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Autore: La Fra    23/01/2021    0 recensioni
The Boss sa che assecondare i sentimenti personali puņ essere un errore.
O... feels a caso su Metal Gear Solid 3
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Naked Snake/Big Boss, Revolver Ocelot, The Boss
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Breve one shot ambientato poco prima dello scontro finale di Snake Eater
 
 
 
«Voglio che mi insegnate a combattere»
 
«Non sono un'insegnante.»
 
«Allora farete un'eccezione per me.»
 
Sposto lo sguardo dalla finestra e mi volto lentamente. Ocelot mi sta ancora fissando con le mani sui fianchi e la testa inclinata. È la postura di chi non accetterà un altro rifiuto.
 
«No,» ripeto.
 
I suoi occhi si stringono con rabbia, ma un sorriso affilato gli piega le labbra.
 
«Invece lo farete,» mi dice con troppa sicurezza. «Voi sostenete di non essere un'insegnante, ma io so che è una bugia.» Mi gira intorno come un gatto con la sua preda. Pensa di farmi paura.
«Siete stata voi a insegnare a Snake a combattere, Voyevoda." Ora mi guarda dritta negli occhi e forse è vero: qualcosa in lui mi terrorizza. «O dovrei dire The Boss. Come preferite che vi chiami?»
 
Trattengo un sospiro. Mi avvicino senza interrompere il contatto visivo. «Perché vuoi imparare?» Non è una domanda per metterlo alla prova, non esiste una risposta giusta.
 
Ocelot deglutisce, a disagio per la breve distanza fra noi. «Non è ovvio?» Il suo tono ora è più sommesso. Gli faccio paura anche io, forse?
 
Si gira, infila una mano nella giacca e tira fuori una catenella con qualcosa infilato all’estremità. «Devo regolare un conto in sospeso,» dice. Sembra che mi stia confessando un segreto. Stringe il pugno e poi mi mostra il lungo proiettile che tiene al collo. «È per questo che voglio imparare!»
 
«Una questione d'onore.» Fingo di pensaci su, come se fossi indecisa. Lui non sa che ho già tacitamente accettato di aiutarlo. Metto le mani dietro alla schiena e lo affianco, osservando la neve cadere soffice su Groznyj Grad. «Non mi interessano i tuoi problemi da ragazzino. I miei insegnamenti richiedono una preparazione atletica che tu non possiedi.» Lo guardo di lato, dalla testa ai piedi. È alto, quasi come me. «E soprattutto, richiedono disciplina. Torna quando ne avrai un briciolo.» Faccio per girarmi e andarmene, e che sforzo devo fare per allontanarmi, ma Ocelot mi sbarra la strada.
 
«No, aspettate!» mi dice con voce quasi stridula. «Vi prego, insegnatemi il vostro judo.»
 
Mi passo la lingua all'interno della guancia. Sa essere davvero ridicolo e impacciato a volte.
«Il CQC è una tecnica di combattimento ravvicinato che combina diverse arti marziali,» gli spiego. «Prende solamente alcuni elementi dal judo.»
 
«Fa lo stesso.»
 
«No. Significa che non puoi trovarlo su nessuno dei tuoi manuali.»
 
«Insegnatemelo voi, allora!» Insiste. Mi piace la sua tenacia.
 
«Ci vorrebbero troppe lezioni, non abbiamo il tempo.»
 
Ocelot apre la bocca, ma schiocca solo la lingua. Sa che questa è la nostra ultima possibilità. Forse è per quello che usa così tanta insistenza?
 
«Ho visto Snake fare alcune mosse. Mi sono esercitato,» mi confessa. «Ho un'ottima memoria, datemi una possibilità.»
 
«Batterlo non sarà comunque semplice,» lo avviso, inutilmente crudele. «Snake non è stato solo un mio allievo, io e lui abbiamo sviluppato il CQC insieme.»
 
«Mi basta potergli tenere testa per un po'.» Ocelot fa un ghigno e mi rivolge un cenno d'intesa. «Non voglio certo ucciderlo.»
 
Sorrido. «Ovviamente...» A volte è difficile non poter parlare liberamente. Penso lo sia per tutti e due. «Fammi vedere allora.»
 
Fa un passo indietro e assume subito la posa corretta. La schiena inarcata e le braccia in avanti. Mi si alza un sopracciglio, ma cerco di non mostrargli il mio stupore. Con quell'abbigliamento e gli stivali è così fuori luogo… ma il suo sguardo è determinato: fa sul serio. Iniziamo a muoverci in tondo e la stanza ruota intorno a noi. Mi sento proprio come quella volta, mi sembra di fluttuare senza gravità, di guardare il mondo girare senza di me, e vorrei solo che si fermasse per un istante in più, che mi donasse qualche secondo ancora per ammirarlo...
 
Senza preavviso, scatta. Si muove bene, agilmente, e mi afferra il braccio destro in una presa salda. Peccato che sia troppo sbilanciato, troppo istintivo.
 
Riesco a ribaltarlo a terra usando la sua stessa forza bruta. «Così non va, non ragioni abbastanza,» gli dico, lasciandolo andare.
 
La schiena gli sbatte a terra, ma lui si rialza subito e si prepara ad attaccare di nuovo. Vuole provare a imitarmi, ma non gli lascio il tempo. Gli afferro una spalla e un braccio imitando la sua presa di poco prima. Lo ribalto, ma lui usa il mio peso per bilanciarsi e contrattaccare. Notevole, ma
ci ha messo troppo; bloccarlo è fin troppo facile. «Ora stai pensando troppo.»
 
Ocelot stringe i denti e ringhia. «Non penso abbastanza oppure penso troppo? Che razza di metodo di addestrare è questo?»
Sorrido. «Te lo avevo detto che non sono un'insegnante. Se andrai da Snake carico di adrenalina, ti rispedirà da me a calci nel sedere.»
 
I suoi occhi si riducono a due fessure e si scaglia su di me con un verso ferale. Non ha ancora capito che quella che sta giocando con la sua preda sono io. Uso ancora qualche presa su di lui, ma non lo atterro. Il suo modo di rispondere agli attacchi è come quello di Snake, ma allo stesso tempo un po' differente. Deve essersi allentato tanto in questi giorni per sviluppare un suo stile. È davvero impressionante.
 
Questa volta colpisce il terreno a pancia in giù e si lascia scappare un lamento. «Dannazione!»
 
Mi raddrizzo e attendo che si decida a riprovare. Sarebbe un peccato se si arrendesse ora perché è proprio in gamba, ma non sono quel tipo di maestra che ama compiacere i suoi studenti. Se potessi tornare indietro però, confesso che vorrei imparare a esserlo.
 
«Adam,» lo chiamo sottovoce. Non avrei dovuto, e lo so bene, ma mi è uscito spontaneo. Lui si gira con gli occhi sgranati e si alza. È indeciso su cosa rispondere e come rivolgersi a me. Non sa che c'è solo un modo nel quale vorrei che mi chiamasse.
 
«Riprova,» gli dico per rompere la tensione. «Ci sei quasi.»
 
Il sudore gli scende per la tempia, il naso gli si arriccia un po'. Si prepara, e mi attacca di nuovo. Questa volta ha più controllo. La sua presa è salda e ben posizionata, il suo baricentro è corretto. È un ottimo osservatore e uno stratega eccellente, sembra che memorizzi ogni mossa e la faccia subito sua.
 
Lo afferro anche io per contrastarlo e lo sbilancio. Lui si aggrappa alle mie braccia e stringe gli occhi, in preparazione di un altro impatto con il pavimento.
 
Anche io sono una brava stratega, c'è chi direbbe che sono la migliore, e di solito non faccio nessun errore. Però, non è la prima volta che ne commetto uno per lui (e se non fossi giunta ormai alla fine, so che non sarebbe nemmeno l'ultima). Gli stringo forte una spalla, l'altra mano la posiziono sulla sua schiena e lo tiro verso di me fino a quando le mie braccia non gli cingono il collo. È una mossa un po' goffa, e odio che le mie mani sappiano colpirlo e ferirlo, ma non riescano a stringerlo come dovrebbero.
 
Ocelot ci mette un secondo di troppo per capire cosa stia succedendo, e si irrigidisce. Mi lascia andare la tuta, il suo respiro si interrompe. Non mi aspetto certo che ricambi il mio gesto d'affetto, mi basta che non si sottragga. «Questo è…» balbetta, «una presa judo?»
 
Con il viso affondato nella sua spalla, ispiro a fondo. «No,» dico.
 Non serviva rispondere a una domanda del genere, ma il mio cuore soffre al pensiero che lui non sia in grado di riconoscere un abbraccio quando ne riceve uno.
 
«Stai per andare da lui, vero?» mi sussurra così piano che nessun’altro potrebbe mai averlo sentito.
 
Io annuisco contro la sua spalla. «È arrivato il momento.»
 
Quando sento il lieve tocco delle sue dita sulla schiena, lo afferro saldamente e lo ribalto a terra. Questa volta, l'impatto è molto forte, e gli fa battere la nuca.
 
«Non abbassare mai la guardia,» gli rimprovero senza guardarlo. «Assecondare i sentimenti personali può costarti la vita.»
 
«Anche assecondare gli ordini!»
 
«Sì,» dico, «è così.»
 
Sta per ribattere qualcosa, ma non voglio sentirlo. «Te la sei cavata davvero bene. Non avrai problemi contro Jack,» concludo.
 
Ora è scocciato, pensa che io lo stia cercando di liquidare in fretta. «Tutto qui?» mi chiede. «Non mi insegnerete altro?»
 
Mi infilo la mantella e raccolgo la mia arma. Purtroppo ho finito il tempo a disposizione. «Quello che ti serve per affrontarlo lo conosci già. Il resto dovrai impararlo da solo.»
 
Con sorpresa, lo sento ridere alle mie spalle. Mi volto e lo vedo scuotere la testa. «Vedete di non fargli troppo male.»
 
Un angolo della bocca mi si solleva. Anche se non possiamo dire sempre quello che vorremmo, ci capiamo bene.
 
«Tranquillo, non ho certo intenzione di ucciderlo,» ripeto le sue parole e sorrido.
 
Lui annuisce e si infila la catenina nella giacca.
 
Non esito un istante in più ed esco dalla stanza. Solo allora, posso tirare un bel sospiro di sollievo. È proprio vero che i sentimenti personali possono esserci fatali. Sono bastati pochi minuti con lui per farmi venire il fiato corto e battere il cuore a mille. Mi sembra di aver corso per chilometri e chilometri senza mai fermarmi. Un soldato non si può permettere di parlare a cuore aperto, di versare lacrime... e nemmeno un semplice abbraccio. Guardo il cielo attraverso la lunga vetrata e penso che se è stato un errore, allora sono felice di averlo commesso. All'improvviso, il volto di Snake mi appare chiaro nella mente. Lui e Adam hanno molto in comune: entrambi sono e saranno sempre un mio più grande punto debole. Il mio destino ormai è stato scritto, quindi perché no? Anche con Jack, prima di portare a termine la mia missione, voglio concedermi il privilegio di commettere qualche altro piccolo errore.
 
Ispirata alla fan art di questo artista https://twitter.com/musashinoelegy
   
 
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