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Autore: Calipso19    23/02/2021    0 recensioni
Un viaggio infinito che racconta l'ormai leggenda di un mito troppo grande per una vita sola. Una storia vissuta sulle ali della musica, respinta dalla razionalità umana, colpevole solo d'essere troppo anomala in una civiltà che si dirige alla deriva. La rivisitazione di un esempio da seguire.
( Capitolo 4 modificato in data 14 marzo 2016)
Dalla storia:
- Sono cambiate tantissime cose da quando guardavamo le stelle nel guardino a Gary.
- E ne cambieranno altrettante Mike. Se fra quarant'anni saremo ancora insieme te ne accorgerai.
Insieme.
Michael ripetè nella mente quella parola più volte, come una lezione da imparare, e concluse quel bellissimo quadro con un sorriso.
- Certo che saremo ancora insieme, non dire sciocchezze.
- Ci credi davvero Michael? - lei lo guardò con occhi seri e sinceri. - Le persone attorno a te arrivano e se ne vanno come niente.
- Certo che lo credo, anche se non so dirti in che modo. E dovresti crederci anche tu Jackie, avere un po’ più di fiducia.
Abbassò gli occhi per vedere le proprie mani cingere la vita di Jackie, scorse una piccola macchia di pelle bianca sul polso.
Chissà quanto ancora si sarebbe allargata.
Tutto cambiava, senza sosta.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Eppure, si canonizza l’uno e si ridicolizza l’altro.



Ricordava con piacere doloroso quelle lontane notti di New York trascorse allo Studio 54.
Ricordava con l’anima più che non gli occhi le masse informi dell’insieme uomini e donne che si intersecavano fra di loro, come corpi senza vita descritti nei gironi dell’inferno dantesco.
Un agglomerato di bianco sudiciume, piacere carnale e vergogna che si mescolavano con il sudore e il liquido seminale.
I suoi occhi avevano aggredito con forza quelle immagini viventi davanti a sé, senza che ne venisse turbato psicologicamente. Dopotutto, era tutta la vita che, nolente o volente, assisteva a spettacoli di quel genere.
Sin da quando era un bambino che, dopo lo spettacolo, sbriciava le performance degli spogliarellisti vestiti da donna.
Una cosa accomunava il Michael bambino, costretto a vedere, e il Michael ragazzo, che andava a cercare: quella paranoia noiosa e opprimente che seguiva il termine dello show.
Quando i suoi occhi tornavano a vedere cose normali infatti, il suo mondo ritornava più buio di quel che sembrava in precedenza, e tutto sembra contornato dal grigio.  
Così si sentiva nel vedere la macchina di Jackie allontanarsi, sebbene quel pomeriggio passato insieme fosse stato quanto più diverso potesse esserci da quegli spettacoli.

Dopo aver cantato per almeno un’ora canzoni improvvisate con l’amica, si era scusato con Guglielmo per aver interrotto i suoi racconti e aveva servito altro cibo. Lo spagnolo aveva ribadito che quelle scuse non erano necessarie e che anzi, si era divertito come non mai.
Quando egli li aveva lasciati solo per andare in bagno, Jackie si era alzata e gli era venuta incontro con sguardo neutrale.
Un po’ confuso, la accolse prendendole i fianchi con dolcezza, e lei lo guardò con quegli occhi che tradivano tutto ciò che le era passato in testa.

- Mike, quando l’album sarà finito..

- Si?

- Facciamo un tour mondiale.

E ora, nel vederli sparire al di là della strada, nulla era più lontano che quella stramba proposta.
Ritornò in casa, salutò la madre premurosa e salì nella propria stanza prima di rischiare di incontrare i fratelli e passare un’altra notte insonne.
Se la sua carriera gli stava facendo toccare il cielo con un dito ( Bè.. Più o meno, considerando che Thriller avrebbe dovuto dare di più), tutto il resto della sua vita sembrava vacillare.
A cominciare dalla sua famiglia.
Col passare del tempo si stavano rivelando per quello che erano: persone solo attaccate al denaro e disposte a tradire gli stessi componenti della famiglia pur di ottenerlo. E questo era molto triste.
Considerando che attualmente era LUI quello che deteneva la maggior parte della ricchezza, in quel momento, sentiva la necessità di essere molto cauto nei loro confronti.
Meno li vedeva e meglio stava.
Anche se non poteva evitare di sentire nostalgia per quei tempi in cui avevano meno denaro ma erano molto più uniti.
Come non poteva evitare di acconsentire a qualsiasi richiesta di Katherine, o di Janet.

Si affacciò alla finestra.
Il cielo si stava colorando del viola del crepuscolo e le nuvole grigie e blu si muovevano rapidamente spinte da una tempesta in avvicinamento. Come poteva un temporale concludere il sole di quella splendida giornata?
Decide che si sarebbe goduto lo spettacolo delle forze della natura prima di chiudersi nel proprio universo.
Prima di girarsi e scendere notò, nel cortile sottostante, Albert e Thomas che discutevano.
Lo sorprese il fatto che sembravano proprio litigare tanto le loro fronti erano corrugate e i loro gesti erano molto accentuati.
Incuriosito li raggiunse, ma non si svelò subito. Rallentò il passo appena sentì che l’oggetto del discorso era Jaqueline.
Dovrei intervenire? In fondo, si tratta di suo fratello e del suo fidanzato. Io non c’entro nulla, pensò indeciso.
Albert lo notò prima che potesse decidere alcunché.

- Michael.

Allora si avvicinò. Notò che Thomas, appena lo aveva visto, aveva chiuso la bocca e non aveva più parlato.

- Che succede?

- Nulla di grave. - Lo rassicurò Albert sorridendo. - E’ solo che puoi aiutarci a risolvere una piccola questione.

- Di che si tratta?

- Non è necessario Albert.

- Invece sì Tom. Mike, ti parlo come amico. Stiamo discutendo del fatto che, pur stando insieme da qualche tempo, il nostro Thomas non abbia ancora capito completamente la natura di Jackie e non la rispetta.

- Non la metterei così tragica.

- A cosa ti riferisci? - Si rivolse direttamente a Thomas. - C’è qualcosa che non va? Che significa questa frase?

- Significa che Thomas è geloso di te, Mike. - Disse Albert con una sfacciataggine non da poco, facendo trasalire entrambi gli altri uomini. - E io te lo vengo a dire perché tu stesso possa fargli capire che non ce n’è assolutamente bisogno.

Michael era stupito. Anche se aveva capito perfettamente a cosa Albert si riferiva.
Guardando Thomas capì che quello era davvero il suo problema, a giudicare dalla sclera più rossa del normale e dalle gocce di sudore sul collo. Sembrava molto turbato e a disagio. Capì che temeva di perdere il lavoro per un affronto del genere.
Ebbe l’istinto di rassicurarlo, ma qualcosa dentro di sé lo bloccò. Una sorta di senso del potere, un egoismo insito in sé che non avrebbe voluto manifestare.
Era conscio ( e al contempo non lo era) del suo rapporto con Jackie. Ne andava fiero, lo manteneva in vita.
Thomas era geloso di lui per questo, perché pur standoci insieme, Jackie non aveva mai nascosto i suoi sentimenti per lui. Lei gli dimostrava amore e affetto con la stessa intensità di una bambina affezionata, senza curarsi di restrizioni sociali proprio perché la sua autenticità andava oltre queste barriere culturali.
Era sincera, chiara, limpida e pulita.
Avrebbe voluto, avrebbe dovuto dire a Thomas di non preoccuparsi, che capiva la sua motivazione ma che non c’era motivo di essere geloso, perché Jackie era fatta così. Jackie amava tutti.
Eppure non lo fece immediatamente.
Thomas aveva una posizione privilegiata, perché era il fidanzato di Jackie, eppure era geloso di lui perché sapeva che non avrebbe potuto eguagliare l’intensità del loro rapporto.
Michael si era sentito inferiore rispetto a lui quando si erano messi insieme, ma ora si accorgeva di detenere un potere che a Thomas mancava, per cui lo invidiava.
La realizzazione di ciò gli fece provare una sensazione troppo piacevole per abbandonarla subito facendo la cosa giusta.

Così guardò l’uomo incriminato per qualche secondo di silenzio con sguardo neutro.
Sentì l’improvvisa agitazione di Albert nel vedere la sua reazione che, certamente, non si aspettava.
Thomas lo guardò. I loro occhi rimasero a contatto per un po’ ancora, prima che Michael si leccasse il labbro con atteggiamento disinvolto.

- Thomas, mi sorprendi. - Disse con voce neutra. - Eppure dovresti conoscere Jackie.

- Io la conosco. - si difese.

- Non abbastanza, evidentemente. - Si rivolse ad Albert. - Non voglio più essere disturbato per un motivo del genere. Non devo rassicurare nessuno riguardo il mio rapporto con Jaqueline. Albert, tu sai cosa significa. Perciò, pensaci tu.  

Si allontanò a grandi passi sotto gli occhi increduli e dispiaciuti del suo amico biondo e quelli arrabbiati di Thomas. Sì, riusciva a sentire la sua irritazione.
Eppure, non appena girò l’angolo, il peso delle parole e di quella reazione da bambino viziato cadde su di lui come un pesante sipario.
Avrebbe voluto tornare indietro e rifare tutto, rassicurare Thomas e magari prenderla sul ridere, e dirgli di non preoccuparsi.
Ma era troppo orgoglioso per farlo.
Troppo orgoglioso anche per mettersi da parte e riconoscere la posizione del fidanzato di Jackie.

 
———


- Spettacolare. - Si tolse le cuffie, stupido e ammirato. - E hai voluto farla ascoltare a me prima di proporgliela direttamente? Mi sento onorato.

Jackie sorrise, così felice da illuminare da sola tutta la stanza. Aveva conosciuto poco tempo prima, in una situazione che non avrebbe mai pensato potesse manifestarsi, una persona che l’aveva colpita e che, a quanto pare, aveva colpito.
Come due persone che si sono conosciute in un’altra vita, si era cercati prima con lo sguardo e poi con le parole, ed aveva finito per confermare quella sensazione che li aveva uniti.
Il che era già di per sé fantastico considerando che era nel bel mezzo di un concerto. Il concerto di LUI.
Visto che il suo lavoro non gli dava tregua, lui le aveva dato appuntamento alla fine, dicendole di raggiungerlo in hotel.
Lei, che aveva fatto quel viaggio per una piccola pratica e per sentire quello stesso concerto, incurante del fatto che la proposta poteva essere benissimo compromettente, accettò, convinta di quello che sentiva verso di lui.
E quello che sentiva erano solo cose positive.
Eccentricità? Possibile, ma era vissuta sin da bambina in mezzo alle star del cinema e agli uomini di spettacolo in un secolo in cui l’eccentricità era di casa un po’ ovunque in America.
Si era fatta sorda a quei dettagli per necessità.

Così si erano incontrati alla fine di tutto, in una stanza d’albergo, nel bel mezzo della notte.
Come una donna che si rispetti lei avrebbe dovuto pensarci almeno due volte, rimuginare su quanto fosse giusto che una ragazza sola si comportasse così, e ricordare che il suo fidanzato l’aspettava fedele a casa, già coperto del ruolo di marito.
Queste sono cose a cui avrebbero pensato le donne ordinarie.
Jackie era tutto, fuorché ordinaria.
Era una persona particolare, originale e anche se non ne era conscia, attorno a lei c’era chi lo notava.
Lei e quest’uomo eccentrico, di cui la storia prima d’ora non ha mai parlato e poi probabilmente non lo farà ( se non alla sua morte), si erano accomodati, aveva parlato a lungo di sé stessi, delle proprie vite e delle proprie anime anche, facendo confidenze che si fanno soltanto agli sconosciuti che si vedono una volta nella vita e poi mai più.
Poi si erano messi a scrivere musica, e all’alba lui l’aveva lasciata con un compito: scrivere una canzone per lui come lui avrebbe fatto per lei.

E lei, una volta a Los Angeles, la canzone l’aveva già scritta interamente nella sua mente, e doveva solo metter su una piccola orchestra per riprodurla.
Si occupò di tutto questo da sola, prendendo i musicisti da soli e componendo pezzi di melodia che mise insieme in seguito a computer, ormai espertissima nel montaggio e nella realizzazione del progetto.
Il primo a cui aveva voluto far ascoltare il risultato del suo lavoro era il suo mentore, Quincy Jones.
Lui non le aveva mai voltato le spalle.
La amava incondizionatamente e lei amava lui come suo padre adottivo, e non c’era persona migliore di lui per un parere professionale su un pezzo musicale.
Michael, troppo spesso, era troppo perfezionista.

- E’ un regalo per un amico. Voglio che sia perfetta prima di consegnargliela.

- Ci lavoreremo dopo allora. Dopo un caffè intendo. - disse Q, lasciando giù le cuffie. Si alzò, accompagnò Jackie alla porta dopo aver preso le giacche e chiuse a chiave. - La storia di questa canzone è incredibile come l’incontro stesso con questa persona.

- Lo so - sorrise lei. - Ma è una bellissima avventura da raccontare e da aver vissuto. Sono grata per questo.

E il tuo fidanzato cosa ne pensa? - Q sapeva com’era Jackie, e non se ne preoccupava. Aveva abbastanza intuito da tenersi alla larga dalle persone pericolose e se il suo istinto le diceva che poteva fidarsi, sempre la fiducia riposta veniva ricambiata. Tuttavia non sapeva qual era il pensiero di Thomas a riguardo. Dopo che si erano messi insieme, Jackie e lui erano venuti solo un paio di volte a pranzo a casa sua, e non era stato sufficiente per capire appieno il ragazzo.
Certo, sapeva che era un uomo affidabile e gentile, che teneva moltissimo a Jackie, ma non riusciva a capire il suo rapporto con lei appieno.
Con Michael era una faccenda diversa: i suoi sentimenti erano limpidi e chiari anche per uno sconosciuto.
Pensandoci, forse la colpa era solo propria, per via degli anni passati a osservare il suo protetto.
Ci pensò Jackie, con una saggezza che non sapeva di avere, a colmare parte dei suoi dubbi.

- Gli ho raccontato a grandi linee com’è andata, ma non gli ho detto proprio tutto. - spiegò lei, le lunghe ciglia a coprire il verde smeraldo più scuro dalla riflessione.

- E cosa aspetti a farlo?

- Non lo so, lui non è uno che le prende sempre bene queste cose.

Si sedettero e ordinarono un caffè prima di continuare. - E’ un po’ chiuso su certe cose, ma non perché lo sia davvero mentalmente. Penso che lo sia perché non capisce. Non è un musicista o un artista, e non ha mai incontrato una persona con cui ha vissuto un’esperienza simile, anche solo a livello mentale, capisci? Per questo non lo può capire ed è chiuso a sentire di queste vicende. Soprattutto se di mezzo ci sono io. Per il quieto vivere, preferisco non dirgli nulla.

- E ti va bene così Jackie?

- Per ora sì.

- Ne sei proprio sicura? Ti accontenti di mezzo pacchetto?

- Per ora sì, perché voglio stare con lui. Quindi sì. - Annuì convinta, facendo un mezzo sorriso. Q sorrise a sua volta, ma sapeva che quella situazione non sarebbe potuta durare. Jackie era troppo autentica, e una personalità troppo forte per nascondere una parte di sé stessa alla persona che amava.
Ma se ne sarebbe accorta da sola, ovviamente. Il proprio compito era solo quello di sostenerla, al momento.

Se solo lei avesse saputo quali fossero davvero i sentimenti di Thomas a riguardo, si sarebbe messa a piangere disperatamente solo a vederne la metà.
Il suo fidanzato era davvero una bellissima persona. L’amava davvero. Jackie era come pura luce nella sua vita: ne bastava una goccia per essere felici per sempre. E naturalmente voleva che lei fosse felice.
Sapeva del suo speciale rapporto con Michael, eppure non riusciva a farsene una ragione. Quando quei due erano insieme si sentiva stranamente inopportuno, pur sapendo che fra di loro non c’era alcuna passione fisica.
No, non era di quello che era preoccupato e geloso.
Lui stava male proprio perché la purezza di quel sentimento era tale che nemmeno l’amore che nutriva per lei e quello che lei poteva ricambiargli non avrebbe mai potuto raggiungere tale immensità. E quella consapevolezza lo struggeva, non lo faceva dormire.
Non riusciva a convivere con questo pensiero.
Cosa faccio? Come devo fare? si chiedeva ogni sera prima di dormire, e si svegliava con la fronte sudata.
Non voleva abbandonare Jackie per quei timori, ma sapeva che la situazione non sarebbe potuta continuare così a lungo.
Avrebbe dovuto fare qualcosa. E un pensiero improvviso lo colpì.
Thomas era una persona per bene, che ci teneva a fare le cose con calma. Ma forse, se avesse raggiunto il punto di non ritorno con Jackie, forse allora avrebbe avuto la possibilità di diventare speciale per lei.
Speciale quanto e di più di quanto lo fosse Michael Jackson.

Da quella presa di coscienza, i fatti cambiarono.
Cominciò una lunga e quasi invisibile battaglia territoriale, la cosa più dispettosa da fare ad un’amica e alla propria compagnia.
Thomas iniziò a manifestare il suo ruolo anche durante gli orari di lavoro: si staccava dalla sua postazione per salutare Jackie con un bacio, chiacchierava ogni tanto e faceva in modo di finire il turno insieme a lei in modo da far notare a tutti che andavano via insieme.
D’altro canto, se queste sciocchezze che potevano risultare banali erano incredibilmente invisibili a una grande osservatrice come Jackie, non potevano non entrare nelle paranoie di Jackson il quale, noto per la sua maturità di spirito e la sua incapacità a stare agli scherzi, rispose a sua volta, sebbene per nostra fortuna non con tutte le risorse di cui disponeva.

Per quanto infantile, Michael sapeva bene quali erano i ruoli di ognuno, e non si era mai permesso di compiere gesti per potessero comprometterlo. Innanzitutto perché non voleva dare luogo a discussioni o incomprensioni, e poi perché la faccenda non gli interessava in quel senso.
Era un gentiluomo con Jackie, a volte molto spiritoso e confidente, ma pur sempre un gentiluomo, riservato ed estremamente educato. Anche troppo a volte, ma lo aveva sempre fatto: le apriva ogni porta e la faceva andare per prima, le riservava la prima portata o il posto migliore, il primo brindisi era sempre per lei. Tutte premure che duravano da tutta la vita.
I loro conoscenti stretti, pochi ma buoni, sapevano com’era la situazione, e che tutte quelle squisite attenzioni erano dettate da affetto e amore che duravano dall’infanzia. Nulla di anormale.
Solo qualcuno di molto attento avrebbe potuto notare che gli abbracci duravano più a lungo del solito.
Thomas era uno di questi, ma non se ne preoccupava troppo, poiché aveva trovato il suo asso nella manica.
Qualcosa che lo faceva stare tranquillo, perché aveva ottenuto ciò che Michael non poteva avere e non avrebbe mai potuto.

Il suo sorriso, una sera dopo che ebbe riportato Jackie a casa dopo una cena, era più sinistro del solito.
I suoi occhi più lucidi ed emozionati.
Jackie aveva già capito.
Con gli occhi della mente guardò dentro sé stessa e, non trovando alcun rifiuto, varcò l’uscio di casa camminando all’indietro e invitando l’uomo a seguirla.
La porta si chiuse con un colpo di tallone.
 
———


- Non credo che le morali che ci imponiamo di avere debbano andare troppo lontano dalla nostra natura. - disse lei, guardando fuori dal finestrino. Stavano viaggiando dall’altra parte del paese per andare a ritirare dei premi. Altri premi per Thriller: la scia di quel successo viaggiava ancora a velocità stellare.

Tuttavia quella mole di impegni non bastava a frenare l’animo fantasioso di Jackie che, alzato lo sguardo dal libro di filosofia che stava leggendo al suo fianco, si era messa a immaginare chissà cosa, gli occhi persi fra le nuvole sotto di loro.
Come al solito lui rispose normalmente, seguendo l’energia di quei pensieri, nell’avvio di una delle loro tante conversazioni che potevano fare solo fra loro due, e gli tutti gli altri giudicavano prive di senso.
Sicuramente era solo ‘fuffa dialettica’, come l’aveva definita Jackie, che non aveva utilità pratica nella vita, ma che lasciava loro due soddisfatti e in confidenza, nel benessere della complicità rinnovata. A questo servivano certi momenti.

- Uhm.. La mia morale attuale è di essere una brava persona e di fare del bene quanto più posso. - Rispose cercando di starle dietro, e accorgendosi dopo di essere stato leggermente egocentrico. Aveva messo di nuovo sé stesso al centro di tutto. Quando avrebbe imparato a essere più umile? - Questo non va troppo contro natura.

- No, però pensa a quelli che fanno voti di castità permanente. Questo sì che è già abbastanza contro natura.

- Jackie, questo viene fatto per motivi religiosi, che io rispetto assolutamente.

- Sicuro. Ma pensa se non ci fosse abbastanza equilibrio, abbastanza forza per portare avanti questo voto. Cosa potrebbe succedere?

- Immagino… Immagino che si cada in disperazione. Come non riuscire a realizzare il sogno di una vita.

- Già, e quando ormai è tutto perduto, cosa fa la persona? Di tutto e di più. Io preferirei per questo non imporre troppe morali e privazioni.

- Sulle privazioni parliamone, ma senza morali non si potrebbe vivere in una società come la nostra, perché diventerebbero tutti dei criminali.

- O delle persone buone, magari? - Si girò a guardarlo.

- Ma non ci sarebbe comunque un esempio da seguire.

- Però è meglio a questo punto seguire una morale meno severa al posto di fingere di fronte a tutti di avere un equilibrio che non hai.

- E’ vero, ma non vale per tutte le cose. Forse solo per chi fa voto di castità.

- Secondo me si può benissimo essere pastori e uomini e convivere senza la castità. Dopotutto siamo umani, fa parte della nostra natura.

- Hai incontrato un prete cattolico poco fedele ai propri dogmi di recente, Jackie? Comunque forse hai ragione, ma io non proverei nemmeno a discutere di togliere questo voto. Non ne so abbastanza. So però che ci sono degli equilibri da rispettare anche in questo caso.

- Come?

- Cioè, non sfociare da un estremo all’altro, dalla castità più pura a una perversione senza cura.

- Questo è vero! Come predicare davanti a tutti dicendo di battersi contro il peccato e di resistere alle tentazioni, per poi usare qualche capra o pecora per scaricarsi e soddisfare il lurido corpo con cui si deve convivere.

- Jackie! Che esempio cruento!

- Esiste! L’ho letto in un libro e nella realtà si chiama zoofilia.

- Si, ma mi sembra un po’ esagerato. Dall’immoralità alla zoofilia!

- E’ che cambia fra usare una capra o una prostituta? Non hai comunque rispettato la tua morale, e l’imposizione che ti vieta di fare una certa cosa ti ha spinto a farla 1000 volte più intensamente.

- Questo è vero, è uno strano senso dell’umorismo: non puoi fare una cosa che ti viene vietata e finisce col fare di tutto per compierla.

- Che poi non è questo il posto adatto ad analisi intime - disse Jackie ridacchiando con una mano di fronte al viso, guardandosi poi attorno per vedere se qualcuno li stesse ascoltando. -Però riguardo a tutto quello che hai detto prima… Non è tutto così automatico.

- In che senso scusa?

- Tu stesso, per la tua religione, ti imponi una certa morale. Ora non devi mostrare a nessuno di saperla rispettare, se non a te stesso.

- Bè, se è una morale che riguarda il corpo, come l’astinenza, ci si può concentrare e trovare conforto in un animo intellettuale ed equilibrato. - Rispose lui sorridendo e guardandola con il calore negli occhi, ma lei continuò imperterrita ad annuire, presa dal filo più o meno logico del proprio discorso. - Non è così semplice Jackie…

- No.

- A parole può sembrarlo, ma non lo è. Lo hai detto tu: siamo umani, e il nostro corpo ha delle esigenze. - Stava ritornando ad essere egocentrico.

- Certo.

- Che per potersi vantare di un corpo puro, spesso l’anima si prende su di sé tanta tristezza, o invidia, o immondizia di ogni genere.

Jackie lo guardò, annuendo. Stava rivelando sé stesso senza volerlo, con quella frase. Michael avrebbe passato ore a parlare di sé stesso, a lamentarsi e a perfezionarsi, ma si rivelava davvero solo in quei momenti, quando non tentava di farlo.

- Non è semplice nemmeno staccare l’anima dal corpo per potersi liberare di queste pressioni. - aggiunse.

- Se lo fai vuol dire che sei morta.

- Si ok, ma se potessi farlo riuscirei, forse, a seguire il mio voto con meno difficoltà.

- Non si può dire, nessuno può provarci. E poi, alla fine, perché dovresti?

- Tu lo faresti?

- No, anche se, lo sai, detesto il mio corpo…

- Michael… - si lamentò lei.

- No, lo so, ok, lasciami finire. E’ che senza di esso non potrei esprimermi, capisci? E’ il mio corpo che può fare in modo che la mia anima parli con te. - E lo ringrazio per questo.

- Tu dici? Secondo me è possibile che due anime si parlino senza l’ausilio del corpo.

- Anche secondo me, ma nella quotidianità funziona così.

Annuirono guardandosi, poi si raccolsero nei rispettivi pensieri per qualche minuto.

- Tu che mi dici invece?

- Riguardo a cosa, Jackie?

- Come sei messo ad.. Astinenza? - chiese più per prenderlo in giro e farlo arrossire che per vera curiosità. L’incendio infatti non tardò a divampare.

- Non parlo con te di certe cose! Soprattutto se le chiedi con questo tono e questa faccia! Fatti gli affari tuoi!

- Io questo tono e questa faccia ho!

- Smettila, comportati da signorina per bene!

- Eddai, svelami il tuo piccolo segretuccio… - Continuò lei, avvicinando l’orecchio, e lui le girò la faccia dall’altra parte.  La loro ilarità raggiunse le orecchie dello staff, e alcune labbra sorrisero all’udire di quei giochi. Anche quelle di Thomas, ormai sicuro di sé. Quella complicità che il suo datore di lavoro aveva con la sua fidanzata non lo turbavano più così tanto.

- Sei così bassa che potresti farmi da tavolino.

- Sei così simpatico che dovresti fare il comico circense. Dov’è il tendone, eh Jackson?
  
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