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Autore: Chocolate_senpai    28/01/2021    2 recensioni
A dieci anni di distanza dall'ultimo, famoso campionato, la ruota della storia gira di nuovo, di nuovo il perno di tutto è qualcosa che il Monaco stava tramando.
Volenti o meno, Kai, Takao, Rei, Max, e tutta l'allegra combriccola verrà buttata nel mezzo dell'azione, tra i commenti acidi di Yuriy, gli sguardi poco rassicuranti di Boris, i cavi dei computer di Ivan e la traballante diplomazia di Sergej.
Da un viaggio in Thailandia parte una catena di eventi; per inseguire un ricordo Boris darà innesco a un meccanismo che porterà i protagonisti a combattere un nemico conosciuto.
Sarà guerra e pianto, amicizia e altro ancora, tra una tazza di te, dei codici nascosti, una chiazza di sangue sulla camicia e il mistero di un nome: Bambina.
Starete al loro fianco fino alla fine?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Takao Kinomiya, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6

 

 

 

- Siamo qui riuniti... –

- Salterei le presentazioni. Siamo tipo in otto, e ci conosciamo tutti –

Takao incrociò le mani dietro la testa, squadrando i presenti uno ad uno, in particolare i due che più lo inquietavano della tavolata. Cercò di non guardare troppo intensamente la chiazza di sangue sulla felpa di Yuriy e la fasciatura sporca sulla mano di Garland.

- A proposito, com’è che vi siete incontrati voi due?-

Yuriy rispose senza neanche guardarlo, troppo impegnato a comporre l’ennesimo numero di telefono della giornata.

- Frequentiamo lo stesso bar –

- Oppure vi scopate la stessa puttana. Ha poca importanza –

Occhi sgranati fissarono Kai, più irritato di un bagnante ricoperto di meduse. Rei sospirò, rassegnato all’idea che quella giornata potesse solo peggiorare.

- La finezza non è migliorata –

Kai bevve il suo tè senza dire una parola, gli occhi ridotti a due fessure puntati sul suo ex capitano.

 

- Arriviamo all’aeroporto di Tokio alle tre del pomeriggio-

- Come scusa? –

- Ti aspettiamo lì –

- Cazzo Yuriy sono le due di notte –

- Ti spiegherò poi –

- Sarà meglio che tu lo faccia –

 

Le spiegazioni erano arrivate quel pomeriggio, insieme a tre quarti della squadra russa e un quinto della vecchia BEGA. Quando Kai si era visto entrare in macchina Garland per poco non aveva dato di matto, ma Yuriy aveva messo in moto costringendolo a riprendere le redini del volante.

Il tragitto era stato carico di insulti amichevoli tra i due avversari del Chess club di Tokio, le richieste di Sergej di avere un minuto, uno, di silenzio in quella macchina di indemoniati, le impronte della faccia di Ivan sull finestrino dove si era addormentato e i tentativi di chiamate telefoniche di Yuriy, tutti conclusi senza risposta e con mille imprecazioni.

I chiarimenti veri e propri cominciarono a casa, davanti al caminetto del salotto e alle rivelazioni che il nonno aveva fatto a Kai, e che lui aveva già spiegato a Ivan.

E, la mattina dopo, erano tutti a casa di Takao. Perché in quel pandemonio Yuriy si era accorto che gli serviva il numero di telefono di McGregor, e l’unico che poteva avercelo lì dentro, Kai, lo aveva cancellato perché ritenuto inutile e controproducente per la sua salute mentale.

Per fortuna Takao era una fonte preziosa in necessità di stalkeraggio.

- E quindi avete fatto a botte?-

- Pressappoco –

Kenny, che si era già pentito di non essersi rinchiuso nel suo laboratorio appena aveva intravisto del sangue addosso a Yuriy Ivanov, guardò Garland come se fosse un alieno – Pressappoco? Sembrate usciti da un film horror!-

Il telefono di Yuriy squillò in quel momento.

- Ce ne ha messo di tempo ... – sussurrò, rispondendo all’inglese che finalmente si era degnato di richiamarlo.

- Chi parla?-

- La fata turchina. Quanto cazzo ci metti a rispondere al telefono?-

- Oh, è un piacere risentirti, mi mancavano gli insulti di prima mattina –

- Ho bisogno di alcune informazioni, e l’Inghilterra per voi non è più sicura –

- Frena frena. Vai con ordine perché non sto capendo cosa ... –

- Potreste incappare in qualcuno di molto cattivo e molto armato, vi consiglio di prendere il primo volo per il Giappone –

Dall’altra parte dell’apparecchio si sentì distintamente il Mon dieu di Olivier spezzare il silenzio esterrefatto dell’inglese.

- Yuriy, mi vuoi dire cosa succede?-

- Vorkov potrebbe venire a bussare alla vostra porta, ed essere meno gentile dell’ultima volta –

A sentire pronunciare quel nome nella stanza calò il silenzio. Tutti si aspettavano che fosse successo qualcosa di grosso, e che quel qualcosa prevedesse anche il monaco, ma sicuramente la concretizzazione di quell’eventualità fece un certo effetto.

Kai e Garland incrociarono gli sguardi, in una tacita tregua dalle divergenze scacchistiche.

La voce di Andrew tornò a tuonare dall’altra parte del telefono, con accentuato allarmismo.

- Spero tu stia scherzando!-

- Non lo sto facendo, e ora muovetevi –

- My ... come fai a dire che ... –

- Siamo stati attaccati anche noi due giorni fa, sono sicuro che torneranno a trovarvi –

- Wait Wait ... “torneranno”? Quindi i ladri dell’altra settimana erano uomini di quel pazzoide?-

- Andrew, ve la date una cazzo di mossa?-

- Quando cavolo pensavi di dircelo che rischiavamo la pelle a starcene a casa?!-

- Ve l’avrei detto prima se qualcuno avesse risposto a quel maledetto telefono!-

- Ma io che ne sapevo che il numero era il tuo?!-

La voce di Yuriy si ridusse ad un sibilo. Portato all’esasperazione staccò il telefono dall’orecchio, portandolo direttamente davanti alla bocca per essere sicuro che i due dall’altra parte sentissero molto bene ciò che aveva da dire.

- McGregor, prendete un cazzo di aereo, un traghetto, un tandem, il cavolo che vi pare, ma muovete in fretta i vostri culi in Giappone –

Poi chiuse la chiamata senza curarsi delle possibili obiezioni, di cui comunque non gli fregava assolutamente nulla.

Rei, nel silenzio di tomba che si era creato, si azzardò a rompere la magia dando sfogo ai dubbi che occupavano la mente di quasi tutti i presenti.

- Possiamo sapere cosa sta succedendo?-

Yuriy guardò Ivan, che lanciò un’occhiata a Sergej, che fece altrettando con Garland, e il giro si chiuse con tutti gli sguardi puntati su Kai. Yuriy si sedette a terra sul cuscino rosa pallido; Kai aveva parlato con il nonno illuminandoli sulla questione, e Kai avrebbe spiegato tutto ai componenti della sua vecchia squadra.

-  A te l’onore –

Il giapponese colse tutta l’ironia possile e immaginabile nelle parole del russo, ma si astenne dal fare commenti. Si schiarì la voce.

- Sta succedendo qualcosa, e quel qualcosa è partito da Vorkov –

 

...............

 

- Dunque, fatemi ricapitolare ... –

Avevano passato la precedente ora e mezza a dare spiegazioni su spiegazioni di tutto quello che era successo dall’inizio della settimana, interrotti dalle domande diversamente intelligenti di Takao, a cui ancora sfuggiva il punto della situazione.

Il capitano dei Bladebreakers portò le mani alla fronte, massaggiandosi le meningi. Tutta quella storia era un’assurdità. Assottigliò gli occhi e puntò un dito verso Yuriy.

- Boris è andato da questo Igor, che gli ha parlato di un certo piano di Vorkov ... –

- Aha –

- Poi Andrew e Kai sono stati derubati ... –

- Esatto –

- E hanno pedinato Ivan. E fin qui ci siamo –

Kai sospirò; gli avrebbe volentieri lanciato in faccia la tazzina del tè, ma si contenne.

- Esattamente cosa non hai capito?-

Takao si massaggiò la fronte con più enfasi.

- Dunque, credo di aver capito ... credo ... che Garland era in pericolo perché anni fa aveva visto qualcosa che non doveva vedere ... e quindi Vorkov ha cercato di eliminarlo ... forse ... –

Rei unì i suoi dubbi a quelli dell’amico, intervenendo sulla questione.

- E tutto sarebbe collegato con i furti? –

- Esatto!- Takao esclamò all’improvviso facendo sobbalzare Kenny,  che non ne aveva più per nessuno e si era accasciato a terra, spalmato sul cuscino.

- Non ci arrivo: perché Andrew è in pericolo? Cosa cercavano a casa sua e di Kai, e poi da Ivan ... cioè, che c’entra tutto questo con Vorkov?

- In qualche modo lui è nel mezzo, poco ma sicuro –

- Ma ne siete davvero sicuri? –

- Sì –

La risposta lapidaria di Yuriy zittì Takao, inchiodato al pavimento dal suo sguardo gelido. Il giapponese alzò le mani in segno di resa.

- Scusa, scusa, non volevo insinuare niente –

Per la prima volta nella sua vita, Kai diede ragione alla curiosità di Takao. Si erano presentati da lui in fretta e furia per avere quel cavolo di numero di telefono di quel cavolo di inglese, dando spiegazioni affrettate, e abbastanza lacunose. E ora il giapponese aveva in casa due soggetti macchiati di sangue, dei quali uno aveva rischiato la vita pochi giorni prima. Come minimo si meritava un grazie. Kai avrebbe provveduto a riferirglielo qualora il suo ego glielo avesse permesso.

Fu Kenny a spezzare il silenzio, con una domanda più che legittima.

- E ora? Che farete?–

Nessuno sapeva cosa rispondere. Cioè: Yuriy lo sapeva. Come lo sapevano Ivan e Sergej, e anche Kai che faceva finta di non centrare nulla con la faccenda.

Il rumore dello sciacquone del water, e la vescica carica da quella mattina, imposero a Garland di alzarsi e prendere il posto di Ivan, che finalmente lasciava sola la toilette.

- Beh, visto che Ivanov ha insistito tanto per chiamare qui McGregor e quell’altro, tanto vale aspettare fino a domani, no?- Concluse, indicando con quell’altro il povero francese che si era trovato completamente vittima degli eventi.

L’avvicinarsi di un vociare continuo verso la porta d’ingresso interruppe Takao e i suoi tentativi di invitare tutti a dormire da lui, anche se il più si è meglio è non venne recepito alla perfezione dai russi. Soprattutto non da Kai, che finalmente trovava nell’ospitare alla villa i suoi ex compagni di squadra la scusa buona per levarsi dai piedi. Rei guardò l’orario di sfuggita dal piccolo orologio appeso alla parete del dojo, troppo in alto per essere notato, ma non per i suoi allenatissimi occhi.

Quasi le quattro del pomeriggio.

Deglutì a fatica quando gli tornò in mente che la sera prima aveva promesso a Mao di portarla in giro per la città. Sperava se ne fosse dimenticata; dopo quell’estenuante riunione non aveva davvero nessuna voglia di fare qualcosa che non fosse preparare una camomilla e dormire fino al giorno dopo.

Le vocette acute si fermarono sull’uscio della porta, che quando si aprì rivelò ai presenti le figure familiari delle due blader ospiti di casa Kinomiya. Mao e Hilary rimasero con le parole in sospeso; davanti a loro c’erano almeno cinque persone che non ricordavano di avere notato la sera prima.

Mao fermò i pettegolezzi sulla punta della lingua, davanti alle facce talmente serie dei maschietti seduti a terra che sembravano in procinto di organizzare un funerale. I suoi occhi saettarono su Rei, in cerca di una spiegazione a quella che sembrava una riunione di condominio interrotta. O un rito satanico mancato.

Il silenzio fu così denso e prolungato da risultare imbarazzante; visto che nessuno sembrava voler rompere il ghiaccio, Hilary prese la parola.

- Abbiamo ... interrotto qualcosa di importante?-

Takao si accorse solo in quel momento di essere rimasto imbambolato a fissare un lembo del cuscino su cui era seduto. Scosse il capo, alzandosi finalmente in piedi con uno sforzo non indifferente, dopo una mezza giornata seduto per terra.

- Venite ragazze, stavamo giusto ... –

- Garland! Wow! –

Mao puntò il dito contro il ragazzo appena uscito dal gabinetto, che ancora si stava sistemando la camicia sotto i pantaloni. Lui la salutò con un sorriso cortese mentre la cinesina si avventò sui suoi capelli, attirata da quei lunghissimi fili argentei che risvegliarono in lei la rinnovata passione per le acconciature, di cui stava appunto parlando con Hilary.

Mentre Mao era troppo occupata a pettinare i capelli di Garland, che tentava di liberarsi gentilmente delle di lei cattive intenzioni prima che lo riempisse di treccine, sotto lo sguardo contrariato di Rei, Hilary prestò attenzione alla restante parte non identificata di ospiti.

- E voi? Che ci fate tutti qui?-

Yuriy la salutò con un cenno; Sergej cercò di essere più cordiale, nonostante con la giapponesina avesse avuto molto poco a che fare.

Quando lui azzardò un abbraccio amichevole, Hilary per poco non sprofondò tra i suoi pettorali. Yuriy e Ivan guardarono di sbieco il compagno di squadra; se l’avessero preso solo un anno prima, non gli sarebbe passato neanche per l’anticamera del cervello di dispensare coccole. L’asilo l’aveva completamente ammorbidito.

- Allora? Vi siete presi una vacanza? Aspetta ... ma ... – Mao contò i presenti membri della squadra russa pensierosa – Ne manca uno! Dov’è quello squilibrato?- Chiese, riferendosi palesemente a Boris.

Sergej si rifiutò di spiegare. Indicò Kai con un cenno del capo, al quale il ragazzo rispose con un’occhiata di fuoco.

Mao e Hilary si guardarono negli occhi senza intendere cosa non andasse.

- Ragazzi?- Incalzò la cinesina sedendosi accanto a Rei e trascinando con se i capelli di Garland, che fu costretto a sedersi a sua volta.

- Oddio! Ma tu sanguini!-

Il grido semi terrorizzato di Hilary fece girare gli sguardi su Yuriy e sulla macchia rossa che si stava allargando sulla felpa. Lui si coprì la parte lesa con una mano, come se bastasse a non farla vedere.

- Non è nulla –

- Ma starai scherzando –

La frase fu detta con una tale intensità che Yuriy rimase di sasso, come un bambino beccato a copiare dalla maestra. Sotto gli occhi attoniti del russo Hilary gli si avvicinò, per fare non sapeva bene cosa; ma qualcosa andava fatto di sicuro.

- Sei stato all’ospedale? –

- No – Yuriy l’avrebbe anche mandata a cagare, ma decise di cercare di essere gentile.

- Sto benissimo –

- Ok, ora ci dite che cosa succede – La richiesta perentoria di Mao, che più che richiesta era un ordine, colpì i presenti come una valanga. Kenny stava per andarsene; non si sarebbe certo fatto un’altra mezza giornata di infinite spiegazioni.

- Mao ... possiamo dirtelo più tardi? – Azzardò il professore con aria supplichevole.

- No –

Mao si era infine trasformata in un generale. Era solo questione di tempo.

A salvare la situazione, inaspettatamente, ci pensò Ivan. Rimasto in silenzio a godersi lo spettacolo fino a quel momento, decise che di stare seduto nel dojo non ne aveva più voglia. Si alzò, stiracchiando braccia e gambe con una tranquillità ammirevole, come se avessero parlato di gattini e non di questioni di vita o di morte.

Poi, col viso più angelico possibile, disse: - Rei perché non le spieghi tu come stanno le cose? Hai detto che è la tua ragazza, no?-

Girò i tacchi, concludendo con un prenditi le tue responsabilità sibilato e scattò fuori dal dojo con un sorriso furbo sulla faccia, lasciandosi alle spalle il volto paonazzo del cinese, la bocca spalancata di Mao e le espressioni allibite di buona parte dei presenti, più quelle devastate di Sergej e Kai. Nel dojo scoppiò un vociare scomposto, orchestrato dalle due ragazze, mentre Rei cercava di portare le sue ragioni sul fatto che Mao è una sorella per me, e Mao lo zittiva con un Questo vuol dire che non mi vuoi?.

Fu il turno di Yuriy di sgattaiolare al bagno. E decise che ci sarebbe rimasto molto, molto a lungo.

Takao incrociò le braccia dietro la testa, estraniandosi dal coro di voci e dai vani tentativi di Rei di spiegarsi davanti all’amica d’infanzia. Il giapponese si grattò distrattamente i capelli.

- Io però non ho capito perché hanno voluto chiamare Andrew ... –

Un brontolio del suo stomaco, puntuale come un orologio per l’ora della merenda, gli fece venire in mente che in dispensa c’erano dei buonissimi mochi pronti per essere divorati. E ogni altro pensiero perse d’importanza.

 

.....................

 

- Perché non hai detto niente su quello che ha riferito il nonno di Kai? Intendo, la storia della bambina-

- Non sono affari loro –

- Ormai credo che lo siano, gli siamo piombati in casa senza alcun motivo ... –

- Allora muoviamoci a levare le tende, così loro torneranno a farsi i cazzi propri e noi faremo altrettanto –

Yuriy sciolse la blanda fasciatura che si era fatto la sera prima, borbottando come un anziano davanti a un gruppo di teenagers in skateboard. Tra un perché cazzo siamo venuti? e un la prossima volta lascio McGregor a crepare, eliminò la vecchia benda, rivelando un taglio abbastanza arrossato da essere quasi sicuramente infetto.

Sergej indicò lo scempio sulla spalla dell’amico con un cenno del capo, reprimendo un moto di vago orrore. Non gli era mai andato a genio il sangue; cosa curiosa, visti i trascorsi suoi e della squadra.

- Dovresti fartelo vedere –

- Non ce n’è bisogno –

Era una causa persa. Non si era preso cura di se stesso nemmeno una volta nella sua vita, e non avrebbe certo cominciato ora. Ma stare a casa di Takao, con annessi i suoi amici giapponesi e non, significava anche subire gli istinti materni del blader e il suo assurdo modo di comportarsi come se fosse amico di tutti.

Sergej cambiò argomento, ben conscio che non sarebbe riuscito a convincere quella testa di rapa del suo capitano a farsi controllare da un medico. O per lo meno da Rei.

- Garland ha detto qualcosa dei suoi compagni di squadra?-

- Nessuno ha ricevuto lettere, o chiamate anonime –

- Hai pensato che ... –

- ... Che Garland non mi abbia incontrato per caso e che la sua fosse una trappola? Sì, ci ho pensato –

- è per questo che lo vuoi portare con noi da Kai?-

Sergej era riuscito a spiegarsi l’improvvisa voglia di Yuriy di non perdere di vista Garland in un solo modo: aveva paura che facesse da tramite a Vorkov, e per prima cosa, se era vero, sperava di cavargli qualche informazione; poi, in fondo alla lista delle motivazioni, poteva esserci anche quella di non lasciarlo da Takao mettendo eventualmente in pericolo lui e gli altri.

Yuriy era un tipo che di pesi in più sulla coscienza non ne voleva.

- Quella gente ci voleva morti Sergej. Questo – Si indicò il taglio sulla spalla – Era per lui –

- Ti sei preso un colpo diretto a Garland?-

- Erano in tre a circondarlo. Per fortuna che a fermare il quarto c’ero io, o la coltellata se la sarebbe trovata negli occhi –

Le sue parole erano fredde e taglienti come una lama, ma tutt’altro che preoccupate. Raccontava di un combattimento armato come niente, riflettendo su quello che era successo. No, non stavano fingendo. Avrebbero ucciso Garland se ne avessero avuto l’opportunità.

- Escluderei che sia stata tutta una messa in scena-

Sergej richiuse la valigia, per l’ennesima volta in quella settimana. Ogni volta che lo faceva la zip sembrava girare attorno al bagaglio con sempre più difficoltà, come se i vestiti si moltiplicassero. Ciò gli fece venire in mente che erano giorni che non faceva un bucato.

- Dici che Kai ha una lavatrice a casa?-

- Ne avrà anche più di una in quella casa da ricconi. Il vero problema è se la sa usare –

Yuriy frugò nella tasca dei jeans alla ricerca di qualcosa.

Imprecò sottovoce.

- Yuriy –

- Cosa?-

Sergej lo guardò di sottecchi, intuendo le intenzoni dell’amico.

- Cosa stai cercando?-

- Niente – mentì, ma l’altro lo sapeva benissimo. Da quando stava cercando di smetterla con il fumo, era nato in lui il tic nervoso di frugare in ogni dove alla ricerca di nicotina, sicuro di aver lasciato delle sigarette in giro tra le tasche dei suoi abiti.

- Sei nervoso?-

Yuriy rise – Nervoso io? No Sergej, no, ho solo una ferita che pulsa maledettamente perché ho fatto a botte con gli uomini di Vorkov, e un componente in meno nella squadra che molto probabilmente è già nelle grinfie dei quello schizzato di un monaco – Afferrò il suo borsone agganciandolo alla spalla sana con malcelata rabbia – Non sono nervoso. Sono ... –

- Arrabbiato –

Kai apparve sull’uscio della porta, braccia incrociate sul petto e viso incrinato dalla battuta ironica che aveva sulla punta della lingua.

- Il nostro capitano è arrabbiato- Scosse il capo con lentezza, facendo ondeggiare ciuffi argentei davanti al volto – Povero, povero piccolo Yuriy –

- Non hai nessun altro da tormentare Hiwatari?-

Kai entrò, sedendosi sul letto, le labbra tirate in un mezzo sorriso.

- Ahi Ahi, quando chiami le persone per cognome vuol dire che tira una brutta aria –

Per quel che ne sapeva Sergej, poteva anche scoppiare la terza guerra mondiale. Tutto dipendeva da come Yuriy avrebbe preso le battute sarcastiche dell’altro. L’atmosfera, già pesante, si fece densa di elettricità, ammorbidendosi solo quando sul volto di Yuriy comparve lo stesso sorriso ironico, appena accennato, che coronava l’espressione di Kai.

Il rosso fece ricadere il borsone a terra.

- Sì. Sono arrabbiato –

- Immagino anche di sapere perché –

- No. Non lo sai –

La frase pronunciata dal capitano risultò talmente enigmatica che l’ironia sprizzata da Kai si incrinò. I suoi occhi si allargarono impercettibilmente.

Yuriy riprese; glielo doveva dire. Era qualcosa in cui erano dentro anche loro, fino al collo.

- Dov’è Ivan? Non voglio ripetere la cosa un’altra volta –

Sergej con un cenno gli diede a intendere che sarebbe andato lui a chiamarlo. Kai si sistemò meglio sul letto, concentratissimo sulla figura del rosso. Tentare di studiarlo era inutile; Yuriy se ne stava in piedi in mezzo alla stanza, impenetrabile come una parete di roccia. Unico indizio che il suo corpo esternava per far capire la tensione che lo stava attraversando, erano gli occhi; due lastre di ghiaccio, fisse in quelli di Kai. Se avessero potuto, avrebbero facilmente comunicato con la sola forza del pensiero.

Quando i due membri mancanti della squadra entrarono in religioso silenzio, bastò che Sergej si premurasse di richiudere la porta scorrevole dietro di se. E il racconto cominciò.

- Kai, Hito ha parlato di una lei per quanto riguardava un progetto di Vorkov, qualcosa di molto vecchio-

- Mi ha anche detto che non andò mai in porto –

- Però Garland è sicuro di avere visto delle foto di una ragazza tra i documenti del monaco-

Di nuovo nel giro di quei pochi minuti lo sguardo di Kai ebbe un fremito. L’atmosfera densa della stanza si appesantì impercettibilmente.

- è per questo che hanno cercato di eliminarlo? Perché aveva visto queste foto?- Azzardò Ivan, seguito da un cenno di assenso del capitano.

- O almeno, questa è l’idea che mi sono fatto io. Certo, potevano essere foto di chiunque. Ma c’è un’altra cosa. Ti ricordi della ragazza in chiesa Kai?-

- Quella dell’anello?-

- Ti sei accorto che l’anello non lo hai più?-

- Non direri, mi ero quasi scordato di ... –

- Lo ha preso Boris –

La pesantezza nell’aria creebbe all’udire quel nome. Non avevano dato spiegazioni sul perché lui non fosse presente, ma sapevano tutti che ogni ospite del dojo si stava facendo delle domande a riguardo. Il fatto che l’amico fosse sparito e che non si potesse fare nulla per lui, se non aspettare, logorava ognuno dei partecipanti a quella riunione privata indetta da Yuriy. Sapevano con chi era; la loro era una supposizione quasi certa.

- Perché?- La domanda di Kai fu più che legittima, esattamente come lo era stata quella di Takao nel chiedere spiegazioni su cosa cavolo stava succedendo a quei ragazzi. Ma, a differenza della prima volta, il quesito ebbe risposta.

- Per via di Rosemary –

L’aria, divenuta pesante come un macigno, si schiantò al suolo. Ivan saettò gli occhi su Yuriy; non sapeva nemmeno lui se aveva paura che il capitano continuasse, o se era curioso di sapere se quello che stava per dire lo avevano pensato tutti in quella stanza. Non era stato così difficile fare la semplice somma degli eventi, non per loro che conoscevano il significato nascosto dietro ogni pedinamento, dietro ogni rapina.

Yuriy gettò il capo all’indietro, prendendo una breve pausa per pensare. Si passò le dita affusolate tra i capelli, nascondendo per un secondo, uno solo, il ghiaccio degli occhi dietro le palpebre.

Era strano tornare a ricordare dopo così tanti anni, dopo aver cercato strenuamente di lasciarsi alle spalle qualcuno.

- Non so perché. Ma la sera prima che sparisse abbiamo parlato, e lui aveva tirato in ballo quell’anello quando ha cominciato a parlarmi di Rosemary. Mi ha detto che l’anello era suo–

Gli sguardi dei presenti parlarono al posto delle voci, e fu palese che nella testa di ognuno di loro quel due più due che aveva già fatto Boris, e a cui Yuriy non aveva creduto, combaciò alla perfezione.

- Prima io ... poi Andrew – Sussurrò Ivan, gli occhi concentrati sul capitano; strinse i pugni senza accorgersene, irrigidendosi alla sola idea che ci avevano messo giorni per venire a capo di una storia così semplice.

Yuriy continuò il ragionamento con mente fredda, esponendo dei semplici calcoli che gli avevano messo davanti un risultato ambiguo.

- Tu e Rosemary siete stati molto legati Ivan, anche dopo l’ultimo campionato, nonostante  la nostra decisione di non ... –

- Vuoi dire che mi hanno pedinato perché cercavano lei?-

- Prima hanno controllato te, poi Andrew. E McGregor la conosceva, dopo che noi ci siamo ... allotanati, lei ha passato due anni a Londra –

Kai interruppe il ragionamento.

- E da me suppongo cercassero dei vecchi documenti del monasero, visto che anni fa abbiamo dato fuoco a tutti i loro archivi –

- Quasi certamente –

- E Boris?-

Quello era l’unico punto che non quadrava. Perché era sparito? Cosa volevano da lui?

- Mi disse di averla vista –

Ivan trattenne il fiato.

- Aveva visto Rosemary?-

Yury annuì. Sergej scrollò il capo con forza; piegò le labbra in un mezzo sorriso cercando di essere più convincente possibile, ma il corpo non la smetteva di irrigidirsi.

- Non è possibile Yuriy, sai come stavano le cose –

Ci avevano messo quasi dieci anni per allontanarsi da lei, ogni giorno più distanti, ogni mese più silenziosi. Sapevano di avere chiuso con quella ragazza, ma le parole di Kai non sapevano abbastanza di verità.

- Eppure lui ha detto così. E subito dopo averla vista ... è sparito –

- No!-

Ivan scattò in piedi con una tale veemenza che la sedia strisciò all’indietro sul pavimento. Puntò uno sguardo accusatore su Yuriy.

- Non penserai che lei lo abbia messo nelle mani di Vorkov?!-

Sergej mise una mano sulla spalla del più piccolo.

- Nessuno ha detto questo –

- Però lo ha insinuato –

I profondi occhi rossi di Ivan si riempirono di un misto tra rabbia, malinconia e incredulità. Forse quella ragazza stava ricomparedo nelle loro vite, ma si rifiutava di credere che fosse finita a patteggiare con il monaco.

- Possiamo fare mille ipotesi, ma finchè non sentiremo cosa ha da dire Andrew, non avremo nessuna certezza. Lo hai chiamato per questo, vero Yuriy? Per dirci quanto ne sa di Rose –

Quel nomignolo rieccheggiò tra le quattro pareti, portando a galla la maliconia dei ricordi a lei legati. Sergej ci aveva visto giustissimo; Yuriy non aveva dubbi che quello che aveva esposto in quei minuti fosse già passato per la testa dei compagni.

Prese di nuovo in spalla il borsone.

- Ora non ci resta che aspettare –

  
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