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Autore: V4l3    23/02/2021    2 recensioni
Dal testo [...] Alex ripensò a quella conversazione avuta con Francesca e si chiese perché sia lei che la madre fossero così convinte che lui l’avrebbe aiutata, non erano parenti, non avevano niente in comune e lei ora era lì per stravolgergli la vita.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Quando richiuse la porta, rimase per qualche attimo fermo a fissare il battente in legno, il cuore pesante, l'animo ferito, i sentimenti schiacciati dalla realtà.

Voleva sparire e non doverla vedere, non doverle parlare, perché faceva male, tremendamente male, averla ad un passo e sapere che a separarli c'era il destino, la vita intera.

L'arrivo dei funzionari era stato un colpo basso dei due: quell'entrata a sorpresa solo per potersi accertare della loro vera situazione; in quei giorni, Jason era consapevole di non essere in sé, tanto da aver commesso quell'errore banale, prevedibile. Com'era possibile stare insieme eppure avere le camere separate? Non c'era nulla di Alex nella sua camera o viceversa e questo, sicuramente aveva insospettito ancora di più i funzionari, visibile nello sguardo che la Larson aveva rivolto loro.

-Jason- sentirla appena dietro di lui, sentire come il suo nome si muoveva tra le sue labbra e fosse pronunciato da quella voce, lo fece tremare; si voltò piano ricordandosi di indossare quella maschera che oramai era stato costretto a mettersi se voleva uscirne quantomeno non del tutto spezzato.

Alex era lì, ferma dietro di lui, si stringeva le mani addosso, il viso contrito di tristezza, un velo che aveva adombrato quella solarità che sprigionava con il suo sguardo e il suo sorriso sempre pronto a mostrarsi; lo guardò un attimo negli occhi per poi abbassare il capo, spostando il peso da una gamba all'altra, incerta, insicura e a lui tornò alla mente la bella torta che l'aveva lasciato senza fiato qualche minuto prima

-Mi hai davvero fatto una bellissima sorpresa, Alex, grazie- sentì il suo stesso essere sforzarsi per poterle parlare con calma, nonostante dentro sentisse la voglia di fuggire, ma non poteva fargli questo, non adesso che stavano in una situazione che pretendeva la loro massima attenzione.

Un sorriso appena accennato colorì il volto di Alex che però non alzò il capo

-Mi dispiace non aver pensato a qualcosa di meno banale- rispose e lui avrebbe voluto dirgli che nulla di ciò che faceva risultava ai suoi occhi banale, sapere che aveva speso del tempo per realizzare quella torta solo per lui, l'aveva fatto emozionare, più di quanto avesse potuto mostrare.

-E' un regalo bellissimo, invece- dosò le parole, pensando a cosa dirle, per farle capire quanto contasse per lui quel gesto –nessuno mi ha mai cucinato una torta, neanche Emma- aggiunse, ed era vero, neanche lei,  aveva mai avuto questo riguardo nei suoi confronti quando si frequentavano, tanto meno i suoi genitori, i quali pensavano che una bella torta, presa in qualche rinomata pasticceria, potesse equivalere alle tante mancanze che si portavano dietro e, successivamente, anche quel gesto non ci fu più.

-Jason, ieri ti ho visto andare via con la macchina- Alex alzò finalmente il viso per incrociare il suo sguardo-ero preoccupata, perché so che hai visto l'auto di Thomas- Jason rimase impassibile, fissando la sua attenzione su quegli occhi che tanto amava, ripetendosi nella mente di non comportarsi come suo solito, per rimanere calmo

–Sì, è vero, l'ho visto e ho deciso di lasciarvi i vostri spazi- ammise reprimendo la voglia di sapere se quel tipo l'avesse anche solamente sfiorata e quel pensiero gli incupì i pensieri e lo sguardo, Alex fece un cenno con il capo per poi tornare a guardare a terra

-Grazie, dovevamo parlare, effettivamente- e lui sentì il suo cuore stridere contro le costole, ma si trattenne da dire qualsiasi altra cosa –dovevamo chiarire alcune cose rimaste in sospeso- la sentì aggiungere e un profondo sospiro uscì dalle labbra di Jason, non era facile continuare ad ascoltare, così la superò per andare a prendere un po' di legna e ravvivare il fuoco; aveva paura di ferirla dicendo qualsiasi cosa, di farla sentire in colpa, così non disse nulla, pur sentendo quegli occhi puntati sulla schiena

-Vuoi- la voce di Alex tremò un poco –un pezzetto di torta?- e lui rimase fermo qualche istante a fissare il fuoco, sperando di trovare la forza per potersi comportare il più naturalmente possibile, si girò e le sorrise

-Molto volentieri- rispose, vedendole lo sguardo riaccendersi e le labbra arricciarsi leggermente, non disse nulla  avviandosi in cucina, mentre lui si passò una mano sugli occhi,  annegando piano piano, non potendole dimostrare più entusiasmo, più complicità, più amore, reprimendo tutti questi sentimenti in un angolo buio dentro il suo cuore.

Si avviò in cucina, sentendosi pesante e tremendamente stanco, ma una volta arrivato sulla soglia, rimase a guardare la torta con diverse candeline accese tutte intorno, così come il numero 39 appuntato appena sopra la scritta "Auguri", alzò lo sguardo per incrociare quello sorridente di Alex ferma dalla parte opposta del tavolo che lo guardava ansiosa e finalmente sorridente

-Tanti auguri!- gli disse arrossendo appena, non sapendo quanto quello spettacolo di candeline che si riflettevano sul suo bel viso e su quello sguardo, riempissero il cuore di Jason che dovette fermare l'impulso di fare il giro del tavolo per stringerla a sé, respirare il suo profumo che ormai l'aveva sedotto completamente e poterle divorare quella bocca che tanto amava.

Si limitò a sorriderle, avvicinandosi piano, osservando quella bella panna a ricoprire un involucro di altrettanta dolcezza

-Devi esprimere un desiderio!- gli disse lei prima di fargli spegnere le candeline e lui la fissò negli occhi sorridendo: il suo di desiderio era irrealizzabile, pensò amaramente, ma chiuse comunque gli occhi e l'unica cosa che riuscì a pensare fu quella di sperare che quel sacrificio che richiedeva a sé stesso, permettesse ad Alex di essere sempre felice, senza doversi più preoccupare del passato di sua madre, vivendo appieno i suoi piccoli anni, quello sarebbe stato sicuramente un bellissimo regalo.

Quando riaprì gli occhi soffiò sulle candeline spegnendole subito e lei rise divertita

-Auguri!- gli disse e, sorprendendolo, lo abbracciò di slancio.

Quel contatto lo irrigidì come una statua, preso in contropiede, mentre il profumo e il corpo di lei lo invasero con troppa delicatezza e calore per la sua sanità mentale, involontariamente si allontanò come scottato e lei lo guardò sorpresa da quel distacco improvviso.

Si fissarono per qualche attimo, il silenzio ad avvolgere ogni cosa, gli occhi di Alex si fecero liquidi quasi subito, ma cercò di camuffare il tutto girandosi verso la torta, iniziando a levare le candeline

-A dire il vero ad aiutarmi in questa torta c'è anche lo zampino di Liz- la voce fintamente allegra, cercava di nascondere quanto quel gesto l'avesse ferita, lui lo sapeva; si passò una mano a tirarsi indietro i capelli, vedendola di spalle, sapendo che a farlo allontanare era stata la ragione perchè non avrebbe resistito un secondo di più nel sentirla tra le sue braccia, era dolore e rabbia ciò che provava e faceva dannatamente male

–Spero davvero sia buona, perché abbiamo mischiato alcune ricette- aggiunse Alex sempre con quel tono che cercava di camuffare la tristezza che lui le stava facendo provare, ma sperò con tutto il cuore, che un giorno lei avesse potuto capire e forse giustificare.

-A te- gli disse senza guardarlo e Jason si sforzò di prendere quel piattino senza sfiorarla, facendo attenzione ad ogni suo movimento, per non rischiare alcun contatto

Sapeva ed era dispiaciuto che quel suo modo di fare l'aveva messa in allerta, facendole intuire che ci fosse qualcosa, incrinando quel loro rapporto che si stava rafforzando, tanto da dare l'impressione che ci fosse qualcosa tra loro; ma ormai aveva capito perfettamente che agli occhi di Alex, lui appariva come una figura di riferimento dopo la morte di Emma, convinta di essere totalmente sola ad affrontare il dolore per quella perdita e il suo futuro incerto, mentre con lui, ora, poteva avere la forza di andare avanti; il sacrificio che stava facendo valeva sicuramente più di tutto il resto, pensò Jason prendendo il piattino che Alex gli passò senza guardarlo, però era doloroso come una morsa che non accenna a diminuire l'abbraccio che gli stringeva il cuore.

Represse un sospiro rassegnato, per quei pensieri e assaggiò un pezzetto di quella torta dovendo quasi subito chiudere gli occhi per assaporare quella dolcezza della panna e quella più pungente del cioccolato fondente che gli avvolse il palato, fondendosi insieme alla morbidezza del pan di spagna il cui sentore di rum profumava e dava il tocco finale.

Si ritrovò ad aprire lo sguardo, vedendola di nuovo dall'altra parte del tavolo, con gli occhi su di lui in una trepidante attesa di sapere se gli fosse piaciuta o meno, con l'espressione incerta, ma curiosa di sapere cosa ne pensasse di quella torta e Jason si chiese perché non poteva essere felice, anche solo per una volta?

Ampliò le labbra in un sorriso sincero per guardare poi verso quel piattino

-E' veramente deliziosa- e quelle parole sciolsero il cuore fermo di Alex, rimasta immobile ad osservarlo assaggiare quel pezzettino, con la paura che non fosse di suo gradimento, ma con la speranza che potesse piacergli davvero. Lasciò andare un sospiro di sollievo, ritrovando un leggero sorriso, nonostante sentisse che Jason avesse di nuovo eretto un muro tra di loro, invisibile eppure presente, come lo era quel tavolo a dividerli. 

Le aveva bruciato la carne, il cuore e l'anima l'essersi sentita allontanata da lui, quando aveva trovato il coraggio di abbracciarlo, perché voleva sentirlo, anche solo per un istante, voleva di nuovo potersi tranquillizzare tra quelle braccia che sapevano calmarla e rassicurarla. 

Si sentiva tremendamente in ansia perché avrebbe voluto parlargli liberamente, potergli dire che l'amava tremendamente e non voleva vederlo in quello stato, che avrebbe sacrificato tutto pur di saperlo felice e sereno, libero da quell'espressione scura che spesso si dipanava sul suo bel viso, quel suo sorriso mostrato troppo di rado, quello sguardo che la imprigionava ogni volta incrociandolo.

Assaggiò anche lei la torta sorprendendosi per il sapore che avesse, era veramente buona e si ritrovò a sorridere pensando a quanto avesse fatto tribolare la povera Liz perché indecisa su cosa preparare.

-Alex- la voce di Jason le fermò il respiro e il suo cuore prese di nuovo a battere velocemente, aveva paura di guardarlo, ma si sforzò di alzare lo sguardo verso di lui: aveva finito quel pezzetto di torta posando il piattino sul tavolo, il viso aveva quell'espressione seriosa che mise in allarme Alex, lo vide sospirare e passarsi una mano sugli occhi prima di parlare

-Se quello che è successo oggi, non ha minato il nostro stato agli occhi dei funzionari e, se riuscissimo ad avere il visto, faremo il matrimonio il prima possibile- le disse e lei avrebbe quasi gioito in un altro momento, ma la postura rigida e quel viso scuro le fecero capire che c'era dell'altro e non le sarebbe piaciuto

-Mi ha sorpreso quando lo hai detto- ammise lei cercando di sorridere e mostrarsi tranquilla, lui sospirò

-Ho pensato che sarebbe meglio per te essere libera da tutto il prima possibile- quelle parole turbarono Alex fin dentro le ossa, ma non fiatò

-E' giusto per te prendere la strada che riterrai più giusta, tenerti qui non è corretto per nessuno- lui la guardò e lei sforzò tutta sé stessa per non mostrare nessun cambio d'espressione, nonostante quelle parole risultassero come una doccia ghiacciata

–Sei giovane, hai tutta la vita davanti, tua madre ti ha mandato qui per un motivo ben preciso: poter essere libera da quello che lei si portava dietro, per questo dobbiamo impegnarci a far sì che i funzionari accettino di darti il visto, così a quel punto e dopo il matrimonio, potrai finalmente andare dove vuoi, fare quello che riterrai più giusto- Jason ebbe l'impressione di sentire lo stomaco farsi di pietra, ma doveva parlarle di quello che aveva deciso: non potevano continuare a vivere insieme; per questo dovevano fare di tutto affinchè i funzionari firmassero quei dannati documenti e li facessero sposare, così lei poteva a quel punto andare dove voleva e soprattutto con chi voleva.

Era straziante per Jason pensare che se ne fosse andata, ma era anche inevitabile per entrambi, lei non poteva rimanere lì con lui, non sarebbe stato possibile, non ora che lui non poteva più reggere quello che provava.

Alex ampliò lo sguardo a quella decisione di Jason. Tutto si sarebbe aspettata, tranne che lui la rimettesse di nuovo alla porta, come all'inizio.

-Perché?- chiese con un filo di voce e lui la guardò stupito da quella domanda

-Come sarebbe a dire perché?- chiese a sua volta – Mi pare ovvio Alex, cosa pensavi di fare?- e Alex sentì il peso di tutto quel tempo passato a casa di Jason, al disturbo e forse anche qualcosa di più che lei gli aveva procurato e improvvisamente capì che l'aiuto che lui le stava dando era finalizzato solo e unicamente a farla andare via il prima possibile, probabilmente il suo scopo fin dall'inizio e anche perché, ora, evidentemente lo stesso Jason aveva compreso la difficoltà e, in qualche modo, il pericolo che correva, avendo permesso a Francesca di portare avanti questo progetto

-Se era questo quello che volevi, perché non farmi andare via prima?- quella domanda spiazzò Jason ancora di più –Perché ti sei tanto prodigato e speso affinchè restassi, quando Francesca aveva pensato anche ad altro?- le parole di Alex lo ferirono

-Pensi che avrei preferito che andassi in America o vederti sposare uno sconosciuto?- colpì il tavolo con un colpo secco, rabbioso

-Mi stai dicendo che vuoi anticipare il matrimonio per poi mandarmi via!- sottolineò lei alzando la voce a sua volta, il cui sguardo era mosso da infinite emozioni

-Non ho detto questo!- Jason sentì la rabbia assalirlo, lui le stava dicendo che poteva fare tutto quello che voleva dopo, a discapito dei suoi sentimenti e lei aveva solo capito che la voleva buttare fuori di casa –Sarai libera di andare dove e con chi vuoi!- ribadì lui trattenendo a stento la voce che gli uscì più cupa e irosa

-Potevamo evitare tutto questo!- sbottò lei avviandosi verso il salone furiosa, sentiva il suo corpo fremere dalla collera per come lui la stesse trattando, sentendosi troppo vulnerabile, troppo pronta a riversare lacrime amare sapendo che lui non avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti, capendo che quella convivenza forzata era stata portata fin troppo oltre.

-Maledizione!- Jason le fu subito dietro fermandola per un braccio –Che diavolo stai dicendo, Alex!- le disse facendosi guardare, Alex tremò come ogni volta sotto quello sguardo, sentendo la presa della mano di Jason ferma e salda sul suo braccio

-Ci saremmo risparmiati tutto quanto!- sbottò lei fissandolo con amarezza e Jason venne accecato dalla rabbia e dal risentimento

-Se avessi saputo che stavi con quel tipo mi sarei risparmiato volentieri tutto questo, puoi starne certa!- Alex sentì gli occhi ricolmi di lacrime: Jason riusciva a farle male, a forare ogni lembo di pelle per arrivare dritto al cuore, si divincolò dalla sua presa, sentendo le lacrime superare i margini della sua forza di trattenersi

-Hai giocato sporco con me, Alex, avresti dovuto informarmi che eri innamorata di quel tizio, diavolo!- la incalzò ancora lui, rosso di rabbia -Avrei dovuto essere messo al corrente che mi giocavo il culo per..-

-Io amo te non lui!- urlò Alex 

****

Il profumo di dolciumi e di caffè invadeva l'intero locale, le cui vetrate mostravano la strada principale solcata da qualche auto, la piazzetta poco distante, qualche persona che camminava lungo il marciapiede avvolta in cappotti pesanti per ripararsi dal vento gelido; le luci della sera stavano scendendo su quel tratto di costa che sia Miller che Larson non conoscevano, ma si erano ritrovati ad apprezzare quasi subito.

Miller sorrise alla ragazza che servì loro due bei caffè bollenti e due fette di torta alla cannella, noci e uvetta che aveva attirato da subito la sua attenzione, appena l'aveva vista esposta al bancone. Intorno a loro il vociare leggero di alcuni clienti, il muoversi delle due cameriere e la leggera musica in sottofondo, riempivano quella caffetteria che la Larson sembrava apprezzare particolarmente, fin da quando avevano messo piede lì, ma ora la sua collega era completamente assorta nei suoi pensieri ad osservare la vetrata accanto a loro.

Miller sorrise, lavoravano insieme da almeno una decina d'anni e lei gli aveva insegnato i trucchi del mestiere, l'aveva aiutato a penetrare nelle dinamiche di quel lavoro piuttosto complicato e sicuramente logorante

-Cos'è, stai pensando alla pensione?- la provocò Miller, sapendo che la sua collega era prossima a quel passo e che non sembrava particolarmente felice di dover affrontare, anche se dopo tutti quegli anni passati a dover capire le menzogne delle persone, smascherare chi cercava di introdurre immigrazione in modi meschini e spesso vincolanti sotto ricatti e alte somme di denaro, lei stessa gli aveva confidato di essere pronta a voltare pagina, anche se tra il dire e il fare c'era di mezzo la sua intelligenza per quel lavoro, la sua assoluta dedizione e professionalità che l'avevano resa una dei funzionari più apprezzati.

Larson sospirò osservando la fetta di torta per prendere poi un sorso di caffè e tornare a guardare fuori, mentre Miller si gustava quella delizia continuando a puntare lo sguardo verso la sua collega che parlò solo dopo diversi minuti

-E' davvero un posto intrigante- Miller finì di pulirsi la bocca e prese un sorso di caffè caldo pensando a quanto detto dalla collega

-A chi piace questo genere di vita nel nulla, credo sia l'ideale- affermò pensando che lì, sarebbe stato bello passarci qualche giorno d'estate, quando sperava che quel vento gelido e quel tempo plumbeo,  lasciassero spazio anche a un po' di sole e a temperature più accettabili, ma comunque troppo fuori dal suo modo di vivere

-Per te qui è l'inferno, visto come sei legato alla tua tanto amata Londra- lo provocò lei e Miller non trattenne un sorriso

-E' vero, amo Londra, ma penso anche che un giorno sarebbe bello allontanarsi dalla frenesia della città per qualcosa di più tranquillo- si girò a guardare anche lui verso la vetrata –ma qui credo sia troppo- la Larson rise finendo la sua fettina di torta

-A me non dispiace, lo trovo un posto tranquillo e affascinante- affermò, Miller incrociò lo sguardo della collega arricciando le labbra in un sorriso

-Non credo che tuo marito sia molto d'accordo con una vita qui- disse sapendo quanto, all'uomo in questione, la vita isolata non piaceva molto, tanto che si erano trasferiti in un centro residenziale appena tre anni prima, rispetto al casale sperduto di proprietà della Larson fuori Londra dove vivevano; la donna sorrise riprendendo a bere il caffè

-Allora mi vuoi dire cosa c'è che non va?- le chiese dopo qualche attimo

-Perché me lo chiedi?- Miller alzò gli occhi al cielo ridendo

-Avanti Larson, dimmi che cos'hai, sei stata silenziosa tutto il giorno, dopo che siamo andati via da casa di Parker, in ufficio ti sei messa a lavorare senza aprire bocca e ora qui parli a mala pena- la donna sorrise al collega

-Non ho nulla- affermò e Miller scosse la testa sorridendole

-Dopo più di dieci anni di lavoro gomito a gomito, dovresti aver capito che certe scuse non reggono più- la donna rise di gusto

-Sei veramente insistente Miller- lo redarguì

-E' stato uno dei trucchi che la mia collega mi ha insegnato fin dall'inizio: essere insistenti mette sotto pressione l'altro e se è in cattiva fede, prima o poi cede- la donna rise ancora

-Quindi sarei in cattiva fede- l'uomo si appoggiò al tavolo scansando il piattino e la tazza di caffè quasi vuota e le sorrise beffardo

-Quel tuo sguardo non mi incanta, Larson, a cosa sta pensando la tua testolina?- la donna a quel punto si ritrovò a ridere di gusto

-Ti ho davvero insegnato bene- ammise divertita, l'uomo tornò ad appoggiarsi allo schienale della panca imbottita sulla quale era seduto, soddisfatto

-Pensavo che c'è qualcosa che mi sfugge in questa storia- affermò e Miller a quel punto si fece serio

-A che ti riferisci?- chiese e la donna sospirò e lo guardò attentamente

-Credo che ci sia qualcosa dietro a questa loro storia- spiegò –è ovvio che non sono una coppia, quantomeno la ragazza è sicuramente innamorata di lui, ma non hanno una relazione, eppure...- Miller rise

-Cosa c'è Larson, il bel Parker ha incantato anche te?- la provocò e la Larson sorrise al collega sapendo quanto gli piacesse provocare, una caratteristica che lei gli aveva insegnato ad utilizzare al meglio nel suo lavoro

-Non ti sembra strano che una ragazza sia stata mandata qui da sua madre?- chiese e Miller fece un'alzata di spalle

-Il nostro lavoro è accertarsi della loro relazione e visto che ormai è chiaro anche a te che le cose non stanno così, non capisco perché dobbiamo continuare con questa farsa- la Larson alle parole del collega si fece seria

-Miller, ti ho sempre detto che non si deve dare per scontato nulla, ma soprattutto che c'è una spiegazione a tutto e in questo caso non riesco a vederla- Miller sospirò appoggiando il viso ad una mano osservando fuori il vetro

-Potresti limitarti a vedere le cose come stanno, senza dover indagare oltre- di nuovo tornò ad incrociare gli occhi della collega –non ti porterà a nulla cercare il perché di questa storia, non sei  un'investigatrice da un pò, ma un funzionario addetto all'immigrazione- aggiunse

-C'è sempre un perché Miller, è sempre stato lo scopo del mio lavoro, non accetto di dare un giudizio su di loro senza che abbia capito davvero come stanno le cose- Miller sospirò sapendo quanto la sua collega fosse irremovibile su questo suo pensiero, ormai un dogma per lei

-Secondo me invece è proprio come ci ha detto l'avvocato- disse Miller sorridendo alla cameriera che liberò loro il tavolo per poi proseguire –la madre della ragazza non aveva nessuno e preoccupata, ha chiesto il favore a un suo vecchio amico, punto- la donna scosse la testa

-Mi sembra riduttivo, credo che anche su quel fronte ci sia altro- prese dalla sua borsa la sua agenda e dopo aver aperto alcune pagine si fermò su una in particolare

-Ho fatto una breve ricerca e sembra che la madre di Alex, Emma Savelli, sia figlia di un noto personaggio in Italia- spiegò –pare sia un imprenditore di spicco nel suo paese, tanto da aver ricevuto di recente anche proposte politiche non indifferenti- Miller ascoltò in silenzio, colpito per come la Larson si fosse messa ad indagare, anche senza il suo aiuto

-La cosa interessante nella ricerca, è il fatto che il nome di Emma Savelli, in realtà scompare nei registri qualche mese prima dalla nascita di Alex, strano no?- Miller la guardò per nulla colpito della cosa, così lei continuò –Inoltre, il Signor Paolo Savelli, questo è il nome del padre di Emma e nonno di Alex, ha avuto in passato diversi problemi bancari, che l'hanno portato ad affrontare alcune cause; ha vissuto in Svizzera per cinque anni, dove di lui si sono perse le tracce, per poi ritornare in Italia senza più nulla di sospeso, anche le cause sembrano essere state archiviate e lui ha ripreso la sua attività imprenditoriale con diverse aziende sull' import–export e sull'informatica- Miller sospirò

-Larson, dove vuoi arrivare?- le chiese, a quel punto la donna sospirò e chiuse l'agendina ritornando a guardare fuori la finestra

-C'è dell'altro Miller e abbiamo l'obbligo di capirlo- affermò risoluta.

****

Jason rimase immobile gli occhi sgranati e la testa dolorante dal mal di testa che gli era esploso appena avevano iniziato a discutere

–Io sono innamorata di te! Thomas è un buon amico, ma non avrei mai affidato la mia vita a lui!- aggiunse con le lacrime che le rigavano il viso.

In quell'istante il rumore della porta spezzò quell'immobilità che si era creata intorno a loro

-Jas! Pronto per questa grande serata?!- Mike entrò come un tornado, ma appena varcata la soglia, si pietrificò osservando il suo amico in piedi fermo come una colonna, con il viso sconvolto, davanti al quale c'era Alex con il volto rigato di lacrime, tesa come una corda, i pugni serrati lungo i fianchi

-Ragazzi, tutto bene?- chiese sentendo la preoccupazione sfiorargli con un brivido la schiena

Jason sembrò ritornare il sé, buttando fuori un profondo sospiro, lo sguardo nero di rabbia, colpì con un gesto secco il montante del camino che tremò 

-Tutto magnificamente- disse con un tono che preannunciava tempesta, Mike deglutì e gli si avvicinò, mentre Alex si girò dando loro le spalle per asciugarsi il viso

-Che diavolo sta succedendo?- chiese ansioso, pensando a come Jason avesse ridotto nuovamente Alex; il moro si passò una mano tra i capelli e un sorriso amaro si affacciò sul suo viso

-Niente, solo la scenata di qualcuno a cui piace scherzare!- sbottò avendo la sensazione che ogni nervo gli si tendesse sotto la pelle; perché gli aveva detto così? Perché voleva ferirlo fino a quel punto?

Alex a quella sua frase si girò di scatto, il viso arrossato, il labbro inferiore arpionato fra i denti, il suo sguardo furente

-Non mi sembra Jas- insistette Mike avvicinandosi ad Alex –tutto bene?- le chiese e lei dopo un lungo istante in cui sembrò non riuscire a staccare gli occhi dalla figura di Jason, lo guardò facendo un cenno con il capo, priva di parole

-Ti accompagniamo al pub, ma se non te la senti...- lei lo interruppe subito

-Va bene, sarò pronta in due minuti- la voce incrinata, abbassò il capo, poco prima che altre lacrime si riversarono sul suo viso, avviandosi verso le scale, ma la voce bassa e cupa di Jason la fermarono

-Non voglio mai più sentirti dire una cosa come quella che sei riuscita a dirmi poco fa!- disse lapidario e lei non ebbe neanche il coraggio di girarsi per guardarlo, vergognandosi per ciò che non era stata capace di tenere per sé, ferita e umiliata per come tutto le fosse sfuggito di mano. Salì le scale che ormai gli occhi neanche vedevano, per le tante lacrime che le stavano uscendo e, dentro la sua camera, si sedette sul letto abbracciando il cuscino per soffocare i singhiozzi

Una volta soli, Mike prese un profondo respiro vedendo Jason afflosciarsi letteralmente sulla poltrona reggendosi la testa fra le mani

-Che cazzo è successo?- chiese a voce bassa per non farsi sentire da Alex, Jason scosse la testa per poi mettersi con il busto appoggiato allo schienale, sembrava sfinito, chiuse gli occhi mentre una mano prese dalla sua tasca un pacchetto di sigarette, Mike notò un leggero tremore, mentre lo vide accendersene una; si avvicinò e si sedette anche lui, osservando l'amico puntare il suo sguardo al soffitto

-Senti Jas, immagino che non sia la serata adatta per...-

-Mi ha detto che mi ama- Mike si bloccò con la bocca ancora aperta, quando Jason pronunciò quella frase, scosse la testa, credendo di aver capito male

-Scusa?- chiese con una voce un po' stridula per le sue corde, il moro voltò il capo verso di lui

-Hai capito- rispose il moro, prendendo un altro assaggio della sigaretta che stava consumando in fretta

Mike si passò una mano sul capo e poi sulla barba sconvolto

-E perché non sarebbe una bella notizia?- chiese, timoroso di scoprire cosa fosse accaduto; Jason iniziò a raccontare dei funzionari, della loro discussione, il suo tono era basso, udibile solo da lui che gli sedeva accanto e Mike capì subito cosa stesse pensando il suo amico e perché avesse reagito così

-Non pensi sia possibile, vero?- chiese con un sorriso amaro, che Jason ricambiò

-Credo che lo abbia detto solo perché ha paura di essere tradita da me, in un momento così delicato- lanciò con un gesto secco la sigaretta nel camino acceso, per tirarsi avanti con il busto –Penso che neanche si renda conto di quello che abbia davvero significato- aggiunse con il cuore che faceva male, si portò una mano al petto, in un gesto automatico, come se toccandosi potesse sincerarsi che quel suo muscolo continuasse ancora a battere, nonostante tutto

-E se fosse vero?- si voltò verso Mike

-Non lo è, Mike!- confermò –A Thomas ha detto chiaramente che tra noi non può esserci mai nulla- un sospiro gli uscì dalle labbra –sa bene che ora come ora, sono l'unica sua speranza, ma non avrei mai voluto sentirle dire quelle parole- si passò una mano sugli occhi che gli bruciavano

-Pensi avesse voluto dirti un "ti voglio bene"perché ha capito che c'era qualcosa che non andava in te?- Jason alla domanda di Mike fece un cenno con il capo

-Ha capito che in me c'è qualcosa che non va ovviamente, le ho dato la conferma anche prima quando ha provato ad abbracciarmi- si alzò portando le mani ai fianchi –E' colpa mia Mike, lo sapevo che sarebbe andata a finire così!- il rasato si alzò dal divano con un profondo sospiro

-Lasciati tutto alle spalle per stasera, dai, vatti a cambiare e andiamo- gli posò una mano su una spalla -Vedrai che domani andrà meglio- Jason lo guardò poco convinto per poi girarsi e iniziare a salire le scale. 

Una volta davanti la porta si immobilizzò vedendo Alex uscire dal bagno: il viso segnato dal dolore, nonostante si fosse acconciata i capelli in una coda, truccato un po' gli occhi e le labbra, Jason abbassò il capo, sospirando

-Ti ho giurato che ti avrei aiutato, Alex, non c'è bisogno di mentire sui sentimenti- lei sembrò irrigidirsi ancora di più, fece un passo verso di lui incerta

-Jason, ma..- lui la interruppe solo guardandola

-Non dirlo mai più, per favore- Alex sentì quel tono freddo e cupo arrivarle fino a serrarle lo stomaco, si morse il labbro agitata –mettiamoci una pietra sopra- e lei avrebbe voluto ribadire i suoi sentimenti, ma non potè dire nulla perché lui si chiuse dentro la sua camera, lasciandola con la sola angoscia a farle compagnia.

Il tragitto al pub sembrò lungo, nell'auto di Mike, il quale aveva acceso la musica, solo per cercare di riempire quel silenzio che faceva paura; con lo specchietto vedeva Alex persa in chissà quali pensieri, la fronte appoggiata al finestrino freddo, gli occhi cerchiati da leggere occhiaie e sembravano sempre prossimi ad un pianto disperato, dava l'impressione di sforzarsi per non crollare; il suo amico, al suo fianco, anche lui rivolto al finestrino, aveva lo sguardo spento, la mascella serrata, la testa piena sicuramente in altrettanti pensieri.

Si chiese se Jason avesse davvero interpretato bene l'atteggiamento e le parole di Alex, perché non le sembrava possibile che lei potesse aver detto quello solo per paura che lui l'abbandonasse al suo destino, non era possibile, ma Jason era stato irremovibile avendola sentita parlare con Thomas, ma allora perché dire di amarlo?

Scosse la testa, stava per scoppiare anche a lui, ma voleva che per quella sera niente potesse continuare ad interferire: avevano bisogno di svagarsi un po' e lui avrebbe fatto di tutto per Jason.

Arrivarono al pub e Alex sembrò svegliarsi dalla bolla nella quale si era rinchiusa, solo quando Mike la chiamò piano, aprì lo sportello, ma le sembrava che tutto le pesasse immensamente, anche solo stare in piedi le stava risultando difficoltoso. Scese ringraziando a fil di voce Mike che le sorrise come al solito

-Di a Liz di non combinare qualche casino, altrimenti le stacco i capelli uno ad uno!- Alex sorrise e richiuse lo sportello, vedendo Mike ripartire e cogliendo lo sguardo malinconico che Jason le rivolse.

  
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