Fanfic su artisti musicali > Ed Sheeran
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Autore: Sea    29/01/2021    0 recensioni
Non sempre le cose vanno come ci aspettiamo e Sara ed Edward lo sapevano bene. Nulla di tutto ciò che avevano immaginato prima di incontrarsi si era avverato, la vita aveva superato di gran lunga le loro aspettative. Non credevano che avrebbero potuto provare davvero la felicità, eppure…
Eppure, non sempre le cose vanno come ci aspettiamo. Non sempre, al mattino, ci svegliamo nello stesso letto, nella stessa vita in cui credevamo di essere. Non sempre siamo le persone che gli altri credono di conoscere. Non sempre il senso che diamo alle cose, le verità da cui dipendiamo, sono corrette.
A volte la vita ci costringe a ricominciare da capo.
Edward e Sara, i protagonisti di Afire Love, dovranno varcare il sottile confine che separa i sogni dalla realtà ed intraprendere un nuovo viaggio. Di una sola cosa sono certi: comincia una nuova vita.
«Si portò una mano al petto, sperando di contenere il dolore, ma non servì.
Scoppiò in lacrime non appena Edward cominciò a cantare: Loving can hurt…»
Il sequel di Afire Love cambia scenario e si ambienta nella...realtà.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO XV
 
 




Avevano lasciato l’hotel di buon mattino per terminare le riprese ambientate in quella città e fare tappa sul Vesuvio e per fortuna la giornata prometteva bene, soltanto il fresco non ancora esattamente primaverile poteva essere un freno. Avrebbero seguito esattamente l’itinerario descritto nel libro, per poi traslocare a Napoli e concludere anche le riprese del quinto giorno. Arianne sapeva che avrebbero dovuto fare in fretta, accontentarsi in qualche modo, cosa che non le andava molto a genio, vista la sua precisione, ma si sarebbe contenuta. Sperava solo che Ed e Sara avrebbero collaborato e che nessun contrattempo li avrebbe intralciati. I furgoncini li trasportarono fin sul vulcano, mentre il sole cominciava ad accorciare le ombre degli alberi e a riscaldare quell’aria così fresca e profumata di resine. Il vento che filtrava dal finestrino lasciato aperto coccolò Federica nel silenzio pacifico di quella mattina. Solo il rombo del motore invadeva l’abitacolo in cui lei, Sara e Arianne contemplavano la stanchezza e la perplessità. Davanti a loro, Ed Sheeran e Stuart Camp sembravano assonnati. Sara e Ed si erano scambiati un vago buongiorno prima di salire a bordo, dipingendo curiosità e sospetto sui volti di chi li accompagnava. Quando giunsero alla biglietteria del Parco Nazionale del Vesuvio, Ed lasciò che scendesse per prima, facendole un cenno di cortesia con la mano. Non aveva certo lasciato da parte l’imbarazzo che si era abbondantemente guadagnato la sera prima, ma non riusciva nemmeno ad essere arrabbiato e per qualche motivo, se ne vergognava. Quando li raggiunse, il panorama colpì prepotente i suoi occhi, desiderando per un attimo di sedersi lì e stare in silenzio ancora un po’, ma la voce del regista li richiamava severa, troppo poco era il tempo a disposizione. Sentì le pietre ruzzolargli sotto le suole di gomma di quelle Converse mentre raggiungeva Sofia sul set della prima scena. Si accostò alla moto che avrebbe dovuto saper guidare e attese il ciak. Sentiva tutti gli occhi puntati su di lui, ma scorse solo quelli di Sara abbandonati su quell’inquadratura.
Sembrò così semplice, per lei, fingere indifferenza quel giorno, forse per la natura meno sentimentale delle riprese o forse perché troppo stanca per punirsi ancora. Li seguì con lo sguardo finché poté, ma non le fu consentito di andare sul cratere insieme ad Arianne e al regista. La prima ora trascorse lenta, mentre Federica le domandava se fosse accaduto qualcosa.
 
  • Abbiamo provato insieme le battute, ieri sera. – cominciò, tirandosi giù le maniche della grossa felpa grigia – Non sembrava neanche lui.
  • Se non ti va, non devi farlo. – il calore della sua mano le avvolse il braccio, per rassicurarla.
  • No, va bene così. – rispose, consapevole che fosse giunto il momento di abituarsi alla cosa. – Sembra che sia d’aiuto, quindi va bene.
Quando scesero dalla montagna, furono scaraventati nuovamente nei furgoni, diretti agli Scavi di Ercolano. Erano stati piuttosto veloci, pensò Sara osservando distrattamente Ed. Quando anche lui la guardò, quegli occhi che prima erano così taglienti, fu colta dalla calda sensazione di imbarazzo che aveva provato quando l’aveva sfiorata la sera prima. Una sensazione allo stomaco fin troppo riconoscibile, che la stava lasciando spiazzata e incredula. Strinse le mani nelle tasche, sperando che non fosse così evidente. Il calore accogliente e familiare di quello sguardo, il colore acceso di quei capelli, quelle labbra così colorite e sottili…era completamente avvolta. Lesse in qualche modo sul suo viso gli stessi pensieri. Ed, dall’angolo opposto dell’abitacolo, accoglieva quella placida sensazione di calma che emanava la figura di lei, mentre rifletteva su quanti giorni ancora avrebbero trascorso in quel modo, a guardarsi da lontano senza riuscire a dirsi nulla. Aveva voglia di prenderle la mano e farle capire che sarebbe andato tutto bene. Che ormai si erano capiti. Si erano trovati. Non voleva più tornare alla rabbia.
Il fischio dei freni li distolse da quel contatto e furono nuovamente trascinati fuori. Questa volta gli occhi di Sara seguirono le riprese scena per scena, attraverso i meandri degli scavi polverosi, senza accorgersi che gli occhi malinconici di Emanuele desideravano un suo segno, qualcosa che non gli dicesse che l’aveva già persa. Sara era troppo presa dall’osservare quanto quell’Ed stesse cominciando a somigliare all’uomo di cui si era innamorata. Quando furono all’uscita degli scavi, due dita picchiettarono sulla sua spalla: si voltò e riconobbe immediatamente quel profumo.
 
  • Stai bene? – le iridi scure erano più spente del solito, ma lei gli sorrise.
  • Sì, sono solo un po’ stanca. – abbassò lo sguardo.
  • Sicura che non ti abbia dato fastidio? – le chiese ancora una volta, dopo i mille messaggi della notte precedente.
  • Sono sicura. Voglio solo approfittare di questa calma per finire di girare.
Emanuele non poté baciarla o abbracciarla, ma la guardò carico di gelosia e dubbi, le labbra incurvate. Vide sparire i suoi capelli mossi dietro la porta scorrevole del van, incontrando gli occhi di Ed prima che si chiudesse. Strinse le dita intorno alle sue board, tornando al team con l’amaro in bocca.
Il bosco di portici li avvolse con le sue fronde antiche e brillanti, il profumo di terra umida e erba tagliata punse le narici di Sara, che l’ultima volta l’aveva assaporato con incertezza e paura. Ed ora lo vedeva lì, davanti a lei, che avanzava davvero su quel sentiero con quelle scarpe e quei jeans e quella andatura morbida, insieme a Sofia, sempre più somigliante a quella se stessa che aveva sognato. I suoi piedi proseguivano senza comando verso il prato verde, con Federica che si affiancava a lei con occhi preoccupati. Le mise un braccio intorno alle spalle e la strinse senza fermarsi, la baciò sulla guancia e la superò subito dopo, non appena il regista gridò stop. Scavalcò lei, Arianne e Max, il regista e quei capelli rossi fino all’inizio del manto erboso, carico di fiori e margheritine bianche. Il salice che avevano fatto piantare ondeggiava al sole. Doveva essere la prima a vedere quel posto, con i suoi occhi nuovi, prima che le telecamere lo contaminassero. Il mare spuntava all’orizzonte ovest.
 
  • It’s beautiful.
La sua voce grave e senza tono la fece sussultare. Lo guardò, senza essere ricambiata, la pelle chiara e le lentiggini spruzzate sul viso, la forma del suo naso una linea morbida e non inaspettata. Solo prima che li raggiungessero, Ed si girò come per dirle qualcosa, ma nulla venne fuori dalle sue labbra socchiuse. Le sue dita piccole sfiorarono quella mano fredda che Sara aveva lasciato scoperta.
 
  • Ed!
La voce di Sofia gli ghiacciò i nervi, come colto nel sacco. La raggiunse chiedendosi cosa diamine stesse pensando, con l’intera troupe ad osservare ogni loro mossa, i paparazzi probabilmente nascosti dietro qualche cespuglio. Riuscì a scorgerla tornare indietro, ma non si guardarono. Vide molte domande apparire sul viso della ragazza che recitava con lui, ma si forzò di far finta di niente. Solo quando terminarono le riprese, quel giorno, riuscì a darsi il permesso di sperare che quella sera l’avrebbe rivista.
 
***
 
  • Quindi domani mattina dobbiamo andare di nuovo in centro storico.
Cercava di parlarle senza lasciar trasparire l’agitazione che gli aveva fatto tremare le gambe, quando l’aveva vista spuntare sull’uscio della sua porta. Non credeva che sarebbe stata lei a presentarsi, quella volta, eppure aveva bussato appena dopo cena, quando ormai il resto della troupe si era dileguato. Il piccolo albergo nel cuore di Napoli aveva terminato le stanze per accogliere appena la metà di loro, il suo “Ema” si trovava in un’altra struttura. Forse quello era l’unico motivo che l’aveva spinta a presentarsi, ma non si soffermò troppo su quel pensiero.
Sara annuiva, mentre incrociava le gambe sulla poltroncina della stanza, questa volta il profumo del mare non la stordiva mentre lui si portava di fianco a lei, trascinandosi una sedia.
 
  • Il quinto giorno è stato già girato per metà, manca solo la parte allo Swinging Blues, quindi non ci metteremo molto.
Ed osservava il copione cercando di inquadrare subito le scene che lo avrebbero messo in difficoltà con lei, non fu difficile trovare subito un paio di punti caldi. Lei non lo guardava proprio per questo, sapevano entrambi che le cose cominciavano a riscaldarsi da quel giorno in poi.
 
  • You know I can’t dance. – osservò, immaginandosi la scena.
  • Lo so ed è giusto che sia così. – quasi rise.
  • E non avrei nemmeno resistito così tanto a baciarti. – continuò con lo stesso tono casuale, dando libero campo ai suoi pensieri.
Solo pochi secondi dopo si rese conto di quanto fosse fraintendibile quella frase alle orecchie di Sara, ma non seppe come rimediare. La guardò, aspettandosi una reazione negativa a quella che sembrava una provocazione, ma lei non disse nulla. Le sue guance parlavano da sé.
 
  • Edward sì. – disse soltanto, con calma. – Passiamo al sesto giorno.
  • Secondo te…sarò convincente?
Il suo sguardo le chiedeva una sincerità che non si era mai risparmiata di riservargli, ma questa volta pareva preoccupato. Come se non si sentisse all’altezza del suo personaggio.
 
  • In fondo, cosa importa? – rispose Sara, cercando di non pensare a quelle sempre più evidenti somiglianze – La gente andrà comunque al cinema per vederti.
  • E per te? – continuò con esitazione – Sarò convincente?
Eppure quel ragazzo non era Edward, lo sapeva. Non era davvero parte di quel sogno così vivido che l’aveva portata in quella stanza, insieme a lui. Si chiese cosa pensasse davvero, ponendole quella domanda così inaspettata. Forse voleva solo essere incoraggiato, forse anche lui aveva paura come tutti loro.
 
  • Penso di sì. – rispose allora.
Sul suo viso si increspò un lieve sorriso, frutto di quell’imbarazzo che da 24 ore li seguiva senza sosta. Sara lesse la prima battuta, precipitando ancora inesorabilmente in quel suo limbo di ricordi limpidi. Ed rimaneva sempre sorpreso di quell’empatia così spiccata, come se ci fosse qualcosa di più profondo in quelle parole, qualcosa che non riusciva a comprendere, ma che aveva sempre più voglia di scoprire. Così cercò di essere ancora di più quel se stesso che lei tanto cercava con gli occhi durante le riprese e non riuscì ad evitare di toccarla quando, in piedi al centro della stanza, immaginarono di essere in quella stanza d’hotel con gli accappatoi indosso, diretti verso la spa.
 
Ed aveva le guance arrossate dal sole ed era così bello in quel momento che non riuscì a non sistemargli il collo spesso dell’accappatoio, in cerca di una scusa per toccarlo.
  • Non dovevi organizzare tutto questo, sei sempre eccessivo. – disse allora, quando il suo sorriso la imbarazzò troppo. Si accorse di adorare il suo naso.
  • E tu non devi aggiustarmi il colletto se hai voglia di toccarmi. – e le sfiorò la mano.
Le risate quasi spontanee di quei giochi sulla sabbia piombarono sul fondo del loro petto, mentre le loro mani entravano in contatto. Per un attimo sembrò che quelle prove fossero terminate, ma Sara si distaccò, voltandosi, proprio come scritto sulla sceneggiatura, così Ed, desideroso di proseguire, continuò a seguire quelle che non sembravano più battute da copione.
  • Ehi – disse allora – Scusa, ho esagerato.
  • Non è quello. – rispose lei, guardandosi i piedi.
  • Cosa, allora? – cercava una risposta.
  • È quel tuo modo di provocarmi, nonostante tutto. Sembra che tu lo faccia a posta.
Rimase un attimo in silenzio, riflettendo sulle sue parole.
  • Scusa, non so trattenermi. – forse lei non sapeva quanto fosse imbarazzato nel rivelarle quel dettaglio. Per spezzare la tensione, la prese a braccetto. – Andiamo.
Mai come in quel momento, si sentì esattamente la persona che lei aveva incontrato. Attratto da quella ragazza che sapeva non avrebbe saputo trovare negli occhi di Sofia. Perso in quella storia come non avrebbe mai saputo essere quando le telecamere lo avrebbero inquadrato.
La confusione che vide sul suo volto lo fece tornare a quel giorno in redazione, seduto dinanzi a lei senza capire cosa le passasse per la mente.
 
  • Adesso è meglio che vada. – fece lei, lasciando il suo braccio con una certa fretta.
  • Ok. – disse soltanto.
Uscì dalla porta sussurrandogli la buonanotte, lasciandolo lì, in piedi da solo, a contemplare quei sentimenti nebbiosi.
Sara, tornando nella sua stanza buia, si chiese ancora una volta in quale delle sue vite fosse, ma la sensazione di quelle mani calde sulle sue le fece vibrare l’anima nel presente di quella lunga notte.
 

 
***

 
La luce soffusa, generata in modo impeccabile quella mattina dalla troupe, le nascondeva lo sguardo triste che Emanuele si trascinava sul set, contrariato sempre più da quella evidente complicità che aveva notato tra l’autrice e il protagonista. Sicuramente tutti avevano colto che quella mattina avevano scambiato due chiacchiere imbarazzate prima che le telecamere si accendessero, Federica e Arianne l’avevano già interrogata davanti alle brioche, cercando di capire se stesse bene, se ci fosse qualcosa che potessero fare per lei.
Forse è solo diverso da come lo avevamo inquadrato. Le parole di Arianne le rimbombavano nella testa mentre lo osservava ballare con Sofia, con quel sorriso radioso e quella luce negli occhi che conosceva così bene. La musica era bassa, tanto l’avrebbero montata in seguito, ma questo rendeva solo più evidenti i dettagli dei loro movimenti. Al primo stop, i loro occhi si ritrovarono, le loro menti già proiettate allo stacco successivo, alla comparsa di Angelo, a quel loro cercarsi senza fine. Ed guardava Sofia sperando di trovare in lei la stessa dimensione ultraterrena in cui lo facevano perdere gli occhi di Sara.
Ciak.
Sofia era immobile dinanzi a un ragazzo che somigliava ben poco ad Angelo in realtà, ma andava bene. Ed intervenne, la difese e in pochi minuti tornarono al bancone del vero Swinging Blues con due analcolici versati nelle bottiglie di birra. Poco dopo, al centro della scena, trasportati da quella canzoncina di Pitbull, cominciarono le prime rigidità. Ed faticava a fingere quella disinvoltura, avvicinandosi a Sofia, avrebbe voluto chiudere gli occhi quanto Sara che li osservava dal fianco del regista, stordita da quella sensazione sgradevole. Più lui si avvicinava a lei, più stretta diveniva la morsa nella sua bocca. Quando le mani di Ed finirono sotto quella gonna, dovette resistere dall’alzarsi e andare via. Fin troppa luce scorgeva negli occhi della ragazza mentre ballavano su Sing, bravina ad imitarla, ma troppo…vicina. Troppo vicina.
Quelle mani le sentiva scivolare sul suo corpo come se fosse esattamente lì, tra le sue braccia, appoggiata al suo petto. Le labbra ad un centimetro dalle sue. Cominciò a sudare. A capire che fosse terribilmente gelosa di Ed, ma senza sapere di quale dei due. Quando finalmente tagliarono la scena, dovette allontanarsi, uscire da quel buco e prendere aria e luce. Il cielo azzurro rischiarò la sua mente offuscata da troppe sensazioni, le veniva quasi da vomitare, un disgusto che aveva provato troppo di recente. Accese una sigaretta, camminando su e giù per il viottolo, cinque passi alla volta, tirando dentro il fumo come se potesse lavarle il petto.
 
  • Sara. – Federica l’aveva seguita. – Stai bene?
  • Sì, devo solo prendere un po’ d’aria.  – rispose continuando a guardare altrove. Lei si avvicinò.
  • Di quale dei due sei gelosa?
Si fermò e la vide in piedi accanto a lei con le braccia incrociate, pronta ancora una volta a fare chiarezza nella sua mente. Credette di non sapere la risposta.
 
  • Non lo so. – rispose sinceramente. – Non so nemmeno se si tratta di lui o di lei.
  • Sai bene che non siete paragonabili. – Arianne sembrava sempre spuntare dal nulla – Io dico che è quello vero.
  • Perché mai dovrei essere gelosa di lui? – si stizzò, più con se stessa che con loro. – Non è Edward.
  • Appunto. – le rispose Federica, la sua saggezza sempre pronta all’uso. – Lui non è Edward e lo sai benissimo. È proprio di Ed che sei gelosa.
  • Ma… - stava già prendendo una seconda sigaretta. – Lui…è insopportabile!
  • Stai solo cercando di convincertene. Ammettilo, ti piace.
  • No, io devo allontanarmi da lui. – la accese – Devo…
Il silenzio che sentì piombare intorno le fece alzare lo sguardo, la figura di Ed sembrava paralizzata in quel punto del vicoletto, come se avesse colto qualche parola di troppo. Federica e Arianne si dileguarono, nonostante i suoi occhi imploranti.
 
  • Are you ok? – le chiese, un velo di preoccupazione sul suo viso.
  • S-sì. – provò a dissimulare inutilmente. – Non preoccuparti.
  • Ho fatto qualcosa di sbagliato? – si avvicinava a lei a piccoli passi, dondolando in precario equilibrio su ognuno di essi.
  • No, sei andato benissimo. – un’altra boccata.
  • Non volevo ferirti.
Quelle parole le pugnalarono il petto senza un motivo apparente e lo stesso Ed non sapeva perché le fosse corso dietro, né perché si stesse scusando, ma anche lui aveva sentito quel brivido, immaginando il suo viso durante quella finzione.
 
  • Tu non hai fatto niente, sta tranquillo. – gettò via il secondo mozzicone.
Se lo trovò più vicino di quanto pensasse. La sua altezza la sovrastava quanto bastasse ad intimidirla. Struccata, con gli occhi gonfi e stanchi, cercò di capire perché fosse lì, la mossa meno attesa fino a quel momento. Ed le posò una mano sull’avambraccio e la guardò.
 
  • Io… - cominciò dubbioso, come se non riuscisse a pensare lucidamente. Scese fino alla sua mano, stringendola.
Avrei voluto che fossi tu.
Ma quelle parole non lasciarono le sue labbra. Gli occhi di Sara, confusi e persi sul suo viso, sembrarono comunque cogliere quel significato. Aggrottò lo sguardo cercando una qualsiasi conferma di quel pensiero, strinse le labbra in bilico tra la totale sincerità e la sommessa indifferenza.
Gli occhi di Emanuele, nascosti nella penombra dell’ingresso, assorbirono quell’immagine.
  
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