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Autore: GiakoXD    14/02/2021    0 recensioni
Questo è un universo AU dove i witcher esistono ancora oggi, in una tranquilla ed ignara Padova universitaria.
Cosa succederebbe se una studententessa venisse salvata da uno strego? E se nemmeno lei fosse una ragazza qualunque?
Questa è la revisione globale della mia storia La discendente di Ithlinne, che avevo già pubblicato tempo fa. Spero di aver fatto progressi!!!
ecco un estratto:
“La ragazza non riusciva a staccare gli occhi da quell’essere, dall’aspetto mostruoso e orrendamente letale, da quelle orbite vuote. Fredde lacrime iniziarono ora a scendere dagli occhi della ragazza, mischiandosi alla pioggia e raccogliendosi sotto al mento tremante. Ancora paralizzata dal terrore, la giovane non si accorse della figura che spuntò alle sue spalle fino a che questa non la ebbe superata con un balzo, atterrando proprio davanti alla creatura. Con un movimento fulmineo, quest’ultima tranciò di netto uno degli arti artigliati della belva, facendogli descrivere un lungo arco in aria; un denso fiotto di sangue scuro schizzò dappertutto, lungo la parete, sul terreno e sul cappotto della ragazza che, sbigottita, indietreggiò spasmodicamente fino a sbattere contro il muro alle sue spalle.
Era una scena surreale.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cirilla Fiona Elen Riannon (Ciri), Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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« Ma io non voglio andare fra i matti », osservò Alice.
 « Be', non hai altra scelta», disse il Gatto « Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.»
 « Come lo sai che sono matta?» disse Alice.
 « Per forza,» disse il Gatto: « altrimenti non saresti venuta qui.»
Lewis Carroll – Alice nel paese delle meraviglie
 
 
 
Nell'immenso bosco di abeti regnava una profonda quiete. La luce pomeridiana del sole filtrava a stento attraverso la fitta vegetazione e la penombra era di un caldo color ambra. Un denso profumo di resina impregnava l’aria.
A terra, sotto gli imponenti tronchi, un’unica distesa di aghi di pino caduti, secchi e dal colore della sabbia.
Un unico puntolino blu si muoveva in quel mare silenzioso.
Una bambina con un bel vestitino blu correva a perdifiato in quel fitto bosco di abeti.
Correva al limite delle sue possibilità, ma ora iniziava ad essere stanca. Il petto le bruciava terribilmente. Le grandi radici che emergevano dal terreno la facevano inciampare, gli aghi di pino le si infilavano nelle scarpette, le graffiavano le gambe.  Sapeva però di non potersi fermare.
Non sapeva in che direzione andare e le grosse lacrime che le sgorgavano dagli occhi le rendevano difficile vedere, in quel mare di tronchi tutti uguali. Avrebbe voluto chiamare i suoi genitori, urlando fino a farsi scoppiare i polmoni, ma anche la sua piccola mente di sei anni sapeva che non doveva fare rumore, altrimenti l’uomo-bestia l’avrebbe trovata.
Quello che non sapeva era che la creatura riusciva a sentirla benissimo anche così, anche senza che lei urlasse. Il suo udito bestiale sentiva ogni suo singolo passettino. Avanzava con balzi silenziosi a poca distanza da lei. Fingeva di rimanere indietro, ma in realtà stava solamente giocando con la sua preda.
In preda ai singhiozzi – ormai la sua corsa era diventata un incespicare confuso – la bambina accecata dalle lacrime riuscì a fermarsi appena in tempo: davanti a lei era comparso un dislivello nel terreno, che scivolava per una manciata di metri verso il basso.
Asciugandosi la faccia con la manica del vestitino blu, la bimba cercò di placare il respiro affannoso, tentando di ascoltare i rumori che provenivano dietro di sé.  Boccheggiava e non sapeva bene cosa fare. Aveva il terrore di tornare indietro verso l’uomo-mostro, ma aveva anche paura di scivolare giù e di cadere. Tirò su poco elegantemente con il naso. Suo papà l’avrebbe sicuramente aiutata a scendere, scendendo prima e porgendole la sua grande mano forte. Ma lui non era lì con lei.
All’improvviso un rumore secco di rami spezzati la fece decidere: in realtà non era un rumore provocato dal mostro, era stata solo una pigna caduta giù dagli alti rami a fare rumore, ma la bimba, poverina, non poteva saperlo. Non poteva sapere neppure che la creatura si muoveva nel sottobosco senza fare il minimo rumore, a dispetto della sua stazza.
Ignara di tutto la bimba iniziò la discesa, accucciandosi e tenendosi alle radici contorte che emergevano lungo il dislivello. Il vestitino rimaneva indietro, raspando terriccio e aguzzi aghi di abete.
 
Aveva voluto assolutamente indossare quell’abitino per il giro al lago con i genitori, facendo i capricci all’idea di mettere qualcosa di più pratico; era andata con la mamma a comprarlo solo due giorni prima, e aveva voluto sfoggiarlo alla prima occasione. Per le scarpette poi, uguali a quelle di Alice nel Paese delle meraviglie, non aveva voluto sentire ragioni, aveva quasi pianto alla proposta dei genitori di metterne un paio da ginnastica. Le sue scarpette da principessa! Le tornava ancora in mente la voce di sua mamma mentre le diceva “e se le sporchi, Schatzi? Le hai appena comprate, Katherina!” Ma alla fine avevano ceduto alle lagnanze della figlia: in fondo era solo un giro sul lungo-lago, cosa poteva mai succedere?
E invece, come Alice, era finita in quel mondo bizzarro e popolato da mostri, e tentava in tutti i modi di uscirne scendendo lungo quel ripido dislivello. Le piccole mani si riempivano di terriccio mentre si aggrappavano alle radici, ma continuava a scendere e singhiozzare, un piedino alla volta.
Un brontolio, simile ad un tuono in lontananza ruppe il silenzio del sottobosco e la bambina con terrore guardò verso l’alto. L’uomo-bestia, enorme sopra di lei, la osservava con un orrendo ghigno divertito. La sua voce sembrò una frana che rotolava giù da una montagna. << Torrrrrna qui...stupida bambina. Con le buone…>>
Fu a quel punto che le scarpette, le belle e traditrici scarpette dalla suola liscia, perdettero la presa, e la bimba con un urlo strozzato scivolò lungo quello che rimaneva del pendio perdendosi tra i cespugli sottostanti.
La piccola Alice precipitava nella tana del Bianconiglio.
Alle pendici del dislivello, fitti cespugli erano riusciti a crescere nonostante la perenne penombra. La bambina vi si ritrovò immersa quasi completamente. Per fortuna non aveva niente di rotto, però il vestito si era strappato in più punti ed era impiastricciato di terriccio e rametti. Ovunque aveva aghi di pino che le pungevano la pelle. La bambina decise però di ignorare le punture e di rimanere nascosta nel cespuglio, dove si rannicchiò con le ginocchia al petto. Non osava fiatare. Tendeva le orecchie così tanto da credere che si potessero rompere, ma non riusciva a sentire alcun rumore: il battito forsennato del suo cuoricino la assordava.
All’improvviso sentì un crescente scricchiolio di foglie e rami, e vide con orrore che l’uomo bestia era sceso dal pendio e stava guardando verso di lei. Dai suoi occhi sgorgarono nuove e copiose lacrime mentre si rendeva conto che da lì non poteva più scappare. Voleva disperatamente che papà e mamma la trovassero.
<< Esci, bimbetta…so che…sei là…perrrrrcepisco…la tua paura…>>
<< Dovresti ascoltare di più con le orecchie, invece. Forse così avresti sentito i guai arrivare.>> era una voce maschile, però non era suo papà. La curiosità spinse la bambina a sporgersi fuori dal cespuglio per vedere l’uomo che, vestito come un cavaliere di Re Artù, stava senza paura davanti all’uomo bestia che si era girato di scatto verso di lui.
<< Sparrrrrisci…mutante…la bambina è nostrrrrra…>> la bimba vide il mostro abbassarsi e grattare per terra con le unghie, come faceva Rex quando voleva attaccare. Però Rex lo faceva solo per giocare.
<< Lo sai che non è così che funziona >> lo sentì dire, con voce calma e per niente spaventata, come se fosse un vero cavaliere che combatteva mostri tutti i giorni. << piccola! chiudi gli occhi e non aprirli fino a che non te lo dico io!>> urlò poi, e la bambina capì che stava parlando con lei. Obbedì senza esitare e piantò il viso fra le ginocchia.
Iniziarono le urla.
 
 
Nel sottobosco era calato un silenzio tetro. Finalmente.
Le urla dell’uomo-bestia e del cavaliere avevano messo i brividi alla bambina per un tempo lunghissimo, e nemmeno tappandosi le orecchie era riuscita a farle sparire del tutto. Ruggiti di rabbia, urla di dolore sia umane che bestiali. Crepitii di rami spezzati e di corteccia che si staccava dai tronchi.
Ora invece si sentiva solo il vento caldo che muoveva le fronde degli alberi, su in alto.
<< Bambina? No, non spaventarti, sono io. È tutto terminato. Ti tiro fuori da lì, sì? Solo… tieni gli occhi chiusi, sì? Ecco, prendi la mia mano >>
Il cavaliere la aiutò delicatamente a districarsi dal cespuglio di rovi. Le mise una mano sul capo, per tenerglielo abbassato, e la allontanò dal campo di battaglia. Per il suo bene, era meglio che non vedesse l’uomo riverso in una pozza di sangue, nudo e dal viso straziato dal dolore. Era meglio che non capisse che era tutto ciò che rimaneva dell’enorme creatura che l’aveva inseguita fino a lì.
La portò lontano, quella piccola bambina indifesa, sporca e piangente; le ultime parole del licantropo gli davano ancora da pensare, ma decise di occuparsene poi.
<< Eccoci qui, ora tu puoi aprire gli occhi di nuovo. Riesci tu a stare in piedi da sola? Come ti chiami, bella bambina?>> quello strano uomo non parlava come suo papà, ma usava quelle “u” che sembravano “v”, proprio come sua mamma.
<< Katherina >> rispose lei tirando un po’ su con il naso.
<< Proprio un bel nome. Io mi chiamo Gabriel >>
<< Cos’hai alla faccia? Ti ha fatto male l’uomo bestia? >> La bambina guardava incuriosita il cavaliere. Aveva occhi gialli da gatto e il viso pallido come un fantasma, solcato da lunghe striature bluastre. Lei però non aveva paura: il viso di quell’uomo era gentile e la guardava sorridendo. E per di più l’aveva salvata.
<< No, stai tranquilla…fra un poco mi passa. E tu piccolina, stai bene? >>
<< Mi fa un po’ male il ginocchio. Però voglio andare dalla mamma! Tu lo sai dov’è il lago che io mi sono persa? >>
<< Si, adesso ti ci porto, è da quella parte. Ah che brutta sbucciatura che hai qui, ascolta, salta su che io vado più veloce. Pronta? Andiamo!>>
 
Il cavaliere correva nel sottobosco trasportando la bambina in braccio come se quasi non avesse peso. Lei guardava alternativamente gli alberi filare veloci dietro di loro e su in alto il viso del suo salvatore, che ora non era più pallido come un fantasma ma era tornato di colore normale. Puntò il dito verso il suo braccio. << Hai sangue qui >>
<< Hai ragione, non me ne ero accorto. >> Rallentò la sua corsa fino a fermarsi e armeggiò con una mano in un sacchettino trasparente.  << Sai cosa facciamo? Prendiamo questa medicina che ci fa passare il male, io al braccio e tu al ginocchio, ok? >>
<< Sa di menta. >>
<< Eh sì, hai ragione! Adesso andiamo da tua mamma. Si parte!>>
Gli alberi tornarono a filare veloci, il vento rumoreggiava nel bosco come la risacca del mare. Cullata dalla corsa leggera del cavaliere e dal battito del suo cuore, la bimba appoggiò il viso sulla sua spalla e si addormentò tranquilla.



******
beh... che ve ne pare di questo flashback??? carino?? ho cercato di farlo più bimbesco possibile, spero di esserci riuscita almeno decentemente...
ho spezzettato in due anche questo capitolo... è un po' cortino, ma la prossima metà arriverà a breve, insieme ai drammi! XD
se vi è piaciuto o c'è qualche enorme castronata lasciatemi un commentuccio!!!
ciauz!!!!
   
 
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