MIO PADRE E' UN RE.
*Premetto che per me è
molto, ma molto difficile descrivere ciò che prova un uomo di fronte al
desiderio, all'amore per una donna.. sensazioni che,
essendo donna ,(anzi, ragazza, visto che ho solo 14 anni! :-D)non
posso conoscere. Tuttavia proverò, parlando
più che altro di ciò che avverto io semplicemente incontrando gli
occhi di un ragazzo che amo. L'idea per questa storia è
nata sentendo una canzone, è piuttosto frettolosa (scritta in un
solo pomeriggio), mi scuso per questo. Non pretendo certo che venga un
capolavoro, ma voglio ugualmente condividere con voi quello che sento. So anche
che non è molto originale, ma mi sento così triste...scrivere mi
fa sentire bene, in pace con il mondo.
La canzone è di Biagio Antonacci,
“Mio padre è un re”. Le parti in corsivo indicano frasi
della canzone....
*Eldarion*
La guardo camminare felice
tra le bancarelle del mercato. Ha il suo perenne sorriso stampato sul volto,
ogni tanto alza il sopracciglio sinistro come solo lei sa fare. Si muove con
disinvoltura, sceglie le vesti che preferisce, studia i tessuti. Si ferma
lì, di fronte ad un tavolo colmo di stoffe colorate. Il proprietario la
guarda con aria lasciva. Se solo osasse toccarla si
ritroverebbe nelle prigioni reali con un cappio al collo, privo di viveri e
acqua per il sostentamento.
Ecco, ha scelto. La osservo
alzare l'abito in aria e guardarlo compiaciuto. E' semplice. Come lei. E'
azzurro, la stessa tonalità della veste che indossa in questo momento.
Le sta così bene quel colore... mi confessò,
una sera, l'unica sera, in cui ci scambiammo confidenze, che il celeste
è il suo colore preferito, la fa sentire “un pezzo di
cielo”. Per me lei lo è. Quella sera fui
rimproverato dai consiglieri reali, perchè avevo trascorso intere
ore in sua compagnia.
“Una semplice paesana
involgarita.”. Così la definirono. Andai su tutte le furie. Lei comprendeva, si esprimeva meglio di tutti loro messi
insieme.
Non ho un'età
Mio padre è un Re
Vivo in un grande castello lassù
Ho un letto d'oro...due occhi blu
Ma non so dirti che...nome ho
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Odio i consiglieri di corte e
detesto pensare che un giorno questi superficiali mi affiancheranno al governo
di Gondor. Perchè è questo il mio
destino. Quando mio padre, Re Elessar,
un tempo chiamato Aragorn, lascerà queste
terre per raggiungere le Aule di Mandos, sarò
io il futuro regnante. E sarò solo,
perchè mia madre Arwen lo seguirà,
compiendo anche lei il passo mortale. E' un'elfa, non
è destinata a questo... ma fin da piccolo mi
hanno messo a conoscenza di cosa sarebbe accaduto. Tuttavia il tempo di regnare
è ancora lontano, il re Elessar ha ancora
molte primavere e autunni da godere.
Mio padre Aragorn
quella sera, mentre i consiglieri abbattevano i loro rimproveri su di me, mi
fissava, con sguardo lontano, oserei dire sofferente. Ma non professò una parola. Temo che serbi qualche rimpianto della sua vita nel cuore, non so
dire di preciso quali siano.
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Ero affacciato alla finestra,
quella sera.. osservavo Menelvagor (Orione, nd
Rohana)...pensavo...e canticchiavo una canzone elfica... uso spesso termini provenienti dalla lingua degli
Edhil, li amo profondamente.
Fu proprio una parola elfica a richiamarmi.
“Sýlthai! Sbrigati!”
Sýlthai....cioè.. soffio di vento. Quella sera c'era una
forte brezza. Mi sporsi un po' dalla finestra, e vidi nel cortiletto in basso
la fanciulla che portava quel nome. Il vento si
muoveva tra i suoi capelli... quei capelli dai boccoli
dolcissimi.
Un giorno poi dalla finestra,
quella più alta e
stretta che ho,
ho
visto lei,
lunghi capelli;
l'ho
disegnata in me e così...
Rideva, mentre tentava di
recuperare la distanza che la separava dalla sua amica.
Ad un
tratto, come se si fosse accorta della mia presenza, alzò lo sguardo. Mi sorrise, si inchinò.
“Principe...” il vento mi portò all'orecchio quella sua parola.
Lei mi guardò....lei
mi chiamò...
Doveva conoscermi. Io invece non mi ero mai beato della sua vista.
Senza riflettere, uscii dalla
mia stanza, in cui troppe volte mi ero segregato da
solo. Raggiunsi il giardino ansimante, sperando che lei fosse ancora. Esultai quando la vidi.
“Ho bisogno di....parlarti..” le dissi.
Lei mi guardò
stupita, poi si rivolse alla sua amica:
“Ti dispiace tornare al
villaggio da sola?”
L'altra scosse la testa e si
avviò imboccando una stradina. Più in là si scorgevano le
costruzioni di Gondor, alcune fatiscenti.
Sýlthai mi guardò intensamente, con espressione
interrogativa.
“Ti chiami Sýlthai, nevvero?”
“Si...” mi rispose, sempre più attonita.
“Non temere, non ho da
rimproverarti niente...sento solo il bisogno di
parlare con qualcuno.”
Ad un tratto assunse uno
sguardo comprensivo.
“Vieni, andiamo di qui..” le dissi, conducendola in
un angolo immerso nel verde.
“Come mai sei qui al
castello?” chiesi a Sýlthai
in seguito.
“Ogni tanto veniamo al
castello per portare alcuni viveri...farina, spezie.”
“Credevo che il
castello fosse autosufficiente..” dissi io.
Lei mi sorrise.
“Infatti, ma a quanto pare perfino qui qualche cosa a volte
scarseggia.”
Non ho memoria di quello che
mi disse dopo, perchè l'unico pensiero che mi scorreva nella mente era
quello di fissare
la sua immagine. Sembrava una ragazza colta, ma non le chiesi chi fosse suo padre...le chiesi di parlarmi senza
formalità.
Mi raccontò delle sue
giornate, di cosa accadeva al villaggio. Io la fissavo, avido di conoscere
quella vita che non avrei mai avuto
l'opportunità di condurre.
Scorgevo
tanta saggezza nelle sue parole... si era aperta a me, anche non conoscendomi. Non sembrava imbarazzata dal mio
livello sociale.
E guardando per un attimo il cielo, dove ormai si
distinguevano luminosi puntini, mi disse:
“Sai...amo il celeste. E' il mio colore preferito...se indosso
abiti di quel colore, mi sento parte della volta stellata. Mi sento..cielo!”
Ricordo sempre queste sue
parole.
“Hai mai desiderato vivere
in paese?” mi domandò.
Io rimasi in silenzio,
pensando ad una risposta.
“Scusa, domanda
sciocca... certo che non lo desideri...”
“No!” la
interruppi. “non è affatto stupida. Si, l'ho desiderato.” risposi
semplicemente.
Eravamo seduti sui una panchina di
pietra...distrattamente abbassai la mano, ma invece di trovare la fredda
superficie, toccai una pelle fresca. Lasciai la mia mano
lì, non feci niente per ritirarla. C'era la luna, solo uno
spicchio lucente. Sembrava che lei la fissasse incantata, godendosi quei
momenti.
In quegli attimi così
dolci, intimi, fui riportato bruscamente alla realtà.
“Principe Eldarion!”
Un consigliere mi fissava
accigliato. I suoi occhi dardeggiavano prima in direzione mia, poi in quella di
Sýlthai.
Lei si alzò con un movimento
repentino, aggiustandosi le vesti.
“Mi dispiace..” mi sussurrò.
“E'
stata solo colpa mia...” tentai di
rassicurarla.
“...puoi..tornare,
domani?” azzardai a domandarle.
“Mia madre lo
scoprirebbe..e poi, non voglio che tu subisca rimproveri a causa mia.”
Si voltò e
iniziò ad allontanarsi con passo rapido.
“Aspetta!” la
chiamai, afferrandola per un braccio.
Guardandola negli occhi verde
pallido le dissi:
“Promettimi che
tornerai...”
Quanta paura poi...perchè?!....
Non mi rispose,
spiccò una corsa. Vidi i suoi capelli fluttueggiare
nella tiepida aria serale. Quando scomparve anche l'ultimo
lembo di quell'abito rosa, mi accasciai sulla
panchina, temendo anche per ciò che sarebbe accaduto in seguito...
Non avrò, non avrò, non avrò un
giorno io non avrò....non avrò
più paura
Anche se io non posso parlare e giocare con lei...
Perchè mio padre è un Re
Ancora le aspre parole dei
consiglieri mi rimbombano in testa. Tentavo in tutti i modi di evitarle, ma
ovunque mi voltassi, continuavano a perseguitarmi.
“...non dovete
vederla mai più, avete capito?...”
mai più
avete capito?
Mai più...mai
più..
“..dimenticatela..”
“non potete
frequentare..”
“..persone del suo ceto..”
“Voi siete..”
“il futuro Re di Gondor!”
“Basta!” gridai.
Mi fissavano stupefatti. Li
detestavo. E detestavo anche mio padre, che non
interveniva. Era seduto, sul suo trono, ma non proferiva parola.
Non avrò, non avrò, non avrò
un
giorno io non avrò
non
avrò più paura
Anche se io non posso parlare e
giocare con lei....perchè mio padre è un Re
Il giorno dopo Sýlthai non venne al castello. L'avevo aspettata
tutto il giorno, guardando tristemente dalla finestra, sperando di intravedere
boccoli neri.
Tornò dopo tre
settimane. Io cavalcavo, cavalcavo mentre lacrime di
rancore mi inondavano il viso. Ancora aspre discussioni con i consiglieri.
Il mio cavallo sollevava
polvere, che accecava chiunque passasse. Non me ne
curavo. Finchè, guardando avanti, non distinsi
l'unico paio d'occhi che non meritava di essere accecato. Occhi verde pallido.
Spronai il cavallo a
fermarsi, poco distante da lei.
“Sýlthai
..” chiamai.
La ragazza non rispose, si
voltò, dimostrando di voler tornare indietro..ma i suoi passi troppo frettolosi l'avevano
tradita.
Con il cavallo le sbarrai la
strada.
“Non credi che io meriti
almeno un saluto?” le dissi.
Si inchinò, e continuò per la sua strada.
Scesi da cavallo, mi
avvicinai a lei e brutalmente le strattonai un
braccio.
“Tu non puoi
comportarti così!” ero stato terribilmente egoista, non pensavo
a ciò che dicevo.
Mi fissò, con gli
occhi verdi spalancati. Vidi che era spaventata. La lasciai andare, ma prima
l'avvicinai a me, i due corpi premuti, e la baciai. Pretesi tutto da quella
bocca, ogni sua piccola parte. Scoppiò in un pianto dirotto.
L'avevo ferita, ferita dentro.
“Sei tu, tu a non
poterti comportare così! Non ne hai il diritto! Io mi sono fidata
di te quella sera, ti rivelato cose che non ho detto
mai a nessuno! Ma io non ti conosco... non è giusto, non è giusto
che tu ti giochi così con i miei sentimenti, che ti burli di me solo
perchè sono una paesana...” mi urlò in faccia, sputandomi tutto il suo rancore.
Rimasi in silenzio. In breve,
il suo respiro accellerato tornò normale.
Stava guardando le mie guance umide.
“Hai pianto...” mi sussurrò. Eravamo
nel bel mezzo di una strada... non molto lontana dal castello, ma non c'era
più nessuno, ormai.
Io annuii. La presi
delicatamente per la vita, e questa volta la baciai
con dolcezza. La sentii ritrarsi, all'inizio, ma poi si rilassò tra le
mie braccia.
“Devo andare.” mi disse, una volta staccatasi da me.
Le rivolsi un'occhiata: notai
alcuni sacchettini rossi penderli da una cintura che
portava alla vita.
“Cosa
sono?”
“Spezie..” mi rispose.
Stupidamente, la lasciai
andare. Mi allontanai in sella al mio cavallo senza
più dirle niente. Così infantile...l'avevo baciata, senza
sapere se lei lo desiderasse.
Sono passati sei mesi da
allora. L'ho rivista, abbiamo parlato di nuovo. E io, ormai, sono certo di amarla.
se
mai amore conoscerò
solo e di ruggine....vivrò
Arriva ogni tre settimane,
con il sole calante. Si ferma nel giardino sotto la mia finestra, e raccoglie
fiori.
Io da quassù.....dalla
finestra
l'aspetto e arriva col sole già giù
Raccoglie i fiori....lo fa per me
Corre nel prato ed io.....ed io quassù
E' accompagnata
sempre da una sua amica, le vedo
scherzare insieme, spensierate. E ogni volta lei
guarda su, in mia direzione, e mi sorride. Io sono nella mia camera, e scendo
di nascosto, ogni volta. Temo che mi abbiano già scoperto.
Ci soffermiamo a parlare solo
per poco, la sua amica controlla che non arrivi nessuno. Sýlthai
mi dà sempre i fiori che ha raccolto. In realtà li vedo ogni giorno, sono quelli del mio giardino. Ma i suoi sono
speciali, perchè li raccoglie per me.
Credo non mi serbi rancore
per quei baci che le strappai quel giorno; ma io non
ho più avuto il coraggio di farlo nuovamente.
Non avrò, non avrò, non avrò un
giorno io non avrò non avrò più paura
Anche se io non posso parlare e giocare con lei....
perchè mio padre è un Re
E ora sono qui, seduto su questo muretto del castello.
Il mercato avviene sempre vicino alla costruzione reale...
Non è un gesto regale,
essere in questa posizione, ma poco importa. Sýlthai
cava dal sacchettino legato alla sua cintura una
moneta, la porge al mercante.
“Se stanotte mi fai visita, puoi prenderla senza pagare...” le dice l'uomo.
“Se osi dire una sola
altra parola sei un uomo morto..” grido da quassù, lanciandogli uno sguardo
pietrificante.
Il mercante distoglie lo
sguardo imbarazzato, prendendo silenziosamente la moneta dalla
mani di Sýlthai i, che mi guarda con
sguardo riconoscente.
Dopo aver pagato, si avvicina
a me, e mi fissa da sotto al muretto, scuotendo la
testa.
“Non cambierai
mai...sempre con la tua voglia di dominare...”. Ride
mentre lo dice. Adoro quando lo fa...sento di
amarla ancora di più, in questi momenti.
Ma io so...ma io so...ma io
so che per lei prima o poi
Scavalcherò le mura
Io per lei...solo lei...è per lei che da adesso vivrò
E non avrò paura...io non avrò paura
I consiglieri mi hanno severamente proibito di allontanarmi dal castello i giorni di
mercato, dicono sia molto pericoloso per un principe.
Solo un muro mi divide da
lei...solo questa pietra senza vita...solo un ammasso di ciottoli.
Con un salto, scendo. Scendo
dal muro.
Sylthai ha la bocca spalancata.
“No, ti prego...non
farlo..Eldarion,
salì di nuovo su!”
Ho abbandonato l'ultima
restrizione che mi legava al castello.
“Uhm...si..dopo...”
Mi avvicino a lei. Quel
vestito azzurro le dona tanto..è così..desiderabile.
Non riesco a resistere, la amo. Ormai le labbra si
sfiorano. Ed è proprio lei ad annullare le
distanze, slanciandosi verso di me, stupendomi. La spingo contro il muro,
gentilmente. La bacio con foga.
Sento le sue mani posarsi sul
mio petto e respingermi lievemente...
“Eldarion..non è questo...il posto...giusto.”
Ha ragione. Mi passo una mano sulla fronte, cerco di calmarmi.
Percorriamo tutto il mercato
insieme, finchè non arriviamo di fronte ad una mercante di cavalli.
“Quale ti piace?”
le sussurrò in un orecchio.
“Questo..è
molto bello...” dice, indicandomi un cavallo
scuro, con una macchia bianca sul muso.
Porgo dei soldi al mercante,
non gli presto attenzione nemmeno quando mi dice:
“Aspettate, è troppo!”.
Slaccio le rendini... prendo
Sylthai per la vita, ride, e la metto in groppa al
cavallo.
Monto anche io. Sprono il
maestoso animale alla corsa, lontano dal castello.
Tornerò, quando
sarà il momento di diventare re. O forse anche
prima. Ma ora, ora voglio vivere parte della mia vita
con lei, senza costrizioni. E un giorno farò di
lei una regina.
Non avrò, non avrò, non avrò un
giorno io non avrò...non avrò più paura
Anche se io non posso parlare e giocare con lei....
Perchè mio padre è un Re
Ma io so...ma io so...ma io so che per lei prima o poi
Scavalcherò le mura
Io per lei...solo lei....è per lei che da adesso vivrò
E non avrò paura...e non avrò paura....
Noticina: Mi scuso se in alcuni momenti avete temuto la carie
per il troppo miele! ;)
Un grazie a Biagio Antonacci per aver creato questa canzone!
By Silvia (Rohana)