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Autore: Rohana    16/05/2005    6 recensioni
Il protagonista di questa songfiction è
Eldarion
, il figlio di Aragorn...appena ho sentito questa canzone, ho capito che potevo farci una storia. Eldarion e Sylthai...solo questo.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MIO PADRE E' UN RE.



*Premetto che per me è molto, ma molto difficile descrivere ciò che prova un uomo di fronte al desiderio, all'amore per una donna.. sensazioni che, essendo donna ,(anzi, ragazza, visto che ho solo 14 anni! :-D)non posso conoscere. Tuttavia proverò, parlando più che altro di ciò che avverto io semplicemente incontrando gli occhi di un ragazzo che amo. L'idea per questa storia è nata sentendo una canzone, è piuttosto frettolosa (scritta in un solo pomeriggio), mi scuso per questo. Non pretendo certo che venga un capolavoro, ma voglio ugualmente condividere con voi quello che sento. So anche che non è molto originale, ma mi sento così triste...scrivere mi fa sentire bene, in pace con il mondo.

La canzone è di Biagio Antonacci, “Mio padre è un re”. Le parti in corsivo indicano frasi della canzone....



*Eldarion*




La guardo camminare felice tra le bancarelle del mercato. Ha il suo perenne sorriso stampato sul volto, ogni tanto alza il sopracciglio sinistro come solo lei sa fare. Si muove con disinvoltura, sceglie le vesti che preferisce, studia i tessuti. Si ferma lì, di fronte ad un tavolo colmo di stoffe colorate. Il proprietario la guarda con aria lasciva. Se solo osasse toccarla si ritroverebbe nelle prigioni reali con un cappio al collo, privo di viveri e acqua per il sostentamento.

Ecco, ha scelto. La osservo alzare l'abito in aria e guardarlo compiaciuto. E' semplice. Come lei. E' azzurro, la stessa tonalità della veste che indossa in questo momento. Le sta così bene quel colore... mi confessò, una sera, l'unica sera, in cui ci scambiammo confidenze, che il celeste è il suo colore preferito, la fa sentire “un pezzo di cielo”. Per me lei lo è. Quella sera fui rimproverato dai consiglieri reali, perchè avevo trascorso intere ore in sua compagnia.

“Una semplice paesana involgarita.”. Così la definirono. Andai su tutte le furie. Lei comprendeva, si esprimeva meglio di tutti loro messi insieme.



Non ho un'età
Mio padre è un Re
Vivo in un grande castello lassù
Ho un letto d'oro...due occhi blu
Ma non so dirti che...nome ho
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Odio i consiglieri di corte e detesto pensare che un giorno questi superficiali mi affiancheranno al governo di Gondor. Perchè è questo il mio destino. Quando mio padre, Re Elessar, un tempo chiamato Aragorn, lascerà queste terre per raggiungere le Aule di Mandos, sarò io il futuro regnante. E sarò solo, perchè mia madre Arwen lo seguirà, compiendo anche lei il passo mortale. E' un'elfa, non è destinata a questo... ma fin da piccolo mi hanno messo a conoscenza di cosa sarebbe accaduto. Tuttavia il tempo di regnare è ancora lontano, il re Elessar ha ancora molte primavere e autunni da godere.

Mio padre Aragorn quella sera, mentre i consiglieri abbattevano i loro rimproveri su di me, mi fissava, con sguardo lontano, oserei dire sofferente. Ma non professò una parola. Temo che serbi qualche rimpianto della sua vita nel cuore, non so dire di preciso quali siano.


----



Ero affacciato alla finestra, quella sera.. osservavo Menelvagor (Orione, nd Rohana)...pensavo...e canticchiavo una canzone elfica... uso spesso termini provenienti dalla lingua degli Edhil, li amo profondamente.

Fu proprio una parola elfica a richiamarmi.

Sýlthai! Sbrigati!

Sýlthai....cioè.. soffio di vento. Quella sera c'era una forte brezza. Mi sporsi un po' dalla finestra, e vidi nel cortiletto in basso la fanciulla che portava quel nome. Il vento si muoveva tra i suoi capelli... quei capelli dai boccoli dolcissimi.


Un giorno poi dalla finestra,

quella più alta e

stretta che ho,

ho visto lei,

lunghi capelli;

l'ho disegnata in me e così...



Rideva, mentre tentava di recuperare la distanza che la separava dalla sua amica.

Ad un tratto, come se si fosse accorta della mia presenza, alzò lo sguardo. Mi sorrise, si inchinò.

“Principe...” il vento mi portò all'orecchio quella sua parola.

Lei mi guardò....lei mi chiamò...



Doveva conoscermi. Io invece non mi ero mai beato della sua vista.

Senza riflettere, uscii dalla mia stanza, in cui troppe volte mi ero segregato da solo. Raggiunsi il giardino ansimante, sperando che lei fosse ancora. Esultai quando la vidi.

“Ho bisogno di....parlarti..” le dissi.

Lei mi guardò stupita, poi si rivolse alla sua amica:

“Ti dispiace tornare al villaggio da sola?”

L'altra scosse la testa e si avviò imboccando una stradina. Più in là si scorgevano le costruzioni di Gondor, alcune fatiscenti.

Sýlthai mi guardò intensamente, con espressione interrogativa.

“Ti chiami Sýlthai, nevvero?”

“Si...” mi rispose, sempre più attonita.

“Non temere, non ho da rimproverarti niente...sento solo il bisogno di parlare con qualcuno.”

Ad un tratto assunse uno sguardo comprensivo.

“Vieni, andiamo di qui..le dissi, conducendola in un angolo immerso nel verde.

“Come mai sei qui al castello?” chiesi a Sýlthai in seguito.

“Ogni tanto veniamo al castello per portare alcuni viveri...farina, spezie.

“Credevo che il castello fosse autosufficiente..dissi io.

Lei mi sorrise.
“Infatti, ma a quanto pare perfino qui qualche cosa a volte scarseggia.”

Non ho memoria di quello che mi disse dopo, perchè l'unico pensiero che mi scorreva nella mente era quello di fissare la sua immagine. Sembrava una ragazza colta, ma non le chiesi chi fosse suo padre...le chiesi di parlarmi senza formalità.

Mi raccontò delle sue giornate, di cosa accadeva al villaggio. Io la fissavo, avido di conoscere quella vita che non avrei mai avuto l'opportunità di condurre.

Scorgevo tanta saggezza nelle sue parole... si era aperta a me, anche non conoscendomi. Non sembrava imbarazzata dal mio livello sociale.

E guardando per un attimo il cielo, dove ormai si distinguevano luminosi puntini, mi disse:

“Sai...amo il celeste. E' il mio colore preferito...se indosso abiti di quel colore, mi sento parte della volta stellata. Mi sento..cielo!”

Ricordo sempre queste sue parole.

“Hai mai desiderato vivere in paese?” mi domandò.

Io rimasi in silenzio, pensando ad una risposta.

“Scusa, domanda sciocca... certo che non lo desideri...

“No!” la interruppi. “non è affatto stupida. Si, l'ho desiderato.” risposi semplicemente.

Eravamo seduti sui una panchina di pietra...distrattamente abbassai la mano, ma invece di trovare la fredda superficie, toccai una pelle fresca. Lasciai la mia mano lì, non feci niente per ritirarla. C'era la luna, solo uno spicchio lucente. Sembrava che lei la fissasse incantata, godendosi quei momenti.

In quegli attimi così dolci, intimi, fui riportato bruscamente alla realtà.

“Principe Eldarion!”

Un consigliere mi fissava accigliato. I suoi occhi dardeggiavano prima in direzione mia, poi in quella di Sýlthai.

Lei si alzò con un movimento repentino, aggiustandosi le vesti.

“Mi dispiace..mi sussurrò.

E' stata solo colpa mia...” tentai di rassicurarla.

“...puoi..tornare, domani?” azzardai a domandarle.

“Mia madre lo scoprirebbe..e poi, non voglio che tu subisca rimproveri a causa mia.”

Si voltò e iniziò ad allontanarsi con passo rapido.

“Aspetta!” la chiamai, afferrandola per un braccio.

Guardandola negli occhi verde pallido le dissi:

“Promettimi che tornerai...”



Quanta paura poi...perchè?!....

Non mi rispose, spiccò una corsa. Vidi i suoi capelli fluttueggiare nella tiepida aria serale. Quando scomparve anche l'ultimo lembo di quell'abito rosa, mi accasciai sulla panchina, temendo anche per ciò che sarebbe accaduto in seguito...



Non avrò, non avrò, non avrò un giorno io non avrò....non avrò più paura
Anche se io non posso parlare e giocare con lei...
Perchè mio padre è un Re



Ancora le aspre parole dei consiglieri mi rimbombano in testa. Tentavo in tutti i modi di evitarle, ma ovunque mi voltassi, continuavano a perseguitarmi.

“...non dovete vederla mai più, avete capito?...”

mai più

avete capito?

Mai più...mai più..

“..dimenticatela..”

“non potete frequentare..

..persone del suo ceto..”

“Voi siete..

“il futuro Re di Gondor!”

“Basta!” gridai.

Mi fissavano stupefatti. Li detestavo. E detestavo anche mio padre, che non interveniva. Era seduto, sul suo trono, ma non proferiva parola.



Non avrò, non avrò, non avrò

un giorno io non avrò

non avrò più paura
Anche se io non posso parlare e

giocare con lei....perchè mio padre è un Re



Il giorno dopo Sýlthai non venne al castello. L'avevo aspettata tutto il giorno, guardando tristemente dalla finestra, sperando di intravedere boccoli neri.

Tornò dopo tre settimane. Io cavalcavo, cavalcavo mentre lacrime di rancore mi inondavano il viso. Ancora aspre discussioni con i consiglieri.

Il mio cavallo sollevava polvere, che accecava chiunque passasse. Non me ne curavo. Finchè, guardando avanti, non distinsi l'unico paio d'occhi che non meritava di essere accecato. Occhi verde pallido.

Spronai il cavallo a fermarsi, poco distante da lei.

Sýlthai ..” chiamai.

La ragazza non rispose, si voltò, dimostrando di voler tornare indietro..ma i suoi passi troppo frettolosi l'avevano tradita.

Con il cavallo le sbarrai la strada.

“Non credi che io meriti almeno un saluto?” le dissi.

Si inchinò, e continuò per la sua strada.

Scesi da cavallo, mi avvicinai a lei e brutalmente le strattonai un braccio.

“Tu non puoi comportarti così!” ero stato terribilmente egoista, non pensavo a ciò che dicevo.

Mi fissò, con gli occhi verdi spalancati. Vidi che era spaventata. La lasciai andare, ma prima l'avvicinai a me, i due corpi premuti, e la baciai. Pretesi tutto da quella bocca, ogni sua piccola parte. Scoppiò in un pianto dirotto.

L'avevo ferita, ferita dentro.

“Sei tu, tu a non poterti comportare così! Non ne hai il diritto! Io mi sono fidata di te quella sera, ti rivelato cose che non ho detto mai a nessuno! Ma io non ti conosco... non è giusto, non è giusto che tu ti giochi così con i miei sentimenti, che ti burli di me solo perchè sono una paesana... mi urlò in faccia, sputandomi tutto il suo rancore.

Rimasi in silenzio. In breve, il suo respiro accellerato tornò normale. Stava guardando le mie guance umide.

“Hai pianto... mi sussurrò. Eravamo nel bel mezzo di una strada... non molto lontana dal castello, ma non c'era più nessuno, ormai.

Io annuii. La presi delicatamente per la vita, e questa volta la baciai con dolcezza. La sentii ritrarsi, all'inizio, ma poi si rilassò tra le mie braccia.

“Devo andare.” mi disse, una volta staccatasi da me.

Le rivolsi un'occhiata: notai alcuni sacchettini rossi penderli da una cintura che portava alla vita.

Cosa sono?”

“Spezie..” mi rispose.

Stupidamente, la lasciai andare. Mi allontanai in sella al mio cavallo senza più dirle niente. Così infantile...l'avevo baciata, senza sapere se lei lo desiderasse.

Sono passati sei mesi da allora. L'ho rivista, abbiamo parlato di nuovo. E io, ormai, sono certo di amarla.



se mai amore conoscerò
solo e di ruggine....vivrò



Arriva ogni tre settimane, con il sole calante. Si ferma nel giardino sotto la mia finestra, e raccoglie fiori.



Io da quassù.....dalla finestra
l'aspetto e arriva col sole già giù
Raccoglie i fiori....lo fa per me
Corre nel prato ed io.....ed io quassù



E' accompagnata sempre da una sua amica, le vedo scherzare insieme, spensierate. E ogni volta lei guarda su, in mia direzione, e mi sorride. Io sono nella mia camera, e scendo di nascosto, ogni volta. Temo che mi abbiano già scoperto.

Ci soffermiamo a parlare solo per poco, la sua amica controlla che non arrivi nessuno. Sýlthai mi dà sempre i fiori che ha raccolto. In realtà li vedo ogni giorno, sono quelli del mio giardino. Ma i suoi sono speciali, perchè li raccoglie per me.

Credo non mi serbi rancore per quei baci che le strappai quel giorno; ma io non ho più avuto il coraggio di farlo nuovamente.



Non avrò, non avrò, non avrò un

giorno io non avrò non avrò più paura
Anche se io non posso parlare e giocare con lei....

perchè mio padre è un Re



E ora sono qui, seduto su questo muretto del castello. Il mercato avviene sempre vicino alla costruzione reale...

Non è un gesto regale, essere in questa posizione, ma poco importa. Sýlthai cava dal sacchettino legato alla sua cintura una moneta, la porge al mercante.

“Se stanotte mi fai visita, puoi prenderla senza pagare...” le dice l'uomo.

“Se osi dire una sola altra parola sei un uomo morto..grido da quassù, lanciandogli uno sguardo pietrificante.

Il mercante distoglie lo sguardo imbarazzato, prendendo silenziosamente la moneta dalla mani di Sýlthai i, che mi guarda con sguardo riconoscente.

Dopo aver pagato, si avvicina a me, e mi fissa da sotto al muretto, scuotendo la testa.

“Non cambierai mai...sempre con la tua voglia di dominare...”. Ride mentre lo dice. Adoro quando lo fa...sento di amarla ancora di più, in questi momenti.



Ma io so...ma io so...ma io so che per lei prima o poi
Scavalcherò le mura
Io per lei...solo lei...è per lei che da adesso vivrò
E non avrò paura...io non avrò paura



I consiglieri mi hanno severamente proibito di allontanarmi dal castello i giorni di mercato, dicono sia molto pericoloso per un principe.

Solo un muro mi divide da lei...solo questa pietra senza vita...solo un ammasso di ciottoli.

Con un salto, scendo. Scendo dal muro.

Sylthai ha la bocca spalancata.

“No, ti prego...non farlo..Eldarion, salì di nuovo su!”

Ho abbandonato l'ultima restrizione che mi legava al castello.

“Uhm...si..dopo...”

Mi avvicino a lei. Quel vestito azzurro le dona tanto..è così..desiderabile. Non riesco a resistere, la amo. Ormai le labbra si sfiorano. Ed è proprio lei ad annullare le distanze, slanciandosi verso di me, stupendomi. La spingo contro il muro, gentilmente. La bacio con foga.

Sento le sue mani posarsi sul mio petto e respingermi lievemente...

Eldarion..non è questo...il posto...giusto.”

Ha ragione. Mi passo una mano sulla fronte, cerco di calmarmi.

Percorriamo tutto il mercato insieme, finchè non arriviamo di fronte ad una mercante di cavalli.

“Quale ti piace?” le sussurrò in un orecchio.

“Questo..è molto bello...” dice, indicandomi un cavallo scuro, con una macchia bianca sul muso.

Porgo dei soldi al mercante, non gli presto attenzione nemmeno quando mi dice:
“Aspettate, è troppo!”.

Slaccio le rendini... prendo Sylthai per la vita, ride, e la metto in groppa al cavallo.

Monto anche io. Sprono il maestoso animale alla corsa, lontano dal castello.

Tornerò, quando sarà il momento di diventare re. O forse anche prima. Ma ora, ora voglio vivere parte della mia vita con lei, senza costrizioni. E un giorno farò di lei una regina.



Non avrò, non avrò, non avrò un giorno io non avrò...non avrò più paura
Anche se
io non posso parlare e giocare con lei....
Perchè mio padre è un Re
Ma io so...ma io so...ma io so che per lei prima o poi
Scavalcherò le mura
Io per lei...solo lei....è per lei che da adesso vivrò
E non avrò paura...e non avrò paura....




Noticina: Mi scuso se in alcuni momenti avete temuto la carie per il troppo miele! ;)

Un grazie a Biagio Antonacci per aver creato questa canzone!

By Silvia (Rohana)

  
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