Buon compleanno…
❄ prologo ❄
Ivan
fin dal suo abbandono davanti alla porta di un disadattato monastero aveva
compreso la bellezza dell’ignoranza, c’erano domande di cui non era necessario
conoscere le risposte. Per tal motivo a gambe incrociate continuava a ruotare
il cucchino nel caffè osservando silenziosamente Boris al capo opposto del
tavolo. Ogni domenica il suo compagno di squadra perdeva la testa per qualcosa
di diverso assumendo i connotati di uno scienziato pazzo alle prese con
esperimenti dalla dubbia utilità. Due settimane prima sfamando gattini randagi
di passaggio fino al creare una colonia felina sul davanzale dell’appartamento,
la settimana prima mettendo su un folle sistema con il filo da pesca fatto
passare attorno al corrimano del vano scala, nelle porte e nelle rientranze dei
muri del condominio pur di riuscire a staccare il contatore della corrente al
cinese del pian terreno.
«Perché stai tormentando Xiao Yuhan?» aveva allora chiesto saggiamente Yuri sulla
soglia spalancata dell’appartamento all’ennesimo viaggio del povero uomo in
cantina.
«Crede di farmi fesso ma si sbaglia!
Nessuno può ostacolare Boris Kuznestov!» era stata la psicotica risposta
di Boris sul pianerottolo mentre il filo da pesca con l’uncino legato
all’estremità scorreva febbrilmente fra le dita attraverso la tromba delle
scale «Gliela faccio vedere io a quel mangia gatti e al suo stupido
nuovo doberman chi comanda nel condominio!»
Yuri
non aveva nemmeno provato a farlo ragionare, rientrato in casa si era immerso
nel lavoro contabile ignorando completamente il compagno chiuso fuori e la
scarica di imprecazioni cinesi proveniente dal portone del palazzo. Almeno
finché l’araba della porta accanto non aveva bussato lamentandosi delle “brutte
parole” straniere che la figlia di cinque anni aveva iniziato a ripetere.
Dati
i presupposti Ivan si era preparato al peggio per quella domenica ma l’ingegno
mal applicato di Boris l’aveva stupito ancora una volta cogliendolo
impreparato. Il numero verde della ditta di derattizzazione accuratamente
salvato in rubrica non era servito, anziché dover vedersela con una mandria di
topi attirata nel cortile (per richiamare i gatti) avrebbe dovuto fare i conti
con il diabete precoce.
La cucina era diventata
la sede distaccata di un negozio di prodotti da forno alle prime luci
dell’alba, quando Boris rientrato da una delle sue vaganti e abituali
passeggiate notturne aveva portato con sé sacchetti ricolmi di cornetti dalle
più improbabili farciture.
Boris, il ragazzo che odiava anche la
più piccola briciola di zucchero nel suo caffè.
Ivan contemplò il cornetto al
pistacchio allungato davanti a lui, il quarto da quando aveva messo piede in
cucina, chiedendosi perché in primo luogo si fosse alzato così presto. Era il
suo unico giorno libero dai corsi scolastici e finché avrebbe rifilato tale
scusa, Yuri non avrebbe provato a svegliarlo. Quando si parlava di scuola il
suo capitano incarnava i panni del genitore perfetto dilungandosi in
osservazioni serie su quanto l’equilibrio fra istruzione e riposo fosse
importante. Al contrario dei commentini sarcastici sussurrati da Boris su tale
insolita parlantina, lui non aveva mai provato a contraddirlo non solo per
paura di una delle occhiate gelide alla Ivanov ma per il motivo nascosto per
cui Yuri continuava a insistere affinché finisse gli studi. Era il più piccolo,
l’unico ancora non coperto da responsabilità lavorative che gli altri tre si
erano addossati, l’unico a poter scegliere liberamente il suo futuro senza essere
condizionato.
Non che gli altri tre non potessero, semplicemente avevano scelto un altro
percorso di vita in base alle necessità del momento distanziandosi dai libri,
ad eccezione di Sergej.
Era grato per quelle premure nascoste dietro i burberi sguardi e come
ringraziamento, poteva pure accettare di sacrificarsi dando il suo parere –
richiesto con insistenza da Boris –
sulla dolciastra crema verdognola che trasbordava dall’involucro di
pasta sfoglia.
«Non sarà di certo peggiore del primo
che mi hai fatto assaggiare…» mormorò con tono sconfortato dopo un
profondissimo sospiro «La mia mente ha fortunatamente rimosso quel sapore
orrendo»
Boris
chinato a degustare con la grazia di un uomo del paleolitico il suo cornetto al
cioccolato bianco fu però di tutt’altro avviso tra i bofonchi sconnessi «Bufono quelfo là!» e il
sorriso sornione enfatizzato dalle guance abbuffate.
Ivan
alle ditate di zucchero a velo lasciate sul suo maglioncino blu in uno scatto
isterico strappò il cornetto dalla mano dell’amico schiaffandoglielo in faccia.
«Buono un corno!» sbottò
inginocchiandosi sul tavolo con l’intento di infilarglielo di forza giù per la
gola.
«Ivan torna al tuo posto!» intervenne
Sergej afferrandolo per il colletto della maglia.
«È lui che ha iniziato!»
Ivan
si ritirò seduto sulla sedia controvoglia, il gomito inchiodato sul tavolo e il
volto stizzito voltato nella direzione opposta al nuovo arrivato. Sergej non si
faceva mai gli affari propri neanche quando sosteneva di volersi rinchiudere
nella sua camera a studiare nell’unico giorno libero della settimana. Finiva
sempre così, attendevano con ansia la domenica per stare tutti insieme “come
una famiglia” per poi finire a litigare inevitabilmente o per una cosa
o per un’altra.
Erano
solo ad inizio giornata e già non ne poteva più di Boris e il suo insistere nel
mangiare i dannati cornetti che lui invece non si stava facendo problemi a
ingurgitare.
«Ehi Ivan» voltatosi verso Sergej
sedutosi stancamente a capotavola come arbitro della situazione restò in attesa
del proseguo «Prima parlavi dell’abbinamento: cioccolato piccante fondente con
crema alla banana e ricotta?»
Annuì
schifato al saporaccio risalitogli sulla lingua e fortunatamente per lui
l’occhiataccia di Sergej placò il nuovo possibile apprezzamento positivo di
Boris che con una scrollata di spalle tornò a sorridere schizzato – gli
zuccheri erano sicuramente il male per la sua sanità mentale – addentando
l’ennesimo cornetto della giornata.
Ivan
suppose che l’inquietante ammasso rosso sgocciolante dalla mascella fosse
marmellata alla ciliegia e riluttante prese il proprio pregando di non morire.
«Perché devi essere verde come il
veleno?»
Sergej
sembrò voler dire qualcosa ma richiuse la bocca guardando confusamente Boris e
qualunque domanda Ivan avesse voluto porre finì in secondo piano ai passi
strascicati proveniente dal corridoio. L’orologio segnava le otto e mezza
sottolineando silenziosamente quegli insoliti ritardi che Yuri aveva iniziato
ad avere da un mese a quella parte. Il loro capitano era sempre stato il primo
a svegliarsi non oltre le sei del mattino e seppur non vi fosse necessità di
vederlo in piedi prima delle nove, restava comunque un comportamento strano.
Apparentemente non vi era nulla di sbagliato in qualche ora di sonno aggiuntiva
ma Ivan aveva incominciato a dubitare che Yuri dormisse. Lo stesso Sergej aveva
fatto notare le occhiate violacee sempre più pronunciate ricevendo in cambio
una rispostaccia dall’interessato. Boris che condivideva la stanza con Yuri
aveva però compiuto l’azzardo peggiore, gli aveva somministrato delle gocce per
il sonno a sua insaputa. Per oltre due settimane i due non si erano rivolti la
parola spingendo lui e Sergej a temere di lasciarli dormire all’interno della
stessa camera.
Ivan
addentò insicuro la sfoglia masticando il pistacchio interno come un composto
pronto a esplodergli in bocca, sbiasciando un buongiorno all’ingresso del
capitano, stentatamente ricambiato nonostante lo stato di zombie vagante.
Sergej
arricciò le labbra contrariato all’uso spropositato che Yuri aveva iniziato a
fare del caffè senza voler dar voce a dei rimproveri che sarebbero caduti nel
vuoto. Ivan lo vide alzarsi e recuperare dal ripiano più alto della cucina
l’involucro rossiccio con la miscela prima che Yuri intuita l’ubicazione del nuovo
nascondiglio iniziasse ad arrampicarsi sul ripiano marmoreo.
Erano
passati sette mesi dallo scontro contro l’organizzazione professionistica folle
messa su da Vorkov e nessuno di loro voleva vedere la testa del loro capitano
battere per una stupida caduta. Boris l’aveva definita una “paura
irrazionale” ma nonostante l’ostentata spensieratezza era sempre stato il
primo ad entrare in apprensione, come in quel momento. L’occupazione
mangereccia era stata messa da parte finché Sergej non era intervenuto.
Ivan
si ritrovò ad apprezzare il suo cornetto più di quanto inizialmente supposto,
la scusa perfetta per nascondere l’attento studio diretto allo spettro
appoggiatosi stancamente al bancone della cucina con le braccia incrociate.
Yuri ancora nel suo pigiama bianco somigliava ad uno dei fantasmi dei film
horror che tanto piacevano a Boris, la pelle si confondeva con il tessuto e se
non fosse stato per i capelli sgargianti sarebbe parso un’apparizione mistica
in piena regola.
La
caffettiera gorgogliò diffondendo l’aroma della caffeina.
«Stamattina sei libero, perché non
torni a dormire?»
Ivan
smise di masticare imitato da Boris in apprensione. Sergej aveva posto la
domanda tabù afferrando la caffettiera prima delle dita pallide, brandendola
come merce di scambio per una risposta che altrimenti non sarebbe arrivata. Gli
occhi azzurri restrinti indispettiti provocarono un brivido lungo le loro
schiene senza sortire lo stesso effetto sul biondo.
«No, non posso. Sono alla BBA» fu la
glaciale risposta che non ammise le repliche nascenti «A mezzogiorno scaricano
i materiali per la sala di monitoraggio e devo firmare per la consegna,
catalogare e controllare che tutto sia arrivato, oltre a terminare una serie di
altre pratiche. Ora, posso avere il mio caffè?»
Sergej
non del tutto soddisfatto riempì per metà una tazzina portando il restò con sé
al tavolo lasciando Yuri ad afferrare l’aria dove prima c’era la caffettiera.
«Sergej» lo richiamò imperioso il
ragazzo con una vena pulsante.
«Non puoi vivere solo di caffè» Sergej
ondeggiò uno dei libri sulla corretta alimentazione raccolto dalla poltrona
aggirando il tavolo «Devi mangiare qualcosa, la colazione è il pasto più
importante della giornata e non deve essere tralasciato!»
«Non mettere di nuovo in mezzo al
discorso i tuoi studi per diventare pediatra!» ciocche di capelli cremisi
sfuggirono alla stretta dell’elastico ricadendo sul volto contratto.
«Perché no? Ti comporti esattamente
come un bambino»
Yuri
non digerì l’accusa serrando i pugni lungo i fianchi in una visibile emozione
di rabbia, nemmeno la maschera imperturbabile rimasta sul posto nei momenti
cruciali riusciva a stare al passo con la stanchezza. Sergej sollevò
sfrontatamente un sopracciglio invitandolo a controbattere, in una palese
provocazione che se avesse visto Boris come destinatario si sarebbe conclusa
con una rissa. Ma, era di Yuri che si stava parlando, neppure nel suo stato più
folle avrebbe mai provato ad ingaggiare una lotta corporea contro di lui,
avrebbe preferito sempre quella verbale. Ed era proprio quella mancanza di
botta e risposta sprezzante che caratterizzavano l’amico a confermargli quanto
non stesse bene.
«Senti Yuri, non voglio litigare con
te. Non sei stupido e sai bene che continuando così ti autodistruggerai. Lo so
che salti spesso il pranzo e no, non fulminare Boris, non ci voleva la sua
conferma per vedere quanto peso hai perso» raggiunse l’amico e con un sospiro
adagiò la caffettiera «Ti sei sempre preso cura di tutti noi, ora lasciaci fare
lo stesso, non può andare Boris al posto tuo?»
«No, sono doveri che mi competono»
Sergej dichiarò la sua resa affogando
il proprio dispiacere in uno dei cornetti, Yuri in mezzo secondo aveva
trangugiato un’intera tazzina di caffè sembrando un drogato in astinenza. La
marmellata all’albicocca gli allietò però la vista della sconfitta ricevuta a metà, il
resto del liquido dipendente era stato lasciato intoccato. Yuri gli aveva
scoccato un’occhiata risentita incrociando le braccia per non bere la seconda
tazza e Sergej per il bene della sua vita aveva evitato di sottolineare come gli
sembrasse un bambino messo in punizione.
Il telefono squillò smorzando la
pesantezza caduta nella cucina.
Boris
continuò a mangiare, Ivan punzecchiò la sfoglia come se potesse muoversi da un
momento all’altro e Yuri guardò lui con un sopracciglio inarcato prima di
sbuffare mormorando epiteti non proprio carini. Non erano esattamente persone
socievoli circondate da amici, il loro numero fisso era conosciuto da quattro
persone contate, di cui tre vivevano in Giappone e una in Spagna.
L’unica
a poter chiamare tanto presto era soltanto una, Hiwatari.
L’asociale
per eccellenza avrebbe parlato solo con Yuri.
«Cribbio, Ivan! È pistacchio non
plutonio radioattivo!»
«Se ci tieni mangialo tu allora!»
«Mi hai preso per un cane? Non mi avvicinare
i tuoi avanzi!»
Sergej
masticò tra un sospiro e l’altro ignorando i due sbraitanti accanto a lui che
gli impedivano di ascoltare la conversazione telefonica. La cornetta era stata
stretta spasmodicamente e per impedire alla sua curiosità di prendere il
sopravvento aveva dirottato tutta la sua frustrazione sul vassoio d’ardesia a
centro tavola. L’aveva comprato alcuni mesi prima ad un mercatino dell’usato
per via dei ghirigori intagliati: un lupo, un falco, una balena e una vipera.
Associazione animalesca apparentemente orribile per chiunque ma non per lui che
ad ognuna di quelle figure aveva associato uno degli inquilini della casa.
Probabilmente era il risultato di qualche strana – e fallimentare – idea
di merchandising per omaggiare la loro squadra, finito abbandonato nel
dimenticatoio di una polverosa scatola in un altrettanta polverosa bettola in
cui l’aveva acquistato.
Per
mantenere intatta la sua virilità aveva tenuto per sé il dettaglio di aver
dovuto lottare con un’arzilla signora di settanta tanni invaghita del loro
capitano per accaparrarselo, soprattutto perché all’arrivo a casa Ivan aveva
fin da subito espresso il suo sdegno per la vipera troppo piccola, Boris gli
aveva detto che faceva schifo provando a lanciarlo dalla finestra e Yuri era
rimasto a fissarlo assorto senza dire alcunché.
Nessuno
l’aveva apprezzato, eppure, non c’era giorno in cui non finisse sul tavolo.
Grattò
via dalle linee raffiguranti la coda della balena tracce di zucchero incrostato
irritandosi all’idea di dover passare più tempo del previsto per ripulirlo.
La
cornetta sbattuta ferocemente sull’apparecchio telefonico inchiodato al muro, una,
due, tre, quattro volte interruppe i suoi tormenti
congelandolo sul posto insieme agli altri. Il primo pensiero fu l’ennesima
conferma dei timori sull’instabilità emotiva e psichica in cui Yuri versava
dalla fine del campionato, il secondo invece, il volerlo aiutare a rimettere
insieme i pezzi della sua persona sull’orlo dell’autodistruzione.
Il
pugno adirato abbattuto sul ricevitore seguito dal ringhio strozzato esacerbò
quella rabbia repressa che Yuri da qualche mese a quella parte non riusciva più
a controllare.
Sergej
osservò la schiena del suo amico immaginando facilmente i lineamenti del viso
contratti. Il suo aiuto sarebbe stato scacciato come uno di quei fastidiosi
volantini pubblicitari piazzati tra le mani in mezzo alla strada. Il mucchietto
pelle e ossa ambulante avrebbe fatto prevalere il proprio stramaledettissimo
orgoglio ancora una volta, dimenticandosi di non dover più dar conto della sua
vita e dei suoi comportamenti a nessun altro se non sé stesso. Vorkov aveva
fatto un lavoro certosino su quel fronte, la fortuna l’aveva assistito
concedendogli un bambino fortemente indipendente e fiero di sé fin dalla tenera
età. Aveva trasformato il punto di forza di Yuri nella sua più grande
debolezza.
Tutti
loro avevano orgoglio in gran quantità ma dopo aver riottenuto la libertà tanto
ambita avevano imparato a metterlo a tacere fra quelle quattro mura, tranne
Yuri. A muoverlo non era la smania di prevalere come al Monastero né
l’inclinazione caratteriale odiosa mostrata da Hiwatari, erano piuttosto le
migliori intenzioni applicate nel modo sbagliato.
Yuri
non avrebbe chiesto aiuto per mostrarsi capace di risolvere tutto, di
addossarsi tutti i loro problemi, continuando ad assumere il ruolo di punto di
riferimento costante attribuitogli ai tempi della creazione della squadra. Yuri
si era assunto responsabilità extra di sua iniziativa, diventando quella figura
stabile che qualunque ragazzo vorrebbe avere in famiglia dimenticandosi di
averne bisogno a propria volta.
Dimenticandosi
di non essere più un soldatino ma un ragazzo normale.
Tutti
avevano un limite e Yuri aveva raggiunto il proprio restando l’unico a non
rendersene conto. L’esito del torneo paradossalmente anziché risolvere e dar
luce alla sua vita, l’aveva resa soltanto più oscura e solitaria. Persino Boris
da sempre considerata l’unica persona in grado di penetrare a fondo nei
sentimenti del capitano era stato escluso da ogni confidenza. Tutte le loro
relazioni erano state ridotte allo stretto indispensabile.
«Smettila di prendertela con il
telefono» fu la quieta osservazione di Boris alzatosi coraggiosamente per
affiancare la belva furente «L’unico risultato che potrai ottenere sarà
comprarne uno nuovo. Qual è il problema?»
Sergej
scosse silenziosamente il capo alla mano di Boris adagiata in segno di conforto
sulla spalla, immediatamente scostata da una spinta seccata. Yuri per nulla
incline ad accettare un gesto fraterno l’aveva fulminato uscendo a passo di
marcia dalla cucina, tenendo per sé la rispostaccia bloccata all’ultimo minuto.
La
porta sbattuta risuonò nel corridoio lasciandoli sospirare all’unanimità.
«Sempre più simpatico il nostro
Hiwatari dei poveri» commentò sarcasticamente Ivan abbandonando l’informe
pastrocchio verdognolo «È il modo carino insegnatogli da Kei per dirci
di farci i fatti nostri?»
«Non paragonarlo a lui»
Boris
poggiatosi alla parete a braccia incrociate continuò a osservare la soglia
della cucina corrugando la fronte. Yuri non gli aveva ancora perdonato la
faccenda dei sonniferi, era lampante. Le sue scuse non erano bastate a risanare
la perdita di fiducia che schiettamente gli era stata sbattuta in faccia. Yuri
non osava più addormentarsi prima di lui, più volte aveva dovuto fingere di
essersi lasciato andare alle braccia di morfeo per farlo crollare a orari
decenti.
«Perché no?»
«Yuri non è Kei» continuò
imperterrito guardando il piccoletto riluttante a dargli ragione «È solo
esausto e fottutamente orgoglioso per ammetterlo. Non ha il carattere di merda
di Hiwatari, quel rompipalle è perennemente una spina nel fianco»
La
porta sul fondo del corridoio si riaprì ammutolendoli all’istante ed i passi
pesanti rimbombarono sul finto parquet finché il ragazzo dai capelli rossi non
rientrò in cucina. Yuri armato di forbici senza degnare nessuno di uno sguardo
tranciò il cavo telefonico con espressione di pura soddisfazione, ritornandosene poi,
sempre silenziosamente, da dove era venuto.
Boris
contemplò il filo penzolante accanto a lui riprendendo lentamente a respirare.
Per un attimo aveva pensato di essere lui il bersaglio, Yuri l’aveva trafitto
con quei suoi occhi gelidi e seppur felice di essere scampato alla furia mal
contenuta non poteva evitare di chiedersi perché il suo amico dovesse adottare tali
idee drastiche.
Sarebbe
bastato togliere la spina per non farlo squillare di nuovo.
«Qualcosa mi dice che Hiwatari l’ha
fatta grossa» cantilenò Ivan gettando i resti del cornetto nel cestino e il
piatto nel lavello «Il lato negativo è che dovremo sorbircelo noi e non mr.
simpatia dall’altra parte del mondo»
«Smettetela entrambi, sapete
benissimo quanto Kei si stia adoperando per aiutarci con la nostra causa» tutto
ciò che Sergej ricevette furono due smorfie contrariate «Non va a genio nemmeno
a me ma non possiamo negare che una volta tanto ha deciso di mettere in mostra
il suo lato altruistico»
«Altruistico?» sghignazzò Boris
gettandosi scompostamente su una delle sedie libere, non mancando di mostrare
tutto il suo cinismo «Sta cercando di soffiare al nonnino l’atto di proprietà
del monastero solo per fargli l’ennesimo dispetto. Non si accontenterà finché
non lo vedrà crepare di crepacuore dietro le sbarre»
Ivan
annuì in accordo indicando il compare e lasciando il biondo a combattere una
sfida impari.
«Se fosse per scopo egoistico non si
preoccuperebbe di informare Yuri dopo ogni sviluppo»
«Tu credi lo stia facendo per Yuri»
«Sì»
Boris
sollevò un sopracciglio scettico accompagnato da Ivan riemerso dal mucchio di
cuscini del piccolo divano su cui aveva deciso di lasciarsi morire per il resto
della giornata. Risultava davvero difficile pensare al loro egoistico ex
compagno di squadra sotto un’ottica positiva. Anche se non era infido come
l’unico parente rimastogli in vita, Kei non ci aveva pensato due volte a
voltare le spalle al loro capitano agonizzante per unirsi alla squadra di
Vorkov. Il voltagabbana aveva ignorato Yuri finito in coma per perseguire i
suoi ideali senza provare il più piccolo interesse per il loro amico in lotta
tra la vita e la morte.
L’unica
volta in cui l’avevano visto in ospedale non era certo per una visita di
cortesia, vi era stato trasportato d’urgenza dopo lo scontro con Brooklyn
unendosi a Yuri per giocare all’appassionante edizione del “vediamo
chi schiatta per primo”.
«Sarà…ma a me Yuri non è sembrato
particolarmente felice» commentò Ivan abbracciando uno dei cuscini sgualciti.
«Evidentemente Kei gli avrà detto che
non è ancora riuscito a ottenere ciò che serve per realizzare l’obbiettivo. Sai
quanto Yuri desideri dare nuova luce a quel posto, la sua scrivania è piena di
progetti e idee per renderlo una struttura sana e vivibile per i
bambini di strada…non ha più la pazienza per aspettare»
«Per questo noi oggi gli miglioreremo
la giornata!»
Ivan
si raddrizzò di scatto sul divanetto guardando apprensivamente verso Boris, fin
troppo euforico per il malumore alleggiante nella casa. Si era sbagliato una
seconda volta, l’idea malata della domenica non era ancora entrata in azione.
«Di cosa stai parlando?» domandò
circospetto non volendo nemmeno conoscerla la risposta.
«Prepareremo una torta di
compleanno!»
«Una torta…»
Boris
annuì vigorosamente con una gioia che non gli aveva mai visto addosso facendo
venire i brividi ad Ivan sempre più terrorizzato all’idea di vivere sotto lo
stesso tetto con il ragazzo.
«…di compleanno?»
Ivan
lasciò trasparire una certa inquietudine al termine della domanda, non tanto
per l’essersi dimenticato il compleanno del suo capitano ma per l’enfasi con
cui i capelli lilla venivano scossi. Loro avevano rudimentali basi di cucina,
non erano morti di stenti soltanto grazie alle ricette trovate in rete che avevano
fornito informazioni relative allo stretto indispensabile per sopravvivere.
Sergej si era rivelato il più incline a imparare, lui aveva superato lo stadio
quel tanto necessario a renderlo commestibile e Boris…bruciava ogni cosa che
toccava.
No,
Ivan non voleva cucinare una torta insieme a Boris.
«Sergej dimmi che tu sei incluso nel
progetto»
Sergej
annuì ridacchiando alla smorfia irritata di Boris per quella supplica per nulla
velata.
«Tzé, nano
di poca fede, sono capace di cucinare una torta!»
«Boris non dire cretinate, sei stato
capace di far asciugare completamente l’acqua nel pentolino con delle uova
sode!»
«Sciocchezze» borbottò il ragazzo
punto sul vivo.
«L’araba della porta accanto ha
chiamato la polizia! Pensava ci fosse stata una sparatoria dentro casa per le
uova che son schizzate via bombardandoci tutta la cucina! Ti sembra una
sciocchezza?!»
«Quella tipa è tutta strana»
Ivan
si strofinò le mani sul viso sperando di trovarsi in un incubo. Boris
imperterrito aveva bloccato il suo futuro elenco di reminiscenze sulle sue
scarse doti in cucina mostrandogli orgoglioso persino le foto di una ricetta
scritta con tanto di disegnini d’accompagnamento per far capire i vari
procedimenti. Strizzò gli occhi per decifrare la scrittura alternando sempre più
perplesso il volto dal display agli occhi blu elettrizzati.
«Boris…perché è scritta in spagnolo?»
«Oh, Julia l’ha fotografata da un
ricettario di sua nonna»
«Julia…» ripeté dubbioso schioccando
la lingua «Chi diavolo è Julia?»
«Come chi è? Il peperino facente
parte degli F-Sangre, quante Julia conosci?»
Sergej
alzò gli occhi al cielo ormai pronto ad abbandonare la giornata di studio, di
quel passo non avrebbe avuto modo di aprire i libri fino al giorno successivo.
Boris aveva omesso il piccolo particolare di eseguire una ricetta elaborata
scritta in un’altra lingua, con metà degli ingredienti non presenti in casa e
il tutto tenendo a distanza il suo capitano anche dopo l’orario di lavoro.
«Nemmeno una dato che non ero con voi
durante il campionato!»
«Oh, giusto…comunque quella lì»
«E perché ti avrebbe dato la
ricetta?»
Boris
sogghignò facendo ad Ivan un circospetto cenno della mano finché il ragazzino
non si sporse completamente verso di lui a portata d’orecchio. Incuriosito e
dubbioso al contempo per lo stato mentale eccitato del suo amico.
«Porque
Yuri es el hombre de sus sueños...» (*)
«…Cosa?»
«È innamorata di lui»
Ivan
si allontanò cercando una conferma nel terzo ragazzo in sala che se ne lavò
completamente le mani tirandosi fuori dalla questione. Boris con l’espressione
al pari di un pappone di un porno di bassa lega annuiva accondiscende
vantandosi di saperla lunga su occhiate languide e attrazioni, ammettendo
candidamente di aver seguito Yuri durante una passeggiata con la madrilena
nella tappa egiziana del campionato. Alla chimica presente fra i due e altre
associazioni poetiche strampalate tirate fuori da chissà dove per darsi un’aria
saggia che non gli apparteneva. Boris non era nemmeno mai uscito con una
ragazza.
«E Yuri avrebbe assecondato queste avance?»
«Di chi credi di star parlando?»
Boris agitò scioccamente una mano nell’aria appoggiandoci infine il palmo
«Quell’idiota nemmeno si era accorto di imbambolarsi a guardarla durante gli
scontri finché non gliel’ho fatto notare»
«Non è bello parlare degli assenti»
«Sergej dai, lo hai visto anche tu in
Egitto! Si è seduto sulla gradinata al sole pur di non allontanarsi da Julia e
il succinto vestitino da odalisca…ed ammetto che quello è stato lo scontro più
piacevole del campionato!»
Ivan
ascoltò i sussurri chiedendosi se stessero parlando dello stesso Yuri e se la
vittima di quei pettegolezzi non sarebbe comparsa all’improvviso alle loro
spalle facendogli fare la stessa fine del cavo telefonico. Per il bene della
sua e altrui sopravvivenza avrebbe fatto meglio a mettere a tacere quelle
dicerie.
«Boris, almeno sei sicuro che la
torta piacerà a Yuri?»
«Sicuro, perché pensi abbia comprato
tutti questi cornetti?»
«Cosa centrano i cornetti?»
cominciava a non riuscire più a seguire i repentini cambi discorso insensati.
«Dovevo capire quale crema
preferisse» rispose l’altro con uno sbuffo mostrando la stessa esasperazione
nel ripetere una cosa per la centesima volta quando in realtà era la prima «I
cornetti sono la copertura perfetta»
«E di grazia come pensi di scoprirlo
se è così di cattivo umore?»
«Lo ha già scoperto»
Ivan inclinò il capo confuso verso
Sergej che poggiato al bordo del tavolo era concentrato nella lettura della ricetta con
le dita agitate nel vuoto atte a mimare una scrittura invisibile.
«Chi pensi mi abbia aperto
stamattina?» proseguì Boris allungando i piedi sul divano dove incominciò la
lotta di gambe per l’appropriazione del posto libero «Mamma Ivanov mi aspettava
sulla soglia pronta a farmi la sua ramanzina per aver dimenticato le chiavi,
gli ho rifilato uno dei cornetti per metterlo a tacere. Anche se gli ha dato
solo due morsi contati, ho scoperto il suo gusto preferito: fragole»
«Aspetta
un attimo» sibilò Ivan avvertendo la vena pulsare sul collo mentre tirava un
calcio alle gambe adagiate sulle sue «Tu hai scoperto tutto ciò alle cinque del
mattino e nonostante tutto hai continuato la tiritera facendomi ingurgitare
controvoglia quella roba abominevole inutilmente?!»
«Esattamente» rispose piattamente
Sergej senza scollare gli occhi dallo schermo.
«Boris, a saperlo prima giuro che ti
avrei soffocato davvero con quel cornetto»
______
Note finali
(Ivanoeuf) - È
scritto volutamente male
(*) - Perché Yuri è l'uomo dei suoi sogni...
Potevo
mai mancare dal fandom il giorno del compleanno di Yuri?!
Ovviamente no! 💙
Sono
sempre in prima linea quando si parla del mio lupacchiotto preferito.
Questa storia doveva essere un’unica oneshot
e…fermi! Prima che vi ritrovi con i manganelli in mano, non le farò fare la
fine di quella del matrimonio, promesso! >.<
Tranquilli, aggiornerò anche quella ma il compleanno di Yuri ha la precedenza
attualmente e questa storia ha già il suo bellissimo schemino con tanto di
conclusione ma ahimè, una forza superiore chiamata “tempo” mi ha
obbligato a suddividerla.
Visto che il tema della storia è proprio il giorno del compleanno di Yuri, mi
sembrava d’obbligo mettere oggi almeno l’incipit u.u
Cosa
potrà mai succedere al festeggiato e a dei poveri blader intenzionati a fargli
una torta?
Non vi anticipo nulla! Lo scoprirete nel prossimo capitolo :p
Aky
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Takao Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.