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Autore: MelaniaTs    12/02/2021    0 recensioni
Boston è una cittadina fiorente e bellissima, ordinaria sotto certi aspetti ed anche molto conservatrice. Adelaide Thompson, cresciuta nell'alta borghesia Bostoniana, non vede l'ora di spiegare le ali verso la libertà. Gabriel Keller, però sembra pensare il contrario.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wing of freedom Saga dei Keller'
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COPYRIGHT: Le mie storie non sono assolutamente prelevabili e non potete spacciarle per vostre!
Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.

ATTENZIONE: © Questa è una saga, non una serie, per me c’è distinzione la saga ha come fondamento una famiglia, la serie al contrario un gruppo di persone collegate tra di loro ma senza legami famigliari. Questa saga a differenza di Dreams è molto più easy e più leggera senza molti shock, dovrebbe essere anche più breve (ne avevo bisogno 😜). Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.
La BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
Personaggi principali durante la serie, cliccate per visualizzare: Gabriel (Adam Cowie) - Adelaide (Nataniele Bibiero - London (Kivanc tatlitug - Chester (Mark Rowley) - Brooklyn (Vika Bronova) - Dallas & Alaska (Amelia Zadro) Geller Keller (Michael Fassbender giovane) - Michaela Keller (Alessandra Deserti)
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE -Albero Genealogico:I Thompson - I Keller

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-Adelaide-

Era stata una settimana unica nel suo genere. Mi ero immaginata in fuga per Boston nella speranza che i miei non mi trovassero, invece avevo seguito Gabriel a Monaco. Quella città era splendida, l'unico mio problema era che non conoscevo una parola di tedesco. Con Pamela, dopo un inizio tentennante eravamo diventate compagne, forse perché aveva capito che non ero in arrampicatrice sociale.
O forse perché Gabriel nei rari momenti che voleva escludermi da una conversazione le aveva parlato in tedesco. Sta di fatto che dopo la prima sera a Monaco l'atteggiamento della bella rossa nei miei confronti era cambiato.
Si era addirittura offerta di farmi da guida a Monaco quando Gabriel era al lavoro. Con lei avevo fatto la turista e anche tanto shopping, non era da me darmi alle pazze spese. Ma Pamela aveva una certa inclinazione per questo suo hobbies e nonostante le dicevo che non avevo bisogno di nulla, quando vedeva che un vestito mi stava d'incanto voleva comprarmelo. Io che non avevo mai avuto un'amica vera ad un certo punto iniziai a farla fare. Non potevo considerare il mio rapporto con Pamela come quello che avevo avuto con Brooklyn fino a due anni prima, ma era qualcosa di diverso al rapporto che avevo avuto con le mie compagne di scuola sicuramente. 
Con Pamela chiacchieravamo di Boston, dell'ambiente che sia io che Gabriel frequentavamo, di come lei ogni volta che veniva si sentiva fuori posto, della cotta che aveva per London e della mia per Gabriel. 
Le spiegai che London non parlava mai dei suoi viaggi a Monaco con Gabriel, quindi fino a quel momento di lei avevo realmente saputo poco. Lei al contrario mi disse che ero leggenda in casa loro, poiché ero entrata nei discorsi di Gabriel da quando mi aveva conosciuta. Ne restai, dovetti ammetterlo, compiaciuta. Avrei voluto sinceramente che London mi parlasse di lei come Gabriel aveva fatto di me, poiché la adoravo. Pamela nonostante fosse malata di shopping era un ottima compagnia e quando le avevo chiesto di insegnarmi il tedesco non si era rifiutata, anzi. 
"Se metti Skype potremmo fare delle videochiamante e potremo fare lezioni a distanza. Ti insegnerò il tedesco e tu il portoricano." Mi aveva detto accettando di buon grado. 
Avevo il computer e al campus avevano anche internet quindi accettai il compromesso. 
Alla sera però tutto cambiava, Pamela spariva dalla mia vita e veniva sostituta da Gabriel che nonostante il lavoro non mi teneva mai da parte. Mi chiedeva di uscire e accettavo, allora mi portava a fare una passeggiata sul fiume Isnar e spesso ci fermavamo a cenare a Gärtnerplatz, in quella settimana nonostante avessimo provato un paio di locali diversi alla fine mi ero affezionata per il gusto allo Shiller braou. Era una taverna con tipica cucina tedesca, dove si beveva birra (che avevo imparato ad apprezzare) e ci si poteva presentare ad ogni ora vestiti come ci pareva. 
Mi parceva uscire con lui, ma faceva tanto sembrare di essere la sua ragazza, anche se non lo eravamo. Pamela diceva che era così, ma io non avendo mai parlato con lui di ciò non azzardavo, soprattutto perché il tempo scorreva e dovevo tornare a casa.
L'ultima sera a Monaco, come se mi avesse letto nel pensiero Gabriel mi aveva portata a cena lì allo Shiller. 
Entusiasta mi aggrappai a lui baciandolo. "Mi hai letto nel pensiero." Avevo detto entrando nel locale e pregustando già di mangiare un ottimo stinco, crauti e patate per due. 
Era diventato il nostro piatto unico, amavo lo stinco, anche se non ne mangiavo tanto. Mi piaceva, era delicato e gustoso e Gabriel non mi faceva sentire in colpa se non riuscivo a mangiarlo tutto dal momento che lui tirava via il resto. 
Una volta seduti al nostro tavolo dopo aver ordinato e con le birre fredde in mano, eccolo che Gabriel affrontò un argomento che non mi aspettavo.
"So che non vuoi farti trovare ed hai escluso i costi di un cellulare dal tuo budget..."
"Quando potrò permettermelo ne comprerò uno nuovo." Dissi eludendo l'argomento.
"E se ne prendessi uno a nome della mia azienda!" Propose non ascoltandomi. "Io scaricherei i costi dalle tasse e tu avresti un mezzo di comunicazione, cosa più importante..." Disse lui prendendo fiato. "Mi farai stare più tranquillo."
"Andrò all'università, puoi stare tranquillo!" Gli dissi.
Lui mi afferrò le mani guardandomi serio. "Giusto! E sarai sola, senza la tua famiglia con cui hai rotto i ponti. Senza un amico, perché tu non hai amici..."
"Questo mi aiuterà a laurearmi prima, avere amici potrebbe distrarmi." Gli dissi per giustificarmi.
"Cosa succederà nel caso ci fosse un emergenza?" Chiese lui schietto.
"Beh... io... la mia compagna di camera?" Risposi.
"Ti prego Heidi! Un cellulare, quando potrai permetterti di comprarlo poi me lo rendi. Ma ti prego!" Mi supplicò. "Io re lo faccio preparare, ripeto è a nome della mia società, il tuo nome non compare proprio. Andrai all'indirizzo che ti fornisco e ti daranno il dispositivo." Concluse bevendo la sua birra scura.
Sbuffai mentre osservavo la lieve schiuma che lambiva il mio bicchiere di birra. "Poi quando lo comprerò te lo restituisco." 
"Così potremo sentirci tutte le volte che vogliamo. Ti farò mettere una tariffa internazionale." Mi disse stampandomi un bacio sulle labbra. 
Io lo osservai poi mite annuii. "Lasciami il tuo numero di cellulare." Acconsentii, sapevo che in una maniera o nell'altra mi avrebbe fatto avere un cellulare. Quindi discutere e rovinarsi la nostra ultima sera insieme era solo assurdo.
"Hai bisogno che te lo scriva?" Scherzò lui.
"Il mondo non gira mica tutto intorno a te Keller". Gli risposi divertita. 
E lui rise, quello che ricordavo tanto del periodo a Monaco erano le nostre serate insieme, le chiacchiere, le cene e l'amore. Si l'amore dalla sera alla mattina, che fosse sotto una doccia, a letto o sostenuti ad un muro era sempre bello. Non ne ero mai sazia e se me lo avessero chiesto lo avrei detto senza indugio. Non c'era nulla di meglio e appagante del sesso con Gabriel. 
Mi mancava, neanche una settimana dopo il mio arrivo a Cambridge, nonostante le giornate frenetiche a insediarmi nella mia camera, sistemare le mie cose e iniziare i corsi, lui mi mancava. Tanto che quando quel giorno andai a prendere il cellulare che lui voleva prendessi dal rivenditore che mi aveva segnalato non indugiai. 
La prima cosa che feci fu scrivergli un messaggio, in realtà stavo per chiamarlo. Ma un campanello d'allarme era spuntata nella mia testa: il fuso orario, erano le dieci e trenta di sera in Germania e forse lui era uscito... con una donna, una bella tedesca che suo nonno avrebbe approvato. In fondo lei non era stata altro che un'avventura! Così gli aveva mandato un messaggio molto distaccato.
"Ciao, sono Adelaide. Questo è il mio nuovo numero, ho preso il cellulare che mi hai prenotato. Grazie si tutto.„
Una volta che lo ebbi inviato mi stesi sul mio letto ed inviai un messaggio simile a Pamela per avvertirla che ero on line. Carol la mia compagna di stanza era uscita, quella sera ci sarebbe stata una festa alla confraternita heta beta e non voleva assolutamente andare impreparata. Carol sarebbe andata d'accordo con Pamela, ogni occasione per lei era buona per fare shopping. Da quando erano lì l'avevo vista flirtare, fare shopping, informarsi delle confraternite e partecipare a qualche corso.
"Scienze umanitarie... non so neanche dove mi porterà il mio futuro." Mi aveva detto presentandosi.
"Se hai fatto domanda di ammissione qui un obbiettivo devi averlo." Le avevo risposto.
"Ho solo vinto la borsa si studio per meriti sportivi. Sono un ottima giocatrice di basket e a loro servo." Aveva detto facendo spallucce. "A me serve di avere una laurea a basso costo invece." 
Con quelle premesse mi chiesi perché allora dispendesse il suo denaro in vestiti ed il suo tempo a pazzeggiare dal momento che diceva avere altre priorità. 
Non glielo avevo chiesto ancora, non avevo ancora quella confidenza. A differenza sua avevo anche degli obbiettivi, mi aveva chiesto di andare alla festa con lei. Ma sinceramente non ci tenevo, ero una ragazza strana lo so! Ma entrare in una confraternita non rientrava nelle mie priorità, sospirai e con un riflesso condizionato risposi al telefono appena squillò, dimentica del fatto che nessuno poteva avere quel numero in quel momento. "Pronto."
"Ehi... Adelaide!" 
Mi esplose il cuore in gola riconoscendo la sua voce. "Gabriel..."
"Disturbo? Ho ricevuto il tuo messaggio." Disse 
Sorrisi. "No... non disturbi, temevo anzi di essere io a disturbare te. È tarda sera lì, giusto?" Chiesi.
"Non mi hai disturbato, è venerdì sera e stavo controllando delle mail. Tutto che si può rimandare." Ammise dolcemente. "Tu cosa fai?" 
"Mm... valuto di andare a cercare un lavoro, ricordi? Le tasse." Gli dissi.
"Nella tua università non ci sono le feste di benvenuto?" Mi chiese.
"Ce ne sarebbe una questa sera, ma sinceramente non sono interessata alle feste delle confraternite." Ammisi. 
"Non devi per forza di cose entrare in confraternita. Ma puoi divertirti, se non lo fai adesso quando? Più avanti andrai e più entrerai nel pieno degli studi, fossi in te ci andrei." 
"Mm... potrei sfruttare i vestiti che mi ha comprato Pamela." Dissi prendendo in considerazione la festa dal punto di vista che mi mostrava lui. 
"Avrai gli occhi di tutti su di te!" Mi disse prendendo poi fiato, sinceramente non credevo a quello che diceva. "Spero non siano vestiti sexy." 
Risi. "Ma cosa dici, non sarò altro che una tappezzeria come sempre e i vestiti dipende comunque da come si portano." Io di sicuro li portavo male.
"Per me non sei mai stata una tappezziera e sicuramente sei sexy con qualsiasi cosa tu indossi." Mi disse con voce bassa. 
Tremai a quella confessione, mi sentii inerme tanto da sciogliermi e rivelargli i miei sentimenti. "Mi manchi!" Sussurrai.
"Anche tu mein liebe!" Rispose lui sorridendo. "Ci hai messo anche troppo tempo a chiamarmi." 
Volteggiai sul letto eccitata a quella sua rivelazione. "Avevo altro da fare!" Risposi infine felice. 
"Cosa? Crogiolarti per le feste universitarie?" Mi chiese risentito. "Sento dei movimenti, sicuramente stai scegliendo il vestito per questa sera." 
Risi ancora. "Ma no, sono stesa sul letto a rilassarmi un po'."
"Anche io sono steso sul letto..." Ammise. Perfetto! Era notte da lui, ci stava quindi, lo avevo svegliato ne ero certa. "Adesso però sai... inizio a rilassarmi anche io dopo una lunga e dura settimana." Concluse intanto Gabriel.
"Oh! Ti ho disturbato quindi, ammettilo." Gli dissi.
"Assolutamente no! Anzi, mi hai fatto posare il computer e mi hai acceso la fantasia." Rispose con voce bassa o roca, non seppi dirlo. 
"Per la festa?" Chiesi col cuore in gola.
"No! Per te, ti immagino stesa sul letto... a toccarti..."  il suo respiro sembrava irregolare e quella rivelazione ammetto che mi accese dentro. Mi sentii col cuore in gola. Non mi stavo toccando, perché avrei dovuto, quando avevo lui che sapeva toccarmi magistralmente.
"Stesa si, sono stesa..." sussurrai stringendo le gambe mentre avvertito un formicolio fin troppo conosciuto.
"Cosa stai facendo?" Mi chiese 
Oh Dio! Pensai leccandomi le labbra, cosa stava facendo? "Io..." dissi esalando un sospiro. Era un bastardo, non capiva cosa stava facendo? "Mi sto eccitando." Ammisi.
"Anche io!" Rispose lui con voce sempre più roca.
Sussultai. Anche lui! "E mi sto toccando!" Mi disse.
Mi morsi il labbro lasciando scivolare la mano sui miei seni. "Fai tutto da solo!" Lo provocai.
Lui rise, una risata bassa e roca, e gemetti! Lo sapeva, Gabriel sapeva l'effetto che stava avendo su di me. "No! Lo sto facendo con te. Ti immagino mentre le tue piccole mani stuzzicano i tuoi seni e il tuo sesso. Immagino che al posto delle tue dita, lì nel tuo regno ci sia io, con la mia lingua ed il mio..." 
"Oh Dio Gabriel!" Lo fermai, si ero eccitata e diamine volevo toccarmi e sentire quelle sensazioni che solo lui sapeva darmi. Le sue mani, la sua bocca, la lingua e il suo membro duro dentro di me. Senza rendermene conto avevo preso a toccarmi, sbottonare il jeans e insinuarmi nelle mie mutandine. 
"Heidi..." sussurrò lui. 
"Ti stai toccando? Adesso mentre parli con me!" Gli chiesi gemente  mentre due dita andavano alla ricerca del mio clitoride.
"Oh cazzo sì!" Mi disse lui sempre più ansante. Non ne capivo il motivo, se fosse o meno normale. Ma mi piaceva e mi lasciavo trasportare dalla sua voce roca e suadente, così come mi facevo guidare da lui intanto che stimolavo il mio sesso. 
"Mi piace..." sussurrai sempre più eccitata. 
"Voglio sentirti mein liebe..." mi disse lui. 
"Io... oh Gab... io sto..." arrancai mentre il mio dito andava a fondo con più intensità. Stavo venendo, stavo provando un orgasmo.
Sentii un suo gemito rauco e la sua voce che mi diceva. "Venendo..." 
Dio! Avevamo avuto un rapporto non rapporto telefonico ed era stato così... Risi! "Sì!" Affermai esalando un respiro di piacere. Era stato bello! 
Lui mi seguì a ruota, amavo quel ragazzo indubbiamente e le sensazioni che mi dava erano sempre nuove. Poi quando mi accorsi di quel pensiero tremai! Lo amavo, per lui sarei caduta e mi sarei fatta male, molto male, lo sapevo. 
"Heidi..." mi chiamò portandomi alla realtà. 
"Sì?!" 
"Spero tu sia sola in stanza..." Mi disse.
Risi ancora. "Adesso sì, Carol è andata a fare shopping per questa sera." Lo informai.
"Raccontami della prima settimana... ti va?!" Mi chiese. 
Dio! Avrei fatto di tutto per poter continuare a parlare con lui, così lo accontentai iniziando a raccontargli i primi giorni, dei professori e dei colleghi studenti. Del mio bisogno di cercare un lavoro e della mole di studio che solo in quella settimana già avevamo. 
Quando tornò Carol ero ancora a telefono con lui che mi consigliava di dare lezioni di latino se rispetto ad altri ero più avanti. 
Conclusi la chiamata molto più tardi, ovvero quando la mia coinquilina mi disse fosse ora di prepararci per la serata. Ancora ero titubante, ma anche Gabriel fu insistente dall'altro lato del mondo. Mi aveva consigliato di vivermi appieno l'università e la vita frenetica che ci girava intorno per non avere rimorsi o rimpianti. 
"Devi farlo Heidi, mandami una foto quando sarai pronta e fammi sapere come è andata" Mi aveva detto salutandomi. 
Così anche se annoiata mi ero preparata indossando un vestito di lino rosso che mi arrivava all'altezza del ginocchio, non era aderente, ma fasciava elegantemente le mie curve, soprattutto metteva in evidenza il mio piccolo seno. I capelli ricci lasciati sciolti sulle spalle ed un trucco leggero completavano il tutto. Prima di andare via chiesi a Carol di farmi una foto così che potessi mandarla a Gabriel ed infine raggiungemmo la tanto acclamata nostra prima festa...

Dopo la prima settimana di università quello che era parso come una bazzecola si era trasformato in duro lavoro. I corsi, gli studi e il lavoro esami portavano via tutto il mio tempo e la forza fisica. Ebbene sì avevo trovato un lavoro, in realtà più di uno. Facevo da babysitter a tempo perso quando venivo chiamata dalla mia professoressa di latino, che comprendendo quanto fossi avanti mi era venuta incontro dandomi un lavoro. Inoltre davo lezioni private di latino ad un paio di ragazzi del secondo anno e dopo una quindicina di giorni dall'inizio dei corsi avevo iniziato a darne anche a due ragazzi delle scuole medie*. 
In pratica se continuavo così avrei potuto pagare le tasse universitarie in più di una rata mensile. Riuscivo a guadagnare abbastanza da mantenermi, da poter pagare anche il cellulare a Gabriel/che non voleva sentirne parlare/, da potermi permettere qualche sfizio come una pizza con Carol, Julie ed Edgar ragazzi che avevo conosciuto in quel periodo.
Le feste continuavano a tenersi ovviamente, io sinceramente partecipavo a poche.
Non mi piaceva l'aria che tirava alle feste. I ragazzi ci provavano con tutte, si aspettavano che cadessimo ai loro piedi e li seguissimo nelle stanze per la scopata  di turno. Ovviamente c'erano ragazze che andavano alle feste solo per questo, per fare colpo sul più figo, sul capitano della squadra di basket o di baseball, sul presidente della confraternita. Inoltre si beveva tanto! Era un'esperienza nuova bere fino ad ubriacarci, ma anche quella non mi piaceva. Bevevo da quando avevo dodici anni, i miei genitori di avevano insegnato l'arte della degustazione quindi l'alcol lo reggevamo tutti a casa. La birra era qualcosa di sgradevole al mio palato abituato a vini sopraffini, quindi per quanto bevessi mi tenevo sul leggero. 
Il fumo?! Altra esperienza che avevo fatto, anche quella esclusa. Dopo aver tossito al primo tiro non mi ero arresa, ci avevo riprovato. Ma quando avevo tirato fuori l'anima nella ciotola delle patatine avevo rifiutato di fare qualche altro tiro. 
Ecco! Questo erano le feste: sesso, alcol e droga! Potevo sembrare noiosa o la classica figlia di papà. Ma non mi piacevano? 
Al contrario quando avevo conosciuto Edgar, Eddy come lo chiamavo io, avevo cambiato il mio modo di vedere le feste. 
Andavamo insieme, ci divertivamo facendo credere a tutti di stare insieme e dopo esserci presi un Martini ci gettavamo nella calca a ballare. Poi quando la festa entrava nel pieno del caos e delle effrazioni noi andavamo via. 
Carol diceva che io piacevo ad Eddy, nessuno del terzo anno poteva starci dietro. Mentre Edgar effettivamente mi dedicava tanto tempo, però io avevo compreso dopo un po' che lo frequentavo che lui non era interessato a me. Non in quel senso! Io invece? 
Assolutamente no! Trascorrevo le mie giornate a studiare, spesso con Edgar, a seguire corsi e lavorare, fremente che arrivasse l'ora giusta così che potessi sentire Gabriel. Durante la settimana correvo a pranzare nei giardini così da poterlo attendere la sua chiamata appena usciva dall'ufficio, al sabato quando erano le cinque del pomeriggio circa ero io a chiamarlo. Sapevo che era a casa, da solo e che aspettava la mia telefonata, il mio consenso a fare ciò che voleva anche attraverso un telefono o meglio attraverso Skype. Da quando mi aveva scoperta in video con sua sorella Pamela infatti, lui aveva preteso che facessimo degli incontri in video chiamata, voleva vedermi mentre mi eccitavo e ammetto che anche a me piaceva vederlo. 
Quella relazione a distanza non me l'ero immaginata, ma alla fine era ciò che volevo. Che fosse o meno a distanza io volevo Gabriel e lui a quanto pareva voleva me. 
Quello era amore, desiderio e lussuria. No! Con Edgar non c'erano tutti questi sentimenti forti e trascinanti. 
Così erano trascorsi i primi due mesi a Cambridge, concentrata su me stessa e sui miei obbiettivi. Ero senza pensieri fino a quando uno fisso non si instillò nella mia mente. 
Eravamo alla festa di Carol e Paul, il presidente della  alfa epsilon pi, quando presa da un conato di vomito mi ero diretta al primo bagno libero.
Edgar mi era al fianco che mi teneva la testa e mi passava un panno umido. 
"Ti sei fatta una canna Ada?" Chiese forse arrabbiato. 
Io lo avevo fissato? Dopo la prima volta? No, assolutamente! "No! Odio le canne, mi fanno vomitare e appunto odio vomitare." Affermai. 
Lui mi aveva guardato con i suoi occhi azzurri, la frangia rossa gli cascava disordinata sulla fronte. 
"Sei stanca? Vuoi andare via?" Mi ha chiesto.
Eh sì! Volevo andare via, quel posto non faceva per me e stavo ancora male. 
"Forse sono influenzata, è periodo." Risposi. 
Lui sorridendomi mi aveva tenuta su e accompagnato fuori dalla confraternita. Ci eravamo diretti verso i dormitori ognuno nei propri pensieri, stretti nei nostri giubbotti.
"Mi dispiace averti rovinato la serata." Affermai
"E perché mai!? Sai che ad una certa andiamo via." Aveva riso lui.
"Ti ho visto sai..." Ammisi.
Lui mi guardò incuriosito ed io assentii. "La differenza tra te e mio fratello è che lui non riconosce o forse ancora non sa di essere gay. Tu sei come lui, reticente a lasciarti andare. Però se trovi qualcuno che ti attrae ti trasformi. Ti ho visto che flirtavi con uno del club di basket." 
Edgar si fermò sul posto stupito, mi fissò attentamente poi scoppiò a ridere. "Se vorrà scopare saprà dove trovarmi, gli ho lasciato il mio numero." 
Scossi la testa divertita. "Ma se ti piaceva... potevi corteggiarlo e..."
"Ed è solo attrazione fisica! È un altro il ragazzo che amo Ada." Affermò lui prendendomi a braccetto.
"Perché non stai con lui?" Chiesi allora, parlare di Eddy mi aiutava a non pensare. 
"Tu perché non stai con il tipo che dici di amare?" Mi girò la domanda. 
Okay, lui sapeva che amavo un ragazzo. Ma non ero la tipica ragazza ferma ad attenderlo come poteva sembrare. "In realtà sta facendo uno stage fuori Boston, per questo non stiamo uscendo insieme." Era quella la risposta giusta, io non lo aspettavo e lui non mi illudeva. Giusto? 
Eddy annuì guardando il marciapiede anziché me. Non mi aveva creduto. "Giuro è la verità." Gli dissi, anche se quelle parole sembravano false anche alle mie orecchie. Quanto sarebbe durato quella storia a distanza.
"Quindi non sei incinta di una tua fantasia." Mi disse lui. 
Al che puntai i piedi a terra sollevando il viso. "Non sono incinta!" 
"Mi hai detto che mese scorso ti è saltato il ciclo e adesso vomiti. Ti prego non offendere la mia intelligenza e neanche la tua." Disse lui lasciandomi andare per allontanarsi.
Diamine! Non volevo pensare a me, non volevo pensarci. Non ancora! Stress! Era stress se il ciclo mi era saltato il mese prima ed ora era solo un ritardo, presto sarebbe giunto ne ero sicura. 
"Perché non stai col ragazzo che ti piace?" Gli urlai contro. 
Lui diede un calcio all'aria, sembrava arrabbiato. "Parli di me quando sei incinta?" Chiese arrabbiato.
"Assolutamente! Il punto è che devo parlarne prima con Gabe." Gli dissi, perché quelli non erano affari suoi, ma miei e di Gabriel. Gabriel che mi aveva detto ci saremo presi tutto dalle nostre azioni, sia il bello che il brutto. 
"Quindi sai di essere incinta." Mi disse Eddy, non avevo mai visto i suoi occhi azzurri così glaciali.
"Lo immagino! Non ho voluto fare il test, non ancora." Ammisi 
"Cosa vuoi aspettare Ada? Che il bambino esca dalla tua vagina?" Mi chiese.
"Ho paura! Sai cosa vuol dire un figlio? Eddy io ho solo diciotto anni." Ammisi 
"E un futuro davanti." Continuò lui. "Cazzo Ada sei la migliore del tuo anno, il professor Brolin ti ha concesso di partecipare ai suoi corsi nonostante la tua età, sei più preparata di me in diritto civile e penale e stai mandando tutto a monte per una gravidanza." Si sfogò lui.
Non era arrabbiato con me. No era arrabbiato con se stesso, perché non riusciva ad ottenere i miei risultati. Io matricola ero più appassionata di lui, amavo la legge ed ero stata accettata nel suo stesso corso da Brolin. Non potevo ancora sostenere gli esami ma ero avanti al contrario di Edgar che al primo esame aveva rinunciato al voto troppo basso per i suoi canoni. 
"Cosa dovrei fare? Crogiolarmi? Non posso... ti ho detto ho solo diciotto anni." Urlai rammaricata.
"Allora toglilo... questo Gabe non ne sa nulla, ma sono sicuro che se lo sapesse ti direbbe la stessa cosa. Togli il bambino." Mi consigliò.
Lo guardai stralunata. Un aborto! Potevo farlo? Gabriel non me lo avrebbe permesso ne ero certa. Guardai Eddy lanciandomi tra le sue braccia. "Aiutami, non so dove andare." Sussurrai.
Lui mi baciò la fronte. "Ti porto in una clinica buona Ada." Mi rassicurò
"Grazie Edgar, grazie di esserci." Piansi, io che non crollavo mai piansi. 
Lui mi aveva stretto a se confortandomi, avevo deciso era il custode dei miei segreti e delle mie paure. Lo avevo innalzato a qualcosa di più di un semplice conoscente, era un amico puro e sincero, per la prima volta avevo un amico vero.
"Convenzioni!" Mi sussurrò nell'orecchio, capii che stava confidandomi un segreto che sarebbe rimasto solo tra noi e la notte autunnale. "Sono preda delle convenzioni, la mia è una famiglia tradizionale, la sua anche. Io so ciò che sono, l'ho subito capito quando avevo tredici anni. Mi sono innamorato di lui quando l'ho conosciuto cinque anni fa! Ovviamente non mi ha  accusato neanche di striscio, ho pensato all'epoca che fosse etero, ci sta. Sono io quello omosessuale dei due!" Mi confidò continuando a tenermi stretta. Compresi che per lui era una liberazione poterne finalmente parlare, così non lo interruppi. Sapevo fin troppo bene cosa significava crescere in una famiglia di mentalità chiusa. Edgar sospirò continuando a raccontarsi
"Lo amavo in silenzio, perché di lui potevo comunque conservare l'amicizia. Mi potevo accontentare." Ammise con acredine nella voce. "Poi l'anno scorso conobbe mio cugino e lui cambiò. Compresi in quel momento che come me era omosessuale, compresi che si era invaghito di mio cugino subito. Faceva di tutto per mettersi in mostra e per confrontarsi con lui, come io avevo fatto con lui stesso. Perché sapeva che non ci sarebbe stato un futuro con mio cugino e come io temevo non ci fosse con lui." Concluse, mi scossi leggermente da lui fissandolo. Attesi che continuasse, perché non lo faceva? 
"Ti sei quindi rivelato a lui? Vi siete trovati?" Gli chiesi speranzosa.
Lui scosse la testa allontanandosi da me. "No! Lui è fidanzato con una ragazza di buona famiglia, a quanto pare ben voluta dai suoi. Io con i miei fingo di avere una ragazza e di essere felice con lei." 
Mi disse prendendomi la mano e dirigendosi verso i dormitori. "Di quanto hai il ritardo? Hai idea di che periodo sei?" Mi chiese cambiando argomento.
Annuii. "Penso di averlo concepito l'ultima settimana di agosto." 
"Quindi due mesi pieni. Andremo in una clinica settimana prossima, va bene?" Mi disse lui.
Chiusi gli occhi, che stupida ad attendere tanto. Due mesi già... "Va benissimo!" Confermai, non potevo portare avanti la gravidanza. Avevo delle ambizioni e dei progetti, quel bambino sarebbe stato solo un ostacolo.

Ottobre aveva lasciato il posto a novembre, come promesso Edgar mi aveva portato in una clinica privata per eliminare il mio problema. Comprendevo che la clinica avrebbe richiesto un pagamento non indifferente. Ma come lo stesso Eddy mi aveva detto, lì avevamo una certa copertura igienica che nelle cliniche a basso costo non c'erano. Lui era seduto al mio fianco, indossava un maglione a collo alto bianco che metteva in evidenza i capelli rossi e gli occhi azzurri, da quando sapevo che veniva da una famiglia facoltosa tutti mi tornava. Il maglione era in cashmere, il giubbotto stesso era un north face e se avessi controllato la marca dei jeans sicuramente avrei scoperto che anch'essi erano firmati. Forse ci eravamo anche incontrati nel corso della nostra infanzia rimandando inosservati l'uno all'altra, chissà. 
Mi guardavo intorno, così da non continuare a fissarlo. C'erano donne con il pancione in stanza pronte a partorire. Si parlavano tra di loro, una diceva che il bambino scalciava e che nonostante le contrazioni era ancora indietro col tempo, una ogni trenta minuti lo facevano presagire. L'altra parlava del suo ricovero, doveva partorire il giorno dopo, un cesareo. Al che la prima donna disse che lei avrebbe fatto un naturale e che non vedeva l'ora di abbracciare sua figlia. Anche io dovevo ricoverarmi, sarebbe stato un day hospital, entravo, intervenivano e poi sarei tornata a casa. 
Avevo detto a Gabriel di non contattarmi quel giorno poiché avevo degli esami e non mi avrebbe trovata. Non sarei riuscita a mentirgli, già occultare tutti i miei pensieri ed eludere l'argomento mi veniva difficile. Dirgli apertamente: vado ad abortire, non voglio nostro figlio! Sarebbe stato distruttivo per entrambi lo comprendevo. 
Finalmente la porta che ci divideva dal reparto ostetricia si aprì, forse era per me, forse per la donna che doveva fare il cesareo. Speravo chiamassero me sinceramente, sentire quelle due donne parlare dei figli e delle gravidanze, vederle carezzare il ventre tondo e vezzeggiare i loro figli attraverso la voce mi mescolava strane sensazioni dentro. Loro parlavano dei loro figli ed io pensavo di non potere avere invece il mio! Dalla porta uscì un uomo con in mano una valigia, non mi sembrava un medico anzi. Indossava un jeans ed una felpa, lo sguardo raggiante mentre lasciava passare una donna con in braccio un bambino. 
No! Non questo?! Il neonato emanava lievi gemiti intanto che i neo genitori pensavano a coprirlo per bene con la copertina in lana prima di uscire.
"Metterai fuori la cuffia tesoro, qui è ancora caldo per lui." Disse il papà. 
Io seguivo quella scena sempre più sconvolta. Padre, madre e figlio sembravano così perfetti in quel quadretto. 
La donna assentiva conciliante al marito seguendolo,  guardò il nostro piccolo gruppo. Augurò il meglio alla madre in travaglio e salutò noi altre augurandoci il meglio. 
Strinsi la mano a Edgar, lui non la rifiutò anzi me la prese e mi sorrise. 
"Non ce  la faccio!" Sussurrai.
Eddy annuì. "Credo che hai ragione!" Ammise, eravamo sulla stessa lunghezza d'onda, pensavamo la stessa cosa. "Vuoi fare la visita almeno? Potremo vederlo..." mi disse eccitato. 
Gli sorrisi, si potevamo vederlo. Così attendemmo e dopo che la donna del cesareo fu ricoverata finalmente chiamarono anche noi. 
Fu Edgar a dire loro che non ci sarebbe stato più alcun intervento. Al contrario facemmo la visita che accertò il periodo della gravidanza, otto settimane più una. Vidi per la prima volta mio figlio in forma di un puntino e per la prima volta da quando avevo i ritardi fui felice. Con Eddy ci concedemmo un cappuccino per festeggiare il bambino, eravamo entrambi eccitati e facevamo progetti.
"Sarò come uno zio per lui, o lei..." affermò . "È stata un'esperienza magnifica e io Ada ti aiuterò."
Perché per lui non dovevo fermarmi, dovevo continuare a studiare e andare avanti con i miei progetti. Lui mi avrebbe aiutato perché pensava che alla fine la legge e il diritto non erano parte di lui. 
"Se hai bisogno di sostegno quando parlerai con il tuo ragazzo..." Disse.
"Se avrò bisogno di sostegno ti dirò Eddy. Sarà però un confronto solo nostro come è giusto che sia." Gli dissi. 
"Pensi che non lo vorrà?" Mi chiese titubante.
Ci pensai su prendendomi tempo. Pulii il labbro sporco di latte e ripensai al periodo insieme a Monaco o sull'aereo, durante il viaggio, quando mi aveva detto che non aveva usato contraccettivi, non con me. 
"Penso che lui sia più preparato di me sai?" Gli dissi facendo spallucce. 
"Ne avete parlato?" Chiese colpito.
"Del fatto che non avessimo usato protezioni sì, disse che ci avremo poi pensato o una cosa del genere." Affermai.
Edgar mi osservò dolcemente poi annuì. "Credo di averlo giudicato male, non sapevo questa cosa è forse lui ti ama." 
Tacqui, durante quei due mesi avevo iniziato a studiare il tedesco con Pamela. Conoscevo un po' di modi di dire adesso e cercare il significato di mein liebe sul dizionario era stata la mia priorità. Potevo essere quindi sicura che Gabriel mi amasse, poiché mi chiamava amore mio in privato. Effettivamente adesso per avere una certezza dovevo solo metterlo al corrente dei fatti e carpire quanto il suo sentimento verso di me fosse sincero. 


 

//Middle school in America, sono studenti dai 11 ai 14 anni. 
Adelaide prende 20$ l'ora per ogni studente indipendentemente dalla fascia che istruisce, mi sono regolata sui 20€ che prendono qui in Italia (almeno dove abito io queste sono le rette). Fa lezioni private tre volte a settimana e lavora su ogni studente circa due ore al giorno, quindi approssimativamente solo dando lezioni prende 1900 (se non di più dipende dalle ore, il conteggio esatto per 2 ore ogni 12 giorni sarebbe pari a 1920$). C'è poi da calcolare il lavoro da baby sitter, sinceramente non saprei quanto costino, diciamo che reputo l'incasso come risparmio personale di Adelaide. 
Ovviamente anche qui, lei insegna ai ragazzi delle medie tre volte a settimana: lunedì, mercoledì e venerdì. Le restanti, martedì e giovedì  invece per i ragazzi universitari.

Harvard è a Cambridge (Boston) 
Alpha Epsilon Pi è una confraternita di Harvard

 

   
 
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