Household

Entrò dal portone, chiudendoselo poi alle spalle e mollando i bagagli all’ingresso.

Un'ondata di ricordi lo travolsero come un treno in corsa.

Dopo tutta la faccenda di Sherrinford e del “problema finale", Mycroft aveva fatto ricostruire il 221b a sue spese, o, almeno a quelle del governo, non ne era sicuro e neanche gli importava.

Aveva deciso di vendere la sua casa, con la morte di Mary non aveva più senso rimanere li, doveva andare avanti e farsi una vita.

Quando incontrava persone che conosceva, gli riservavano occhiate e parole di pietà, per il povero vedovo in agonia, che teoricamente doveva essere, ma che in realtà non era.

Aveva amato Mary, certo, ma non avrebbe mai amato nessuno più di Sherlock e non avrebbe più negato l’evidenza.

Salì i primi scalini e si fermò, più si avvicinava a quell’appartamento, più il groppo che aveva in gola si faceva doloroso, John strinse convulsamente Rosie fra le braccia, che si guardava intorno incuriosita dal nuovo ambiente.

Si guardò pensoso la mano sinistra, aveva tolto la fede e l’aveva lasciata sulla tomba di Mary, era giusto così.

Continuò a salire i gradini, che emisero degli scricchiolii familiari e arrivò al pianerottolo.

Chiuse gli occhi, respirando a fondo e abbassò la maniglia, aprendo la porta.

All’interno, il soggiorno era come ricordava, la sua poltrona faceva bella mostra di sé davanti al camino.

Una cosa che lo sorprese, era che erano venuti tutti ad accoglierlo. Molly, la Signora Hudson, Lestrade e persino Mycroft, (Mycroft, sul serio?).

Sherlock era davanti a lui, con un sorriso malinconico in volto, gli sembrò di vedere lo stesso Sherlock costretto a scegliere fra lui e il fratello.

Rabbrividì al pensiero e gli si inumidirono gli occhi, si gettò su di lui, stringendolo per i fianchi, infilando il naso nell’incavo del suo collo e schiacciando Rosie tra loro.

Sentiva i singuldi commossi della Signora Hudson e di Molly, un vago verso schifato di Mycroft e una risatina da parte di Greg.

Si staccò da lui e Rosie emise un risolino, poggiando il piccolo palmo della mano sulla guancia di Sherlock, che sorrise, grato a John per essere tornato, una lacrima cristallina scese lungo lo zigomo, fino al collo, dove sparì nel colletto della camicia bianca.

John gli afferrò la nuca, in punta di piedi, stringendogli i capelli tra le dita e baciandolo dolcemente sulle labbra.

Quando si separarono, guardò negli occhi grigio-azzurri di Sherlock e sorrise.

Ora era finalmente a casa.