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Autore: Ksyl    16/02/2021    3 recensioni
La storia prende spunto dalla fine della 8x08, ma le cose non sono andate esattamente come nel telefilm.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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17

 

Castle non era ancora tornato. Era via da molto tempo, Kate cominciò a impensierirsi. Controllò il telefono usa e getta che lui le aveva fatto pervenire, e che non aveva mai usato perché non era mai stato necessario. Dal momento che loro due erano sempre stati insieme, non le era interessato contattare il resto del mondo. Qualche volta aveva pensato, provando un vago senso di colpa, che avrebbe dovuto almeno informarsi di quello che stava succedendo al distretto. Aveva dato il suo nuovo numero di telefono solo a una persona, l'unica di cui potesse fidarsi e che non aveva fatto domande. In caso di emergenza sapeva che non avrebbe esitato a comunicare con lei. Finora non aveva mai ricevuto chiamate, segno che stava andando tutto bene e che se la stavano cavando da soli.
Si chiese per quanti giorni ancora sarebbero rimasti in Italia. Non lo sapeva e non osava fare la domanda ad alta voce. Non osava nemmeno porla a se stessa. Andava avanti fingendo che fosse tutto quello che avevano. E forse era proprio così.

Si alzò dal divano e si avvicinò alla finestrella verticale vicino alla porta. Scostò la tenda di cotone bianco, ricamata a punti sottili. Da lì si riusciva a vedere la strada per un lungo tratto, ma di Castle nessuna traccia.
Era tutta colpa sua. A quell'ora avrebbero potuto starsene rilassati a godersi la pace della giornata, ma a un tratto le era venuto l'assurdo desiderio di preparare una torta. Di mele. Proprio lei che avrebbe piuttosto preferito stare chiusa per ore dentro la sala degli interrogatori, a cercare di far cedere un sospettato particolarmente tenace.
Castle aveva cercato di dissuaderla. Non sarebbe stato meglio uscire di casa, prendere un po' d'aria e finire in qualche pasticceria, magari a bere una cioccolata bollente e scegliere, tra un vasto assortimento di torte, quella che le ispirava di più?
L'aveva seguita fino in cucina, mentre lei apriva cassetti e sportelli per valutare quello che avevano in casa e ciò che le sarebbe servito.

Kate aveva finto di indignarsi. Suo marito non la riteneva in grado di cimentarsi con una torta? Grazie tante per la fiducia. Aveva parlato brandendo una paletta piatta di cui non conosceva la funzione, ma che le sembrava adatta alla circostanza.
No, certo che ti credo capace di cucinare, tesoro. Si era affrettato a contraddirla, per cancellare nella sua mente l'onta di essere stata accusata di non saper fare qualcosa. A Katherine Beckett viene bene tutto, aveva cercato di lusingarla.
La verità era che lui aveva ragione, non aveva la minima idea di come fare. Ma non doveva essere tanto difficile. Aveva lavorato all'FBI, poteva non essere in grado di cavarsela di fronte a un compito così semplice? Bastava trovare una ricetta e seguirla in modo preciso e ordinato. Che cosa poteva andare storto?
Nel frattempo si era appuntata in un angolo della mente quel “tesoro” lasciato scivolare tra loro in modo tanto naturale, senza che lui se ne rendesse conto. Lei l'aveva colto e aveva fatto silenzio. Castle non la chiamava con nomignoli affettuosi da quando se ne era andata.

Si era perfino offerto di farla lui. O di aiutarla. Lei l'aveva redarguito con un'occhiataccia e lui si era rassegnato. Non gli aveva spiegato, perché non lo sapeva lei stessa, da dove venisse quel bisogno viscerale di riempire la casa di profumo di mele, proprio come quando era piccola. Di aspettare che l'impasto lievitasse e si trasformasse in qualcosa di fragrante e irresistibile.
“Perché devi farlo da sola? Facciamolo insieme”, le aveva proposto ancora una volta, senza cedere.
Kate non aveva compreso perché la ritenesse tanto inetta ai fornelli. In passato era successo che gli preparasse dei pasti regolari, per esempio dopo l'incidente con gli sci. Qualcosa di semplice, d'accordo, ma che l'aveva sfamato e fatto sopravvivere.
Il problema era forse che non voleva perdere il suo ruolo primario di uomo che si dedicava all'altrui sostentamento? All'improvviso si era ricordata di quando non aveva voluto confessarle quale fosse l'ingrediente segreto grazie al quale l'aveva fatta diventare, negli anni, dipendente dai suoi caffè. Se te lo svelo non avrai più bisogno di me. Allora non dirmelo.
Rammentava molto bene il loro scambio e come le si era stretto il cuore quando l'aveva visto seduto sulla sua vecchia scrivania ad aspettarla con una tazza in mano, e di come si era affrettato a rassicurarla che il suo era solo un gesto di conforto dopo una lunga giornata faticosa, non un agguato per convincerla a tornare con lui.
Kate aveva scosso la testa per scacciare i brutti ricordi. Era tutto passato. Erano insieme.

Quando si era reso conto che lei non era intenzionata ad abbandonare l'idea del suo progetto, aveva fatto l'ultimo, disperato, tentativo. Sarebbe andato lui a comprarle gli ingredienti mancanti. Poteva permettergli di fare almeno questo? L'aveva visto così speranzoso e abbattuto insieme, che si era dovuta trattenere dal buttargli le braccia al collo, altrimenti sarebbero finiti di nuovo di sopra e tanti saluti alla torta. Non riusciva a capire perché fosse diventata così sentimentale, anche se Castle sembrava apprezzare. Forse non l'aveva mai vista tanto trasparente nel dimostrargli quello che provava per lui.
Kate sospirò. Aveva dato per scontate molte cose tra di loro, ma era sua ferma intenzione impegnarsi per esprimere sempre i suoi sentimenti, anche se andava contro la sua natura.

Perché ci metteva così tanto? L'avevano trattenuto a dare una mano al fruttivendolo, usando il suo bell'aspetto per attirare clienti?
Aveva lasciato che uscisse lui sotto la pioggia, invece che andarci da sola, proprio per far sì che si rendesse utile in qualche modo. Dopo una rapida ricerca in rete, si era segnata quello che mancava, ma di cui aveva bisogno, e aveva appuntato l'esatto tipo di mele che le sarebbero servite. Di quelle era certa, le ricordava bene dalla sua infanzia. Gli aveva ripetuto più volte di non tornare con qualche sostituto inadatto. Forse non le aveva trovate, nel negozietto dove erano passati qualche volta a fare la spesa, e si era dovuto spingere più lontano. Forse le strade erano diventate impraticabili, per via della pioggia. O forse qualche commessa troppo zelante lo stava trattenendo con la scusa di essergli d'aiuto. Si inquietò. Castle stava avendo un po' troppo successo tra le donne del posto, molto più che a casa, dove già la risposta femminile al suo fascino non era da considerarsi trascurabile.

Dopo una decina di minuti udì con sollievo il rumore della ghiaia sotto le ruote dell'auto. Si affacciò di nuovo. Era tornato e stava correndo verso l'ingresso con più pacchetti e borse di quanti si aspettasse. Mistero risolto. Aveva di nuovo svaligiato qualche supermercato.
Gli aprì la porta lei stessa, per non fargli perdere tempo a cercare le chiavi. Fu accolta da un grande sorriso, schizzi di pioggia e la solita vitalità di suo marito che sembrò riempire la casa altrimenti vuota e tetra.
“Ehi”, la baciò con labbra che sapevano di caffè. “Scusa il ritardo. Il vicino mi ha fermato per darmi questo”. Le mise tra le braccia un pacco avvolto da uno spesso telo di stoffa, legato con un nastrino dorato. Si trattava di certo di qualcosa di commestibile. Non era la prima volta che venivano riforniti di prodotti locali senza averne fatto richiesta. Avevano sempre sorriso e ringraziato, senza dare troppa confidenza. Non perché fossero schivi, ma perché avevano bisogno di stare da soli.

Doveva essere un'usanza del posto. Spostò i lembi del tessuto, scoprendo una torta rotonda che, invece di essere dolce, era salata. Ne assaggiò un pezzetto. Era formaggio quello sbriciolato nell'impasto?
“Sua moglie si è alzata all'alba per tre mattine, per prepararla”, la informò togliendosi la giacca.
“Tutto questo disturbo per darla a noi?” Kate era già all'erta per la menzione di un soggetto femminile. Adesso si erano messe a cucinare per lui?
“No”, Castle rise, prima di vedere l'espressione incupita del suo viso. “La cucinano in questo periodo per i loro parenti. Sono stati tanto gentili da tenerne in serbo una per noi”.
Le appoggiò le mani sulle spalle, costringendola a guardarlo. “Non è un modo per sedurmi, come temi che faccia chiunque”.
“Lo temo per un motivo reale. Sbaglio o ti hanno invitato a bere un caffè?”
“Come fai a sapere... ?”
“Ero un detective, prima di diventare capitana”, commentò asciutta.
“Sì, hanno insistito per offrirmi almeno un caffè e ho accettato. Mi sembrava il minimo. Sono sempre stati gentili con noi”.
Certo. Gentili. Adesso si diceva così. Lo fissò torva.
“Sei sexy quando sei gelosa”. Non l'avrebbe blandita con un po' di voce roca e occhi ammiccanti. Non si sarebbe data via per così poco.
“Non sono gelosa”, replicò simulando indifferenza. “Mi limito a riassumere i fatti”.
Gli diede le spalle. “Adesso ho del lavoro da fare”, gli annunciò sostenuta.
“Posso venire con te?”.
“No”.
Con quel secco diniego lo spinse fuori dalla sua cucina. Sua almeno per le prossime ore.

Nonostante tutta la sua buona volontà, preparare la torta non si rivelò così facile come aveva creduto. Eppure aveva seguito la ricetta passo per passo, pensò desolata e sul punto di farsi prendere dalla disperazione.
Aveva sbucciato e tagliato le mele, senza spiluccare. Aveva allineato gli ingredienti davanti a lei. Li aveva perfino fotografati, tanto era stata orgogliosa. Aveva impastato, mescolato, unito, tutto secondo le regole. Il forno era stato acceso alla temperatura giusta. Forse la ricetta era sbagliata in partenza? O lei una catastrofe in cucina, constatò osservando il disastro che si trovò tra le mani dopo qualche tempo.
Il profumo che aleggiava non era quello che aveva pregustato e non invogliava nessuno a correre in casa per sedersi a chiacchierare davanti al camino. Non osò assaggiarla, ma già dall'aspetto era intuibile che non fosse commestibile.
Con la teglia tra le braccia si lasciò scivolare con la schiena contro la credenza di legno antico. Doveva dichiarare la disfatta. Il contenitore le scivolò di mano e cadde a terra, producendo un rumore di sconfitta.
Chi l'avrebbe detto a Castle adesso? Aveva ubbidito ai suoi ordini ed era rimasto lontano da lei, per non disturbarla e non innervosirla.

Il trambusto attirò suo marito, che avanzò rapido verso di lei, preoccupato dal vederla seduta sul pavimento.
“Kate? È successo qualcosa?”.
A suo onore andava detto che aveva solo lanciato un'occhiata al risultato dei suo sforzi – non poteva in tutta onestà chiamarla torta – ed era riuscito a rimanere impassibile.
Lei si coprì gli occhi con le mani e non disse niente.
Castle raccolse la teglia e la mise al riparo sul tavolo, prima di sedersi a terra accanto a lei. Kate si appoggiò alla sua spalla.
“Volevo farti una torta di mele”, esclamò con voce piagnucolosa, come se quella frase ovvia potesse spiegare tutto.
Castle la baciò su una tempia. “Lo so. Grazie”, mormorò.
Non aggiunse altro, sapendo che altrimenti lei se lo sarebbe mangiato vivo.
“È venuta un orrore”, ammise in un sussurro.
Castle doveva di certo sapere che per lei non era facile non essere brava in tutto. Si impegnava al massimo delle sue possibilità e i risultati erano sempre arrivati. Tranne in questo caso.
Le passò un braccio intorno alle spalle. Kate si rifugiò nel suo petto.
“Mi dispiace averti mandato in giro per la campagna allagata a farti concupire da tutte le donne della regione”, continuò con tono lugubre.
Castle fece una smorfia. “Dove sarebbero tutte queste donne...”. Non concluse, per via degli istinti omicidi che le lesse in volto.

“Perché volevi prepararmi una torta?”, le domandò con voce così affettuosa che la fece stare peggio. Era stato felice, quindi, della sua idea. Peccato che fosse andata in fumo.
“Perché è quello che fanno le mogli”, rispose veemente.
Castle si mise a ridere. “Da quando?”
Kate si irritò. “Non c'è bisogno di...”, iniziò agguerrita.
“D'accordo, d'accordo”, la fermò subito. “Quindi secondo te i mariti escono a caccia e le mogli stanno nelle caverne a preparare le torte? Non ti facevo tanto arcaica”. Si stava prendendo gioco di lei. Lasciò correre perché le era venuto un pensiero folle e inaspettato.
“Rimaniamo qui”, gli propose implorante parlando contro la sua camicia.
“Qui?”
“Sì. Tu scrivi e io... “, cosa poteva fare per convincerlo? “Imparo a cucinare. Te lo prometto. Ti faccio anche le conserve. E l'orto. Ti congelo gli spinaci per l'inverno. E anche quei cosi dentro al baccello”. Più ci pensava e meno le sembrava attuabile. E per questo ancora più desiderabile. Anche se non sapeva i nomi delle verdure.
Castle non rispose e la tenne stretta. Forse stava valutando la sua proposta. Sarebbe stato tanto brutto vivere un'esistenza rilassata e tranquilla lontana dai pericoli di casa? Si rispose da sola: sarebbe impazzita. L'immagine però era bella lo stesso.

Dopo qualche tempo Castle si girò a guardarla.
“Qual è il tuo piano?”, volle sapere.
Kate rimase interdetta. L'aveva presa sul serio?
“Vuoi davvero che rimaniamo qui a fare le conserve?”
“No, non parlo di questo. Parlo di quando saremo tornati a casa. Come faremo con la finta separazione e le indagini segrete su LokSat? Quale sarà il mio ruolo? A parte cucinare, come ho sempre fatto e come credo sia opportuno continuare a fare”.
Kate rimase di stuccò. Provò a parlare ma non uscì nessun suono. Morì e risorse senza mai lasciare la pietra dura e fredda del pavimento. Boccheggiò. L'aveva perdonata? La stava riaccogliendo? Era finito il supplizio?
Si tuffò su di lui stritolandolo, Castle si lamentò, ridendo.
Quando riuscì a tornare in sé le venne un dubbio. “Significa che vuoi tornare a New York? Adesso?”
“No”. Capì che lui non ci aveva nemmeno pensato. “A meno che non debba o voglia farlo tu”.
Lei scosse la testa vigorosamente. Voleva passare ancora qualche giorno con lui, nel loro mondo protetto e inaccessibile.
“Ok”, mormorò prima di baciarla. “Prima di tornare a casa sono passato a comprare una torta di mele”, le confessò muovendo le labbra sulle sue.
“Che cosa?” Kate si stupì, ma seppe che non avrebbe dovuto. Era così tipico di lui.
“Mi sono fermato in quel locale dove abbiamo fatto colazione la prima mattina e ho ordinato una torta intera. È lì che ho bevuto il caffè, non sono andato dai vicini”.
Kate si girò furibonda a cercare un oggetto contundente con cui colpirlo ripetutamente sulla testa. Lui le bloccò le braccia prima che desse sfogo ai suoi istinti.
“Non potevo dirtelo. Ti saresti arrabbiata”.
In quanto a quello, non era di buon umore nemmeno adesso. Non si era fidato delle sue capacità.
Ma lo perdonò con grande bontà d'animo quando si ritrovò accoccolata vicino a lui sotto una coperta e con in mano la torta di mele più buona che avesse mai gustato.


 


 

   
 
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