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Autore: Raci_    31/01/2021    1 recensioni
King Bradley è stato addestrato fin dalla nascita per adempiere al volere supremo. Il suo destino, come quello della nazione, è stato scritto e niente e nessuno potrà mai cambiare il suo percorso.
O quasi.
Dal testo:
“Il primo vero colpo di grazia però, lo aveva avuto quando, vagamente spazientito, aveva chiesto al suo insulso accompagnatore informazioni sulla natura della missione.
Ed egli aveva risposto:
“Stiamo andando ad incontrare la prima candidata ad essere la vostra futura moglie, signore”
Ora. A parte che il senso non gli era del tutto chiaro a prescindere, ma dopo aver superato con austero contegno lo shock iniziale, non aveva potuto fare a meno di chiedersi il perché di quel violento addestramento della settimana prima.
Ripensando a ciò in particolare, Bradley fu colto ad una rabbia incontenibile, poiché la successiva domanda che si era posto nella sua mente era se, visto la sanguinaria iniziazione, avrebbe dovuto fare fuori - o bastonare dato l’equipaggiamento - la donna che stava per incontrare.”
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FMAB
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mrs. Bradley, Wrath
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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King Bradley era furioso.
Era furioso come mai lo era stato prima d’ora.
O meglio si, lo era stato, lo era sempre al dire il vero. Lui era l’essenza dell’ira, il peccato forma uomo.

Ma nonostante questo, si rese immediatamente conto che non lo era mai stato così tanto prima di quel momento.

Era una mina che anche se già esplosa, continuava a detonare, mentre marciava in modo circolare dentro quella stanza piena di inutili oggetti sfarzosi, ricchi di ghirigori e merletti, sui quali la sua furia si era abbattuta senza pietà.

Si arrestò di colpo, osservando per la prima volta, da quando era stato costretto a rientrare nelle sue stanze, lo spazio intorno a lui. Era un vero disastro, aveva distrutto tutto. Preso da quell’impeto aveva fatto a pezzi ogni cosa che si era trovato davanti.

Il suo sguardo furente cadde su un cuscino che giaceva inerme sul pavimento. Lo aveva letteralmente squarciato con le sue mani, accanendosi sul quell’oggetto inanimato immaginando che al posto di quella stoffa color verde e quelle piume d’oca ci fosse lei, la sua testa, il suo petto. Lo prese tra le mani.

Come aveva osato.

Con il senno del poi, dovette ammettere a sé stesso che ella non era la sola responsabile. Gli eventi che lo avevano portato a farsi trascinare quella mattina fino a quella vomitevole dimora, insieme a quel vomitevole sottoposto, su quel vomitevole treno, erano nel volere di qualcuno nettamente superiore a tutti loro.

Ripensando a questo, era ancora in leggero stato confusionale per quella visita, cosa che lo rese, se possibile, ancor più livido di rabbia.

Era stato preso in giro, ingannato, condotto con un tranello verso quell’umiliazione che mai, mai, avrebbe dimenticato e soprattutto perdonato.

Nell’attuale situazione, la sua collera era tale da non rendersi conto che probabilmente era la prima volta che provava tanti sentimenti nello stesso tempo, sempre se di provare sentimenti nel suo caso specifico si poteva parlare. Nel dubbio comunque tutti rigorosamente negativi, nefasti e omicida.

In primo luogo, si sentiva uno sciocco solo ripensando a quella sensazione del tutto nuova che aveva percepito una settimana prima, quando aveva appreso del suo primo incarico ufficiale come futuro nuovo capo dello stato, come arma letale, come King Bradley. Aveva poi indentificato quella velata euforia come entusiasmo, bramoso di mettersi all’opera. Il primo grande passo del suo devastante cammino. La sua prima missione. 
Il fatto che poi in quella settimana gli addestramenti si fossero intensificati e in qualche modo li avesse percepiti più duri, poteva solo essere un’ulteriore conferma che presto avrebbe assaporato il momento in cui la sua immensa forza sarebbe stata messa alla prova. Si poteva dire che non stava più nella pelle.

Perciò, tra tutte le altre cose, non avrebbe mai potuto immaginare di provare dello sconcerto.  A dir la verità questo sconcerto non era affiorato proprio subito, anche se quella mattina presto, sul treno in viaggio per quella nauseante destinazione (adesso poteva tranquillamente affermare che in realtà fosse l’inferno sulla terra), non aveva avuto del tutto chiaro il motivo per cui fosse vestito di tutto punto, bombetta e bastone da passeggio inclusi.
L’unico rassicurante elemento era la presenza della sua spada, che giaceva placida sul sedile accanto a lui. Era come un suo arto, non poteva separarsene e non lo avrebbe mai fatto.
Ma mentre il soldato che era insieme a lui non guardava, aveva anche tentato di forzare quel dannato bastone, con la speranza che una volta aperto avrebbe rivelato al suo interno un’altra arma, una lama corta ma affilata, con la quale mai si sarebbe sentito a suo agio rispetto alla sua spada, ma che in qualche modo gli avrebbe dato una ragione in più per credere che da lì a qualche ora avrebbe trafitto le viscere del nemico – cuscino - che implorante si sarebbe dissanguato di fronte a lui e alla sua fredda sete di uccidere.

Comunque sia no.

Quello che aveva in mano era un semplice, patetico bastone da passeggio e il fatto che insieme ad esso e alla terribile bombetta, il tutto fosse corredato dalla benda sull’occhio - utile per celare il suo catastrofico potere-, lo faceva apparire a dir poco ridicolo.
 
Il primo vero colpo di grazia però lo aveva avuto quando vagamente spazientito aveva chiesto al suo insulso accompagnatore informazioni sulla natura della missione.

Ed egli aveva risposto:

“Stiamo andando ad incontrare la prima candidata ad essere la vostra futura moglie, signore”.

Ora. A parte che il senso non gli era del tutto chiaro a prescindere, ma dopo aver superato con austero contegno lo shock iniziale, non aveva potuto fare a meno di chiedersi il perché di quel violento addestramento della settimana prima.
Ripensando a ciò in particolare, Bradley fu colto ad una rabbia incontenibile, poiché la successiva domanda che si era posto nella sua mente era se, vista la sanguinaria iniziazione, avrebbe dovuto fare fuori - o bastonare dato l’equipaggiamento - la donna che stava per incontrare.

Nella sua attuale situazione, con quel che restava del cuscino in mano, si rese conto che sarebbe stato piuttosto compassionevole ad ammazzarla. Ella meritava sì la morte, ma doveva essere prima torturata. E se in un moto di pietà l’avesse risparmiata, l’avrebbe comunque mutilata orrendamente.
E si malediceva, perché in fondo Wrath, appena arrivato a destinazione, l’aveva vista e l’aveva odiava profondamente.

Tutto di lei era irritante. Dalla testa fino alla punta dei piedi.

Giunto al suo cospetto, lo aveva accolto con un assolutamente non corrisposto sguardo dolce, e quei suoi occhi verdi lo avevano scrutato in un modo che superava ogni limite di decenza e contegno.

Così gentile.

Durante lo schifoso pranzo, era stato vittima di ogni sorta di insopportabili convenevoli, sorrisi educati e cordialità non richieste e non gradite.
Aveva detestato con tutto sé stesso quelle piccole mani che stringevano la tazza di tè e quei suoi deboli polsi, che sbucavano dalle maniche di quel vestito color violetto, anche quello banale e disgustoso come lei.
Dopo quella eterna esperienza angosciante, si erano poi spostati in giardino e fu lì che il vero supplizio ebbe inizio, in quanto lei iniziò a parlare e non smise più.

Parlò del tempo, sempre bello qui al sud.
Parlò del giardino della villa, curato ogni girono con amore dai nostri meravigliosi giardinieri.
Parlò dei suoi interessi, dei suoi hobby, delle sue giornate.

Nel momento in cui aprì di nuovo quella sua mefistofelica bocca e iniziò a parlare dei suoi sogni e progetti, delle sue ambizioni, del suo futuro - una vita semplice, una casa calda accogliente dove poter crescere dei bambini felici - King Bradley non ce la fece più.

E finalmente parlò anche lui.
“Credo che tu sia la persona più insopportabile che abbia mai conosciuto” Esordì. “Mi chiedo cosa avrebbe di vantaggioso passare tutta la vita insieme a te. Non hai il senso della misura e del dovere, non sei stata in grado di tacere un singolo secondo.” E continuò. “Sei brutta, bassa e anche in sovrappeso e hai perennemente quello sguardo da cucciolo smielato che francamente mi fa attorcigliare le budella e mi fa venire voglia di infilzare con la mia spada prima te e poi me stesso, mettendo così la parola fine a questo momento.”

Calò il gelo.

In tutta onestà, la giovane donna oggetto di quelle parole, non mostrò subito stupore e sconcerto, ma ancora prima di metabolizzare ogni singolo insulto, si chiese come da un ragazzo così bello e con quel portamento potessero veramente uscire termini così orribili.

Dall’altro canto, nonostante il temibile potere del suo occhio perfetto Wrath, in tutta onestà, quello schiaffo non lo vide proprio arrivare.

Il motivo era tra l’altro più che chiaro. Era troppo impegnato a godersi il trionfo di averla zittita e ad osservarla in tutta la sua nullità. Ma fatto sta che quell’insignificante donna, insopportabilmente chiacchierona, scialba e chiatta, lo aveva appena colpito e lui non lo aveva visto.
La prima cosa che pensò è che doveva ucciderla. E lo avrebbe sicuramente fatto se lei non avesse di nuovo aperto bocca e iniziato ad urlargli contro.

“King Bradley, tu sei l’uomo più rude e maleducato che io abbia mai conosciuto!”

Imperdonabile.

“Non hai il minimo tatto e nonostante tutti sanno che diventerai presto il capo della Nazione non sei neanche in grado di stare a tavola come si deve!”

Stupida donna.

“Non posso fare a meno di chiedermi se tu sia cresciuto in una caverna, allevato dagli orsi!”

Wrath, che aveva sì la super vista, era comunque impossibilitato a vedere la sua faccia in quel momento.

Nel giro di un minuto era stato schiaffeggiato.
E non lo aveva visto.  
Ed insultato.
Quella donna gli aveva appena dato del villano.

Passarono circa cinque secondi dove il vento si alzò leggermente, facendo ondeggiare alcune ciocche di capelli biondi di lei sul suo viso, poi lui decise di agire. Impugnò l’elsa della spada e fece appena in tempo a sguainarla dal fodero, prima che tutta la servitù, il suo sottoposto e la famiglia della nullità piombarono urlanti e terrorizzati fra loro.

“Ma cosa fa?!”
“Signoree!!”
“Signorina!”
“Ma è PAZZO!?”

E nel trambusto di quell’episodio, tra le urla di lei - che ancora lo insultava - si ritrovò, senza sapere bene come, confinato in quella stanza in cui adesso era in piedi, circondato dalla distruzione, con quel che restava di quel cuscino tra le mani.

Non aveva più visto nessuno per tutto il resto della giornata. Nutriva il forte sospetto che quell’area della grande villa fosse stata evacuata, poiché probabilmente il soldato che era con lui aveva ritenuto opportuno - conoscendo il soggetto e quello di cui era capace - far allontanare tutti.

Probabilmente lei era stata portata via, il più lontano possibile. Ma l’avrebbe trovata e l’avrebbe fatta secca. Questo era certo, non c’era luogo al mondo che ormai fosse sicuro per lei.  

Strinse i denti e soffocò l’ennesimo ringhio di collera della giornata. Gettò l’ormai cadavere del guanciale a terra e si diresse a grandi passi verso quel che restava dell’ingresso, deciso finalmente ad abbandonare quel posto ripugnante e andare prendere il primo treno per Central City. Al diavolo, l’avrebbe accoppata un’altra volta.

Aprì di scatto la porta, e scoprì che un’altra volta a quanto pare era proprio quella volta, perché se la ritrovò davanti.

Capì subito di non avere proprio un’espressione sana in viso, perché lei sussultò, visibilmente sconvolta.
E proprio nell’istante in cui fece per alzare il braccio per portare la sua mano verso il suo collo con l’intenzione di stringere, la voce di lei arrivò alle sue povere, stanche orecchie.

Ancora.


“Sono terribilmente dispiaciuta per quel che è successo oggi pomeriggio, vi chiedo scusa per aver reagito con violenza, non è assolutamente nella mia indole.”
 Pausa.
Aveva detto la frase tutta d’un fiato e il suo tono era calmo e cordiale, il suo atteggiamento era quasi remissivo ma guardava l’uomo davanti a sé dritto negli occhi, senza vacillare, senza paura.

“Voglio che sappiate che mi sono subito resa conto che in voi non c’era nessun piacere a venire qui quest’oggi, vorrei che fosse chiaro che anche per me è così”.

Li per lì King Bradley, che non poté fare a meno di trovare l’affermazione piuttosto irrispettosa – lui poteva esserlo, lei no - nei suoi confronti, realizzò che il fatto che nessuno dei due nutriva del piacere nel conoscersi, era la prima cosa in comune che usciva fra di loro.

Curioso.

 “Ma questo non significa che io non sia perfettamente consapevole del ruolo che andrete a ricoprire e che delle responsabilità che di conseguenza avrò anche io.”

Era seria, incredibilmente seria. Quasi statuaria. Quella donna sull’uscio della porta lo guardava con espressione fredda e decisa e anche se il suo corpo tremava leggermente, il suo sguardo non si staccava dal suo.

“Potreste farmi entrare, per favore?”
Silenzio. E poi un tonfo. E la ragazza non si accorse nemmeno che si era mosso e le aveva sbattuto la porta in faccia. Sentì gli occhi pizzicare, appena avrebbe smesso di trattenere il fiato sapeva che le lacrime sarebbero uscite, rigandole le guance.

Inghiottì l’aria, sentendo ormai il magone vicino. Era stata decisamente una stupida ad andare a bussare alla sua porta per tentare di avere un confronto, decidendo addirittura di mettersi a nudo e confessargli che anche lei non si poteva esattamente definire felice di essere data in sposa ad un uomo che a malapena conosceva. Si era convinta che magari, facendo il primo passo e prendendo lei l’iniziativa con le scuse, quel disastroso primo incontro poteva essere dimenticato. Le buone maniere risolvono sempre tutto, diceva sua madre, che evidentemente però aveva avuto la fortuna di non essersi mai trovata davanti un tale selvaggio.  Fece per girare i tacchi e tornarsene delusa e ferita da dove era arrivata quando, velocemente e senza che se ne rendesse conto, la grande porta di legno scuro come si era chiusa, si riaprì.

E Wrath l’iracondo, senza che neppure lui sapesse bene il perché, si spostò, e lei, forse colta alla sprovvista, e forse per timore di un altro rifiuto – che no, non voleva - un po’ confusa e traballante, entrò nella stanza.

Una volta dentro, tra lo stato in cui versava la camera e la luce rossastra del tramonto che filtrava dalle finestre, alla ragazza sembrò di stare nel bel mezzo di un sanguinolento campo di battaglia, cosa che non poté fare a mento di turbarla ancor di più.
Ora mi uccide. Pensò.

Lui, percependo il suo disorientamento, ne approfitto per muoversi verso di lei e pararsi di fronte ai suoi occhi.

Lei sussultò, ormai certa che l’avrebbe fatta fuori. Nel disperato tentativo di trovare qualcosa che potesse salvarla da morte certa, i suoi occhi caddero su una massa informe di tessuto e piume che indentificò come un cuscino, o quel che ne restava. L’immagine di quel povero oggetto la fece agitare ancor di più e per la seconda volta in un giorno, sempre a causa della stessa persona, aprì la bocca per urlare.  

Ma questa volta Bradley fece prima.

“Tu sei una candidata, non ti è stata conferita nessuna responsabilità, non ti hanno ancora scelta.”

Le rivolse un’occhiata tagliente. Fece del suo meglio per essere il più crudele possibile. Come se avesse imparato in quel momento che avvolte, per gli umani, fanno più male le parole che i gesti.

“Non mi hanno? Non sarete voi a scegliere?”

La ragazza pronunciò quella frase senza rendersene conto, si pentii della strana nota che aveva avuto nel suo tono…era forse delusione?

King Bradley, per la prima volta da quando era lì, per la prima volta da quando era sceso dal treno, dagli addestramenti della settimana prima e quella prima ancora, forse da quando in effetti aveva memoria, rimase interdetto.

“Io non ho…”

Possibilità di scelta.
Non lo disse ad alta voce, ma concluse la frase solo nella sua testa. E l’ovvietà della sua posizione lo colpì come un secondo schiaffo.

Ovvietà certo, perché sapeva quello che aveva fatto fino a quel momento era già stato stabilito. Il suo destino era stato già scritto, come quello dell’intera nazione. La messa in scena era stata orchestrata con dettaglio e minuzia e non c’era margine d’errore. L’individualismo non era calcolato, anche se paradossalmente lui era frutto di un unico sentimento, un unico monolitico pedone, creato al semplice scopo di mietere più vittime possibili. Il percorso era tracciato e lui lo stava percorrendo, obbediente e con fredda volontà.

E dopo tanti sforzi e sacrifici, alla fine quella fastidiosa donna, quel debole essere umano aveva messo in dubbio tutto.

Il semplice concetto di scelta personale era un qualcosa che nonostante fosse stato nato unicamente per lo scopo di essere il capo supremo dell’intera nazione, non era assolutamente prevista. Perché l’uomo più potente al mondo, i cui gesti sarebbero stati legge e la parola verità assoluta, realizzò di non avere diritto decisionale.  

Il tempo sembrò dilatarsi. Preso da queste considerazioni non si accorse che il buio era sceso e che la stanza ormai era immersa nell’oscurità.
“Voi non cosa...Signor Bradley?”

La sua voce lo ridestò dai pensieri ma non alzò lo sguardo. Lei non sentendo risposta, approfittò del suo silenzio e questa volta fu più attenta sul tono da usare.

“Che io sia loro scelta o no per diventare la vostra consorte, poco conta. È stata una vostra scelta farmi entrare qui dentro. Perciò ora, se non vi dispiace, toccherebbe a voi a porgere le vostre scuse. Il mio comportamento è stato imperdonabile, ma voi non siete stato da meno”.

Silenzio.

Ormai non si vedeva più nulla, il cielo era nuvoloso e quindi neanche la luna aiutava la situazione. La giovane donna non riusciva a capire dove lui fosse con esattezza. Di certo era ancora lì, avvertiva la sua terrificante presenza. Si pentì del coraggio che l’aveva spinta ad andare nelle sue stanze e a pretendere delle scuse da lui che, ragionandoci razionalmente sopra, aveva tentato di colpirla con la spada in pieno giorno e circondati da altre persone, ed ora erano al buio e soli.

Improvvisamente avvertì una strana sensazione e percepì un suo movimento e fu sul punto di urlare-per la terza volta - certa che a breve che si sarebbe ritrovata a terra agonizzante, quando lo sentì.

Dovevano essere piuttosto vicini, perché parlò così piano che fece fatica a udirlo. Ma tanto bastò.

Due parole.

King Bradley era perfettamente consapevole che quelle due parole non avrebbero mai cambiato il suo destino e, quando sarebbe arrivato il momento, mai lo avrebbero risparmiato. Da quelle due parole non sarebbe mai nato niente che avrebbe impedito a Wrath di essere l’incarnazione di uno dei sette peccati capitali del padre. Il più funesto, l’ira.

Ma anche se mai e poi mai si sarebbe potuto rifiutare di percorrere la strada di sangue e guerra che era stata tracciata per lui, con quelle due parole King Bradley uscì leggermente dal tracciato, poiché con quelle due parole aveva espresso la sua volontà. Aveva agito per sua decisione, per una sua unica scelta e per la prima volta in tutta la sua esistenza.

E nonostante la piena consapevolezza che sarebbe stata anche l’ultima, alzò finalmente lo sguardo verso di lei e questa volta la sua vista perfetta, il suo potente dono, funzionò alla grande.

E vide che in mezzo a quel buio pesto, tra le macerie della sua rabbia, anche se non aveva idea della sua faccia e dei suoi pensieri, lei lo guardava sorridente.



 

Note:

Ciao a tutti, grazie mille per essere arrivati alla fine e aver letto questa ff.

È la prima volta che scrivo su FMA e vorrei fare alcune precisazioni. La storia nasce dal fatto che Wrath ha sempre detto che sua moglie è stata l’unica cosa che ha scelto per sé di sua spontanea volontà. Questa cosa mi ha sempre colpito, e unita alla complessità del personaggio, mi sono sentita di dare una mia interpretazione sulla loro relazione, se così vogliamo chiamarla.

Ho provato ad ipotizzare un loro primo incontro, immaginando comunque che la moglie del capo di stato dovesse essere in quale modo “selezionata” e che Wrath si è opposto a tutto ciò prendendo lui la decisione. Questo unito al fatto che in una puntata di FMAB, in una gag comica, Mrs Bradley afferma che prese addirittura a schiaffi suo marito e che era un gran maleducato, mi ha fatto fantasticare ed ho provato a mettere nero su bianco quello che mi frullava in testa.

Le due parole che Bradley le dice le ho volute lasciare in sospeso, si può dire che possono avere varie interpretazioni. Tutte erano giuste, nessuna era adatta.

In conclusione, spero di non essere uscita troppo dai personaggi, ho cercato di essere più fedele possibile.

È la mia seconda FF che pubblico, come in quella precedente spero di ricevere critiche costruttive per imparare sempre di più a fare meglio.

Saluti
R

 
   
 
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