne che incontrava lungo la sua strada, ubriacarsi e girare per locali a dir poco equivoci  con la sua cricca di compari tornando giusto in tempo per mangiare la colazione.

“Oh, stai tremando… metti pure la mia giacca, Kaori.” Yasuo le offrì la giacca in tessuto color ghiaccio, e lei si strinse nella calda stoffa, accettando il gesto, nonostante non fosse stato il venticello a farla fremere, ma i pensieri, il suo cuore che ogni giorno si dilaniava un po’ di più mentre continuava a vivere in quell’oblio che era diventata la sua esistenza accanto a Ryo. 

“Senti, Kaori, mi chiedevo…” Le disse lui, imbarazzato, mentre camminavano fianco a fianco in un viale alberato in pausa pranzo. “Sabato c’è una cena organizzata dal mio network. Ti andrebbe di accompagnarmi? Lo chiederei a Mayuko, ma so già che lei si annoierebbe a morte, non ci sarebbero ragazzi della sua età, solo adulti che parleranno di lavoro, lavoro e ancora lavoro… So che non è molto allettante come proposta, ma  avrei davvero piacere della tua compagnia, e d’altronde,  lei è abbastanza grande per stare a casa da sola, perciò…”

Kaori si strinse la giacca al petto e abbassò lo sguardo, mentre, timida, le sue dita sfioravano quelle dell’uomo. Mancavano pochi giorni al compleanno del suo socio- ed al suo, poche settimane al primo anniversario del matrimonio di Miki e Umi, e di quella confessione a cui nessun fatto aveva fatto seguito.

Sabato. Quel sabato sarebbe stato il 26 marzo, il compleanno di Ryo, quello che lei gli aveva fatto promettere di festeggiare sempre insieme. L’anniversario di tutti i loro primi incontri, a sedici come a diciannove anni.

Ryo sembrava aver fatto la sua scelta. Forse, forse, era giunto il momento che anche lei lo facesse. Forse, forse, era giunto il momento che lei lo sciogliesse da tutte quelle promesse fatte, tanto al fratello morente che a lei.

“Mi farebbe davvero molto  piacere venire a cena con te, Yasuo…”

 

“Sabato cosa ti andrebbe di fare?” La domanda di Ryo le era giunta all’orecchio all’improvviso, mentre lui stava divorando un toast e lei stava versando il caffè. Kaori, col volto arrossato, si voltò a guardarlo, con la bocca aperta in un’espressione di stupore. “Magari potremmo andare a fare un giro da qualche parte. Ci dovrebbe essere un festival dei fiori da qualche parte fuori città, potremmo farci un salto…”

Ryo la osservò, con espressione interrogativa. Era sorpreso dall’assoluta mancanza di reazione da parte di Kaori, che solo qualche settimana prima gli sarebbe saltata in braccio ringraziandolo, e sarebbe subito andata a telefonare a Miki per avvertirla della novità. 

Ma adesso, niente. E Ryo aveva la netta impressione che la colpa fosse tutta di quel maledetto di Yasuo Uragami, che, insieme a quella streghetta impicciona di Eriko, teneva tutta per sé Kaori. 

“Beh, allora?” Tentò di strapparle a forza una risposta, o una qualsiasi reazione. Ma Kaori, semplicemente, arrossì, del rossore di cui si coloriva quando la gente li scambiava per una coppietta e magari faceva pure loro i complimenti- come siete belli, sembrate due attori, si vede che siete innamorati da tanto tempo, chissà che bei figli -o quando lui diceva o faceva qualcosa che, in qualsiasi altra relazione, sarebbe stato considerato romantico- abbracci, carezze, baci sulla fronte (per non parlare di quello sulla nave), sguardi infuocati che lui prontamente dissimulava…

Quel rossore era suo e suo solo. E adesso quel bell’imbusto tornava, dopo che le aveva spezzato il cuore, e la faceva arrossire, così? Dopo che lui aveva raccolto i cocci del povero cuore di Kaori perché la marmocchia ed il cretino  le avevano fatto credere che fosse lei la donna del cuore di Uragami?

Eh no, eh. Adesso basta. Era ora di prendere di petto la situazione e far capire a Kaori chi era che comandava, e chi la poteva far arrossire, e che quell’imbusto si togliesse dalle scatole e andasse in giro a cercare donne che non fossero impegnate, per la miseria! 

Sì, decise: avrebbe organizzato qualcosa di incredibile per il proprio compleanno e quello di Kaori. Sarebbe stato così romantico e smielato da farle venire il diabete, per la miseria, e prima di notte sarebbero stati una coppia in affari ed in amore e nessuno avrebbe più potuto allungare le mani sulla donna di Ryo Saeba! Sì! Era il momento di diventare monogamo! Finalmente!

“Ecco… io in realtà sabato sono impegnata tutto il giorno. Ultimamente siamo stati così presi da tutto quanto che ho pensato non ti sarebbe spiaciuto se per una volta ce ne stavamo ognuno per conto proprio…”

Incredulo, Ryo sbattè gli occhi, e prima che lui potesse chiederle quali piani effettivamente avesse, il timer del forno era scattato, e lei era corsa a sformare quei deliziosi biscottini che le venivano così bene, mettendo fine alla discussione.

Mogio come un cane bastonato, Ryo abbandonò il piatto quasi pieno di cibo, e andò a rintanarsi nel suo personale poligono privato, tentando di affogare la rabbia e la frustrazione contro le sagome di carta e compensato che colpiva al centro del petto e del capo, immaginando di avere quel damerino da strapazzo tra le dita.

Tuttavia, servì a poco, perché sapeva che se erano arrivati a quel punto la colpa principale era solo sua, erano stati gli anni in cui si era rifiutato di mostrare a Kaori come la vedesse realmente, il mentire riguardo ciò che era avvenuto sulla nave- su quel bacio- quando lei aveva perso la memoria, il non aver voluto affrontare il discorso di quella pseudo-confessione dopo che l’aveva salvata in quella radura.  

Ryo si lasciò scivolare a terra, con la pistola tra le mani, con un’espressione affranta e triste, mesta, sul volto, ed il cuore spezzato.

Non sapeva nemmeno più come piangere. 

Non sapeva neppure se, artefice del proprio male, fosse autorizzato a farlo.

 

La gelosia, Ryo si rese conto, era una brutta bestia, decisamente una bella gatta da pelare.

Se, dopo aver scoperto che Kaori gli avrebbe dato buca il giorno del suo compleanno, si era sentito sconfitto e ferito, dopo alcuni giorni sentì rinascere in lui il sacro fuoco del possesso, del desiderio e… quel piacevole formicolio che gli veniva tutte le volte a pensare a lei, quel calore che gli riempiva il petto, una sensazione di tranquillità quasi trascendentale, migliore perfino delle volte che andava a sparare al poligono in tutta tranquillità.

Peccato che adesso pensare a Kaori non gli mettesse tranquillità- anzi. 

Apparentemente, le cose andavano sempre come al solito, lei lo svegliava, lui trovava già tutto fatto, lei andava alla lavagna e poi da Eriko e poi dall’altro, e lui continuava a fingersi indifferente a tutto questo via vai, nonostante dentro si sentisse scoppiare e passasse il suo tempo a studiarla discretamente. 

Il fattaccio non sembrava essere ancora accaduto: quindi, per quel poco che lui effettivamente ne capiva di donne, e da quello che aveva visto pedinandoli, Kaori non si era ancora concessa a quel pomposo produttore televisivo del cavolo. Quindi, forse- forse- c’era ancora una possibilità che cambiasse idea e ritornasse ad interessarsi al suo socio. Forse. Dopotutto, non si erano nemmeno mai baciati quando si salutavano alla sera e lei tornava a casa, e lui poi viveva con una ragazzina, e non gli risultava che fossero andati in un qualche alberghetto di quelli che un tempo frequentava lui…. Quindi… quindi…

Ryo digrignò i denti, mentre, seduto al bancone, fingeva di non guardare i due piccioncini che ridevano e scherzavano seduti ad un tavolino un po’ appartato, mentre Miki lo guardava come se fosse l’uomo più idiota sulla faccia delle terra (probabile) e Mick e Falcon se la ridevano della grossa- talmente tanto che in certo momenti dovevano tenersi la pancia. 

“Uffa, non mi siete di nessun aiuto!” Si lamentò, mettendo il broncio. “Begli amici siete!”

“Guarda, caro, che la colpa è solo tua, se avessi detto chiaramente a Kaori che l’amavi quando Silver Fox l’ha presa di mira…” Miki iniziò.

“…o quando arrivò Mary e tentò di separarli raccontandogli la verità sul passato di Ryo…”  continuò suo marito.

“O con Sonya… o la sorella di Kaori…”

“….e vogliamo parlare di quella peste che leggeva nel pensiero? O della volta che ha sfilato per Eriko in costume da bagno?”

“E poi quando è arrivato Mick e si è messo tra loro due… o la volta in cui si era messa tacchi e parrucca e Ryo l’ha quasi sedotta fingendo di non conoscerla…”

“E la volta della nave, con quel bacio dato con in mezzo un vetro…”

“…e quando è rimasto senza fiato quando l’ha vista in abito da sposa al nostro matrimonio…”

“…o quando l’ha salvata nella radura e le ha detto che sarebbe vissuto per la persona che amava….”

“Oh, e la volta che è salito su un aereo per lei? Non trovi che fosse terribilmente romantico?” Terminò Miki, arrossendo, e coprendosi le calde guance con le mani, sospirando con aria sognante, mentre Ryo ingoiava a vuoto, stupito di essere stato così espansivo, e che tutti sapessero di quei loro piccoli momenti di intimità, e Mick li guardava un po’ stranito. 

“Sapete, non so di cosa non capacitarmi di più: che voi due siate due ficcanaso che più ficcanaso non si può e sappiate i fatti loro più e meglio di questi due imbecilli, o che questi due cretini non abbiano ancora sfornato una squadra di calcio di pargoli, con tutte le occasioni romantiche che gli sono capitate tra le mani negli anni… anche se, a dirla tutta… sembra che Kaori la squadra di calcio la voglia mettere su con lui, adesso…” Mick rise, indicando il tavolino dove Kaori stava confabulando e ridendo con la brutta copia di Ryo, facendo venire un diavolo per capello all’originale che non riusciva a trattenersi dal guardare di sfuggita quella meravigliosa creatura che si rifiutava di dare tutte le sue attenzioni a lui e lui solo. 

“Cretino” Ryo sibilò mentre si accese una sigaretta.

“Beh, intanto questo cretino ha scoperto dove andrà Kaori sabato, ed ha pure ottenuto da una gentilissima segretaria ben due inviti per una cena di gala…” fece schioccare la lingua contro il palato, con uno strano scintillio negli occhi. “Giornata di pedinamento? Come ai vecchi tempi, quando a Los Angeles per sbarcare il lunario pedinavamo i fedifraghi per coglierli in flagranza… e non dirmi che non hai voglia di sapere cosa combina Kaori tutto il giorno con il Marcantonio… a meno che…” gli lanciò un’occhiata carica di significato e molto allusiva. “Tu già non lo sappia. Vecchio volpone, ammettilo che sono settimane che non lavori perché le stai dietro!” 

Ryo si alzò a andò fuori, limitandosi a borbottare qualcosa a denti stretti, mentre Mick scosse il capo, divertito, e poi si voltò verso l’ex mercenaria, e le fece segno di avvicinarsi con fare allusivo, facendola rabbrividire di paura.

“E adesso, Miki, a noi… avrei un’ideuccia molto appetitosa… la vuoi sentire, mia cara? Sono certo che ti piacerà!”

 

La mattina del compleanno di Ryo, Kaori non ebbe il cuore di svegliarlo. Nonostante una parte di lei pensasse che stesse facendo la cosa giusta, che allontanarsi da lui e cogliere le occasioni che la vita le lanciava fosse un suo sacrosanto diritto, sotto, sotto, si sentiva come una ladra. 

Con la casa a posto, preparò la tavola, lasciandogli pranzo e cena in frigo, mentre la colazione era già in tavola, con tanto di caffè nel thermos e brioches- fatte da lei- in tavola. Aveva apparecchiato con il servizio bello, messo una graziosa tovaglia bianca ed era andata a prendere dei fiori freschi da un carrettino, annusandoli e portandoseli al cuore, arrossendo, mentre si apprestava ad arrangiarli in un vaso, quasi fosse stato un bouquet nuziale.

Prese la sua sveglia, la posizionò su un’ora che non fosse stata troppo tarda, e ci appiccicò sopra un post-it con un semplice “buon compleanno” scritto nella sua calligrafia svolazzante, e sospirando si avvicinò alla stanza del socio. Ryo stava russando della grossa- lo poteva sentire attraverso la porta chiusa- e lei alzò gli occhi al cielo, mentre, silenziosamente, aprì la porta della stanza dell’uomo ed entrò con passo felpato.  Lasciò l’aggeggio sul comodino, poi, con le mani in grembo, si sedette sul bordo del letto, e lo osservò dormire profondamente, tranquillo, che borbottava però con la voce impastata. 

Sorrise, mesta, e scompigliandoli un po’ i capelli si chinò su di lui, lasciandogli un delicato bacio sulla guancia, e se ne andò subito dopo, le dita che sfioravano le sue labbra, le guance rosse per l’imbarazzo, il gesto coraggioso, la paura di essere stata scoperta...  

Appena richiusa la porta, Ryo si sedette nel letto, e, avvolto dal delicato profumo di vaniglia della rossa, si portò una mano a toccare il punto che lei aveva sfiorato. La pelle bruciava, e lui fissava la porta col respiro bloccato in gola, quasi non sapesse come comportarsi… ma soprattutto, ad averlo stupito era stato il fatto che aveva chiaramente avvertito delle lacrime cadergli sulla pelle. 

Mentre lo baciava, Kaori aveva pianto. 

Solo con i boxer, corse giù per la scala, ma si rese conto che era troppo tardi: Kaori aveva già chiuso la porta d’ingresso, e se ne stava andando. Tornò in camera, si mise i vestiti che il giorno prima aveva buttato sul pavimento e uscì, con ancora i pantaloni sbottonati e le scarpe slacciate, aveva giusto preso al volo una brioches, ficcandosela in bocca, e si era messo sotto braccio il thermos. 

Seguì Kaori- che si era messa un grazioso vestitino azzurro e delle scarpine col tacco- di lontano, appostandosi dietro cespugli, lampioni e chi più ne aveva più ne metteva, ma non sembrava che il suo giro differisse troppo da quelli soliti; andò a controllare la lavagna- trovandola, grazie al cielo, vuota, ci mancava solo che dovesse rinunciare al suo appostamento per seguire il caso di qualche ochetta che pensava di essere in pericolo o voleva scappare di casa perché il paparino era troppo severo con lei, povera stella -  e poi andò dalla sua cara amica Eriko (che, in teoria, avrebbe dovuto essere dalla sua parte, non quella di Kaori o di quel damerino da strapazzo). Se ne stette tutta la mattina nascosto davanti al negozio, approfittando di un fortuito carretto di cibo da asporto, ma non gli sembrava che accadesse chissà che. 

Ridevano, scherzavano, mettevano a posto il negozio, servivano le clienti, Kaori faceva vedere agli uomini come i capi ricadevano sulle forme femminili, consigliavano a tizi senza gusto come vestirsi per fare colpo sulle donne dei loro sogni… cose così. Ad un certo punto, però, Eriko, tutta eccitata, le si era avvicinata, con una gruccia in mano; aveva, drappeggiato sulle braccia, un capo di cui Ryo non poteva scorgere i particolari, ma il cui colore- un verde acqua- avrebbe di sicuro fatto risaltare i capelli rossi di Kaori, facendola splendere come una dea.

Però… c’era un però. Ryo magari non ci capiva troppo di donne (era più esperto di sottane e di oche), ma c’era qualcosa in Kaori che stonava. Sì, rideva, scherzava e sorrideva, ma vedeva che non c’era la solita luce nei suoi occhi. Non era felice. Si doveva sforzare. Era come se tutto fosse una finta. 

Quindi. Il damerino non la rendeva felice. 

Quindi.  Forse lui poteva renderla felice! Poteva avere ancora una possibilità!

Alzò il pugno in aria, con fare trionfale, sotto gli occhi stupiti dei passanti, che si allontanavano da lui neanche fosse stato un pazzo. 

“Che c’è, fratello, hai un piano per riconquistare la tua donna?” Si sentì schernire. Si voltò, trovandosi Mick davanti, con il suo solito completo bianco e quell’espressione un po’ così, sull’arrogante, saccente, da primo della classe e so tutto io. 

“E tu che ci fai qui?” Ryo gli domandò, un po’ seccato. Non tirava fuori il suo tesoruccio solo perché c’era troppa gente che li stava guardando e non aveva voglia di chiamare Saeko il giorno del suo compleanno per supplicarla di tirarlo fuori dai guai solo perché aveva sparato a Mick che gli rompeva l’anima e lo prendeva per i fondelli perché, nonostante tutti i suoi bei discorsi, non era capace di tenersi una donna…

“Beh, ho immaginato che non volessi passare da solo il giorno del tuo compleanno, e poi….” Si voltò verso l’amico, ridacchiando, mostrandogli due talloncini. “Chi è che ha i biglietti per la cena di gala di stasera?”

Ryo fece per afferrarli- magari si sarebbe fatto accompagnare da Reika, giusto per vedere se Kaori si sarebbe ingelosita vedendoli insieme- ma Mick fece un passo indietro, facendogli segno di no col dito, nemmeno Ryo fosse stato un bambino o un cane. Il che fece davvero desiderare a Ryo di tirare fuori la pistola e trivellare di colpi il corpo del suo presunto amico…

“No, no, scordatelo, Ryuccio. Tu ed io adesso andiamo dal mio sarto, ti vesti bene e stasera andiamo a vedere come si comporta la nostra stellina santa con il damerino… ma le cose le facciamo a modo, eh! Mica vorrai farmi sfigurare!”

“Bah, figuriamoci! Come se non fosse noto chi tra noi due ha fascino da vendere!”  Ryo ringhiò, con le mani in tasca, mentre si allontanava, seccato, con l’amico. 

Che sghignazzò, vedendo che Ryo non poteva fare a meno di dare un’ultima occhiata alla vetrina del negozio di Eriko, nella speranza di scorgere Kaori con indosso quella delicata meraviglia di capo…

 

Ryo sbuffava quella sera, mentre, seduto scompostamente con un meraviglioso completo scuro e la camicia nera, che aveva focalizzato l’attenzione di parecchie belle donne, aspettando l’arrivo di Kaori e del suo “cavaliere” che non tardarono ad arrivare. Seduto davanti a lui al tavolo del ristorante più lussuoso della città, Mick si godeva la scena, divertito, tamburellando con le dita sul tavolo mentre guardava “il damerino” scostare la sedia ad una Kaori a dir poco bellissima: aveva un vestito da sera senza maniche, in stile Charleston, in un lussureggiante tessuto verde scuro che a tratti pareva nero, con un corpetto decorato da un prezioso ricamo di perline tono su tono e una gonna, che le arrivava poco sopra il ginocchio, arricchita da delle frange scure, e ai piedi calzava delle decolleté con un sottile tacco a spillo non esagerato, tempestate di scintillanti pagliuzze dorate. Non indossava gioielli, salvo per un sottile orologio dal cinturino di pelle, dello stesso colore del vestito, e, sul posto opposto, un bracciale a cerchio, ed il trucco era leggero, appena accennato, molto naturale.

“Sai, fratello, tornassi indietro,” ammise lui con sguardo un po’ sognante, da pesce lesso. “Non mi farei più da parte per te…”

“Ma stai zitto, cretino!” Ryo gli ringhiò, voltandosi leggermente per rubare un’occhiata alla sua socia, la cui bellezza quella sera lo lasciò a bocca aperta e senza parole: Kaori era una visione, sembrava essere la protagonista di una di quelle stampe in stile Art Noveau che a lei tanto piacevano.

“Uhm. Vedo che la pensiamo allo stesso modo…” Sghignazzò il suo compare, che tante volte era stato preso in giro da Ryo stesso perché vittima dell’inconsapevole bellezza e della freschezza d’animo di Kaori.

Ah, la vendetta!  

“Accidenti, mi sento un damerino vestito così, e poi senza la pistola mi sento nudo!” Lo sweeper cambiò argomento, preferendo lamentarsi, col broncio, mentre faceva del suo meglio per spiare la sua bella socia sperando che lei non lo scoprisse (sarebbero stati letteralmente dolori) e che Mick non lo prendesse troppo per i fondelli.

L’americano però si limitava ad alzare gli occhi al cielo mentre guardava quella povera stella di Kaori  brindare svogliatamente con quel damerino da strapazzo di cui, era lampante, a lei importava poco o nulla, in senso romantico. Anche un cretino avrebbe visto lo sguardo basso, gli occhi a cui mancava la solita luce- chiunque, forse tranne Ryo, che era accecato dalla gelosia e che era totalmente fuori controllo. 

“Sai, sembra proprio la storia di Cenerentola, non trovi?” lo prese in giro lui, incapace di resistere alla tentazione di mettere il dito nella piaga o di cercare di attizzare quella fiamma di gelosia, quel desiderio di possesso che sapeva bruciare in Ryo. I due uomini si guardavano negli occhi, e a Mick non parve vero che lo stallone fosse così impaurito all’idea di essere mollato che nemmeno si rendeva conto che aveva gli occhi delle donne puntati addosso, e che, se avesse voluto, avrebbe potuto avere ognuna di loro ai suoi piedi prima della fine della serata. Ma Ryo ormai era andato: a lui importava solo di una donna… e che donna!

 “Guarda che occhi da pesce lesso, è proprio andato!” Continuò con tono sibillino. “Se Kaori non si innamora dopo una serata così, non lo farà mai più! Anzi, vuoi scommettere che è già cotta a puntino?”

Ryo stritolò il bicchiere nella mano, rompendolo, quasi facendolo scoppiare, e richiamando l’attenzione dei presenti, che si voltarono ad osservare il motivo di tale rumore- anche Kaori ed il suo accompagnatore, motivo per cui Ryo si nascose sotto al tavolo, mentre Mick guardava dall’altra parte fischiettando allegramente come se nulla fosse, godendosi lo spettacolo.

Ah, com’era bello poter finalmente sfottere Ryo perché anche lui era innamorato! Ed era stata pure la stessa donna a farli capitolare!

 

“Sai, Kaori, credo di avertelo già accennato…” iniziò  Yasuo, arrossendo timido, mentre le versava dello champagne nel bicchiere, una volta che la loro attenzione era tornata al loro appuntamento. “Io, sono molto felice di averti rincontrato, e, ecco, io ormai sono solo da un po’, e pensavo che forse potremmo, ecco, io vorrei che ci conoscessimo meglio. Vorrei che, insomma, continuassimo a frequentarci, e…insomma, spero che tu avrai capito che…”

Yasuo ingoiò, e fissò il suo piatto, ormai vuoto, mentre Kaori guardava fuori dalla finestra del grattacielo le mille luci della sua città -la città che amava, che accanto a Ryo aveva scelto di proteggere. Si morse le labbra, serrandole in una morsa, eppure, nonostante ciò, le scappò un singhiozzo, che fece sussultare l’uomo dinnanzi a lei, che, come guidato dall’istinto, cercò la mano della donna sul tavolo, coprendola con la sua, stringendola, e le si avvicinò, lentamente, gli occhi socchiusi, pronto a lasciare un tenero bacio su quelle soffici labbra, un pegno d’amore, una promessa per il futuro…

Kaori, con gli occhi colmi di lacrime, alzò lo sguardo verso quel brav’uomo- quell’uomo che la voleva, che voleva solo una vita normale, e farsi una famiglia-  e nello stesso istante Ryo fece lo stesso. Lui li fissava a bocca aperta, e sentì l’istante stesso in cui il suo cuore si spezzò, vedendo come Kaori guardava il suo spasimante. Doveva essersi sbagliato- quelle erano lacrime d’amore, Kaori stava finalmente per ricevere il suo bacio, e forse, più tardi, avrebbe anche donato il suo corpo al suo amato.

Bel compleanno davvero…pensò, mentre si alzava dal tavolo discretamente, sotto lo sguardo attonito del suo migliore amico, che lo fissava con tono accusatorio.

“Quindi, non ti importa? Io ho rinunciato a lei perché credevo che tu fossi abbastanza uomo da amarla, Saeba. Non dirmi che mi sono sbagliato!”  Lo schernì, ma Ryo si limitò a scuotere il capo, con le mani nelle tasche degli eleganti pantaloni.

“Sono abbastanza uomo da volere per lei ciò che la rende felice, Mick.” Sospirò, mentre lo salutava alzando una mano. “Che è esattamente quello che hai fatto tu tanto tempo fa. O lo hai già scordato?”

Pivello, Mick pensò tra sé e sé, mentre si metteva comodo nella sedia e si godeva lo spettacolo di Kaori che mandava a stendere il damerino- perché era certo che fosse quello ciò che stava per accadere. Non era idiota, era davvero bravo nel suo lavoro, e soprattutto, conosceva i suoi amici, ed era certo che per separarli servisse ben altro che un tizio che le faceva la corte, per quanto ricco ed affascinante. Avevano superato tanti di quegli ostacoli, e Kaori aveva scelto di stare accanto a Ryo anche dopo aver scoperto del suo passato di bambino soldato prima e guerrigliero poi… quello? Quella era una bazzecola, al confronto!

Si mise le mani dietro alla testa, facendo sciò al cameriere che gli chiese se volesse il caffè, e se ne stette lì. Non sapeva leggere le labbra, ma, dall’espressione stranita e delusa del tipo, era chiaro che stava ricevendo il due di picche…

E brava la mia Kaori. E adesso, vediamo di far fare pace ai due veri piccioncini!

 

Kaori si strinse una mano al petto mentre Yasuo le faceva quella dichiarazione d’amore. 

Non avrebbe mentito: da bambina, aveva sognato che un bell’uomo le avrebbe dichiarato il suo amore. Aveva immaginato fuochi d’artificio, il cuore in gola, le farfalle nello stomaco… e invece…

Invece niente. Nisba. Nicht. Nada. Rien. Nic. Niets. 

“No.” Si limitò a dire, scostando il viso quel tanto che bastava perché le labbra dell’uomo atterrassero sulla guancia e non sulla bocca, lasciando il suo interlocutore basito, a sbattere le palpebre. Si strinse nelle spalle, sorridendo leggermente, nonostante gli occhi fossero ancora lucidi. 

“Non fraintendermi, Yasuo, sono felice di aver incontrato di nuovo te e tua figlia. Ho un bellissimo ricordo di voi, e Mayu è  diventata una deliziosa giovane donna, e di qualsiasi cosa dovesse aver bisogno, io ci sarò sempre, ma… no. Lo sappiamo tutti e due che non potrei amare nessun’altro se non Ryo, e  anche se dovessi rimanergli accanto anche solo come assistente, come socia…forse… credo che mi vada bene così. Io mi accontento anche di poco. E poi, quello vecchio è lui… io ho ancora tanti anni davanti per conquistarlo!”

“Capisco…” Sospirò lui, un po’ rammaricato, ma tutto sommato sereno. “Me l’aspettavo. Mi ricordo come eravate quando ci siamo incontrati. Era chiaro che lui faceva tanto il volpone, ma ci teneva a te. E se non mi sbaglio, lo fa ancora ora, vero? Sai, usando le parole di un saggio uccellino, mi è sembrato di vedere un gatto…”

Kaori rise- la sua prima vera risata da settimane, se non mesi a quella parte, e si sentì così libera, così leggera, che ebbe l’assoluta certezza che sarebbe andato tutto bene, che si sarebbe ripresa il controllo della sua vita, e che lei e Ryo sarebbero stati di nuovo… a posto. Ben ingranati. E chissà, col tempo… innamorati.

“Direi che il signore ha detto giusto…” Una voce disse alle loro spalle. Si voltarono, trovandosi Mick in piedi, che offriva a Kaori la mano per aiutarla ad alzarsi. “Spero non le dispiaccia, ma manca poco a mezzanotte, e la nostra Cenerentola qui presente deve scappare….”

“Oh, Mick, io non sono la vostra Cenerentola…” Kaori sorrise, divertita, e prese la mano di Mick, ringraziandolo con un lieve bacio sulla guancia. 

“Lo so, lo so, cosa credi? Tu sei solo di Ryo… e adesso, andiamo prima che il campanile batta la mezzanotte e il tuo principe si tramuti in ranocchio!” 

Lei ridacchiò, nascondendo la bocca dietro la mano. “Oh, Mick, credo che tu stia facendo confusione tra le fiabe…”

“Vedremo, intanto, andiamo…” le disse, prendendola a braccetto. “Non vorrai mica rompere la promessa che hai fatto a Ryo, no? Anche se solo per pochi minuti, ti farò passare il suo compleanno con lui.”

“Mick, sei un così caro amico… non ti meritiamo!” gli disse lei, con le lacrime agli occhi, e lui rise, di gusto, felice. 

“Beh, mettiamola così: quando vi sposerete, voglio essere io ad accompagnarti all’altare!” Le disse, con tono serio. 

Diceva davvero. Lo desiderava. Voleva vedere i suoi amici felici, e desiderava far parte di quella felicità.

Lo abbracciò, stringendolo forte, piangendo, nascondendo il volto nell’incavo del collo di Mick. “Grazie Mick, grazie.”

Lui la strinse, godendosi quel calore, la dolcezza del primo amore che finisce, e la serenità della certezza di un’amicizia destinata a durare, intatto, sempre più solida, giorno dopo giorno, nel tempo, più forte di tutto, anche dell’amore…

In quell’istante, Mick lo capì: lui, per Kaori, ci sarebbe sempre stato… e lei avrebbe fatto altrettanto.

“Su, dai, non fare così, adesso andiamo giù che ho la macchina nel parcheggio, e ti porto a casa così tu e Ryo fate pace e…”

“No,” gli disse lei, mordendosi le labbra, sorridente, con lo sguardo di chi sapeva cosa voleva ed era pronta a prenderselo, decisa, sicura di sé…felice.

Bellissima. 

“No, non a casa… andiamo, ti faccio strada io!.” Kaori lo prese per mano, e sui quei deliziosi tacchi 10, corse verso l’ascensore pronta ad afferrare la felicità. “Oh, a proposito… cosa ci facevate qui tu e Ryo? So che siete bravi  come sweeper ma questa serata era ad invito…”

“Oh, ma, mia bella ragazza…” Le disse porgendole il braccio, con fare cavalleresco. “Non sono l’unico a tifare per  voi. Una simpatica e frizzante ragazzina è venuta un paio di settimane fa al locale per parlare con Miki, nella speranza che lei la aiutasse a farvi capitolare, e io, appena ho sentito cosa aveva in mente, mi sono subito gettato a capofitto nell’azione! Anche perché, diciamocelo. A chi darebbe ascolto Ryo, a me o Umi?”

Kaori rise, tenera, immaginandosi la scena. Guardò dalle vetrate il cielo stellato, e per la prima volta dopo tanto tempo…. Sì sentì pronta ad afferrare ciò che più desiderava al mondo: l’amore di Ryo.

 

“Sei sicura che sia qui?” Mick le chiese mentre fermava la macchina davanti ad un attraversamento pedonale. Kaori, sorridente, gli fece cenno di sì, e fece per aprire la portiera quando lui la fermò, mettendole una mano sul braccio- le sue dita, ruvide, erano fredde, nervi e muscoli rovinati in quel fatidico giorno che cambiò per sempre le loro vite, nel bene e nel male, su quella barca dove lei e Ryo si erano scambiati timidamente una parvenza di bacio. 

“Dì un po’, dove credi andare così? Avevi talmente fretta di raggiungere il tuo bel tenebroso che ti sei pure scordata la giacca!” La rimproverò bonario, e poi, aggiunse, guardandola con un malcelato sguardo malizioso. “A meno che tu non pensi di farti scaldare in altri modi più interessanti… eh, eh, eh, bricconcella, lo sapevo che a forza di andare con lo zoppo avresti imparato a zoppicare pure tu!” 

Schioccò la lingua contro il palato, facendole l’occhiolino, e Kaori arrossì, e Mick sospirò. 

Sì, i suoi amici erano proprio innamorati persi- e sperava che questa volta si volessero dare una bella svegliata ed accettare quel sentimento. “Ah, prima che me ne dimentichi… nel bagagliaio c’è il regalo da parte nostra e di Miki e del polipone per quel tonto. Fossi in te ne approfitterei…”

“Eh?”  Kaori sgranò gli occhi, e sospirò, quasi impaurita da cosa avrebbe potuto trovare nel bagagliaio… anche se… anche se sapeva che di Miki e Umi si poteva fidare, loro non avrebbero tirato lanci mancini né fatto regali strani, imbarazzanti o altro- da Mick, invece, c’era da aspettarsi cose come telegrammi cantati da donnine in abiti succinti (o travestiti) o bambole gonfiabili (per Ryo) o giocattoli erotici e lingerie al limite del sadomaso (per lei).

“Dai, su, rilassati, non è nulla di strano…è solo il regalo mio e della banda per Ryo. C’è anche un pensierino da parte di Miki… e vedi di farne buon uso!”

“Che scemo!” sussurrò, salutandolo con la mano, mentre usciva dall’abitacolo per poi recuperare il “regalo”- un cesto da picnic. la cosa la lasciò perplessa, ma nemmeno più di tanto, dato che Ryo aveva tre passioni nella vita: la Phyton, le belle donne ed il cibo.

In certa su quei trampoli, Kaori percorse quei sentieri che fin dalla più tenera età le erano familiari, e proprio dove lo aveva immaginato, trovò Ryo: seduto su una panchina, con la sigaretta in bocca, guardava il cielo stellato, pensieroso, triste- era sulla loro panchina, quella dove lo aveva visto per la prima volta undici anni prima quel giorno esatto. 

“Buon compleanno, Ryo- e scusa per il ritardo.” Gli disse, dolce, offrendogli il cesto. Lui la guardò, con gli occhi quasi sgranati, stupito, così tanto che la sigaretta gli si sfilò dalle labbra, e gli ricadde sui pantaloni, sporcandosi di cenere. 

“Ma che…” ingoiò. “Tu non dovresti essere a cena con quel… con il tuo amico?” le chiese, un po’ seccato, rifiutandosi di guardarla negli occhi, petulante come un bambino viziato, ma lei si limitò a scuotere il capo e sedersi accanto a lui, ponendo il cesto tra i loro corpi.  Lui, arrossendo, si girò dall’altra parte, un po’ per fare l’offeso, un po’ perché Kaori si era limitata a dirgli di un impegno, e, non avendola vista dalla mattina, si supponeva che non fosse a conoscenza dei suoi programmi esatti.

“In realtà, ci ho messo un po’ a capirlo, ma adesso so che sono esattamente dove devo essere.”  Lei sospirò, alzando gli occhi al cielo, gli orecchini che le danzavano attorno al viso nella notte fresca - Ryo non li aveva ancora notati, ma erano gli stessi che aveva indossato quando aveva interpretato, per una notte, il ruolo della sua Cenerentola, quando entrambi avevano finto di essere persone normali, che si divertivano, che uscivano a cena e per un gelato… “E poi, oggi è il tuo compleanno, e ci eravamo ripromessi di passare i nostri compleanni sempre insieme… non era giusto che proprio io che ti ho strappato quella promessa la infranga, no? E poi mi era sembrato che tu lo volessi particolarmente… guarda che ti ho visto mentre ti nascondevi sotto al tavolo!”

“Eh, sì, stai diventando proprio ingamba…” La guardò con sguardo sornione. “E il cestino cosa sarebbe?”

Ma Kaori si limitò a scrollare le spalle. “In realtà non lo so. Mick dice che è da parte di tutta la nostra cricca per il tuo compleanno.”

Alzando un sopracciglio, curioso, Ryo aprì il cestino, e subito scoppiò a ridere, sotto lo sguardo incerto di Kaori, che pareva lo stesse prendendo per pazzo.

“Forse è il caso che Mick cambi lavoro- barista o terapista, sarebbe perfetto. Lui sì che è bravo ad ascoltare cosa gli dicono gli amici!” Kaori lo guardò incerta, neanche Ryo avesse avuto due teste, poi sbirciò all’interno del cesto. C’erano solo quattro cose: una bottiglia- che  secondo l’etichetta doveva essere una bottiglia di  champagne brut secco rosé Henri de Verlaine (arabo, per lei), due coppe e una meravigliosa torta  red velvet a forma di cuore con cioccolato, panna e fragole, già divisa in fette e conservata in una scatolina di plastica trasparente.

Kaori lo guardò accigliata. Vino e cibo, tutto lì? Quello era cosa aveva chiesto ai suoi amici come regalo di compleanno? Sospirò. In fondo, Ryo era un uomo di poche pretese…

Lui però le diede un buffetto alla fronte, e la guardò, un po’ lascivo e malizioso- in un modo in cui l’aveva guardata solo per prenderla in giro, in passato. “Sai, una sera, prima che tu ti mettessi ad uscire con il bel produttore, Mick ed io eravamo in questo locale jazz ad ascoltare musica e bere whisky, quando all’improvviso mi dice che si sposa. E io dopo un po’, gli dico che forse è il caso che anch’io metta la testa a posto, che dopo un anno che la tiravamo con quella storia della radura era il momento che ti dicessi per bene quello che provo e facessi di te una donna onesta. E gli dico, Mick, sai, penso che al mio compleanno brinderò sulla terrazza con Kaori con lo champagne, e poi le toglierò la coppa dalle mani e la bacerò, e giuro su dio che fino a dopo il suo compleanno non la faccio più alzare dal letto! Sì, sì, cinque giorni a farci le coccole e fare piani per il futuro, e stavolta faccio le cose per bene, le dico che l’amo e che la voglio sposare! Non voglio più essere scapolo, voglio essere solo lo stallone di Kaori!”

Kaori, con la bocca spalancata, arrossì, turbata più dal senso delle parole che da come Ryo le aveva dette, col suo solito tono sciocco e cretino.

“Ma…Ryo!” Si spazientì, mettendo il broncio ed incrociando le braccia, incapace tuttavia di distogliere lo sguardo da lui, dopo quella confessione. “Una cosa così importante me la dici così?”

“Beh, l’importante è che ti abbia messa a conoscenza dei piani per il mio compleanno, no?” Le sussurrò, serio, ma con un bellissimo sorriso sul volto;  intanto lui controllò l’orologio che aveva al polso, un pesante cronografo d’acciaio. “E a proposito del mio compleanno,  guarda un po’, mancano cinque minuti alla fine del ventisei marzo… allora Kaori, ce l’hai un regalo per me? Altrimenti ti dico già che me lo scelgo da solo!” 

Ancora lei non parlò, con la mente annebbiata da quelle parole, dalla lasciva promessa che aveva fatto dinanzi al suo migliore amico; così, Ryo, sospirando, alzò gli occhi al cielo, prima di chinarsi su di lei e lasciarle un bacio sulle labbra, il suo caldo palmo che sorreggeva la guancia di Kaori, l’orecchino che danzava sulla sua pelle.

“Occhi chiusi, Kaori… te lo avevo già detto, quando si bacia si tengono gli occhi chiusi…” le disse, con tono da professorino, sorprendendola. 

Quando il significato di quelle parole la colpì, fu con la forza di un uragano, e lei si gettò sul suo petto, affondando il viso nell’incavo del collo di Ryo, stringendo nei pugni chiusi il tessuto scuro della camicia mentre lui le accarezzava la schiena, e affondava il naso nei capelli, assaporando l’aroma di miele e vaniglia proprio come quella notte tanto tempo prima.

Lui si alzò, e le offrì la mano. Kaori la afferrò, e Ryo la attirò a sé, i loro corpi aderirono alla perfezione, mentre lui la teneva tra le braccia, coprendola con il suo impermeabile,  e le dava un veloce e casto bacio dopo l’altro, uno ad ogni passo, senza mai lasciarla andare. 

Lo champagne, giaceva dimenticato nel parco- quella notte, Ryo Saeba sarebbe stato ebbro non di alcol, ma dell’amore e delle tenere ma incerte carezze intime della sua compagna.       

 (1)Nel Manga, il signor Uragami viene sempre e solo presentato col cognome. La scelta del nome Yasuo non è del tutto casuale, dato che Yasuo Uragami (anzi, Uragami Yasuo per dirla alla giapponese, con prima il cognome e poi il nome) è il nome del regista dello special “Arrestate Ryo Saeba”…
   
 
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