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Autore: Always_Potter    14/02/2021    3 recensioni
Quando Ryuk lascia cadere il suo quaderno sulla Terra, l’unica speranza dell'umanità è il primo detective al mondo... e una squadra non troppo scelta di Auror.
°*°*°*°
«No, aspetta, fammi capire. Tu hai passato gli ultimi vent’anni a fingere di non esistere, c’è gente seriamente convinta che tu sia un vampiro, e ho visto Robards sull'orlo delle lacrime perché ti sei rifiutato di apparire davanti al Wizengamot per quattordici volte. Ora lanci minacce in diretta televisiva, prendi il tè delle cinque con sei Auror e vuoi presentarti al primo sospettato? Il prossimo passo qual è? Invitare Kira a prendere parte alle indagini e diventare amici del cuore?!»
«Beh, all’incirca… sì, quello sarebbe il piano a lungo termine. Acuta come sempre».
La strega, allibita, accarezzò l’idea di piantare qualcosa di molto acuto nel cranio del detective. Tipo un coltello da cucina.
O una katana.
Avrebbe fatto un sacco di scena.
°*°*°*°
Un detective dal genio imbattuto.
Una Auror dalle abilità eccezionali.
Una quantità sterminata di bugie.
Il Mondo Magico ha di nuovo bisogno di essere salvato.
Genere: Fantasy, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5

Tripudio di coraggio, fegato e idiozia

27 dicembre 2003

Tu sei l’unica sopravvissuta.

Un brivido freddo le scese dalle spalle lungo la schiena, come acqua ghiacciata. Spaesata, fissò L senza vederlo davvero.

Tu sei l’unica sopravvissuta.

Il nodo che le premeva prepotente sullo stomaco le fece venire voglia di vomitare sul tappeto persiano ai suoi piedi, una reazione a malapena trattenuta a quelle parole troppo familiari. Era la terza volta che le sentiva, e ogni volta era stata di troppo.

Tu sei l’unica sopravvissuta.

Sophie cercò di concentrarsi su ciò che aveva davanti agli occhi, ignorando per quanto possibile i bisbigli del passato.

«Com’è possibile? Mi stai dicendo che dodici agenti sono morti nelle ultime ventiquattr’ore?!»

«No, sono morti nelle ultime due ore» la corresse il detective, la voce appena più spenta del solito.

La strega sbarrò gli occhi, allucinata da quell’affermazione. Come era stato possibile, chi diavolo…

Oh.

«L’ha fatto davvero, il bastardo…» disse a fil di voce, cercando la risposta negli occhi d’ossidiana del detective. Lui annuì impercettibilmente.

«Gli Auror del Macusa sembrerebbero essere morti tutti in un lampo di luce verde, senza variazioni»

«Kira vuole che si sappia che è stato lui» commentò assente Sophie, non riuscendo a credere a quello che sentiva.

«Dovresti sederti, sei sotto shock…»

«Non sono sotto shock!» replicò alterata la giovane, «Voglio solo capire come cazzo ha fatto Kira a uccidere dodici Auror professionisti in meno di due ore!»

Non riusciva a concepirlo, si rese conto.

L l’aveva preparata all’eventualità e, dopo aver studiato ogni rapporto fino a imprimerselo nella testa, sapeva perfettamente di cosa fosse stato capace Kira fino a quel punto. Capire quanto da vicino la morte l’avesse sfiorata, però, con quanta ferocia e facilità Kira avesse sottratto le vite di quei professionisti come se nulla fosse…

«Sophie. Siediti, per favore.»

La ragazza eseguì, deglutendo il nodo alla gola e stringendo i pugni fino a sentire le unghie scavare nei palmi delle mani. Non poteva perdere la testa adesso, non poteva e non doveva: era proprio ora che doveva dimostrare di avere sangue freddo, altrimenti di che utilità poteva essere a quelle indagini?

Tuttavia…

Dodici agenti, dodici vite sottratte senza il minimo sforzo, senza spiegazioni, senza duelli, senza possibilità di reagire o difendersi. Niente eroismo o ultime possibilità, niente di quello a cui si era abituata, per cui si era addestrata. Era atroce, e sarebbe dovuto accadere anche a lei.

«Come ha fatto?» ripeté allora, la mascella contratta e uno sguardo duro in volto.

L si sporse verso la montagnola di Cioccorane che occupava il tavolino, prima di rispondere. Con tutta calma, ne scartò una e la divorò intera.

«Purtroppo, stiamo avendo un brusco calo di personale. Dopo aver saputo delle morti degli Auror, e quindi delle loro… delle vostre indagini, quasi tutti i collaboratori giapponesi si stanno ritirando. Così anche l'intera sezione di Auror del Magico Congresso statunitense» spiegò L, attaccando subito un altro dolce. «Prima, però, il Macusa ci ha informato che diversi agenti, apparentemente in momenti non collegati ai decessi, avevano richiesto la lista completa dei colleghi operativi in Giappone, per questo caso ovviamente»

«Una lista con le loro identità

«Il loro capo ha pensato che fosse stata una decisione collettiva, quella di avere i nominativi a portata di mano… e ha mandato quattro gufi, con l’istruzione di diffondere le informazioni ai dodici Auror»

«Non capisco, Penber sapeva della mia presenza qui, perciò anche il resto dell’organizzazione ne era a conoscenza… il mio nome doveva essere su quella lista, io dovrei…» la strega si ritrovò a prendere fiato, solo per un attimo, la voce strozzata come se si fosse dimenticata di respirare. Strinse le labbra, sforzandosi di non abbassare lo sguardo. «Dovrei essere morta»

 L inclinò lievemente il capo, poi le indicò le Cioccorane.

«Mangiane una, ti farà sentire meglio»

Sophie si massaggiò la radice del naso, gli occhi socchiusi e un sospiro sulle labbra. «Ryuzaki, non credo che…» prima che potesse finire la frase, una macchia colorata attraversò i margini del suo campo visivo, e la mano destra della strega scattò istintivamente nell’aria.

Fissò la Cioccorana con la fronte corrucciata, poi il detective che gliel’aveva lanciata.

«Cercatrice[1], no?» le disse, inarcando appena le sopracciglia.

Sophie assottigliò lo sguardo: si stava forse prendendo gioco di lei? L e gioco nella stessa frase? Senza smettere di fissarlo, iniziò a mangiucchiare la sua rana di cioccolato, temporaneamente dimentica della nausea.

A quel punto, L parve abbastanza soddisfatto da continuare.

«Watari si sta procurando una copia di quel file, ma posso presupporre che riportasse informazioni errate, almeno su di te»

«Loro non le avrebbero nemmeno dovute avere, quelle informazioni!» puntualizzò la strega.

«Collaborerò con Robards per sapere se e quali aiuti abbia avuto il MACUSA dal Ministero…».

Sophie strabuzzò gli occhi, ricordandosi improvvisamente di chi la aspettava dall’altra parte del mondo. «R-Ryuzaki, Harry e gli altri- Non penseranno che io sia morta?!»

«Watari ha informato Robards via Metropolvere non appena sei entrata nella stanza» la interruppe L, leccandosi con attenzione il cioccolato dalle dita. «Preferisco non condividere però ulteriori informazioni via camino, è troppo facile da intercettare».

La rossa annuì, lasciandosi andare in un lungo sospiro di sollievo. Poi, dopo un attimo di incertezza, prese un’altra Cioccorana: ora che era riuscita a mandare giù qualcosa, si era resa conto di avere una fame tremenda.

Dopo aver staccato la testa della rana con un morso deciso, aggrottò la fronte. «Ryuzaki, perché diavolo gli agenti americani hanno richiesto quel documento? Dovevano sapere a che pericolo andassero in contro, non posso credere che-» la strega si bloccò a metà della frase, prima di sfregarsi forte una mano sul volto. «Certo, ok, Kira controlla le azioni prima della morte. Questa è assolutamente la prova inconfutabile… avrà sfruttato un agente di cui sapeva già l’identità per avere accesso alle azioni degli altri… il messaggio, ti ha scritto qualcos’altro?».

«… Sai del messaggio?» le chiese L, apparentemente preso in contropiede.

Sophie deglutì, sentendosi stranamente a disagio nel vedere lo stupore sul volto del detective. «Sì, insomma, li ho letti anche io i rapporti» spiegò, passandosi una mano tra i capelli, «non ci voleva un genio dell’enigmistica per vedere che, in ogni messaggio lasciato dai criminali morti negli ultimi giorni, i caratteri all’inizio delle frasi formavano un messaggio».

Il detective rimase in silenzio per qualche lungo secondo, in cui Sophie si concentrò sulla sua Cioccorana per ignorare il suo sguardo penetrante.

«Si è preso gioco di me» ammise infine il ragazzo, la voce condita da una lieve acredine, mentre faceva volare un brandello di pergamena verso la giovane.

Riportato prima in giapponese, poi in inglese, vi campeggiava il seguente messaggio: “L, lo sai/ che gli shinigami/ mangiano solo mele?”. Il messaggio prese fuoco tra le mani di Sophie, mentre lo accartocciava.

«Scusa» sibilò, per nulla dispiaciuta.

Lui fece spallucce.

«Quindi… Oh, Watari!»

Il maggiordomo entrò nella stanza con un bicchiere di succo di zucca, sorridendole amabilmente prima di porgerglielo. «Signorina Sophie, sono sinceramente sollevato nel sapere che stia bene».

«Io…» Sophie strinse le dita attorno al bicchiere ghiacciato (proprio come piaceva a lei), provando un’improvvisa ondata di affetto. Malgrado lo conoscesse da così poco, il mago le ricordava Silente, con quello sguardo sempre gentile e l’aura di mistero che si portava appresso.

«Grazie, Watari, grazie davvero» gli disse, trovandosi quasi a trattenere le lacrime mentre, per la prima volta, avvertiva tutta la nostalgia e lo stress accumulati in quelle settimane.

«Si figuri, signorina» Watari ebbe la delicatezza di rivolgersi a L, dandole il tempo di ricomporsi mentre trangugiava il succo di zucca. «Il signor Robards aspetta una comunicazione non oltre domani pomeriggio».

L annuì, e il maggiordomo si ritirò in un angolo della stanza, iniziando a muoversi rapidamente tra un computer e un buon metro di rotolo di pergamena.

«Stavi dicendo?» chiese poi il detective a Sophie.

«Oh, ehm… a-adesso?»

«Adesso… sei libera di tornare a Londra.»

La strega emise un verso strozzato, iniziando a sputacchiare succo e tossire furiosamente.

«C-co-me sare-» farfugliò tra un colpo di tosse e l’altro, battendosi un pugno sul petto. L inclinò il capo di lato, sospirando leggermente.

«Anapneo» pronunciò con chiarezza, facendo subito riprendere fiato alla ragazza.

Lei, con voce gracchiante, ripeté: «Come sarebbe tornare a Londra?!»

«Sei libera di tornare a Londra. Nessuno ti impedisce di restare, ma tantomeno di andartene, dopo aver rischiato la vita appena qualche ora fa» spiegò pacatamente il detective, gli occhi che non incrociavano quelli della strega. «Dopotutto, sarebbe più che ragionevole».

Sophie si ritrovò ad aprire e chiudere la bocca un paio di volte, senza sapere cosa dire.

Beh, sarebbe stato ragionevole, non aveva torto: era chiaro che anni di esperienza, un potente Ministero alle spalle e lo stesso L non fossero bastati come protezione per quegli Auror, no? Se lei era ancora viva era solo per puro miracolo… e quella non era nemmeno una fase decisiva delle indagini, anzi. Senza contare che, in quel preciso momento, probabilmente tutti i suoi amici stavano pregando perché tornasse.

Tutto considerato, quindi, perché le sembrava una totale assurdità abbandonare il caso?

D’accordo, qualcosa era andato storto, molto storto, e quindi? Si aspettavano che fuggisse a gambe levate, proprio ora che la situazione si faceva seria? Forse era solo un’irresponsabile, o era troppo superficiale, o era totalmente matta ma… ma non se ne sarebbe mai andata. Aveva preso un impegno, e ora lo avrebbe portato a termine, a qualsiasi costo.

Quando tornò a sollevare lo sguardo, Sophie si sentì momentaneamente leggera di qualsiasi dubbio. Lo sguardo altero e la voce priva di tremori parlarono chiaro: «Ryuzaki, dovrai costringermi fisicamente a tornare a Londra, se è questo che vuoi. E anche se ci riuscissi, non ti sarai comunque liberato di me».

Lo disse con fierezza, lo disse da vera, spudorata Grifondoro.

L rimase a fissarla per qualche minuto, in assoluto silenzio, mentre il volto della strega diventava pian piano scarlatto. Di sfuggita, le parve anche che il rumore di tasti e penne scricchiolanti fosse cessato, dalla direzione di Watari.

Pochi secondi dopo, il mago consegnò una serie di fogli all’immobile detective. «Ryuzaki? Il file del Macusa»

L batté le palpebre, distogliendo lo sguardo dalla strega e afferrando senza esitazione i documenti. Sophie, nonostante fremesse per leggere in prima persona quel file, si sforzò di attendere. Almeno per qualche secondo.

«Ehm… Ryuzaki?» chiese impaziente.

Lui la guardò di sottecchi, prima di porgerle i fogli.

La strega scorse febbrilmente la lista di Auror, deglutendo il senso di nausea che le provocò pensare che ciascuno di loro ora fosse morto, cercando di non pensare a quanto quella lista fosse ormai un necrologio. Quando trovò la sua foto, quella ufficiale, scattata per i documenti ministeriali, lesse con attenzione le informazioni riportate: ogni dettaglio anagrafico combaciava perfettamente, tranne nome e cognome.

Un nome sbagliato. Uno stupido nome sbagliato. Questo era tutto quello che l’aveva schermata dalla furia omicida di Kira… no, non furia omicida. Quegli omicidi erano logici, pianificati, chirurgici, ben lontani dallo sfogo di un folle.

L si schiarì la voce, richiamando l’attenzione della giovane. «Ora inizia la fase di cui ti ho parlato quando sei arrivata».

La rossa corrugò la fronte. «Quindi… una diversa gestione delle indagini?» tentò di ricordare, appoggiandosi stancamente allo schienale del divano. I fogli, per qualche motivo, li teneva ancora stretti tra le dita.

«Ho dato un ultimatum al Quartier generale giapponese… la scelta è la stessa che ho posto a te: restare e rischiare la vita in prima linea, o tornare a casa propria»

«E poi?» lo incalzò Sophie, col vago sospetto che il detective si stesse godendo tutta la suspence.

«Poi, chi alla mezzanotte del trentuno dicembre avrà accettato di rimanere a lavorare con me, verrà guidato qui» le disse infine L, guardandola dritto negli occhi, «il nuovo Quartier generale delle indagini su Kira».

Melodrammatico.

Sophie trattenne un sorrisetto, mentre rimuginava sulle parole del detective: malgrado quella fosse tutt’altro che una decisione presa sul momento, e anzi si trattasse di una mossa accuratamente premeditata, la strega era ancora incredula al pensare che L si volesse mostrare ad altre persone. Che L fosse finalmente disposto a lavorare a viso scoperto con un’intera squadra investigativa  poteva significare solo che ora, ora faceva veramente sul serio.

In barba a tutta la preoccupazione e contro assolutamente ogni logica, si sentì pervasa dall’eccitazione, come una bolla alla base della gola.

I due trascorsero ancora mezz’ora a definire i passi direttamente successivi: le nuove precauzioni da adottare, quali dati avevano a disposizione e quali si stavano già procurando, mentre Watari continuava a scrivere quella che pareva essere una fitta serie di lettere e comunicazioni top-secret.

Per quando Sophie iniziò a sbadigliare, lei e il detective erano pian piano rimasti in silenzio, a riordinare e controllare un’ultima volta la documentazione.

«Sophie?» la voce roca di L ridestò l’attenzione della strega, intenta a sfregarsi un occhio.

«Sì?» Non la stava guardando direttamente, no, la scrutava di sottecchi, dietro le ciocche di  sottili capelli corvini.

«Ti credevo realmente morta» quel tono, serio e bassissimo, le provocò uno strano brivido… o forse erano solo le parole che aveva pronunciato.

La giovane si riavviò nervosamente i capelli dietro un orecchio, cercando di capire cosa volesse dirle il detective. Era… preoccupato? Preoccupato per lei?

Arrossì impercettibilmente, trattenendosi dallo scuotere fisicamente via quell’idea con il capo: era ovvio che si preoccupasse, era una risorsa all’interno di una squadra già apparentemente scarsa, non c’era niente di più naturale.

Si stampò un sorriso gentile il volto. «Beh, sono qui, no? Come ti ho detto, ci vuole ben altro per mettermi i bastoni fra le ruote!»

«… In ogni caso, presta attenzione durante il proseguimento delle indagini. Dobbiamo agire presumendo che Kira conosca i volti delle sue vittime. Niente imprudenze».

La rossa annuì, non sapendo cosa aggiungere. Normalmente, avrebbe ribattuto con qualche battuta, cercando di sminuire o sdrammatizzare tanta serietà, però… però era bizzarro che L dicesse cose del genere, lui che di solito diceva e faceva solo lo stretto necessario.

Beh, non sempre.

In fondo, fino a qualche giorno prima il problema era proprio che le loro conversazioni non concernessero solo lo stretto necessario. Si era rimproverata per aver assunto un atteggiamento troppo amichevole con il suo superiore. D’altro canto, indagando con i pochi numeri che prevedevano, non sarebbe poi stato così strano se si fosse creato un clima piuttosto amicale, di colleghi alla pari nel relazionarsi l’uno con l’altro, nel suggerire e discutere idee e ipotesi, e… e nel preoccuparsi. Erano colleghi, erano Auror. Era tutto nella norma.

Anche quella scintilla d’inquietudine negli occhi solitamente impassibili di L.

Un riflesso, è un dannato riflesso.

Sophie si strofinò nuovamente gli occhi, incolpando la stanchezza per il modo in cui i suoi pensieri sembrassero vagare senza alcun controllo.

«Forse dovresti andare a dormire»

«S-sì, sono di ben poca utilità ora come ora» ridacchiò Sophie, stiracchiandosi mentre si alzava.

«Puoi prenderle, le figurine.»

Sophie si guardò attorno, spaesata, poi vide le due carte che aveva lasciato sul divano. «Oh! Sicuro? Voglio dire, in fondo erano le tue Cioccorane» nel momento in cui lo disse, la ragazza si chiese perché a L dovesse fregare di quelle carte. Cosa si aspettava, che il detective numero uno al mondo ne facesse la collezione?

Qualcosa, però, le dava come l’impressione che il mago tenesse a quella piccola sciocchezza.

«Sono tue» replicò fermamente L.

«Ok, ehm, grazie. B-buonanotte allora!» alzò appena la voce, per salutare anche Watari, e si rifugiò in camera sua.

 

«Come sapevi che ti avrebbe detto di sì?»

«L’hai detto tu, è una Grifondoro fino al midollo»

«Uhm, e cosa farebbe una Grifondoro fino al midollo, se scoprisse che hai un fascicolo su di lei da quattro anni?»

L aggrottò la fronte, infastidito dal mago che lo aveva cresciuto, ma che ancora pensava fosse utile stuzzicarlo. «Watari…» disse in tono impaziente, aspettando una spiegazione.

Il maggiordomo lo fece attendere: raccolse le Cioccorane rimaste sul tavolino, e le spedì in cucina con un guizzo della bacchetta.

Poi, dopo essersi seduto di fronte al suo pupillo con tutta calma, parlò: «Non ti avevo mai visto condividere i tuoi dolci con qualcuno»

«Mangia con me tutti i giorni»

«Mh mh…» fece Watari, con fare pensieroso. «Una volta, incantasti una piccola quercia della villa affinché rincorresse Z per tutto il giardino, costringendolo a correre per un’ora filata prima che riuscissero a fermarla» raccontò il mago, mentre lucidava le lenti degli occhiali con un fazzoletto candido. «Ti aveva rubato delle Cioccorane».

Il giovane non rispose, guardandolo impassibile. L’occhio allenato di Watari, d’altronde, vide invece una chiara occhiata torva.

«… Devo intercettare la lettera che scriverà ai suoi amici?» aggiunse il maggiordomo, il tono vagamente provocatorio e divertito di chi conosce benissimo i propri polli. Anche quelli con un QI superiore a duecento, anzi, specialmente quelli.

«Taci Watari... comunica che i piani sono andati esattamente come previsto e che mi occuperò personalmente di rinforzare gli Incantesimi di Difesa. Non voglio che lui crei pressioni inutili».

Watari stava chiaramente trattenendo un sorriso quando gli rispose: «Certo, Ryuzaki».

 

***

 

29 dicembre 2003

Inizialmente, Draco non si era risparmiato dal dare a tutti dei paranoici. Non che ci volesse molto ad arrivare a tale conclusione: se non fosse bastata la moltitudine di teorie del complotto che Potter e Weasley avevano prodotto a Hogwarts (e che Hermione, non senza una certa dose di imbarazzo, gli aveva raccontato), gli anni di lavoro gomito a gomito con gli ex-Grifondoro bastavano e avanzavano come prova.

Mentre si sarebbe rasato a zero prima di ammettere ad alta voce che i colleghi non fossero male nel lavoro su campo, nella pianificazione e nel coordinamento squadre, non aveva assolutamente nessunissimo problema a dire quanto potessero essere patetici nell’individuare i colpevoli. Non che mancassero totalmente delle capacità logiche e deduttive di base (altra cosa che avrebbe negato sotto tortura), ma Draco ricordava con sonoro divertimento le cantonate che si erano presi Potter e Weasley negli anni e, anzi, si curava con dedizione che tutti potessero ricordare.

Hermione aveva ammesso che i suoi amici peccassero di impulsività di giudizio.

Draco aveva ammesso che i suoi amici peccassero di un sacco di cose, tra cui l’incapacità di mettere un filtro tra la bocca e le loro bacate menti.

L’unica concessione che il biondo si sentiva di fare in quel tripudio di coraggio, fegato e idiozia[2], era Sophie: della squadra, era quella che assieme a lui riusciva ad analizzare le situazioni con maggiore ordine e logica. Il fatto che non fosse particolarmente dedita a correre in contro a conclusioni affrettate, però, non significava che fosse estranea a colpi di testa e gesti impulsivi.

Ecco perché, quando la strega aveva mandato quella lettera in cui chiedeva di “tenere d’occhio” Robards e tutti si erano concitatamente agitati attorno a quella strana richiesta, lui si era sentito nella posizione di poterli ignorare bellamente.

Ignorarli mentre si consultavano, si fissavano preoccupati, e iniziavano a sbirciare Robards in modo dolorosamente ovvio. Lui si limitava ad osservarli con aria vagamente esasperata, mentre si agitavano tanto per quella che alla meglio era una frase di circostanza, e alla peggio un timore infondato: se proprio dovevano essere onesti, era perfettamente plausibile che il Capo fosse diverso dal solito, in mezzo a quella baraonda causata da Kira.

Nossignore, non avrebbe sprecato tempo su quella gara di sguardi, non quando era già sufficientemente impegnato con il suo lavoro di routine e il carico extra dato dal caso Kira. Lo aveva chiarito perfettamente a tutta la famigliola felice, quando avevano ricevuto la lettera.

Per questo, quando annunciò che Robards stava “Decisamente nascondendo qualcosa”, a un tavolo del loro pub preferito, Harry e Ron lo guardarono come se gli fosse sbucata una seconda testa.

«Cosa?» chiese, inarcando un sopracciglio con fare altezzoso.

«Cosa? Cosa credi che stiamo pensando?» replicò Ron, grattandosi un sopracciglio.

Draco si strinse nelle spalle. «Diciamo che non si può mai conoscere del tutto una persona» si giustificò cripticamente, prima di bere un sorso di vino con la massima nonchalance.

«E tanti saluti a quello che ci dava dei paranoici» sbuffò il rosso, tirando una gomitata d’intesa a Harry. Il moro, però, sembrava star cercando di dissezionare Draco con lo sguardo.

«Non parlare come se volessi ritrattare, voi siete dei paranoici» precisò sprezzante il biondo. Alzò una mano per attirare l’attenzione della cameriera, facendole segno di portare un altro giro. Nel mentre, Potter non aveva smesso di fissarlo.

«Cosa c’è?» sbottò Draco, esasperato.

«Perché hai cambiato idea?»

«Lo stai davvero chiedendo all’ex-Mangiamorte che è finito a lavorare con le persone che gli stavano più antipatiche in una scuola di trecento studenti?»

«Smettila di evitare la domanda».

Draco si accigliò alla voce ferma del collega, capendo che non era dell’umore per farsi manipolare come suo solito. Sospirò, puntando un dito sui colleghi. «Io ve lo dico, ma non iniziate a fare i complottisti o giuro che vi Oblivio».

Harry e Ron si scambiarono un’occhiata, poi annuirono.

«Ok, allora… l’altro giorno potrei aver sentito Robards parlare alla Metropolvere…»

«Hai origliato» commentò Ron, aggrottando la fronte.

«Sì, Weasley, come ti pare» lo liquidò rapidamente con uno sventolio di mano, prima di continuare, «comunque, stava parlando con Watari».

Draco si godette il cambio repentino nell’atteggiamento dei Grifondioti, che spalancarono gli occhi e si sporsero in avanti. «Cosa hai sentito?»


LUMOS

Miei prodi, ho finito la sessione. Sono libera. Sono vagamente distrutta. Sono pronta a tentare di essere più puntuale con gli aggiornamenti. Amatemi.

Ringrazio come sempre coloro che seguono/preferiscono/ricordano, e le meravigliose persone che recensiscono, siete davvero dei tesori :’3

AH, e ringrazio piccolo_uragano_, perché vedere come impreca leggendo i capitoli nuovi da sempre una certa voglia di scrivere.

Love u all :3

NOX

 

 


[1] I Cercatori, nel Quidditch, hanno il compito di afferrare una pallina volante piccola, velocissima e sfuggente, il Boccino d’Oro. Ergo, Sophie ha dei riflessi ben sviluppati.

[2] “Coraggio, fegato e cavalleria/Fan di quel luogo uno splendore”, frase utilizzata dal Cappello Parlante per descrivere la Casata Grifondoro in una sua composizione.

 

  
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