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Autore: Atlanteidos    28/01/2021    0 recensioni
Hatfield House non prende il nome dai suoi proprietari, ma dal suo costruttore: non di meno, Rose e le sue cugine l'hanno sempre considerata come una seconda casa.
Quando si riuniscono lì tutte insieme, per la prima stagione della piccola Leslie, nessuna di loro è ancora consapevole di cosa il futuro ha in serbo per loro: solo una cosa è certa, il matrimonio ne deve essere l'atto finale, soprattutto per le sorelle Duvette.
Fra convenzioni e convinzioni, libri, gentiluomini e una famiglia preziosa, la stagione delle ragazze di Hatfield House, attraverso lo sguardo di Rose.
© Tutti i diritti riservati - eventuali riferimenti a persone o eventi reali, odierne o del passato, sono puramente casuali.
Genere: Fluff, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Capitolo 14
Questioni da uomini

 
A casa Hatfield l’arrivo della bella stagione altro che non significava il trasferimento dalla città alla villa di famiglia nello …Shire, dove li avrebbe straordinariamente raggiunti anche i coniugi Griffiths e suo fratello, in vista delle nozze di Ginevra, che sarebbero avvenute a poco più di un mese da quel momento.
Nonostante la prospettiva di riabbracciare i suoi genitori le portasse molta gioia, Rose non poteva che rattristarsi all’idea di lasciare la città e separarsi dalle sue cugine: era molto improbabile che in futuro si sarebbero ritrovate a vivere sotto lo stesso tetto come avevano fatto quella stagione, e questo rendeva l’idea distacco più tragico di quanto non sarebbe stata altrimenti.
Ginevra e Leslie se ne sarebbero andate con i loro genitori la mattina seguente, e a lei non restava che preparare le valigie.
Tutti i suoi averi non entravano più nei bauli che aveva portato con se dalla Francia, tanto che sua nonna ne aveva dovuto far portare uno giù dalla cantina, per permetterle di disporre le sue cose con maggiore agio.
Stava svuotando la discreta biblioteca che era riuscita, seppure in così poco tempo, ad apprestare al lato del suo letto, quando, fra i libri vecchi e nuovi in suo possesso, fra le mani le finì la bella copia rilegata del Beowulf che Mr. Hatrow le aveva regalato mentre erano ad Oxford.
Sentendosi in imbarazzo, seppure fosse sola nella stanza, Rose passò appena le dita sulla copertina, che aveva ricamata su la figura scura dell’eroe le cui vicende erano narrate nel tomo, sapeva che, se lo avesse aperto, vi avrebbe trovato le foglie e i fiori che aveva raccolto in giro per la cittadina, ognuno un ricordo diverso con in comune solo la presenza di una persona.
Per un attimo, pensò di lasciarlo ad Hatfield House, dove probabilmente la domestica, sistemando le stanze dopo la loro partenza, l’avrebbe sistemato nella biblioteca di suo nonno, al primo piano, e lì sarebbe rimasto, a lungo dimenticato, senza che lei lo vedesse mai più.
Non ne ebbe però il coraggio: Beowulf non era di per se un libro difficile da reperire, ma difficilmente in un’edizione così bella.
Sarebbe stato davvero uno spreco abbandonarlo lì: non era di certo colpa del tomo, se i ricordi che scatenava non erano unicamente legami alla storia raccontata al suo interno.
Rose sospirò, infilandolo nel baule riservato ai libri, insieme agli altri: portare un libro con se’ aveva il significato che lei decideva di conferirgli.
Forse un giorno sarebbe riuscita a non dargliene alcuno.

In una villa dello …Shire, nello stesso momento, un esasperato Edmund Hatrow stava invano cercando di far ragionare suo fratello minore.
William, sin da bambini, era sempre stato propenso al dramma, ma la cosa stava rapidamente sfuggendo di mano da quando Miss Griffiths era entrata nella sua vita.
Persino la sua Elizabeth, che poteva annoverarsi benissimo fra le persone più caparbie che avesse mai conosciuto,  sembrava ormai aver gettato la spugna ed aveva deciso di rimanere a Londra.
- Ma William, partire per l’Italia in questo modo, converrai, è una follia – stava cercando di dirgli, mentre l’altro sembrava tutto preso a consultare uno degli infiniti manuali sulla penisola che si era fatto portare dalla biblioteca, ignorandolo.
- William! – quasi urlò alla fine, facendo sobbalzare il fratello, che solo allora alzò la testa per guardarlo.
- Perdonami, non stavo ascoltando. Dicevi? -
William quasi restò interdetto a vedere suo fratello maggiore uscire di gran carriera dal salotto, fumante di rabbia, senza un’altra parola.

Edmund era stato sul punto di perdere le speranze, lasciare suo fratello andare in Italia, lui e la sua testaccia dura, e lavarsene le mani.
Infondo William era più che adulto, l’unico problema sarebbe stato lo scontento di loro madre, Mrs. Hatrow, ma anche lei alla fine se ne sarebbe fatta una ragione.
E poi era arrivata la lettera di Mr. Bow, gemella a quella che Michael gli mostrò, pochi giorni dopo l’ebbe ricevuta, e prima ancora mandasse lui stesso a chiamare suo cognato.
Non era neanche sicuro, in effetti, fino a che punto fosse opera di Mr. Bow e quanto della sua avvenente fidanzata, la cugina di Miss Griffiths, ma poco importava.
I tre uomini, come fossero cospiratori, si incontrarono da loro, sotto lo sguardo divertito di Elizabeth.
Entrambi i due uomini più giovani possedevano una certa baldanza: del tutto giustificabile per Mr. Bow, da poco fidanzato e decisamente al settimo cielo, meno per Michael, che invece di star piangendo la sua ultima pena amorosa, già parlava estasiato della sua nuova conquista.
La questione era semplice, come fu spiegata in poche parole a Michael, che non era a conoscenza degli avvenimenti più recenti: William non era intenzionato né ad ascoltare lui, suo fratello, né Mr. Bow, che ormai considerava troppo plagiato dai Duvette perché gli parlasse con franchezza.
Doveva quindi essere lui, Michael, a parlargli e convincerlo a non partire, qualunque cosa fosse successa la sera della festa di fidanzamento ad Hatfield House.
William, infatti, non aveva voluto rivelare a nessuno quale fosse stato l’argomento della conversazione, animata, a quanto aveva raccontato Mr. Bow, fra lui e Miss Griffiths durante la cena, quella sera, o se altro fosse accaduto nel mentre, ma subito dopo aveva deciso di partire, o per meglio dire fuggire, rendendo quantomeno le sue tempistiche sufficientemente chiare.
Michael, con tutta l’irruenza dei suoi diciotto anni, accettò immediatamente l’incarico, come fosse un cavaliere che va ad uccidere il drago e facendo dubitare a suo cognato che si stessero affidando al paladino giusto per quella battaglia.
Mr. Mulligan era alla porta di Mr. Hatrow sei giorni dopo.
William ancora si rifiutava di rientrare a Londra, almeno fino al matrimonio dell’amico, al quale ormai non mancavano che una manciata di settimane, e così era stato il giovane a doverlo raggiungere, passando intanto dalla sua tenuta di famiglia, per salutare almeno una volta la sua Miss Bell prima di ripartire, nell’evenienza che anche lei si innamorasse di un altro e lo dimenticasse.
Quando entrò nello studio, dopo che il maggiordomo l’ebbe annunciato, Michael notò come William si fosse incupito ancora di più dall’ultima volta che l’aveva visto, dopo il suo ritorno da Oxford.
Certo, allora forse era stato più irato che cupo, cosa che da amico non aveva potuto fare a meno che apprezzare, soprattutto in quel momento.
Non che in generale poi William fosse mai stato particolarmente allegro, bastava pensare al suo netto rifiuto di danzare in una qualunque occasione sociale, ma di solito aveva addosso più un velo di sarcasmo che di cupezza.
- Michael, che piacere, non ti aspettavo. Cosa ti porta qui? -
Michael prese posto davanti all’altro uomo, un sorriso sgargiante sulle labbra.
- Ho deciso di venire solo all’ultimo. Felice di vederti, è passato un bel po’ di tempo – rispose, fingendo nonchalance e iniziando a giocare con una delle matite ben appuntite che William aveva sulla scrivania.
- Sì, da quando sei partito per lo …Shire. Come stai, a proposito? Elizabeth ed Edmund mi hanno parlato di una nuova spasimante -
Michael scosse la testa, cercando di non arrossire e rimanere focalizzato sul suo compito, nonostante il pensiero di Susan Bell gli fornisse spesso e volentieri una più che degna distrazione, con i suoi occhi azzurri e le fossette.
- Bene, spero di poterti presentare Miss Bell quanto prima, sono certo la reputeresti una giovane di grande sensibilità. Tu, come stai? Ti dirò, pensavo di trovare anche te fidanzato, al mio rientro a Londra. È accaduto qualcosa con Miss Griffiths? Non hai mai esplicitato nulla, però mi sembrava più che evidente … - stava dicendo, prima che William lo interrompesse con un cenno della mano.
- Ti mandano mio fratello e tua sorella, vero? -
Michael sbiancò, agitando le mani in aria con fare scomposto.
- No, ma figurati, mia sorella! -
William lo guardò incredulo, un sopracciglio alzato.
- Hai molti pregi, ma non sei molto sottile, sai? – gli rispose, e Michael non poté che sospirare e passarsi una mano fra i capelli, rassegnato.
- Sono tutti molto preoccupati per te. Nessuno capisce cosa sia accaduto -
William rimase in silenzio per un lungo attimo, riordinando i documenti davanti a lui, già perfettamente paralleli fra loro.
- Miss Griffiths, dopo aver professato il suo affetto nei miei confronti, deve aver cambiato idea a seguito del mio deplorevole comportamento a teatro, perché si è fidanzata -
Michael fu improvvisamente grato che non fosse stato servito il tè, perché era sicuro che gli sarebbe andato di traverso.
Miss Griffiths fidanzata? Non gli sembrava possibile: la ragazza non era decisamente una bellezza, specie al confronto con le sue cugine, e trovare un altro corteggiatore così presto dopo William, era nel suo caso quantomeno improbabile.
- Con chi? – non poté trattenersi dal chiedere, evidentemente perplesso.
William abbassò lo sguardo, sconfitto, e a Michael si strinse il cuore a vederlo così triste.
- Mr. Lewis -
Michael scosse la testa, convinto di non aver sentito bene.
- Mr. Lewis? -
- Mr. Jack Lewis. Il collaboratore di suo nonno – ripeté, e poi, vedendo la sua faccia sconcertata, aggiunse – anche Mr. Cruise, che me lo ha comunicato, lo ha reputato bizzarro, ma vero -
Michael scoppiò a ridere, non potendosi in alcun modo trattenere, prima di incrociare lo sguardo pieno di irritazione dell’altro uomo, che pensava forse stesse ridendo al suo triste destino.
- Scusami William, ma non credo sia proprio possibile -
William lo guardò perplesso, prima che continuasse.
- William, temo che Mr. Cruise non sia stata una fonte d’informazione attendibile.  Mr. Lewis l’uomo che Leslie ha preferito a me, e con il quale si è fidanzata non molto dopo, non il fidanzato di Miss Griffiths –

Quando Edmund Hatrow lo mandò a chiamare, Mr. Bow stava prendendo il tè con Ginevra e Rose, nella sua residenza appena fuori Londra.
Non un evento infrequente, ormai, dal momento in cui la ragazza era diventata l’ultimo baluardo della decenza, per quanto fasullo, fra i due fidanzati.
La sua presenza non solo dava pace a Mrs. Duvette e a Mrs. Bow, ma permetteva alla giovane coppia di fare come se in realtà fossero soli, dal momento che, preso il tè e discusse due sciocchezze riguardanti il matrimonio, Rose tendeva ad eclissarsi nella biblioteca della villa, appena qualche stanza più in là, per riapparire solo a pomeriggio terminato.
Spesso Mr. Bow valutava l’idea di ergerle una statua ad eterna memoria della sua discrezione.
Quando il maggiordomo annunciò il biglietto da Mr. Hatrow, sia l’uomo sia Ginevra non poterono fare a meno di notare l’improvviso irrigidimento di Rose.
Si trattenne quindi dall’aprirlo, almeno finché la ragazza non fu sparita oltre le porte francesi che portavano al suo luogo preferito della casa.
Ginevra non perse un momento, leggendo insieme a lui il biglietto da sopra la sua spalla e squittendo di gioia una volta terminato.
- Oh, che meraviglia! Charles, caro, non posso credere che ce la abbiamo fatta! –
Il giorno dopo Charles era a casa Hatrow, come da indicazioni fornitegli.
Mr. Bow trovò i tre uomini, e Mrs. Hatrow ovviamente, nello studio di Edmund, in quattro stati d’animo del tutto differenti l’uno dall’altro.
Mr. Mulligan, le gambe accavallate e un drink in mano, era seduto vicino alla finestra, apparentemente in splendida forma.
Assomigliava in tutto e per tutto al gatto che è, finalmente, riuscito ad acciuffare il canarino, ed ora si gode la gloria delle sue imprese.
Mrs. Hatrow, in poltrona fra il fratello ed il marito, aveva invece l’aria di una donna profondamente divertito dalle circostanze in cui si trovava, con lo sguardo, seppure nascosto dal bicchiere che aveva in mano,  rivolto verso il suo giovane cognato.
Mr. Edmund Hatrow invece, seduto diritto dietro la sua scrivania, aveva anche lui un’espressione divertita, specchio di quella della moglie, ma velato di tenerezza, o forse pietà, nei confronti del fratello minore.
Mr. William Hatrow, al contrario degli altri, sembrava invece trovarsi in uno stato di profonda frustrazione, lo sguardo perso nel vuoto e un bicchiere in mano che non sembrava intenzionato a portarsi alle labbra.
Per un attimo, nonostante il tono ottimista che il fratello aveva avuto nella sua comunicazione e la generale aria della stanza, Mr. Bow temette la questione non si fosse davvero risolta.
La sua accoglienza non fu meno gioiosa, nonostante William continuasse a fissare il muro, rivolgendogli appena un cenno.
- Charles! Che piacere! -
- Mr. Bow, aspettavamo proprio lei -
- Vuole da bere, Mr. Bow? -
Charles scosse la testa, rifiutando il drink e prendendo posto a non molta distanza da Mrs. Hatrow, in poltrona.
- No grazie. William! Mi hanno detto che non parti più. Cos’è accaduto? – disse, e l’amico si voltò a guardarlo, quasi sorriso sarcastico sul viso.
- Oh nulla, Charles. Questi giovani uomini qui, con i quali sospetto fortemente tu abbia collaborato, mi hanno solo mostrato che totale idiota io sia in realtà. Ma sul mio viaggio non è ancora detta l’ultima parola, dipende tutto da come si porranno le cose -
Mr. Bow improvvisamente capì il divertimento di Mrs. Hatrow, e anche lui si aprì in un sorriso.
- Davvero? Hai qualcosa in mente, allora? -
William scrollò le spalle, posando il bicchiere sulla scrivania del fratello e facendo per alzarsi.
- Certo. Lo potresti chiamare un piano, addirittura – rispose, andando verso la porta e, appena un attimo prima di uscire, voltandosi per continuare – Qualunque cosa sia, però, auguratemi buona fortuna - 
   
 
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