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Autore: Aky ivanov    08/02/2021    2 recensioni
8 Febbraio.
Boris ha avuto un'idea.
Ivan ne ha avuto paura.
Sergej l'ha assecondata.
Yuri non ne sa nulla.
Andava tutto bene.
Genere: Commedia, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Boris, Julia Fernandez, Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buon compleanno…

Ivanoeuf!

prologo

 

 

 

Ivan fin dal suo abbandono davanti alla porta di un disadattato monastero aveva compreso la bellezza dell’ignoranza, c’erano domande di cui non era necessario conoscere le risposte. Per tal motivo a gambe incrociate continuava a ruotare il cucchino nel caffè osservando silenziosamente Boris al capo opposto del tavolo. Ogni domenica il suo compagno di squadra perdeva la testa per qualcosa di diverso assumendo i connotati di uno scienziato pazzo alle prese con esperimenti dalla dubbia utilità. Due settimane prima sfamando gattini randagi di passaggio fino al creare una colonia felina sul davanzale dell’appartamento, la settimana prima mettendo su un folle sistema con il filo da pesca fatto passare attorno al corrimano del vano scala, nelle porte e nelle rientranze dei muri del condominio pur di riuscire a staccare il contatore della corrente al cinese del pian terreno.

«Perché stai tormentando Xiao Yuhan?» aveva allora chiesto saggiamente Yuri sulla soglia spalancata dell’appartamento all’ennesimo viaggio del povero uomo in cantina.

«Crede di farmi fesso ma si sbaglia! Nessuno può ostacolare Boris Kuznestov!» era stata la psicotica risposta di Boris sul pianerottolo mentre il filo da pesca con l’uncino legato all’estremità scorreva febbrilmente fra le dita attraverso la tromba delle scale «Gliela faccio vedere io a quel mangia gatti e al suo stupido nuovo doberman chi comanda nel condominio!»

Yuri non aveva nemmeno provato a farlo ragionare, rientrato in casa si era immerso nel lavoro contabile ignorando completamente il compagno chiuso fuori e la scarica di imprecazioni cinesi proveniente dal portone del palazzo. Almeno finché l’araba della porta accanto non aveva bussato lamentandosi delle “brutte parole” straniere che la figlia di cinque anni aveva iniziato a ripetere.

Dati i presupposti Ivan si era preparato al peggio per quella domenica ma l’ingegno mal applicato di Boris l’aveva stupito ancora una volta cogliendolo impreparato. Il numero verde della ditta di derattizzazione accuratamente salvato in rubrica non era servito, anziché dover vedersela con una mandria di topi attirata nel cortile (per richiamare i gatti) avrebbe dovuto fare i conti con il diabete precoce.

La cucina era diventata la sede distaccata di un negozio di prodotti da forno alle prime luci dell’alba, quando Boris rientrato da una delle sue vaganti e abituali passeggiate notturne aveva portato con sé sacchetti ricolmi di cornetti dalle più improbabili farciture.

Boris, il ragazzo che odiava anche la più piccola briciola di zucchero nel suo caffè.

Ivan contemplò il cornetto al pistacchio allungato davanti a lui, il quarto da quando aveva messo piede in cucina, chiedendosi perché in primo luogo si fosse alzato così presto. Era il suo unico giorno libero dai corsi scolastici e finché avrebbe rifilato tale scusa, Yuri non avrebbe provato a svegliarlo. Quando si parlava di scuola il suo capitano incarnava i panni del genitore perfetto dilungandosi in osservazioni serie su quanto l’equilibrio fra istruzione e riposo fosse importante. Al contrario dei commentini sarcastici sussurrati da Boris su tale insolita parlantina, lui non aveva mai provato a contraddirlo non solo per paura di una delle occhiate gelide alla Ivanov ma per il motivo nascosto per cui Yuri continuava a insistere affinché finisse gli studi. Era il più piccolo, l’unico ancora non coperto da responsabilità lavorative che gli altri tre si erano addossati, l’unico a poter scegliere liberamente il suo futuro senza essere condizionato.
Non che gli altri tre non potessero, semplicemente avevano scelto un altro percorso di vita in base alle necessità del momento distanziandosi dai libri, ad eccezione di Sergej.
Era grato per quelle premure nascoste dietro i burberi sguardi e come ringraziamento, poteva pure accettare di sacrificarsi dando il suo parere – richiesto con insistenza da Boris –  sulla dolciastra crema verdognola che trasbordava dall’involucro di pasta sfoglia.

«Non sarà di certo peggiore del primo che mi hai fatto assaggiare…» mormorò con tono sconfortato dopo un profondissimo sospiro «La mia mente ha fortunatamente rimosso quel sapore orrendo»

Boris chinato a degustare con la grazia di un uomo del paleolitico il suo cornetto al cioccolato bianco fu però di tutt’altro avviso tra i bofonchi sconnessi «Bufono quelfo là!» e il sorriso sornione enfatizzato dalle guance abbuffate.

Ivan alle ditate di zucchero a velo lasciate sul suo maglioncino blu in uno scatto isterico strappò il cornetto dalla mano dell’amico schiaffandoglielo in faccia.

«Buono un corno!» sbottò inginocchiandosi sul tavolo con l’intento di infilarglielo di forza giù per la gola.

«Ivan torna al tuo posto!» intervenne Sergej afferrandolo per il colletto della maglia.

«È lui che ha iniziato!»

Ivan si ritirò seduto sulla sedia controvoglia, il gomito inchiodato sul tavolo e il volto stizzito voltato nella direzione opposta al nuovo arrivato. Sergej non si faceva mai gli affari propri neanche quando sosteneva di volersi rinchiudere nella sua camera a studiare nell’unico giorno libero della settimana. Finiva sempre così, attendevano con ansia la domenica per stare tutti insieme “come una famiglia” per poi finire a litigare inevitabilmente o per una cosa o per un’altra.

Erano solo ad inizio giornata e già non ne poteva più di Boris e il suo insistere nel mangiare i dannati cornetti che lui invece non si stava facendo problemi a ingurgitare.

«Ehi Ivan» voltatosi verso Sergej sedutosi stancamente a capotavola come arbitro della situazione restò in attesa del proseguo «Prima parlavi dell’abbinamento: cioccolato piccante fondente con crema alla banana e ricotta?»

Annuì schifato al saporaccio risalitogli sulla lingua e fortunatamente per lui l’occhiataccia di Sergej placò il nuovo possibile apprezzamento positivo di Boris che con una scrollata di spalle tornò a sorridere schizzato – gli zuccheri erano sicuramente il male per la sua sanità mentale – addentando l’ennesimo cornetto della giornata.

Ivan suppose che l’inquietante ammasso rosso sgocciolante dalla mascella fosse marmellata alla ciliegia e riluttante prese il proprio pregando di non morire.

«Perché devi essere verde come il veleno?»

Sergej sembrò voler dire qualcosa ma richiuse la bocca guardando confusamente Boris e qualunque domanda Ivan avesse voluto porre finì in secondo piano ai passi strascicati proveniente dal corridoio. L’orologio segnava le otto e mezza sottolineando silenziosamente quegli insoliti ritardi che Yuri aveva iniziato ad avere da un mese a quella parte. Il loro capitano era sempre stato il primo a svegliarsi non oltre le sei del mattino e seppur non vi fosse necessità di vederlo in piedi prima delle nove, restava comunque un comportamento strano. Apparentemente non vi era nulla di sbagliato in qualche ora di sonno aggiuntiva ma Ivan aveva incominciato a dubitare che Yuri dormisse. Lo stesso Sergej aveva fatto notare le occhiate violacee sempre più pronunciate ricevendo in cambio una rispostaccia dall’interessato. Boris che condivideva la stanza con Yuri aveva però compiuto l’azzardo peggiore, gli aveva somministrato delle gocce per il sonno a sua insaputa. Per oltre due settimane i due non si erano rivolti la parola spingendo lui e Sergej a temere di lasciarli dormire all’interno della stessa camera.

Ivan addentò insicuro la sfoglia masticando il pistacchio interno come un composto pronto a esplodergli in bocca, sbiasciando un buongiorno all’ingresso del capitano, stentatamente ricambiato nonostante lo stato di zombie vagante.

Sergej arricciò le labbra contrariato all’uso spropositato che Yuri aveva iniziato a fare del caffè senza voler dar voce a dei rimproveri che sarebbero caduti nel vuoto. Ivan lo vide alzarsi e recuperare dal ripiano più alto della cucina l’involucro rossiccio con la miscela prima che Yuri intuita l’ubicazione del nuovo nascondiglio iniziasse ad arrampicarsi sul ripiano marmoreo.

Erano passati sette mesi dallo scontro contro l’organizzazione professionistica folle messa su da Vorkov e nessuno di loro voleva vedere la testa del loro capitano battere per una stupida caduta. Boris l’aveva definita una “paura irrazionale” ma nonostante l’ostentata spensieratezza era sempre stato il primo ad entrare in apprensione, come in quel momento. L’occupazione mangereccia era stata messa da parte finché Sergej non era intervenuto.

Ivan si ritrovò ad apprezzare il suo cornetto più di quanto inizialmente supposto, la scusa perfetta per nascondere l’attento studio diretto allo spettro appoggiatosi stancamente al bancone della cucina con le braccia incrociate. Yuri ancora nel suo pigiama bianco somigliava ad uno dei fantasmi dei film horror che tanto piacevano a Boris, la pelle si confondeva con il tessuto e se non fosse stato per i capelli sgargianti sarebbe parso un’apparizione mistica in piena regola.

La caffettiera gorgogliò diffondendo l’aroma della caffeina.

«Stamattina sei libero, perché non torni a dormire?»

Ivan smise di masticare imitato da Boris in apprensione. Sergej aveva posto la domanda tabù afferrando la caffettiera prima delle dita pallide, brandendola come merce di scambio per una risposta che altrimenti non sarebbe arrivata. Gli occhi azzurri restrinti indispettiti provocarono un brivido lungo le loro schiene senza sortire lo stesso effetto sul biondo.

«No, non posso. Sono alla BBA» fu la glaciale risposta che non ammise le repliche nascenti «A mezzogiorno scaricano i materiali per la sala di monitoraggio e devo firmare per la consegna, catalogare e controllare che tutto sia arrivato, oltre a terminare una serie di altre pratiche. Ora, posso avere il mio caffè?»

Sergej non del tutto soddisfatto riempì per metà una tazzina portando il restò con sé al tavolo lasciando Yuri ad afferrare l’aria dove prima c’era la caffettiera.

«Sergej» lo richiamò imperioso il ragazzo con una vena pulsante.

«Non puoi vivere solo di caffè» Sergej ondeggiò uno dei libri sulla corretta alimentazione raccolto dalla poltrona aggirando il tavolo «Devi mangiare qualcosa, la colazione è il pasto più importante della giornata e non deve essere tralasciato!»

«Non mettere di nuovo in mezzo al discorso i tuoi studi per diventare pediatra!» ciocche di capelli cremisi sfuggirono alla stretta dell’elastico ricadendo sul volto contratto.

«Perché no? Ti comporti esattamente come un bambino»

Yuri non digerì l’accusa serrando i pugni lungo i fianchi in una visibile emozione di rabbia, nemmeno la maschera imperturbabile rimasta sul posto nei momenti cruciali riusciva a stare al passo con la stanchezza. Sergej sollevò sfrontatamente un sopracciglio invitandolo a controbattere, in una palese provocazione che se avesse visto Boris come destinatario si sarebbe conclusa con una rissa. Ma, era di Yuri che si stava parlando, neppure nel suo stato più folle avrebbe mai provato ad ingaggiare una lotta corporea contro di lui, avrebbe preferito sempre quella verbale. Ed era proprio quella mancanza di botta e risposta sprezzante che caratterizzavano l’amico a confermargli quanto non stesse bene.

«Senti Yuri, non voglio litigare con te. Non sei stupido e sai bene che continuando così ti autodistruggerai. Lo so che salti spesso il pranzo e no, non fulminare Boris, non ci voleva la sua conferma per vedere quanto peso hai perso» raggiunse l’amico e con un sospiro adagiò la caffettiera «Ti sei sempre preso cura di tutti noi, ora lasciaci fare lo stesso, non può andare Boris al posto tuo?»

«No, sono doveri che mi competono»

Sergej dichiarò la sua resa affogando il proprio dispiacere in uno dei cornetti, Yuri in mezzo secondo aveva trangugiato un’intera tazzina di caffè sembrando un drogato in astinenza. La marmellata all’albicocca gli allietò però la vista della sconfitta ricevuta a metà, il resto del liquido dipendente era stato lasciato intoccato. Yuri gli aveva scoccato un’occhiata risentita incrociando le braccia per non bere la seconda tazza e Sergej per il bene della sua vita aveva evitato di sottolineare come gli sembrasse un bambino messo in punizione.

Il telefono squillò smorzando la pesantezza caduta nella cucina.

Boris continuò a mangiare, Ivan punzecchiò la sfoglia come se potesse muoversi da un momento all’altro e Yuri guardò lui con un sopracciglio inarcato prima di sbuffare mormorando epiteti non proprio carini. Non erano esattamente persone socievoli circondate da amici, il loro numero fisso era conosciuto da quattro persone contate, di cui tre vivevano in Giappone e una in Spagna.

L’unica a poter chiamare tanto presto era soltanto una, Hiwatari.

L’asociale per eccellenza avrebbe parlato solo con Yuri.

«Cribbio, Ivan! È pistacchio non plutonio radioattivo!»

«Se ci tieni mangialo tu allora!»

«Mi hai preso per un cane? Non mi avvicinare i tuoi avanzi!»

Sergej masticò tra un sospiro e l’altro ignorando i due sbraitanti accanto a lui che gli impedivano di ascoltare la conversazione telefonica. La cornetta era stata stretta spasmodicamente e per impedire alla sua curiosità di prendere il sopravvento aveva dirottato tutta la sua frustrazione sul vassoio d’ardesia a centro tavola. L’aveva comprato alcuni mesi prima ad un mercatino dell’usato per via dei ghirigori intagliati: un lupo, un falco, una balena e una vipera. Associazione animalesca apparentemente orribile per chiunque ma non per lui che ad ognuna di quelle figure aveva associato uno degli inquilini della casa. Probabilmente era il risultato di qualche strana – e fallimentare – idea di merchandising per omaggiare la loro squadra, finito abbandonato nel dimenticatoio di una polverosa scatola in un altrettanta polverosa bettola in cui l’aveva acquistato.

Per mantenere intatta la sua virilità aveva tenuto per sé il dettaglio di aver dovuto lottare con un’arzilla signora di settanta tanni invaghita del loro capitano per accaparrarselo, soprattutto perché all’arrivo a casa Ivan aveva fin da subito espresso il suo sdegno per la vipera troppo piccola, Boris gli aveva detto che faceva schifo provando a lanciarlo dalla finestra e Yuri era rimasto a fissarlo assorto senza dire alcunché.

Nessuno l’aveva apprezzato, eppure, non c’era giorno in cui non finisse sul tavolo.

Grattò via dalle linee raffiguranti la coda della balena tracce di zucchero incrostato irritandosi all’idea di dover passare più tempo del previsto per ripulirlo.

La cornetta sbattuta ferocemente sull’apparecchio telefonico inchiodato al muro, una, due, tre, quattro volte interruppe i suoi tormenti congelandolo sul posto insieme agli altri. Il primo pensiero fu l’ennesima conferma dei timori sull’instabilità emotiva e psichica in cui Yuri versava dalla fine del campionato, il secondo invece, il volerlo aiutare a rimettere insieme i pezzi della sua persona sull’orlo dell’autodistruzione.

Il pugno adirato abbattuto sul ricevitore seguito dal ringhio strozzato esacerbò quella rabbia repressa che Yuri da qualche mese a quella parte non riusciva più a controllare.

Sergej osservò la schiena del suo amico immaginando facilmente i lineamenti del viso contratti. Il suo aiuto sarebbe stato scacciato come uno di quei fastidiosi volantini pubblicitari piazzati tra le mani in mezzo alla strada. Il mucchietto pelle e ossa ambulante avrebbe fatto prevalere il proprio stramaledettissimo orgoglio ancora una volta, dimenticandosi di non dover più dar conto della sua vita e dei suoi comportamenti a nessun altro se non sé stesso. Vorkov aveva fatto un lavoro certosino su quel fronte, la fortuna l’aveva assistito concedendogli un bambino fortemente indipendente e fiero di sé fin dalla tenera età. Aveva trasformato il punto di forza di Yuri nella sua più grande debolezza.

Tutti loro avevano orgoglio in gran quantità ma dopo aver riottenuto la libertà tanto ambita avevano imparato a metterlo a tacere fra quelle quattro mura, tranne Yuri. A muoverlo non era la smania di prevalere come al Monastero né l’inclinazione caratteriale odiosa mostrata da Hiwatari, erano piuttosto le migliori intenzioni applicate nel modo sbagliato.

Yuri non avrebbe chiesto aiuto per mostrarsi capace di risolvere tutto, di addossarsi tutti i loro problemi, continuando ad assumere il ruolo di punto di riferimento costante attribuitogli ai tempi della creazione della squadra. Yuri si era assunto responsabilità extra di sua iniziativa, diventando quella figura stabile che qualunque ragazzo vorrebbe avere in famiglia dimenticandosi di averne bisogno a propria volta.

Dimenticandosi di non essere più un soldatino ma un ragazzo normale.

Tutti avevano un limite e Yuri aveva raggiunto il proprio restando l’unico a non rendersene conto. L’esito del torneo paradossalmente anziché risolvere e dar luce alla sua vita, l’aveva resa soltanto più oscura e solitaria. Persino Boris da sempre considerata l’unica persona in grado di penetrare a fondo nei sentimenti del capitano era stato escluso da ogni confidenza. Tutte le loro relazioni erano state ridotte allo stretto indispensabile.

«Smettila di prendertela con il telefono» fu la quieta osservazione di Boris alzatosi coraggiosamente per affiancare la belva furente «L’unico risultato che potrai ottenere sarà comprarne uno nuovo. Qual è il problema?»

Sergej scosse silenziosamente il capo alla mano di Boris adagiata in segno di conforto sulla spalla, immediatamente scostata da una spinta seccata. Yuri per nulla incline ad accettare un gesto fraterno l’aveva fulminato uscendo a passo di marcia dalla cucina, tenendo per sé la rispostaccia bloccata all’ultimo minuto.

La porta sbattuta risuonò nel corridoio lasciandoli sospirare all’unanimità.

«Sempre più simpatico il nostro Hiwatari dei poveri» commentò sarcasticamente Ivan abbandonando l’informe pastrocchio verdognolo «È il modo carino insegnatogli da Kei per dirci di farci i fatti nostri?»

«Non paragonarlo a lui»

Boris poggiatosi alla parete a braccia incrociate continuò a osservare la soglia della cucina corrugando la fronte. Yuri non gli aveva ancora perdonato la faccenda dei sonniferi, era lampante. Le sue scuse non erano bastate a risanare la perdita di fiducia che schiettamente gli era stata sbattuta in faccia. Yuri non osava più addormentarsi prima di lui, più volte aveva dovuto fingere di essersi lasciato andare alle braccia di morfeo per farlo crollare a orari decenti.

«Perché no?»

«Yuri non è Kei» continuò imperterrito guardando il piccoletto riluttante a dargli ragione «È solo esausto e fottutamente orgoglioso per ammetterlo. Non ha il carattere di merda di Hiwatari, quel rompipalle è perennemente una spina nel fianco»

La porta sul fondo del corridoio si riaprì ammutolendoli all’istante ed i passi pesanti rimbombarono sul finto parquet finché il ragazzo dai capelli rossi non rientrò in cucina. Yuri armato di forbici senza degnare nessuno di uno sguardo tranciò il cavo telefonico con espressione di pura soddisfazione, ritornandosene poi, sempre silenziosamente, da dove era venuto.

Boris contemplò il filo penzolante accanto a lui riprendendo lentamente a respirare. Per un attimo aveva pensato di essere lui il bersaglio, Yuri l’aveva trafitto con quei suoi occhi gelidi e seppur felice di essere scampato alla furia mal contenuta non poteva evitare di chiedersi perché il suo amico dovesse adottare tali idee drastiche.

Sarebbe bastato togliere la spina per non farlo squillare di nuovo.

«Qualcosa mi dice che Hiwatari l’ha fatta grossa» cantilenò Ivan gettando i resti del cornetto nel cestino e il piatto nel lavello «Il lato negativo è che dovremo sorbircelo noi e non mr. simpatia dall’altra parte del mondo»

«Smettetela entrambi, sapete benissimo quanto Kei si stia adoperando per aiutarci con la nostra causa» tutto ciò che Sergej ricevette furono due smorfie contrariate «Non va a genio nemmeno a me ma non possiamo negare che una volta tanto ha deciso di mettere in mostra il suo lato altruistico»

«Altruistico?» sghignazzò Boris gettandosi scompostamente su una delle sedie libere, non mancando di mostrare tutto il suo cinismo «Sta cercando di soffiare al nonnino l’atto di proprietà del monastero solo per fargli l’ennesimo dispetto. Non si accontenterà finché non lo vedrà crepare di crepacuore dietro le sbarre»

Ivan annuì in accordo indicando il compare e lasciando il biondo a combattere una sfida impari.

«Se fosse per scopo egoistico non si preoccuperebbe di informare Yuri dopo ogni sviluppo»

«Tu credi lo stia facendo per Yuri»

«Sì»

Boris sollevò un sopracciglio scettico accompagnato da Ivan riemerso dal mucchio di cuscini del piccolo divano su cui aveva deciso di lasciarsi morire per il resto della giornata. Risultava davvero difficile pensare al loro egoistico ex compagno di squadra sotto un’ottica positiva. Anche se non era infido come l’unico parente rimastogli in vita, Kei non ci aveva pensato due volte a voltare le spalle al loro capitano agonizzante per unirsi alla squadra di Vorkov. Il voltagabbana aveva ignorato Yuri finito in coma per perseguire i suoi ideali senza provare il più piccolo interesse per il loro amico in lotta tra la vita e la morte.

L’unica volta in cui l’avevano visto in ospedale non era certo per una visita di cortesia, vi era stato trasportato d’urgenza dopo lo scontro con Brooklyn unendosi a Yuri per giocare all’appassionante edizione del “vediamo chi schiatta per primo”.

«Sarà…ma a me Yuri non è sembrato particolarmente felice» commentò Ivan abbracciando uno dei cuscini sgualciti.

«Evidentemente Kei gli avrà detto che non è ancora riuscito a ottenere ciò che serve per realizzare l’obbiettivo. Sai quanto Yuri desideri dare nuova luce a quel posto, la sua scrivania è piena di progetti e idee per renderlo una struttura sana e vivibile per i bambini di strada…non ha più la pazienza per aspettare»

«Per questo noi oggi gli miglioreremo la giornata!»

Ivan si raddrizzò di scatto sul divanetto guardando apprensivamente verso Boris, fin troppo euforico per il malumore alleggiante nella casa. Si era sbagliato una seconda volta, l’idea malata della domenica non era ancora entrata in azione.

«Di cosa stai parlando?» domandò circospetto non volendo nemmeno conoscerla la risposta.

«Prepareremo una torta di compleanno!»

«Una torta…»

Boris annuì vigorosamente con una gioia che non gli aveva mai visto addosso facendo venire i brividi ad Ivan sempre più terrorizzato all’idea di vivere sotto lo stesso tetto con il ragazzo.

«…di compleanno?»

Ivan lasciò trasparire una certa inquietudine al termine della domanda, non tanto per l’essersi dimenticato il compleanno del suo capitano ma per l’enfasi con cui i capelli lilla venivano scossi. Loro avevano rudimentali basi di cucina, non erano morti di stenti soltanto grazie alle ricette trovate in rete che avevano fornito informazioni relative allo stretto indispensabile per sopravvivere. Sergej si era rivelato il più incline a imparare, lui aveva superato lo stadio quel tanto necessario a renderlo commestibile e Boris…bruciava ogni cosa che toccava.

No, Ivan non voleva cucinare una torta insieme a Boris.

«Sergej dimmi che tu sei incluso nel progetto»

Sergej annuì ridacchiando alla smorfia irritata di Boris per quella supplica per nulla velata.

«Tzé, nano di poca fede, sono capace di cucinare una torta!»

«Boris non dire cretinate, sei stato capace di far asciugare completamente l’acqua nel pentolino con delle uova sode!»

«Sciocchezze» borbottò il ragazzo punto sul vivo.

«L’araba della porta accanto ha chiamato la polizia! Pensava ci fosse stata una sparatoria dentro casa per le uova che son schizzate via bombardandoci tutta la cucina! Ti sembra una sciocchezza?!»

«Quella tipa è tutta strana»

Ivan si strofinò le mani sul viso sperando di trovarsi in un incubo. Boris imperterrito aveva bloccato il suo futuro elenco di reminiscenze sulle sue scarse doti in cucina mostrandogli orgoglioso persino le foto di una ricetta scritta con tanto di disegnini d’accompagnamento per far capire i vari procedimenti. Strizzò gli occhi per decifrare la scrittura alternando sempre più perplesso il volto dal display agli occhi blu elettrizzati.

«Boris…perché è scritta in spagnolo?»

«Oh, Julia l’ha fotografata da un ricettario di sua nonna»

«Julia…» ripeté dubbioso schioccando la lingua «Chi diavolo è Julia

«Come chi è? Il peperino facente parte degli F-Sangre, quante Julia conosci?»

Sergej alzò gli occhi al cielo ormai pronto ad abbandonare la giornata di studio, di quel passo non avrebbe avuto modo di aprire i libri fino al giorno successivo. Boris aveva omesso il piccolo particolare di eseguire una ricetta elaborata scritta in un’altra lingua, con metà degli ingredienti non presenti in casa e il tutto tenendo a distanza il suo capitano anche dopo l’orario di lavoro.

«Nemmeno una dato che non ero con voi durante il campionato!»

«Oh, giusto…comunque quella lì»

«E perché ti avrebbe dato la ricetta?»

Boris sogghignò facendo ad Ivan un circospetto cenno della mano finché il ragazzino non si sporse completamente verso di lui a portata d’orecchio. Incuriosito e dubbioso al contempo per lo stato mentale eccitato del suo amico.

«Porque Yuri es el hombre de sus sueños...» (*)

«…Cosa?»

«È innamorata di lui»

Ivan si allontanò cercando una conferma nel terzo ragazzo in sala che se ne lavò completamente le mani tirandosi fuori dalla questione. Boris con l’espressione al pari di un pappone di un porno di bassa lega annuiva accondiscende vantandosi di saperla lunga su occhiate languide e attrazioni, ammettendo candidamente di aver seguito Yuri durante una passeggiata con la madrilena nella tappa egiziana del campionato. Alla chimica presente fra i due e altre associazioni poetiche strampalate tirate fuori da chissà dove per darsi un’aria saggia che non gli apparteneva. Boris non era nemmeno mai uscito con una ragazza.

«E Yuri avrebbe assecondato queste avance

«Di chi credi di star parlando?» Boris agitò scioccamente una mano nell’aria appoggiandoci infine il palmo «Quell’idiota nemmeno si era accorto di imbambolarsi a guardarla durante gli scontri finché non gliel’ho fatto notare»

«Non è bello parlare degli assenti»

«Sergej dai, lo hai visto anche tu in Egitto! Si è seduto sulla gradinata al sole pur di non allontanarsi da Julia e il succinto vestitino da odalisca…ed ammetto che quello è stato lo scontro più piacevole del campionato!»

Ivan ascoltò i sussurri chiedendosi se stessero parlando dello stesso Yuri e se la vittima di quei pettegolezzi non sarebbe comparsa all’improvviso alle loro spalle facendogli fare la stessa fine del cavo telefonico. Per il bene della sua e altrui sopravvivenza avrebbe fatto meglio a mettere a tacere quelle dicerie.

«Boris, almeno sei sicuro che la torta piacerà a Yuri?»

«Sicuro, perché pensi abbia comprato tutti questi cornetti?»

«Cosa centrano i cornetti?» cominciava a non riuscire più a seguire i repentini cambi discorso insensati.

«Dovevo capire quale crema preferisse» rispose l’altro con uno sbuffo mostrando la stessa esasperazione nel ripetere una cosa per la centesima volta quando in realtà era la prima «I cornetti sono la copertura perfetta»

«E di grazia come pensi di scoprirlo se è così di cattivo umore?»

«Lo ha già scoperto»

Ivan inclinò il capo confuso verso Sergej che poggiato al bordo del tavolo era concentrato nella lettura della ricetta con le dita agitate nel vuoto atte a mimare una scrittura invisibile.

«Chi pensi mi abbia aperto stamattina?» proseguì Boris allungando i piedi sul divano dove incominciò la lotta di gambe per l’appropriazione del posto libero «Mamma Ivanov mi aspettava sulla soglia pronta a farmi la sua ramanzina per aver dimenticato le chiavi, gli ho rifilato uno dei cornetti per metterlo a tacere. Anche se gli ha dato solo due morsi contati, ho scoperto il suo gusto preferito: fragole»

«Aspetta un attimo» sibilò Ivan avvertendo la vena pulsare sul collo mentre tirava un calcio alle gambe adagiate sulle sue «Tu hai scoperto tutto ciò alle cinque del mattino e nonostante tutto hai continuato la tiritera facendomi ingurgitare controvoglia quella roba abominevole inutilmente?!»

«Esattamente» rispose piattamente Sergej senza scollare gli occhi dallo schermo.

«Boris, a saperlo prima giuro che ti avrei soffocato davvero con quel cornetto»

 

______

Note finali

(Ivanoeuf) - È scritto volutamente male
(*) -
Perché Yuri è l'uomo dei suoi sogni...

Potevo mai mancare dal fandom il giorno del compleanno di Yuri?!
Ovviamente no!
💙
Sono sempre in prima linea quando si parla del mio lupacchiotto preferito.

Questa storia doveva essere un’unica oneshot e…fermi! Prima che vi ritrovi con i manganelli in mano, non le farò fare la fine di quella del matrimonio, promesso! >.<
Tranquilli, aggiornerò anche quella ma il compleanno di Yuri ha la precedenza attualmente e questa storia ha già il suo bellissimo schemino con tanto di conclusione ma ahimè, una forza superiore chiamata “tempo” mi ha obbligato a suddividerla.
Visto che il tema della storia è proprio il giorno del compleanno di Yuri, mi sembrava d’obbligo mettere oggi almeno l’incipit u.u

Cosa potrà mai succedere al festeggiato e a dei poveri blader intenzionati a fargli una torta?

Non vi anticipo nulla! Lo scoprirete nel prossimo capitolo :p

 

Aky


 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Takao Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

   
 
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