Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: Little Firestar84    26/02/2021    7 recensioni
Dopo essere sparito dalla circolazione per oltre dieci anni, l'Occhio di Ebe, un gioiello dedicato alla dea della Giovinezza, oggetto che potrebbe rivelare alle sorelle Kisugi il luogo dell'eterno riposo del padre scomparso, ricompare sulla piazza per essere esposto a Tokyo, sotto la supervisione dell'Ispettrice Nogami... e quando Occhi di gatto avverte la polizia del suo intento, a chi rivolgersi per assicurarsi che le misure di sicurezza siano effettive? Ma a City Hunter, ovviamente!
Peccato che L'occhio non sia il semplice oggetto che tutti pensano, e nasconda un potere ben più particolare, che riporterà Kaori indietro, nel corpo e nella mente, al momento in cui la sua vista ha preso una svolta decisiva...
Genere: Commedia, Hurt/Comfort, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: De-Aging | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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“No, no, e poi no! Non sono d’accordo!” Toshio, seduto a cavalcioni di una sedia del tavolo della cucina della casa sulla spiaggia di Los Angeles che le tre sorelle bellissime condividevano con lui, osservava le tre donne – Ai, Rui ed Hitomi – che  tranquille osservavano la mappa del museo di Arte Occidentale di Tokyo, accanto ad appunti sul sistema di sicurezza – vecchi di alcuni anni, in realtà, presi ad un loro precedente colpo, quando ancora lo prendevano per fesso e gli tiravano un tiro mancino dopo l’altro  - e la foto di un gioiello antico, una catena con le sagome di una falce di luna e di un sole riccamente decorate e smaltate, che secondo la tradizione era stato offerto alla Dea Ebe, guardiana della giovinezza, uno dei pochi manufatti a lei dedicati giunti nell’era moderna.

“Toshio, dobbiamo,” Hitomi disse pensierosa, stringendo un gioiello quasi del tutto identico a quello della foto in mano. “Nostro padre conosceva la storia di questo gioiello come le sue tasche, e suo fratello  era ossessionato da questo ciondolo, lo ha replicato in modo quasi fedele, e quando è morto ha tentato il tutto per tutto perché noi non ce ne impossessassimo, e nessuno mi leva dalla testa che significhi qualcosa!. Forse se capissimo le differenze potremmo finalmente capire cosa sia accaduto esattamente a nostro padre…”

“Vogliamo solo capire cosa gli sia accaduto esattamente, e sapere dove poterlo piangere, Toshio,” Rui continuo, mentre con la sua perfetta calligrafia, scriveva a penna sul biglietto da visita della banda il messaggio per la polizia;  l’ex poliziotto incrociò le braccia, scontento di non essere preso minimamente in considerazione. Anche se, tuttavia, Ai stringeva i pugni, mordendosi le labbra nervosa. “L’Occhio di Ebe è sparito per oltre dieci anni, e adesso è riapparso dal nulla. Farà gola a moli, e se Occhi fi gatto non agisce ora, potremmo perdere la nostra occasione.”

“E se Toshio avesse ragione? Se torniamo a Tokyo e torna pure Occhi di gatto la polizia non ci metterà troppo a fare due più due… non sono tutti accomodanti come lui in polizia!” Ai si inserì nella conversazione; la più giovane delle gatte, era sempre stata quella con una parte minore nei piani, il genio tecnico mente Rui era il cervello e Hitomi il “muscolo”, lei era quella che, anche quando si decideva di compiere un colpo, raramente veniva interpellata. Questa volta, tuttavia, la giovanissima non poteva esimersi dall’intervenire, mostrandosi reticente ed impaurita dalla possibilità di passare la vita dietro le sbarre.

L’uomo le fece un mezzo sorrisetto; preferiva di gran lunga che gli dicessero che aveva un gran cuore e la sbandata semplice, piuttosto che additarlo come un cretino idiota che non aveva mai capito nulla- per una volta, la sorellina era gentile con lui, lei che più di tutte lo aveva sempre sfottuto pesantemente in passato. Miracolo dei miracoli: doveva davvero essere preoccupata per dargli ragione in un momento del genere.

“Sarà quel che sarà, siamo sempre scappate e lo faremo ancora, se necessario…” Hitomi fissò la fotografia, con fredda determinazione e occhi così stretti da essere due sole fessure. “Questa sarà l’ultima volta che Occhi di gatto colpisce, e stavolta scopriremo tutta la verità su nostro padre… e sua fratello non si potrà più mettere in mezzo! Rui e dio andiamo a prenderci l’occhio… voi potete rimanere qui se avete paura!”

Sospirando, Toshio si passò una mano nei capelli ribelli guardando Ai. La decisione ormai era presa: Hitomi non gli avrebbe dato retta, poco importava se ora indossava il suo anello e ricordava ogni cosa del suo passato, ed era pronta ad affrontare la vita insieme, a divenire sua moglie. .. la ragazzina scosse il capo, sapendo che nemmeno lei sarebbe stata presa in considerazione. C’era solo una cosa da fare. Agire tutti insieme, nella speranza che le cose andassero per il verso giusto, e che quello fosse davvero il loro ultimo colpo: l’ex poliziotto pregò che la carriera delle ladre terminasse per il loro volere, e non perché un giudice le avesse condannate alla prigione.

occhi-di-gatto

 

“Quindi, questo sarebbe il celeberrimo Occhio di…. Tebe?” Ryo squadrò il gioiello da dietro il vetro blindato, una mano a massaggiarsi la mascella.  Ai suoi occhi sembrava una di quelle cose che venivano vendute nelle bancarelle e nei negozi etnici a poco prezzo, e non riusciva a comprendere l’appeal che quel coso avesse per Occhi di Gatto.

Ebe, Ryo, l’occhio di Ebe…. Tebe era una città, Ebe invece era una dea, quella dell’eterna giovinezza.” Saeko sospirò, pizzicandosi il naso ed evitando di ripetere per l’ennesima volta la tiritera che aveva già spiegato al suo “consulente”  - quello il titolo, a metà tra l’ufficiale e l’ufficioso, dato a Ryo per quel caso -almeno una decina di volte.

“Ah, allora me lo ricorderò di sicuro, se è la dea dell’eterna giovinezza dev’essere per forza la santa patrona di un giovane stallone dall’eterna età di vent’anni!” Sghignazzò, avvicinandosi alla bella ispettrice del suo cuore, e la mano destra si avvicinò pericolosamente al fondoschiena di Saeko, che alzando un sopracciglio, e scostando leggermente la gonna per mostrare i coltelli che teneva nascosti nella giarrettiera, rammentò silenziosamente all’eterno ventenne che sì, poteva guardare, ma no, toccare non gli era permesso. Simile promemoria giunse dall’aura elettrica, e carica di rancore e rabbia, di Kaori, che alle spalle del socio, avesse potuto, avrebbe già brandito uno dei suoi pesanti martelli: purtroppo, però, le misure di sicurezza erano tali che le vibrazioni causate da un suo “attacco” avrebbero fatto scattare, inutilmente, tutti i sistemi di sicurezza; inoltre, perché perdere tempo e fatica con Ryo? Tanto lui non cambiava mai… le diceva che ci teneva, che la amava… e poi fuggiva a gambe levate tutte le volte che lei provava ad iniziare il discorso su ciò che era accaduto nella radura pochi mesi prima. “Che palle. Mai che mi ripaghi tu, eh!”

“Su, su, dai…” gli fece civettuola, facendogli l’occhiolino e dandogli un pizzicotto al mento, su cui la barba aveva iniziato già a ricrescere dopo la rasatura del mattino. “Se riuscirai ad evitare il furto dell’Occhio di Ebe, ne riparliamo… mio padre è stato chiaro: non mi sarà concessa che una sola possibilità, non certo come a Utsumi che ha rincorso la gatta per una vita… quindi, se tu aiuti me…”

Gli lanciò un’occhiata allusiva, che fece stringere denti e pugni a Kaori che, alle loro spalle, gli stava lanciando, borbottandole, tutte le maledizioni possibili ed immaginabili, condite da una serie di epiteti tutt’altro che gentili lanciati agli indirizzi tanto del maiale pervertito quanto della gatta morta.

Mentre i due, dopo essersi allontanati verso il perimetro della sala, continuavano il loro giochetto di corteggiamento che, Kaori sapeva, non sarebbe mai andato da nessuna parte, perché Saeko i suoi debiti non li avrebbe saldati mai, per nessun motivo al mondo, né in natura né in denaro,  la rossa fece un paio di passi verso la teca dove il monile in argento era custodito, al centro della sala, sorvegliato da quattro agenti, e lo guardò estasiata: semplice, dall’aura mediorientale,  emanava una curiosa energia, si sentiva come attirata da esso in una maniera a dir poco magnetica. Alzò una mano per sfiorare il vetro, guidata come da una forza superiore, col cuore che le batteva a mille ed il respiro mozzato, la sua visione concentrata solamente su quell’oggetto.  Le dita stavano già sfiorando il vetro quando si udì uno scoppio, e le luci saltarono, lasciando tutti al buio e scatenando un vero putiferio.

“Dannazione, sono loro!” Ryo sibilò a denti stretti, sperando che Saeko non lo avesse udito: la maggioranza delle persone erano certe che Occhi di Gatto fosse una persona, ma dopo l’increscioso incidente avvenuto a Shinjuku l’anno prima, quando la loro casa era quasi divenuta un teatro di guerra a causa di quell’egocentrico bastardo di Shinji Mikuni, e le tre sorelle Kisugi erano tornate per aiutarli a sistemare la faccenda con quell’armaiolo da quattro soldi, a cui Ryo aveva dimostrato come la sua Python fosse meglio di qualsiasi drone, il duo City Hunter aveva scoperto chi realmente si nascondesse dietro quell’identità fittizia e cosa avesse spinto le tre sorelle a rubare per così tanti anni.

Kaori, ripresasi da quel curioso stato di trance in cui era caduta, avvertì uno spostamento d’aria e l’aura controllata e tranquilla di qualcuno che appariva estremamente controllato. Quando udì il rumore di vetro che si infrangeva, segno che la teca era stata sollevata e gettata a terra. La rossa si gettò sulla figura appena percepì che questa aveva afferrato la collana, e ne nacque una colluttazione, perché la ladra stringeva il gioiello e sembrava volerlo difendere con le unghie e con i denti ciò che si era guadagnata, eppure… eppure, Kaori sentiva di dover difendere quell’artefatto.  Di dover fare qualcosa.

Si scaraventò sulla ladra, gettandola a terra, e strinse il ciondolo a forma di luna nel palmo; mentre vi chiuse le dita intorno, sentì il palmo bruciarle, e come se emanasse una curiosa energia, il ciondolo si mise a brillare…. Sembrava di guardare direttamente il sole, tanto era accecante quella luce, flash che non permisero a nessuno di capire cosa stesse accadendo nonostante la stanza stessa straripando di una luce incandescente che pareva bruciasse tutti coloro che toccava da dentro, a partire dai recessi dei loro animi… l’energia sprigionata fu tale che Kaori si sentì sbalzare contro il muro, e cadde a terra, in ginocchio, come imbambolata.

E poi…. E poi il buio, e di nuovo la luce, ma stavolta quella fredda ed artificiale delle lampade di emergenza che erano finalmente scattate, rivelando la triste realtà di cosa fosse accaduto a tutti i presenti.

“Dannazione, ci ha fregati!” Saeko sibilò a denti stretti, così furente che i capelli le si drizzarono in testa, sbattendo le scarpe dal tacco vertiginoso sul pavimento di marmo come se fosse stata una bimbetta petulante. Si voltò verso Ryo, per inveire contro di lui e la sua incapacità – come se lei avesse fatto qualcosa di meglio- quando tuttavia si immobilizzò lei stessa, quasi fosse in stato di shock: lo sweeper teneva tra le braccia Kaori che, nonostante gli occhi semi-aperti, pareva essere incosciente e non rispondeva alla voce del partner… “Ma cosa diavolo sta succedendo?”

“Bella domanda….” Lo sweeper sussurrò mentre prendeva tra le braccia la donna che pareva in uno stato di incoscienza, il corpo molle ed arrendevole come quello di una bambola di pezza. Il capo di Kaori ricadde all’indietro, mentre un braccio ciondolava inerme. Ryo fissava la figura immobile, le labbra socchiuse con la morte nel cuore che aveva quasi smesso di battere per la tensione. Strinse i denti mentre sentiva montare la rabbia, l’odio e di rancore verso le tre ladre: per gratitudine e rispetto, assecondando un silente codice morale, aveva mantenuto il segreto delle donne, e seppure avesse accettato quell’incarico dalla bella poliziotta lo aveva fatto più perché tanto lo faceva sempre che per acciuffare realmente le ladre- anzi, la sua idea fin dal principio era stata quella di permettere  alle fanciulle di mettere le mani su quel pezzo di latta, di cui, francamente, non capiva né valore né bellezza. “Saeko, porto Kaori dal professore. Forse lui ci capirà qualcosa!”

Con passo svelto ma tuttavia delicato, Ryo uscì tenendo la donna tra le braccia, affondando il naso nei capelli soffici che profumavano di primavera; quel semplice gesto gli dava una certa sensazione di tranquillità, di pace, era quasi confortevole, quasi una parte recondita del suo cervello, o forse del suo cuore, gli stesse confidando che sarebbe andato tutto bene, nonostante quegli occhi apparentemente spenti che sembravano fissare il nulla.

Raggiunta la macchina, aprì con molta poca delicatezza la portiera, dandole un calcio, restio a separarsi dalla socia per anche solo un attimo, poi la sistemò sul sedile passeggiero mettendole la cintura di sicurezza: ancora nulla, Kaori non reagiva.

Le diede un leggiero bacio sulla fronte, chiudendo gli occhi, tremando quando la pelle pallida, sotto alle sue labbra, risultò gelida, e le accarezzò la guancia.

“Ehi…” le disse dolcemente, incerto s elei potesse sentirlo o meno, ma sperando tuttavia che le sue parole le arrivassero al cuore e le donassero l’energia necessario a combattere contro qualsiasi cosa le stesse accadendo. “Non farmi scherzi, eh? Che noi dobbiamo ancora riprendere quel discorso della radura….”

Inalò ancora una volta il suo profumo delicato, poi si mise al volante della scattante vettura in direzione dell’uomo che, come un padre, si era preso cura di lui quando la vita stava per abbandonare il suo corpo mortale a causa della Polvere degli Angeli.

Nella caotica notte di Tokyo, mentre le tenebre li avvolgevano e le luci scintillanti delle insegne al neon e dei lampioni sfrecciavano al fianco della Mini, Ryo, rivolgendo al corpo inerte occhiate furtive, pregò con tutto sé stesso a tutte le entità in cui mai aveva creduto che non fosse quello il giorno in cui rompeva la promessa fatta al migliore amico di prendersi cura della dolce e bella Kaori, e che come il Professore aveva salvato lui, potesse fare altrettanto per lei… perché se fosse accaduto qualcosa a Kaori, non solo non se lo sarebbe mai perdonato, ma soprattutto, con lei sarebbe morta anche una parte di lui: la migliore, quella che lei aveva fatto germogliare e aveva amorevolmente curato, fatto crescere e germogliare.

A denti stretti, dando un pungo al volante, Ryo si fece una promessa: se Kaori fosse sopravvissuta, avrebbe ripreso il discorso della radura, avrebbe apertamente ammesso i suoi sentimenti e non le avrebbe mentito, mai più.

 

            Erano passati tre quarti d’ora da quando Kaori aveva varcato la soglia della clinica del professore; l’uomo, per rendere il “soggiorno” il più confortevole possibile, l’aveva sistemata in una stanza da sola, dove lei avrebbe avuto la sua privacy- lei, e soprattutto Ryo, che non accennava a voler lasciare il suo fianco per nulla al mondo. Kazue aveva attaccato al petto alla fonte della giovane donna diversi elettrodi, le aveva posizionato i cuscini affinché fosse comoda, e aveva provveduto a far avere una sedia decente a Ryo, che non lasciava la mano della giovane per nulla al mondo, ma tuttavia, seppure il vecchietto lo avesse rincuorato delle condizioni buone in generale della fanciulla, continuava ad essere fredda come il ghiaccio e adesso aveva perso del tutto i sensi.

Fu allora che un rumore di tacchi lo avvertì che qualcuno stava entrando nella stanza, e dal profumo inconfondibile – nonché il particolare aroma delle sigarette che la donna fumava, dalla nota altamente distintiva – senza bisogno di voltarsi Ryo riconobbe Rui, la maggiore delle tre sorelle, che mestamente lo raggiunse e, afferrata una sedia, gli si sedette accanto. Tuttavia, Ryo rimase freddo e distaccato, rifiutandosi di incontrare lo sguardo di quella donna che considerava parzialmente colpevole per quello che stava accadendo e del precario stato di salute di Kaori: poco importava cosa dicesse il professore, lei non aveva ancora ripreso i sensi e la sua pelle era gelida, quindi qualcosa che non andava doveva assolutamente esserci. Lui lo sapeva, se lo sentiva nelle ossa, nel profondo, e nessuno glielo avrebbe mai tolto dalla testa.

“Vedo che Falcon ti ha avvertito di venire qui…” le sibilò contro, senza tuttavia guardarla. La donna, che aveva avvertito sia il tono che il fatto che Ryo si fosse riferito al comune amico con il suo nome anziché il nomignolo che gli aveva affibbiato e che con cui era noto, sistemò la ciocca castana che le ricadeva sugli occhi con un sospiro, e con un sorriso lanciò un’occhiata alla donna distesa nel letto. Quando si erano incontrate oltre un anno prima Kaori l’aveva assicurata che lei e Ryo erano solo soci, ma le reazioni di gelosia esagerate di lei, e gli sguardi che lui le lanciava, carichi di affetto, raccontavano ben altra storia. “Ti conviene fare attenzione, non vorrei che Saeko ti trovasse qui. Non è tonta come il vostro amichetto, lei due più due lo sa fare eccome!”

Rimasero entrambi in silenzio, a squadrare il corpo inerme di Kaori, prima che Ryo si alzasse, giocherellando con le dita della partner un ultimo attimo prima di andare nel corridoio, e fu lì che, appoggiato con la schiena al muro e accendendosi una sigaretta, prendendo un grosso sospiro, quasi si fosse dovuto preparare al peggio, lo sweeper pose la domanda che gli attanagliava il cuore.

“Rui… cosa diavolo è successo in quel museo?”

La donna, sempre pacata, seria e controllata, prese a torcersi le dita, incapace di guardare Ryo negli occhi. Mordendosi le labbra, si preparò alla sua ammissione – una storia raccontata, una storia pazza ed incredibile, che non aveva alcun senso, ma che avrebbe potuto spiegare cosa stesse accadendo alla socia di Ryo; un solo incontro le era bastato per scoprirsi amica di Kaori, per lasciarsi conquistare da quella giovane donna col sorriso, con la determinazione e la fiducia nell’umanità e nelle seconde possibilità, cosa assai rara per una persona che compiva il lavoro di sweeper… o di ladra.

“Ricordo che mio padre mi raccontava una leggenda, legata all’Occhio di Ebe. Diceva che quando un animo inquieto, con… con questioni in sospeso e rimorsi lo teneva tra le mani, il suo potere venisse rilasciato, e quella persona tornasse, con il corpo e la mente, al momento decisivo della sua esistenza per capire se quelle scelte fossero state quelle giuste, e questo fino alla successiva luna nuova…”

Ryo si grattò il capo. Quella storia era assurda – per quanto, di cose starne lui e Kaori ne avessero viste, tra telepati e fantasmi, quindi non si sentiva di escludere del tutto dal reame delle possibilità il viaggio nel tempo, ma anche fosse stato vero, cosa avrebbe significato per Kaori? Quale era stato il momento decisivo della sua vita… la morte di Maki, la sua adozione? O forse quando aveva accettato di tornare da lui dopo la questione di Kaibara, o magari sarebbe ritornata indietro con la mente a soli pochi mesi prima, alla radura….

Strinse i denti maledicendosi, guardando con acuta ferocia Rui. Non riusciva a credere che avesse potuto prendere in considerazione quell’idiozia. Che quella mocciosa gli avesse letto nell’animo era una cosa, Kaori che ringiovaniva? Tutt’altra. Gettando la sigaretta a terra e spegnendola col piede, nonostante se la fosse appena accesa, Ryo tornò nella stanza con le mani in tasca, e stupito e sotto shock si fermò sulla soglia, fissando Kaori che sembrava stesse per svegliarsi, dal modo in cui si muoveva nel letto.  Ma non era stato questo a scatenargli quella curiosa reazione- una reazione simile a quella di Rui, che con gli occhi sgranati si coprì la bocca per la sorpresa… perché sì, nel letto c’era una ragazza con corti capelli riccioluti tendenti al rosso, labbra sottili e decisamente alta per la sua età, ma quella stessa ragazza aveva anche il corpo più acerbo rispetto alla Kaori che Ryo conosceva ed era leggermente più bassa di lei, e la camicia da notte che le aveva fornito Kazue era enorme su quel gracile corpicino androgino.

Sì, quella era Kaori, Ryo lo sapeva, ma quella non era la metà di City Hunter: quella era…. Era la sua Sugar Boy, studentessa del liceo di sedici anni.

Cristo santo onnipotente!

   
 
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