Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: AlsoSprachVelociraptor    24/02/2021    0 recensioni
Nel 2018 Shizuka Higashikata, la figlia adottiva di Josuke, vive una vita monotona nella tranquilla Morioh-cho.
Una notte la sua vita prenderà una svolta drastica, e il destino la porterà nella misteriosa città italiana di La Bassa, a svelare i segreti nascosti nella sua fitta nebbia e nel suo sottosuolo, combattere antichi pericoli e fare nuove amicizie, il tutto sulle rive di un fiume dagli strani poteri.
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Terza riscrittura, e possibilmente quella finale, dell'attesa fanpart di JoJo postata per la prima volta qui su EFP nel lontano 2015.
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Prequel: “La battaglia che non cambiò nulla (o quasi)”
*Spoiler per JoJo parti 1, 2, 3, 4 e 6*
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Aggiornamenti saltuari.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Josuke Higashikata, Jotaro Kujo, Nuovo personaggio, Okuyasu Nijimura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Questa fontana poteva ritenersi… strana. Raffigurava un grosso pesce- un siluro, a quanto diceva la placchetta sul fianco- che saltava in aria, e dalla sua bocca zampillava l’acqua, che poi finiva sulla base da dove il pesce sembrava saltare, dando così l’impressione che il pesce stesse davvero uscendo dall’acqua, con spruzzi annessi.

La targhetta rinrgaziava una certa “Banda” per l’idea e la costruzione. Doveva trattarsi della stessa impresa che aveva reso sicuro l'aeroporto e l’hotel.

“Questo posto è…”

“Inquietante?” la interruppe Koichi, visibilmente a disagio. Yukako alzò le spalle con disinteresse.

“Stavo per dire noioso. Dov’è l’informatore? Aspettiamo da mezz’ora. Saremmo potuti andare a prendere quel gelato famoso che fanno qui con il tempo che abbiamo perso ad aspettarlo.”

Il rombo di un motore colse entrambi di sorpresa. Da una porta sul retro che nessuno dei due aveva notato, oltre la fontana e nel recinto che separava la Città dal mondo esterno, una figura completamente vestita di nero fece il suo ingresso.

Indossava pantaloni in pelle nera, giacca da motociclista nera, guanti e anfibi anch’essi da biker neri e un pesante casco integrale dello stesso colore.

“Voi siete gli alleati di Kujo?” fece la persona. La sua voce era pesante e tagliente come l’acciaio. Koichi annuì appena mentre la figura oscura si levava il casco, lasciando che la lunghissima coda di cavallo color violetto le cadesse lungo la schiena. 

Gli occhi della donna, di un colore ambra intenso, erano taglienti e freddi tanto quanto la sua voce, e il rossetto nero faceva risaltare il non-sorriso perenne che giaceva sul suo viso affilato.

“Sono Minerva Matuzia, e sono la giornalista e collaboratrice della Fondazione Speedwagon. Lavoro alla Gazzetta di La Bassa. Suppongo che il signor Kujo non vi abbia detto nulla su di me.”

Benchè sia Koichi che Yukako avessero imparato alla perfezione l’italiano grazie a Heaven’s Door, e la donna- Minerva parlasse un italiano perfetto, il suo accento labassese era pesantissimo, strascicato e dalle lettere mezze pronunciate, che rendeva ai due giapponesi la comprensione un po’ difficoltosa.

“No, infatti…” borbottò Koichi. Tese una mano verso di lei, come sapeva fosse consuetudine in occidente, e Minerva la prese e diede una veloce e forte scossa di mano. Fece lo stesso con Yukako.

“Noi siamo Koichi e Yukako Hirose, siamo parte del gruppo.”

“Quanti siete?”
“Cinque. Mancano Okuyasu Nijimura e i due Higashikata, Josuke e Shizuka, padre e figlia. Loro due fanno parte della famiglia Joestar.” 

Minerva annuì, con qualcosa che sembrava poca convinzione nello sguardo che continuava a vagare all’orizzonte, verso le viette più oscure tra i negozi. Le persone attorno a loro non erano molte, per lo più ragazzetti con dei gelati in mano (benchè fosse il due marzo) e panini strabordanti. 

Yukako non si fidava particolarmente di lei, e lo si poteva notare dall’espressione tesa e dagli sguardi ambigui che lanciava alla donna. Ad essere sincero, non piaceva nemmeno troppo a Koichi- così fredda e ambigua… Chissà cosa aveva in mente. Chissà cosa doveva dire loro.

“Spero che i vostri tre compagni di viaggio siano al sicuro. Come ben saprete, il numero di vampiri nella zona è decuplicato nel giro di meno di due anni, e grazie alle nebbie e brutte giornate frequenti, i vampiri possono girare anche di giorno. Come oggi.”

Minerva invitò i due, con un gesto che tentava di essere garbato, a sedersi sui gradini della fontana. Koichi poteva sentire le goccioline d’acqua toccargli la nuca.

“Abbiamo notato le… contromisure per i vampiri? Consistono principalmente in fili spinati e barriere, giusto?”

“Sbagliato.” 

Koichi si zittì. Oh. Che modo sgarbato per dirlo.

“I vampiri non provano dolore, e hanno una forza sovrumana. Si stima almeno tre volte la forza di un umano non mutato. Muri, fili, o anche armi sono completamente inutili contro di loro. Ci sono due modi: materiali conducenti carichi di onde Concentriche, o…”

Minerva indicò alla fontana alle loro spalle. “Acqua. I vampiri non possono avvicinarsi all’acqua- o almeno, quest’acqua. L’acqua delle falde sotterranee di La Bassa, la pioggia labassese, il Grande Fiume e i suoi affluenti. I vampiri hanno paura di queste fontane in funzione, ma per la Città ve ne sono alcune ancora non funzionanti. Spero che nessuno sia stato attaccato.”

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Josuke si guardò alle spalle, e solo grazie ai suoi riflessi e al suo conoscimento degli stand capì che qualcosa stava succedendo. Prese Shizuka per il retro della testa e la abbassò, buttandosi a terra a sua volta. Entrambi caddero sui dolorosi sampietrini dissestati, mentre ad appena pochi centimetri dalle loro teste delle potentissime lame d’acqua si staccarono dall’acqua traboccante della fontana a forma di un qualche dio greco-romano. 

Le due lame raggiusero un gruppetto di vampiri, che vennero tranciati a metà. Si impattarono entrambe sui muri delle case, e lasciarono un poderoso segno nel muro, come quello di una sega elettrica su un albero. 

“Sono lame a waterjet… è stata usata la pressione dell’acqua per uccidere i vampiri…” sussurrò Josuke, tirando in piedi Shizuka che ancora sembrava imbambolata sul posto. “Dobbiamo andarcene. Ci sei, Shizu? Ti proteggo io.”

Proprio quella frase riportò Shizuka alla realtà. Perchè lei era da proteggere, da aver cura e tenere in una campana di vetro per il resto della sua vita. Tentò di tirare indietro il braccio ma la presa di Josuke sul suo polso era di ferro.

Un’altra lama spuntò dal vaso che la statua del dio stava portando in spalla, falciando a metà la testa di un vampiro, che bruciò nel nulla nella nebbiolina padana.

“La Banda… la Banda…” sussurrarono i vampiri, quasi con tono spaventato. 

Shizuka notò che quegli esseri erano incredibilmente simili a quello che l'aveva attaccata, meno di un mese prima: anomali, pieni di bubboni e piaghe, che sembravano tutto tranne esseri superiori. Uno di essi aveva tre braccia, e uno non aveva occhi. Deformati, come se la trasformazione fosse andata male.

Uno si avvicinò troppo, ma venne colpito da Crazy Diamond con una tale violenza da quasi farlo a pezzi. Josuke la spinse ancora, dietro la sua schiena, mentre insisteva a proteggerla.

Perchè lei era debole. Perchè lei non era all’altezza.

Shizuka stette al gioco di Josuke, gli si mise alle spalle mentre lui continuava a tirare i suoi pugni velocissimi con il suo potentissimo stand.

Alla prima occasione, Shizuka divenne completamente invisibile. Voleva combattere. Voleva la sua vendetta- sui vampiri, sul destino, su suo padre.

Sgusciò lontana dal padre, attorno  ai vampiri- ce n’era uno che sembrava attratto e spaventato dalla fontana, troppo disattento per finire bene in un combattimento- e gli si avvicinò, convinta di sconfiggerne almeno uno. Magari con un sampietrino.

Quando Shizuka raccolse la pietra e questa si staccò con rumore secco dalla sabbia su cui era appoggiata, il vampiro si voltò a guardarla.

La stava guardando. L'aveva sentita? La vedeva, come l’aveva vista il primo vampiro?

Oh no. Non ci aveva pensato.

Shizuka si gelò ancora in quella posizione, stringendo il sasso tra le dita finchè i polpastrelli non le fecero male.

Il vampiro guardava nella sua direzione, annusava, e poi si guardò attorno.

Non la vedeva? Non la sentiva?

“Shizuka? Shizuka, dove sei andata!?” gridò suo padre, e il vampiro cambiò focus, concentrandosi su di lui. 

Josuke la stava cercando, chiamando, e non fece attenzione al vampiro che, attratto dal suo gridare e dal suo essere non più concentrato nella lotta, gli si fiondò addosso.

Shizuka gridò. 

Non papà. Non lui!

Non si mosse, ma il vampiro volò in aria e atterrò diversi metri più avanti, in un orrendo rumore di ossa rotte.

Shizuka tornò visibile solo una volta tra le braccia di suo padre, scossa almeno quanto lui.

“Sei stata tu?” chiese lui, stremato. Shizuka non lo sapeva. Lei voleva che quel vampiro si allontanasse da suo padre, e il vampiro era stato afferrato da qualche sorta di forza e scagliato via.

Annuí, poi negò, poi alza lo sguardo su Josuke, e infine si guardò attorno. I vampiri colpiti da Crazy Diamond- e anche quello scagliato lontano dalla forza di volontà di Shizuka- si stavano lentamente rialzando. Qualcuno di loro stava raccattando un braccio o la testa staccata dai colpi di Crazy D e se lo rimetteva in posto come se nulla fosse.

Era davvero la fine? Non c’era modo per sconfiggere i vampiri?

“Voi due.” li chiamò una voce. Limpida, cristallina, giovanile ma priva di qualsiasi emozione. “Se volete vivere, buttatevi nella fontana. Ora!”

Josuke non ci pensò due volte, sollevò Shizuka di peso e la buttò nell’acqua gelida della fontana. Josuke seguì.

Lo schizzo colpì un vampiro, e il contatto dell’acqua scatenò scintille sul suo corpo purulento che sembrò sciogliersi. In un grido, divenne polvere.

Un’esplosione, mille aghi neri che si conficcavano nei corpi dei vampiri ed essi che morivano folgorati, si accasciavano sul selciato e lì sparivano nel nulla.

Uno, fortunato sopravvissuto, corse sulle sue gambe instabili verso una vietta oscura, dove non sarebbe più potuto essere trovato. Dall’ombra però la lunga coda nera e metallica di uno stand, irta di enormi spine, lo falciò a metà con un solo, fluido gesto.

Il silenzio cadde di nuovo sulla piazza. L’acqua sotto e attorno ai corpi ancora confusi degli Higashikata si radunò lontano da loro e, affluendo verso l’alto come una cascata al contrario, scomparve alle spalle di una ragazza che era uscita dall’ombra. Era alta, dai lunghi capelli azzurro ghiaccio e una posa quasi marziale, mentre aspettava che un’altra ragazza uscisse dall’ombra. Questa era molto meno femminile, a malapena distinguibile il fatto che fosse una ragazza e non un ragazzino, e molto più bassa, arrivando forse a malapena alla spalla dell’altra.

“Boss, quelli sono portatori. E non sono di La Bassa.” disse la più alta, lisciandosi la divisa azzurra, una via di mezzo tra una divisa da combattimento e un costume rococò. Anche la sua voce era estremamente giovanile, me non era quella che Josuke e Shizuka avevano sentito.

La più bassa, dal giacchetto sportivo anch’esso irto di spine, negò. I suoi capelli erano corti e neri, e sul viso portava degli occhialoni gialli. Dove avrebbe dovuto trovarsi il suo occhio sinistro, proveniva invece una forte luce rossa, come quella di uno scanner.

“Dobbiamo valutare al più presto se sono un pericolo per noi.” disse infine, dopo quello che sembrava un periodo interminabile.  Era la sua voce, quella di prima. Apatica e dura. Le due fecero retrofront, e non si fermarono nemmeno quando Josuke si rivolse a loro. 

“Aspettate!” tentò invano, sporgendosi oltre la fontana in cui era rimasto. “Voi chi siete?!”

La ragazzetta mora non si voltò nemmeno per dargli una risposta. Sparirono nel buio, e la sua voce fu l’unica cosa che rimase di lei.

La Banda.”

 
   
 
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