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Autore: _Cthylla_    05/02/2021    3 recensioni
[Sequel della fanfic del 2013 “The Specter Bros’”]
Dopo la battaglia che ha portato alla distruzione dell’Omega Lock, molte persone in entrambe gli schieramenti si sentono perse o hanno perso qualcosa -o, ancora, qualcuno.
Il ritorno di vecchie conoscenze più o meno inaspettate sarà destinato a peggiorare ulteriormente la situazione o porterà qualcosa di buono?
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Autobot, Decepticon, DJD/Decepticon Justice Division, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers: Prime
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Specter Bros'- la serie'
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(Patti coi diavoli)















Pur con la sua compagna vicina e con la consapevolezza di essere ancora al sicuro nell’hangar messo a disposizione del Team Prime dalle autorità governative terrestri, per Optimus trovare sufficiente pace da riuscire a chiudere i sensori ottici e fare una meritata ricarica risultava impossibile in quel momento, e i rumori che riusciva a sentire all’esterno della stanza -ancorché flebili- suggeriva che per gli altri fosse lo stesso.

«Mi arrendo» sospirò Arcee, accanto a lui, schiudendo le palpebre «Non riesco a dormire».

«Non ce la fa nessuno» disse Optimus «Stiamo pensando tutti alla stessa cosa».

«Smokescreen» mormorò, funerea in volto, la femme Autobot.

«Smokescreen».

L’avevano saputo ventiquattro ore prima, ovvero in piena notte, proprio come in quel momento. In tutto quel che era successo con la cattura di Soundwave -durata, come avrebbero detto gli umani, “da natale a santo Stefano”- con la disfatta in Antartide, il rapimento di Ratchet, la consapevolezza che i Decepticon stessero cercando di costruire un Omega Lock nuovo, il loro attacco malriuscito all’hangar sbagliato -e Optimus non era sicuro se ringraziare per questo l’idea che avevano avuto di cambiare la lettera o la stupidità di chi non aveva raso al suolo tutti gli hangar pur avendo i mezzi per farlo- si era aggiunta l’ennesima mazzata al morale già abbattuto di tutta la squadra.

Optimus aveva dato un ordine chiaro a tutto il team, “Non rispondete a Spectrus in caso cerchi di parlare con voi tramite comm-link”, ma lui per ovvi motivi non poteva permettersi lo stesso lusso. Si era detto che se quell’essere ignobile avesse voluto utilizzare Smokescreen per ottenere qualcosa -fornendo quindi una possibilità per loro di riuscire a liberarlo, finalmente- avrebbe contattato direttamente lui.
Era andata proprio così, e quando era successo Optimus si era allontanato rapidamente dalla base grazie al Ponte Terrestre e aveva risposto. Quella strategia atta a impedire a Spectrus e al suo compare di trovarli aveva funzionato fino a quel momento, e se anche quei due avessero ricevuto la notizia dell’attacco all’hangar avrebbero semplicemente pensato che i Decepticon avessero fatto un errore e/o ormai la squadra si fosse trasferita da tutt’altra parte.

Quando però aveva accettato il contatto e il datapad aveva proiettato l’immagine olografica di Spectrus, tutto avrebbe pensato tranne che di trovarselo davanti malridotto come l’aveva visto: privo di braccia, il volto devastato per metà e con visibili problemi a stare in piedi dovuti alla temperatura interna che doveva essere molto più alta del normale. Se tutto ciò fosse successo in un altro momento e senza la Decepticon Justice Division in giro, Optimus avrebbe potuto esserne felice e accettare di provare un sentimento forse poco nobile ma del tutto comprensibile, ma tutto quel che aveva sentito in quel caso era stata la proverbiale stretta allo stomaco -o serbatoio, che dir si volesse.



“Magari ci sei già arrivato da solo, Prime, ma potrei essere stato trovato da Frollo e parte di Tarnlandia…”

“Non aspettarti che io provi pena per te! Dov’è Smokescreen?!”

“Se io sono messo così dove vuoi che sia il ragazzo? Non c’è neppure rimasto qualcosa da seppellire, Prime: è offline! Distrutto, evaporato come chi fugge nel fottuto Messico ma senza Messico, senza maracas e senza un burrito che non essendo organici non possiamo mangiare in ogni caso!... l’unica cosa buona è che anche uno dei membri della DJD forse ha fatto la stessa fine”.



Sì, Optimus non aveva capito granché la febbricitante parte del Messico, ma purtroppo il resto era stato chiarissimo. Addio a ogni progetto di liberare Smokescreen, la giovane guardia d’elite cui Optimus doveva in parte la vita e che sicuramente non meritava di finire massacrato dalla Decepticon Justice Division.
Se solo Spectrus non l’avesse rapito e tenuto prigioniero, se solo loro fossero riusciti a prendere Spectrus e tirargli fuori di bocca dov’era la Jackhammer, se solo… avrebbe potuto continuare per un bel pezzo: di rimpianti ne aveva anche troppi, e inizialmente il suo processore aveva persino rischiato di surriscaldarsi a causa della rabbia quando, in seguito, aveva sentito Specter affermare di aver provato a far sì che Smokescreen non cadesse nelle mani di Tarn e i suoi.



“Non ho capito chi vorresti prendere in giro. Non solo sei un essere spregevole e ne sono consapevoli tutti, ma non avevi nemmeno interesse a-”

“Avevo intenzione di imbottire il ragazzo di esplosivi, restituirvelo dopo una finta lotta e farvi saltare tutti per aria, altro che ‘non avevo interesse’, ne avevo e pure parecchio. Solo che si è messo in mezzo quel Frollo del cazzo e niente, a quanto pare uno non può nemmeno dare una mano alla propria sorella che cerca l’eutanasia senza essere ridotto un mezzo rottame e senza che la gente muoia in modo molto più brutto del previsto. Il mio almeno sarebbe stato rapido e indolore”.

“Tu hai qualcosa di grosso che non va, Specter!”

“Pensa, considerando che al momento vedo quattro Optimus sono propenso a darti ragione”.



Tutto molto delirante, benché l’idea di imbottire Smokescreen di esplosivo e farli saltare tutti in aria fosse proprio qualcosa che ci si poteva aspettare da quella versione ancor più spietata del “solito” Spectrus, eppure non era stata la parte più incredibile della conversazione: quella era arrivata subito dopo, e anche in quel momento Optimus oltre a stentare ancora a crederci era costretto a soffocare ondate di indignazione pura al solo pensiero.


“In realtà al momento abbiamo tutti quanti qualcosa di grosso che non va, e il nome del qualcosa in questione è Tarn, Frollo per i nemici: direi per gli amici, ma se non fosse una macchina da omicidio nessuno se lo filerebbe di striscio, nemmeno il suo amato Meg-senpai… hhh… Prime. Anche dopo giorni non hai idea di quanto faccia male la testa dopo averla sbattuta contro quello là. A proposito di Frollo e Tarnlandia, finora siete riusciti a fare qualcosa di concreto contro di loro oltre a ritirarvi?”

“Dove vuoi andare a parare?”

“Sai come si dice, ‘il nemico del mio nemico’… non è mio amico ma non è nemmeno tra quelli che voglio morti adesso o nell’arco di questo vorn o dei prossimi, mettiamola così”.



Aveva avuto la faccia tosta di dire una cosa simile.
Spectrus Specter, dopo aver seminato caos e discordia in ogni dove, dopo tutto quel che aveva fatto ad Arcee, dopo averli quasi fatti saltare in aria tempo addietro, dopo aver ingannato Ultra Magnus, dopo aver messo in pericolo Bulkhead -sì, l’intero alveare degli insecticons sembrava essere morto quel giorno stesso ed era un’ottima cosa, ma non cambiava il resto- e tutto il resto, si era azzardato a proporre quella che suonava quasi come un’alleanza contro un problema comune.
Che fosse impensabile a dire poco era stato il primissimo pensiero di Optimus, il quale dunque aveva risposto con un “No” secco.



“Non puoi veramente pensare che dopo tutto quel che hai fatto io ti dia corda e finisca a cadere in quella che è una palese trappola trovandomi ad affrontare Megatron, gli ufficiali della Nemesis e la Decepticon Justice Division tutti insieme mentre tu guardi lo spettacolo da lontano”.

“Se va come deve andare non vedrete Tarnlandia neppure di striscio. Che vi incontriate non mi interessa proprio, anzi, ormai direi che sia esattamente l’opposto”.

“E per l’appunto non ci credo affatto, non vedo una ragione plausibile”.

“Vi conosco abbastanza per concludere che proverete a fermare Megatron anche in queste condizioni. Tarnlandia sarebbe da quelle parti e potrebbe mettervi le mani sopra prima che un giorno o l’altro lo faccia io, e no, grazie: tu col tuo piccolo restyling puoi riuscire a uscirne vivo, ma gli altri? Due persone della tua cosiddetta famiglia sono già andate offline per mano loro, e sempre per colpa loro Ultra Magnus ha una mano in meno; vuoi veramente che, vedendo tua moglie, Helex che di mani ne ha quattro gliele metta dove non deve al grido di ‘Elevata! Vorrei agguantarla’* prima di staccarle la testa a morsi? Se è così fai pure, le tendenze cannibali non gli mancano. Se faceste le cose da soli allora sì che vi trovereste ad affrontare loro E gli ufficiali presenti nella Nemesis E Megatron. Difficilmente riusciresti a proteggere tutti, tu che tieni tanto a farlo… caaaazzo, ora ci sono cinque te stesso… ma potresti avere qualche possibilità in più se Tarnlandia fosse impegnata altrove. Potrei aver preso lo smembramento sul personale, sai”.



Ecco: che Spectrus potesse avercela a morte con Tarn era l’unica cosa sulla quale Optimus avrebbe messo la mano sul fuoco, quel mech portava rancore per molto meno ed era anche da lui il volersi vendicare personalmente, ma anche così restava più di una domanda, prima tra tutte: “come”?
Se anche un membro, o più d’uno, della DJD era morto o più o meno malmesso, ne restavano sempre almeno tre o quattro. Spectrus era messo molto male, dunque cercare di combattere contro di loro sarebbe stata una mossa suicida, inoltre già per due volte aveva attirato la DJD prima in una trappola e semplicemente altrove la volta dell’attacco alla Nemesis; il proverbio diceva “non c’è due senza tre” ma, se Optimus fosse stato al posto di Tarn, non si sarebbe mosso neppure se avesse visto un filmato di Spectrus e il suo compare minicon ballare la tarantella in una miniera Decepticon.

Un qualsiasi essere umano avrebbe detto che era tutta aria fritta, solo chiacchiere vuote di un disperato e quindi nulla che valesse la pena stare a sentire, specie perché il disperato in questione era un noto bugiardo. Anche il fatto che un capogiro particolarmente forte avesse costretto Specter a interrompere il video con un “Mi rifarò vivo a breve” difficilmente aiutava a pensare qualcosa di diverso.
Però.

«Optimus. Tu non stai pensando solo a Smokescreen» disse Arcee.

«Vero» fu costretto ad ammettere il comandante degli Autobot «La proposta ricevuta mi ha lasciato di sasso, ma penso sia l’effetto che ha fatto a tutti».

«Le chiacchiere di un disperato. L’hai detto tu stesso» gli ricordò la femme Autobot «Propone un’alleanza come se a essere quelli disperati fossimo noi e non lui che non può neanche grattarsi il sedere da solo. È una cosa ridicola».

«Sì… lo so».

Arcee gli lanciò una lunga occhiata, poi sospirò con un fare tra il nervoso e il rassegnato. «… “ma”?»

La sua compagna di vita stava imparando a “leggerlo”. Avrebbe dovuto esserne felice, da un lato lo era sul serio, ma doveva ancora abituarsi all’idea di poter effettivamente condividere delle incertezze, e in quel momento più che mai, dato che ai “ma” in questione lui stesso non pensava volentieri.

“Ma loro sono tanti, Arcee, e noi siamo pochi, siamo malmessi e un nostro compagno è già in mano ai Decepticon”.
“Ma noi non sappiamo ancora dove si trovi la Nemesis, Arcee, non sappiamo quando il nuovo Omega Lock verrà completato, sappiamo solo che verrà usato sicuramente anche su questo pianeta. Megatron voleva farlo già l’altra volta, quando si mette in testa qualcosa non si schioda facilmente. Ci riproverà. Io lo so, tu lo sai, tutti lo sanno: e l’unico modo per evitare che la popolazione di questo pianeta corra il rischio anche una terza volta in futuro forse è… una soluzione definitiva”.
“L’idea che quel gruppo di macellai possa essere lontano da noi, che ci imbarcheremmo in una missione già difficile, e soprattutto lontano da te, non riesce a lasciarmi indifferente. Non so come Specter abbia in mente di tenerli impegnati, soprattutto pensando alle sue condizioni, ma non è improbabile che sia in grado di macinare un piano nel suo cervello malato. Ha fatto un disastro a Dakmount, non dimentichiamolo… e ricordando l’attacco all’hangar ci sono ottime probabilità che i Decepticon ci credano morti. Potrebbe essere un ottimo momento per tentare il tutto e per tutto”.
Siamo disperati anche noi, Arcee! Questo è il problema!”

«Ma… perché dev’essere tutto così difficile?» si lasciò sfuggire il comandante degli Autobot, molto più “Optimus” che “comandante” in quel momento e con lei.

«Quando mai è stato semplice? È stato tutto difficile fin dall’inizio. Dovresti saperlo meglio di me, sei online da un po’ più di quanto lo sia io. E tu stai pensando di dare retta a quel mostro».

Era un’affermazione, non una domanda. Stava imparando a leggerlo bene, per l’appunto. «L’idea di dargli corda mi disgusta, cosa credi? Megatron ha fatto scoppiare una guerra che ha tolto la vita alla nostra casa, eppure trovo Spectrus peggiore di lui».

«E io condivido il sentimento. Tarn doveva staccargli la testa, non le braccia».

«Solo che Spectrus non è una minaccia per il pianeta Terra intero, Megatron sì. Il bene di intere specie dovrebbe essere superiore alle questioni personali. O no? Io sono… incerto, Arcee» ammise «Assecondare il male per combattere altro male. Non dovrei mai essere incerto, ancor meno in una situazione del genere, ancor meno con soggetti simili, eppure eccomi qui a pensare che possiamo usare Spectrus e le sue follie di vendetta come lui ha usato questa fazione per le sue in tutti questi vorn. Contrariamente a prima partiamo avvantaggiati con lui, sappiamo già cos’è capace di fare, sappiamo già che tenterà di ‘fregarci’, quindi possiamo pensare a delle contromisure da attuare quando lo farà».

Esisteva una creatura di fantasia nella cultura umana, si chiamava “diavolo”, e tra le molteplici cose che lo riguardavano si diceva che fosse molto pericoloso scendere a patti con lui, perché nulla di quel che dava era mai gratis; ecco, Optimus in quel momento aveva l’impressione di star discutendo riguardo la possibilità di infilarsi coscientemente in qualcosa di simile.

«Probabilmente conta di tenerli impegnati non so come fino a quando avremo fermato definitivamente Megatron e poi rispedirceli addosso facendoli cadere in un Ponte Terrestre aperto in qualche modo o qualcosa del genere» ipotizzò Arcee «Cercherà, sempre non so come, di ucciderne qualcuno… forse?... ma poi li manderà da noi a fare il lavoro al posto suo. Se fosse come dico io bisognerebbe cercare sia di impedire l’apertura di Ponti vari all’interno della Nemesis, sia di continuare a tenere Spectrus e il suo compare lontani dalla possibilità di sabotare il nostro».

«Questo lo stiamo già facendo con successo, non dobbiamo fare altro che continuare così. Per l’altra cosa possiamo fare quel che hanno fatto loro tempo fa, disturbare le frequenze attorno alla Nemesis al punto di rendere impossibile l’apertura dei Ponti. Ratchet è già lassù, nelle giuste condizioni lui e Raf insieme magari possono fare qualcosa» ragionò Optimus «Anche se…»

«Soundwave».

«Soundwave. Ammesso che i macellai di Megatron siano davvero lontani, lui va messo fuori gioco per primo, e…»

Solo in quel momento realizzò una cosa che Arcee aveva detto poco prima.

«Arcee… sbaglio o hai detto di fermare Megatron “definitivamente”?»

«Abbiamo un’alternativa?» gli chiese lei in risposta, dopo una lunga occhiata.

Optimus scosse la testa.
Che Arcee avesse avuto il suo stesso pensiero era indicativo, e le alternative, come anche la speranza in quel periodo, erano proprio una delle cose che mancavano alla squadra.






***






Così come i pensieri di Optimus, di Arcee e degli altri andavano a Ratchet, anche i pensieri di Ratchet andavano a loro. Era l’ennesima persona che aveva problemi ad addormentarsi, ma nel suo caso era comprensibile considerando che era prigioniero, sorvegliato in maniera costante e costretto a lavorare con scienziati Decepticon dalla pessima fama.
E con Knockout, marginalmente.

“Devo studiare un modo per sabotare il tutto o per andarmene di qui, o entrambe le cose” pensò “Ma come?”

Sarebbe stato costretto a improvvisare, probabilmente, appena si fosse presentata l’occasione, alias appena si fosse trovato nel laboratorio -in quel momento era in una cella comoda ma debitamente sorvegliata- e Shockwave e Vos fossero stati lontani.
Sì, anche Vos in quanto ex scienziato di una certa caratura collaborava. Ratchet non capiva granché di quel che diceva, ma Shockwave non aveva gli stessi problemi, né era strano che quel boia pericoloso quanto allampanato si fosse interessato al progetto: era un obiettivo ambizioso e mai tentato prima, cercare di utilizzare l’energon sintetico e l’acido cybernucleico per creare cybermateria e dare nuova vita a un pianeta distrutto. Era stato più strano l’interesse di uno dei due “grossi” della Decepticon Justice Division, Tesarus, quando si era parlato anche di un possibile utilizzo di quell’insieme di sostanze in campo medico: se veramente fossero riusciti a far funzionare il tutto, c’era la forte probabilità che gli effetti avessero quasi del miracoloso anche sui corpi di pazienti molto più che malmessi.

Probabilmente i pensieri di quel mostro gigantesco erano andati al compagno di squadra che, da quel che Ratchet aveva capito, era stato conciato male da Spectrus Specter.

Ecco, sì: l’unico vantaggio della sua attuale posizione era il fatto di riuscire a carpire varie ed eventuali informazioni dagli sbuffi di Knockout e dalle lingue lunghe dei vehicons.
Pareva che Spectrus Specter fosse stato ridotto molto male da Tarn ma che, in quella stessa occasione, avesse duramente colpito sia un membro della DJD, sia Dreadwing -non in modo grave- sia la sua stessa sorella, e che in tutto questo un Autobot, alias il povero Smokescreen, fosse finito offline. Ratchet pensava che lo stato d’animo di Optimus Prime al pensiero doveva essere anche peggiore di quanto fosse il suo: lui si sentiva ovviamente dispiaciuto per la triste fine del ragazzo, ma lui e Smokescreen non avevano mai avuto molto a che fare, mentre Optimus gli doveva in parte la vita.

Era una di quelle situazioni in cui Ratchet si trovava a non saper dire quale nemico fosse “il meno peggio”, anche se Spectrus magari era più gestibile, come suggeriva il fatto che Tarn avesse vinto la battaglia. Tutto quel che sapeva era che sarebbe stato tutto più facile se solo Specter e la DJD si fossero massacrati a vicenda del tutto e per bene, alla faccia dei pensieri poco da Autobot: si chiamava realismo, come quello che l’aveva spinto ad accettare le richieste di Megatron senza opporsi più di tanto. Non aveva avuto molta scelta, a meno di voler andare incontro a una fine oltremodo dolorosa considerando chi c’era sul pianeta, e in ogni caso… quelle attrezzature, quell’ingegneria che, suo malgrado, riconosceva essere di altissimo livello, la possibilità concreta che Cybertron tornasse a vivere anche dopo la distruzione dell’Omega Lock che tanto aveva tormentato lui, Optimus e tutti quanti…

Era realismo o idealismo mescolato a un sogno disperato, il suo? Non riusciva a rispondere. Era tutto confuso: la situazione quanto lui stesso.

Megatron se n’era reso conto, e dirla tutta aveva puntato più su tutto ciò che sulle minacce, spingendolo a sentirsi come se avesse “venduto la propria anima al diavolo” -l’aveva sentito dire più volte da quel bravo figliolo che era Rafael- in cambio di una possibilità unica nel suo genere.

Chiedendosi come stessero i suoi compagni e se lo stessero pensando, il medico degli Autobot chiuse inutilmente le palpebre.






***






L’orologio interno di Spectra segnava le quattro e mezza di notte quando riprese conoscenza nuovamente.

L’ora fu la seconda cosa di cui si rese conto dopo la consapevolezza di essere stata avvolta in una coperta morbida. Quello le piacque, il calore delle coperte e sentirne il peso addosso quando ci si raggomitolava dentro le erano sempre piaciuti: razionalmente non aveva molto senso ma l’avevano fatta sentire protetta durante le notti passate da sola prima che Spectrus iniziasse a usarla nelle missioni, e nel presente era valido lo stesso discorso.

Aprendo i sensori ottici si rese conto di due cose, ovvero che la coperta -primo oggetto capitatole sotto i sensori ottici- era viola, e che quella non era la sola cosa viola presente; non che lei considerasse Tarn una “cosa”, ovviamente.

Era intento a fare qualcosa su un datapad, probabilmente pratiche amministrative. Era un’immagine molto familiare, durante il mese trascorso nella Peaceful Tiranny vorn e vorn or sono l’aveva visto impegnato in certe cose quasi tutti i giorni, soprattutto nel periodo in cui aveva deciso di tenerla d’occhio in modo costante e avevano passato insieme mattine, pomeriggi, sere, notti; e questo, per sorprendente che potesse sembrare, per Spectra non era un brutto ricordo, perché già allora era sempre contenta di avere compagnia. A essere spiacevole era stata solo la motivazione ma ricordava perfettamente che si erano già chiariti, quindi era tutto a posto.
Era stata la stessa sera in cui lui aveva cercato di insegnarle a non considerarsi stupida e le aveva detto che non la riteneva tale, ma le sue parole di allora -per quanto vi si fosse aggrappata più volte nel corso dei vorn- non erano riuscite a cambiare la considerazione che aveva di se stessa.

Stupida, inutile, dannosa per gli altri e per sé.
Ingrata.
Codarda.
Egoista.

Alla debolezza si aggiunse la vergogna, perché il suo tentativo di farla finita rispecchiava in pieno gli ultimi due aggettivi. Che fine aveva fatto tutta la sua resilienza? Se n’era davvero andata insieme a un “bene” che suo fratello non le aveva mai voluto, lasciandosi dietro solo un’ameba alla quale più di una persona era affezionata e per colpa delle cui decisioni, magari, soffriva?
Anzi, no: non “magari”, non c’erano più “forse” e “magari”. Quelle persone tenevano a lei, di conseguenza soffrivano vedendola stare male come lei avrebbe sofferto nel vedere stare male loro, ed era da lì che derivava la sua responsabilità nel loro confronti.
E il concetto di “loro” era più ampio di quanto avesse pensato - come sua madre le aveva fatto capire. Poteva anche essere stato un sogno ma lei preferiva credere di no- data la presenza di Tarn lì.


“Perché?”

Domanda che aveva molteplici significati avendo riconosciuto l’infermeria della Peaceful Tiranny e avendo come ultimo ricordo, ormai risalente a qualche giorno prima, suo fratello che la trafiggeva nel bosco. Immaginava che fosse stata la DJD a portarla lì dopo quello, ma c’era da domandarsi come e perché fossero arrivati lì in tempo per salvarla da Spectrus -e chissà che fine aveva fatto anche quest’ultimo, se era così!- o da se stessa. Ma perché avrebbero dovuto prendersi tanto disturbo? Rasentava l’assurdo e non valeva la pena.

“Forse per me non vale la pena, ma per loro sì. Anche se non lo capisco devo rispettarlo lo stesso” guardò Tarn “Sono le quattro di notte e lui è qui, vicino a qualcuno che è stato in questa nave poco tempo e che lui ha rivisto una sola volta dopo vorn e vorn. Non è qualcosa che farebbe con tutti, credo, ed è molto probabile che mi abbia salvato la vita. Se ho una possibilità di cercare di sistemare le cose e trovare un po’di pace in futuro potrebbe essere grazie a lui” si disse “E a Nickel, che deve essersi occupata di me”.

Forse sentendosi osservato, il Decepticon distolse lo sguardo dal datapad. Le parve di notare un ovvio sguardo sorpreso al di sotto della maschera prima che lui mettesse via il dispositivo e le rivolgesse la parola.

«Da quant’è che sei sveglia?» le domandò, piuttosto piano.

«Da poco» rispose lei, cercando anche di fare un debole sorriso e di continuare a guardarlo in faccia.

«Come stai?»

Inizialmente la giovane femme pensò di rispondere “Tutto sommato bene”, ma poi ricordò che Tarn, molto tempo prima, le aveva detto di volere da lei la verità e nient’altro quando parlavano. Dando per scontato che fosse ancora valido, Spectra decise di dire le cose come stavano.

«Stanca» ammise, pensando che fosse assurdo essendosi appena svegliata «E dispiaciuta» aggiunse con voce esile, stringendo in modo quasi convulso la coperta «E fatico a guardarti in faccia, ma non è colpa tua
. Mi vergogno così tanto...»

Avrebbe voluto che il loro terzo incontro fosse diverso, da un’altra parte, magari con lei a dirgli qualcosa come “Ho continuato a leggere Towards Peace, lo sapevi? Recitato a memoria però era un’altra cosa”. Invece era andata diversamente, e lui era sveglio in piena notte a sorvegliare una deficiente che aveva provato a farsi terminare.

«Mi chiedo se anche tu sia più deluso o schifato da quel che ho fatto, nella mia stupidità. Non mi pare di ricordare che tu avessi stima per le persone che fanno cose così».

Concluse quel breve discorso tremando leggermente, non perché spaventata da chi le stava davanti ma per la sensazione di vergogna che provava e che si era acuita adesso che qualcuno le stava rivolgendo attenzione. Avrebbe voluto essere da sola e allo stesso tempo si sentiva pericolosamente vicina al pianto proprio per il sollievo che ci fosse qualcuno con lei; era tutto complicato e sarebbe tornata a dormire volentieri… ma non poteva dormire per sempre se voleva davvero tirare fuori qualcosa di buono dal suo continuare a esistere.

«È vero» annuì Tarn, impassibile nella voce quanto nell’espressione «Non ho stima per gli stupidi, però questo non c’entra con la nostra situazione».

“Perfino lui è arrivato a dire bugie per compassione” pensò Spectra.

«Prima di pensare che io possa parlare per compassione, ricordati quel che hai appena detto e soprattutto ricordati chi hai davanti» continuò il Decepticon «Non sono molto generoso quando si tratta di valutare le altre persone».

Spectra appoggiò la schiena contro il cuscino. «Leggere nel pensiero è un’abilità da outlier nuova?» domandò, senza ironia.

«No. Ho solo visto la tua espressione» replicò Tarn, restando in silenzio per qualche secondo prima di fare un leggero cambio d’argomento «Forse ti stai chiedendo come sei arrivata qui».

«Un po’sì. Nel senso, se ci penso mi sembra di ricordare di aver sentito una voce femminile poco dopo… questo» si indicò il petto. Era stato rattoppato ma non era privo di segni «Che ha fatto Spectrus. Non so se è un ricordo giusto ma se è così penso che fosse Nickel, e che quindi anche tu fossi lì?...»

Tarn annuì. «Corretto. Io mi sono intromesso nell'azione di Spectrus e tu sei stata portata qui da Vos e Nickel subito dopo il colpo. Lei si è presa cura di te, nelle condizioni in cui eri non ti avrei lasciata nelle mani di un altro medico».

«Immaginavo che fosse stata lei a occuparsi di me. La lista di persone da ringraziare, con le quali scusarmi» disse, pensando ovviamente anche a Soundwave «Sia per il disturbo sia per altro, diventa sempre più lunga».

Cosa Tarn pensasse di un’affermazione simile non fu visibile in quel poco che si vedeva del suo volto. «Immagino che ti stia chiedendo come abbiamo fatto a trovarvi: la risposta è che Dreadwing ha sfruttato i canali privati da secondo in comando, anche se non lo è più, per contattarci direttamente. Inutile dire che ci siamo mossi subito».

«Dreadwing... lui… lui dov’è? Spectrus lo ha attaccato di sorpresa, era ferito, mi ha detto di scappare, ma lui-»

«La sua posizione attuale mi è ignota ma l’ultima volta che l’ho visto era vivo e, seppur ferito, abbastanza in forze da riuscire a trasformarsi e volare via» disse il Decepticon con voce perfettamente neutra «Inoltre si tratta di un militare. Ex. Non dubito che sia in grado di cavarsela, e oltre a questo i non-Decepticon che potrebbero rendergli le cose più difficili hanno altri problemi al momento».

«Hanno altri problemi… Spectrus quindi è ancora vivo?»

«L’ultima volta che l’ho visto lo era ancora, sì».

Niente da fare, Spectra non riusciva a liberarsi di quella minuscola stilla di sollievo che provava nel sapere vivo il sangue del suo sangue. Al momento sembrava non poter fare assolutamente nulla per cambiare ciò ma, come le aveva detto Dreadwing, pur non avendo particolare controllo sulle emozioni lo si aveva sulle azioni. Non voleva più avere a che fare con suo fratello e sapeva che, avendo sprecato in quel modo la sola e unica possibilità di vivere altrove che lei stessa avrebbe voluto dargli, non c’era assolutamente niente che potesse fare per lui.
Non era neppure sicura di voler fare qualcosa, ormai.

“Sono una brutta persona come lui… no. No. Non lo sono. O meglio, non proprio come lui. Se sono arrivata a questo punto è perché ha cercato di uccidermi… se ha cercato di uccidermi però è perché io l’ho tradito sposando un Decepticon, lui ha detto che quando siamo arrivati qui lui non voleva fare quel che… ma potrebbe aver mentito, lo fa sempre, è quel che fa sempre-”

«Spectrus è nella Lista» disse Tarn, interrompendo una catena di pensieri che forse era stato un bene mettere in pausa «Lo era già da diversi vorn, questo per ragioni abbastanza ovvie se si considera il suo passato ruolo di spia, ma fin dal giorno successivo al nostro arrivo -quello dopo il nostro incontro, Spectra- Lord Megatron ha ordinato di dare a lui la priorità assoluta fino a quando resteremo qui. Non potrei oppormi a un Suo ordine diretto neppure se volessi, e non voglio. Nulla di questo dovrebbe risultarti sorprendente».

«Spectrus ha causato dei problemi ai Decepticon, finire nella tua Lista era inevitabile per lui» commentò Spectra.

Sapeva cos’aspettarsi da Tarn e dalla sua squadra, lo sapeva da quando non era ancora una femme adulta ed era chiaro che da allora non fosse cambiato assolutamente niente.

“Quel che ha fatto lui… e io? Io ho accettato di farmi usare, io ho assistito alla morte di vari Decepticon per mano di Spectrus e ho continuato ad aiutarlo. Dovrei essere anch’io nella Lista, ci si finisce per molto meno. Mi chiedo se lui lo sappia” pensò Spectra, dando un’occhiata al Decepticon “Tanto vale che glielo dica io adesso, presto o tardi verrebbe fuori e averlo nascosto lo renderebbe solo peggio”.

«Io l’ho aiutato nelle sue missioni» disse quindi, con voce incolore «Per diverso tempo. Io non… io credo di poter immaginare cosa pensi adesso a sentirmi dire-»

«Ne ero al corrente. Lord Megatron ha immaginato che tu potessi confessare il tutto al suo principale esecutore» disse Tarn «Era una cosa che ti si addiceva anche pensando a com’eri quando ti conobbi, e pare che certe cose non cambino. Lui in ogni caso ha parlato in modo molto chiaro: ti ritiene del tutto innocente e vuole che tu sia tranquilla e al sicuro per quanto è possibile, e
finché rimarrai qui farò in modo che sia così».

Ecco: Lord Megatron allora doveva essere il solo motivo per cui Tarn, pur essendo venuto a conoscenza di certi dettagli, le aveva salvato la vita e si stava comportando in un modo che avrebbe potuto tranquillamente definire gentile. Non osava pensare a quanto dovesse seccargli tutta la faccenda.

«Ti ringrazio per quello che hai fatto e che stai facendo per me. Cercherò di riprendermi presto» disse piano Spectra «Così almeno non… tu hai già abbastanza da fare di tuo, giusto? Mi spiace che tu sia costretto a tutto questo».

«“Costretto”» ripeté Tarn, con un tono di voce e uno sguardo al di sotto della maschera che Spectra non riuscì a decifrare «C’è qualcosa che devo mostrarti. Quando Nickel verrà a sapere che ti ho portata fuori da qui non sarà felice… ma in fin dei conti faremo presto e tu non hai necessità di essere costantemente attaccata alle macchine, al momento non lo sei» disse il Decepticon, più a se stesso che a lei «Naturalmente non puoi andare da alcuna parte da sola, non sei nelle condizioni di farlo, dunque… sei a tuo agio con l’idea che io ti trasporti? Il posto dove dobbiamo andare è all’interno della nave».

«Se a te va bene io non ho problemi» rispose Spectra, con un guizzo della sua familiare curiosità a farsi strada in lei «In fin dei conti non sarebbe la prima volta».

«Ai tempi non eri una femme adulta, ora è molto diverso» replicò Tarn «Le femme adulte non si fanno prendere in braccio da chiunque».

«... ah no?» si sorprese Spectra, alla quale il concetto risultava piuttosto nuovo: in fin dei conti era la stessa persona che era andata in braccio a Megatron senza pensarci due volte.

«Eh no. In teoria. Avvolgiti nella coperta, Nickel ieri ha detto che la tua temperatura deve restare costante. Il colpo ha danneggiato il tuo regolatore e lei te ne ha installato uno nuovo» disse Tarn, prendendola in braccio con ovvia ed estrema facilità dato che lui era grosso e che lei, anche da adulta, era di poco più bassa di Arcee «Serve un po’di tempo perché si assesti».

«Le ho reso le cose difficili, credo» mormorò Spectra, lasciandosi portare fuori dall’infermeria.

«Abbastanza. Anche così però ho dovuto insistere sia ieri notte sia oggi perché si riposasse, ricordi com’è fatta Nickel, prende il suo lavoro molto sul serio e, al di là del suo compito, era anche genuinamente preoccupata per la tua salute. Non era la sola, Lord Megatron in persona si è interessato più volte delle tue condizioni e il tuo… compagno di vita, viene qui a chiedere notizie di te ogni volta che può. Sarebbe voluto entrare nell’infermiera ma le tue condizioni delicate non lo permettevano».

Tra loro le cose non andavano bene ma Soundwave non voleva che lei si facesse male, Spectra l’aveva capito già da tempo ma era un’altra cosa alla quale aveva attribuito zero importanza nel momento in cui aveva deciso di farsi uccidere. Immaginarlo fuori dalla porta dell’infermeria più preoccupato che mai la lasciò tutt’altro che indifferente. Strinse maggiormente la coperta attorno a sé pensando che doveva assolutamente parlare con lui appena possibile, sebbene l’idea la facesse sentire tesa come e più dell’altra volta per svariate ragioni.

«Nickel si è raccomandata di far sì che stessi tranquilla, non sei costretta a vederlo se non è quel che vuoi».

Tarn doveva aver notato ancora una volta qualcosa che gli aveva fatto intuire il suo stato d’animo. Spectra scosse la testa. «Devo e voglio, è la cosa giusta
. Te l’ho detto che devo chiedere scusa a tante persone, Soundwave è sicuramente una di loro».

«Capisco».

Da lì rimasero in silenzio -pur senza essere a disagio per quella ragione, o almeno, Spectra non lo era.
Andando a rovistare nei ricordi di quel mese passato nella Peaceful Tiranny vorn or sono, a Spectra parve di riconoscere la strada che portava agli appartamenti di Tarn. Il pensiero non la preoccupò minimamente, così come non si era preoccupata di chiedere al Decepticon cosa volesse mostrarle di preciso: non era in pericolo, quindi andava bene. Nel trovarsi in quell’astronave e in braccio a quel mech si rese conto che probabilmente il periodo trascorso a bordo della Peaceful Tiranny tempo addietro, lontana da Spectrus, era uno di quelli in cui era stata più al sicuro.

Riconobbe la porta degli appartamenti di Tarn quando vi si fermarono davanti, ricevendo la conferma che la sua ipotesi era esatta. Quando entrarono Spectra notò subito che non era cambiato nulla… proprio nulla, inclusa la cuccetta predisposta per lei vorn or sono.
Era ancora lì, e più Spectra guardava quella e ciò che c’era attorno più le sue ottiche si sgranavano nel più totale stupore.
C’era la cuccetta -più grande rispetto a com'era stata- c’era la coperta viola che aveva usato allora visibilmente fresca di bucato, c’era lo zainetto che portava sulle spalle allora, quando Tarn e gli altri l’avevano trovata; su delle mensole c’erano i due libri che erano rimasti lì quando Spectrus l’aveva portata via, e a essi ne erano stati aggiunti parecchi altri di svariati generi, storici, saggi -tra i quali spiccava un’immancabile edizione di Towards Peace- sia di cucina, sia di fiabe. Tarn non era né un appassionato di cucina né un amante di storie con principi e principesse, dunque se libri di quel tipo erano lì era perché chi li aveva comprati l’aveva fatto sapendo che a lei sarebbero piaciuti. L’aveva fatto pensando a lei, lei sola.

“E le lampade di sale…”

Quelle che era stata costretta ad abbandonare in parte nell’Harbinger quando, sentendo gli Autobot parlare di prenderla in ostaggio, era scappata. Le lampade che aveva potuto prendere erano ancora nel suo scomparto, il resto era lì: cose vecchie e cose nuove, ed era tutto per lei… da tanto tempo.

Ancora presa a guardarsi attorno si accorse a stento del fatto che Tarn l’avesse messa sulla cuccetta. Sentì tremare leggermente la mano con cui si era coperta le labbra in un gesto piuttosto inconscio, sentì scivolare sul viso lacrime che con la tristezza non avevano molto a che fare: magari avevano a che fare col senso di colpa, con l’ulteriore vergogna per il gesto compiuto e una profondissima commozione, ma non la tristezza.
Era andata incontro alla morte pensando di non essere in grado di lasciare un segno nelle vite altrui né ricordi degni di nota a nessuno -del resto per quale motivo avrebbero dovuto ricordarla, pensare a lei?

“Si riprenderanno, mi passerà, mi dimenticheranno presto”.

“Non credevo che vi ricordaste di me”, aveva detto a Kaon e Helex quando li aveva rivisti…

«Pensi ancora che ti abbia salvata e fossi nell’infermeria perché “costretto”, Spectra?»

Tarn si era accovacciato vicino al letto, immobile e composto sia nella postura sia nella voce, ma non in uno sguardo che forse, nonostante la maschera, la diceva più lunga di quanto lui stesso avrebbe voluto lasciar trapelare; e per l’ennesima volta in quel periodo, Spectra si rese conto di non aver mai capito niente. Aveva capito che anche alcuni membri della DJD avrebbero potuto dispiacersi se fosse morta o se fosse stata male, ma non sarebbe mai arrivata a intuire quanto.

«I-io non credevo…» balbettò «Io non… n-non pensavo… credevo che mi aveste dimenticata, ho sempre pensato questo…»

«Lo so, lo hai detto anche a Kaon. Non ho stentato a crederlo, era molto “da te”, ti sei sempre considerata stupida e poco importante. È difficile acquisire convinzioni diverse da quelle con cui si è cresciuti, anche se le convinzioni in questione sono sbagliate».

Quel mech aveva conservato tutte le sue cose e ne aveva prese di nuove, non l’aveva mai dimenticata. Forse, per vorn e vorn, mentre entrambi erano andati avanti con le rispettive vite, aveva sempre sperato di ricevere sue notizie. Magari aveva sperato di vederla tornare, un giorno o l’altro. Quanto doveva aver sofferto, anche lui, a vederla in punto di morte poco dopo averla incontrata ancora? Ma soprattutto…

«Perché? Perché? Non … una persona come-»

“Una persona come te non dovrebbe minimamente darsi pena per una come me, tantomeno a questi livelli, non ne vale la pena”, questo era quel che stava per dire prima di ricordarsi che non era lei a dover decidere chi e cosa valesse la pena per le altre persone, non ne aveva il diritto. Quindi si zittì, cercando di asciugarsi le lacrime.

«Una persona come me non si preoccupa così per gli altri, immagino che intendessi questo. In fin dei conti sai chi sono, sai cosa faccio e sai che le due cose insieme mi rendono un mostro. Ne sono consapevole e ricordo anche il mio atteggiamento nei tuoi confronti gli ultimi giorni in cui sei stata qui, dunque non ti biasimo per il pensiero».

«No! No, non intendevo dire niente di tutto questo» disse subito Spectra «Al di là del fatto che da quel che ricordo avevamo parlato, era andato tutto a posto e avevamo anche dormito insieme, io non penso che tu sia un mostro, o comunque non sempre e non con tutti. Di sicuro non lo sei con me» aggiunse, sentendosi per la prima volta sicura in quella conversazione «Tarn, tu sei stato il primo a dirmi che non dovevo darmi della stupida da sola... io ti ho sempre ricordato più per questo che per qualsiasi altra cosa. Non sei un mostro, per me» ripeté «Non sei tu quello che mi vuole morta, quindi non pensare che ti veda in quel modo, perché non è così. Va bene?»

La Decepticon Justice Division era un gruppo di mostri? Sì, la maggioranza lo era, anche per Spectra non c’era alcun dubbio su questo.
Erano solo dei mostri? Non necessariamente.
Erano stati dei mostri con lei? Contrariamente alla persona attorno cui lei aveva costruito la sua esistenza, no, non lo erano stati.

Forse era anche per quello che Spectra si era sempre trovata a suo agio con persone simili: era stata cresciuta da una di esse.

«Il tempo passa ma non smetti di essere… sorprendente, Spectra» disse il Decepticon dopo una breve pausa di silenzio «Mi hai chiesto le ragioni per cui non ti ho dimenticata, questa non è la sola, ma è sicuramente una delle tante. Da quando Spectrus ti ha portata via ho sempre continuato a pensare che prima o poi ci saremmo trovati di nuovo qui. Ero sicuro che saresti sopravvissuta abbastanza a lungo perché succedesse, ti eri adattata a noi, potevi superare qualsiasi cosa. Una sensazione di certezza che non si è mai scalfita fino a poco prima del mio arrivo sul pianeta» aggiunse Tarn, rivolto a se stesso più che a lei «Anche se… forse se mi sono mosso subito quando Dreadwing ha chiamato è anche perché in quel posto maledetto ho visto…» fece un breve sospiro e si interruppe, riacquistando totale compostezza «Ci sono angoli del cosmo che è meglio non frequentare, per ora mi limito a dirti questo. È anche il caso di tornare in infermeria, ti ho mostrato quel che dovevo».

Spectra annuì. «E ti ringrazio per averlo fatto. Solo… posso prendere un paio di quelli?» chiese a Tarn, indicando i libri.

«Non devi chiederlo, sono tuoi. Mi raccomando solo di non stancarti troppo con la lettura».

Com’era prevedibile, Spectra scelse un libro di fiabe… e Towards Peace. Aveva ripreso a leggerlo nell’Harbinger e aveva dovuto interrompere la lettura, riprendere l’avrebbe aiutata a calmarsi un po’ in vista dell’incontro con suo marito.
Presi i libri e tornata saldamente in braccio a Tarn fecero per uscire dalla stanza, e fu solo allora che Spectra notò un dettaglio decisamente bizzarro.

«Tarn?»

«Dimmi».

«Perché c’è una bambola con l’aspetto di mia madre su quella mensola in alto?»

Non c’erano dubbi: quella che vedeva era una riproduzione pressoché perfetta, seppur abbastanza ridotta perché lei potesse tenerla in braccio, di Sparkleriver. Colori, forma della testa e del corpo, ornamenti dorati e “abiti”: era tale e quale alla Sparkleriver che Spectra aveva visto di recente.

«Tua… madre?» ripeté Tarn, visibilmente attonito, avvicinandosi alla mensola in questione e prendendo in mano la bambola «Sei proprio sicura?»

«Del tutto, l’ho vista da poco. Non so se fosse un sogno o meno, ma se ho deciso di provare a continuare a restare online è anche perché ho parlato con lei» rivelò Spectra al Decepticon.

Tarn parve soppesare la bambola per qualche istante, esaminandola. «Sono venuto in possesso di questa bambola una vita fa. Due. Molto prima che noi due ci conoscessimo e, in un certo senso, anche prima che conoscessi me stesso… è una coincidenza impressionante. A questo punto mi domando se si possa davvero parlare di coincidenza o, piuttosto, di destino» guardò Spectra «Soprattutto pensando che è rispuntata fuori da poco, dopo un… chiamiamolo “incidente contro una montagna a opera di un minicon di sesso maschile da fare a pezzi il prima possibile” che ha smosso varie cose in questa stanza. Ti piace?»

«È molto bella…»

«È tua. Non dire di no» la bloccò subito Tarn «È giusto che l’abbia tu, e se davvero le hai parlato, sogno o meno, rappresenta un ricordo più piacevole di quelli che rappresenta per me. Oltretutto rimarrebbe sempre in questa astronave, Nickel intende monitorare le tue condizioni da vicino ancora per un po’. Non preoccuparti, la porto io in infermeria, tu hai già i libri».

Entrambi tacquero: avevano avuto l’impressione di aver sentito la voce della minicon in lontananza.

«È meglio tornare in infermeria per davvero, mi sa» commentò Spectra.

«Togli il “mi sa”. In teoria si sarebbe dovuta svegliare tra mezz’ora…»

Le parve di sentire mormorare Tarn, precisamente di sentire un “E che Lord Megatron ci assista”, ma non poteva esserne sicura.
Avvolta nella coperta con i suoi libri e la consapevolezza di avere più amici di quanto avesse creduto, in Spectra iniziò a germogliare la speranza che sua madre potesse avere ragione per davvero: aveva delle cose da risolvere e non sarebbe stata davvero meglio subito, né tantomeno bene, però forse sarebbe stato possibile che il futuro per lei fosse migliore, e intravedere una “possibilità” nel suo futuro era meglio che vedere solo una massa nera senza spiragli di luce.




Ho aggiornato!
First reaction: SCIOCCC.
Con un capitolo oscenamente lungo e privo di azione, ma ho aggiornato :’D sono riuscita a risolvere un paio di questioni inerenti ai futuri capitoli della storia, a finire JoJo fino alla terza stagione -…ecco sì, questa cosa ha avuto delle ripercussioni sul mio cervello e di conseguenza temo proprio che ne avrà anche in questa povera fic :’D- e, soprattutto, a stare lontana da Sims 4 per qualche pomeriggio.
Spero di procedere a un ritmo più spedito d’ora in avanti :)
Non so se qualcuno è arrivato a leggere fin qui né sono sicura che i poveri disgraziati lettori che seguivano questa storia siano ancora interessati, ma nel caso sia così sappiate che vi sono più grata di quanto Spectra sia grata a Tarn in questo capitolo.
Alla prossima :D

_Cthylla_

   
 
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