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Autore: Francyzago77    30/01/2021    5 recensioni
Questa è la seconda parte di Destini. Ambientata in Australia, è una storia dove Georgie, tornata protagonista, vivrà emozioni, tormenti e passioni. Il passato sembra non abbandonarla ma quali incontri le ha riservato il destino?
Questa storia è stata scritta senza fini di lucro, i personaggi sono proprietà di Mann Izawa.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Arthur Butman, Georgie Gerald, Maria Dangering, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Nel salone ancora si ballava, Georgie, affannata e nervosa, riusciva a intravedere suo marito che conversava con Vivien e un uomo brizzolato, forse era il conte Boleyn ma poco le importava.
Si appoggiò al tavolino dove vi erano delle bevande, si versò dell’acqua e bevve a piccoli sorsi, visibilmente preoccupata.
Lizzie, che si occupava del buffet, la notò e le rivolse la parola:
-Vi sentite poco bene? Siete pallida, chiamo vostro padre?
-No, no – rispose subito Georgie – il ballo mi ha stancata. Grazie, sei gentilissima ma non ho bisogno di nulla.
Avanzò lentamente dalla parte opposta, non voleva farsi vedere da Arthur, doveva prima calmarsi e poi sarebbe andata da lui.
Il colloquio con Desmond l’aveva distrutta.
Raggiunse il piccolo Abel che, in una stanza accanto, si stava divertendo con alcuni bambini sicuramente figli di nobili presenti alla festa.
-Mamma ho trovato degli amici! – esclamò suo figlio vedendola arrivare da lui.
Georgie gli sorrise, era seduto sul tappeto e giocava con il gattino di Maria insieme a una bambina bionda e a un ragazzino quasi certamente della sua età.
-Loro sono Brian e Kate – disse a sua madre felice. 
La salutarono per poi tornare a ridere e scherzare.
Nei loro occhi Georgie rivedeva se stessa bambina accanto ad Abel e Arthur, rivedeva quella gioia, quella spensieratezza, quell’essere felici senza rendersene conto.
-Nulla – pensava Georgie – tornerà come prima, Abel non c’è più ma vive nel sorriso di nostro figlio. E Arthur è qui con me, in realtà c’è sempre stato, non mi ha mai abbandonata. A Londra morivo dalla voglia di tornare qua, nella nostra Australia, sentivo questo richiamo, non posso gettare tutto al vento, non posso.
Lasciò quella stanza per dirigersi verso suo marito.
-Dove eri finita? – le chiese Arthur lasciando Vivien e suo padre – Dopo il ballo non ti ho più vista, tra poco ci sarà la torta, anche Maria ti stava cercando.
-Ero da mio figlio – rispose in fretta – ma ora devi ascoltarmi Arthur.
E lo condusse in un angolo della sala più nascosto.
-Torniamo a casa, ti prego! – lo supplicò – Andiamo via domattina presto, non ce la faccio più a stare qui, non sto bene.
-Ma perché? – domandò lui stupito – Cosa c’è che non va? Se partiamo domani tuo padre ci resterà malissimo!
-Non m’interessa – rispose di getto Georgie – la festa terminerà fra poco, non ha senso rimanere più del dovuto.
-Cosa mi nascondi? – ora il tono di suo marito era più severo – Perché non vuoi stare qualche altro giorno con tuo padre? Casa ti è successo Georgie?
-Riportami alla fattoria – sussurrò lei quasi spaventata – Ti ripeto che non sto bene.
Arthur, quasi spazientito, dapprima non rispose poi, vedendola pallida e agitata disse:
-E va bene, partiremo domattina ma noi due dobbiamo parlare Georgie. Terminata la festa, visto che ti senti male, andrai a riposare poi domani, molto presto, torneremo a casa. Anzi, lasceremo qui Abel junior, così noi due potremo risolvere le nostre questioni. Non credo ci siano problemi per tuo padre occuparsi di lui per un po’ di tempo. Il bambino è sereno qui, non darà preoccupazione a nessuno. Parlane tu con Maria e Fritz, è tuo il desiderio di lasciare questa casa.
Arthur era deciso, determinato e freddo. Aveva intuito che qualcosa non andasse in lei ed era stanco.
Si diresse al centro della sala conducendo con sé anche Georgie, la servitù stava portando il tavolo con la torta e loro dovevano raggiungere Fritz, Maria e la bambina.
Tra brindisi, auguri e festeggiamenti il tempo passò in fretta e Georgie elargiva finti sorrisi misti ad ansia e preoccupazione. Si sentiva sola tra la folla, anche Arthur le sembrava un estraneo. Suo figlio era allegro, aveva trovato degli amici e si stava divertendo tanto. Georgie pensò che sarebbe rimasto volentieri dal nonno e prima di andare a dormire gli avrebbe detto che, per altri giorni, sarebbe potuto restare da lui.
Lei e Arthur, invece, sarebbero andati via l’indomani mattina, presto, come due fuggiaschi. Voleva scappare da Desmond ma contemporaneamente aveva timore di affrontare suo marito. Da sola. Ma doveva farlo.
La festa giungeva ormai al termine, diversi invitati salutavano il conte Gerald e uscivano dal palazzo, Georgie ritornò sulla terrazza a prendere una boccata d’aria. 
Rivedeva davanti a sé gli occhi di Desmond, le sue parole risuonavano come un’eco, voleva amarla ma era un dannato. Perché?
Avanzò lentamente verso le scale dove prima era scappata da lui, guardò quei gradini e le parve di sentire ancora le sue mani che la stringevano forte.
Era maledettamente attratta da Desmond ma non poteva cedergli di nuovo.
Mai più, pensava, mai più.
Udì un rumore provenire dal fondo delle scale, qualcuno era là, si voltò e capì che vi erano due persone appartate.
Imbarazzata si accinse ad andar via ma riconobbe la voce di Desmond e della contessina Vivien.
Accelerò il passo, corse in casa, mai più pensò, mai più, con ancora più decisone.
Fuori albeggiava, John stava caricando i bagagli sulla carrozza mentre il conte Gerald accompagnava Georgie e Arthur al portone.
-Fate buon viaggio – disse loro – mi rattrista non vi fermiate ancora ma la permanenza del piccolo Abel mi rende comunque felice.
-Spero si comporti bene – esclamò Georgie – e che non vi faccia disperare. Noi abbiamo molto lavoro alla fattoria, qui starà meglio in questo periodo.
Fritz non rispose, si limitò ad abbracciare sua figlia sentendo, in cuor suo, che c’era dell’altro ma non sapeva cosa.
Maria li raggiunse, era ancora in vestaglia.  
-Non potevo non salutarvi – disse – Abel sta dormendo, non dovete preoccuparvi di nulla.  
-Grazie di tutto - affermò Arthur – e salutateci il conte Huxley e Desmond, non vogliamo apparire scortesi nei loro confronti.  
Georgie salì prontamente sulla vettura seguita da suo marito, Fritz rimase ad osservarli fino a che la carrozza uscì dal cortile, allora chiuse il cancello e disse a Maria:
-Tutta questa fretta di partire mi mette ansia e anche preoccupazione.
Sua moglie invece sorrise aggiungendo:
-Non essere così turbato Fritz. Ancora non hai capito?
Il conte la guardò con occhi stupiti.
-Preparati – rise lei – a diventare nonno per la seconda volta!
E detto ciò rientrò in casa.
 
 
 
 
   
 
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