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Autore: Aristofane4ever    01/03/2021    0 recensioni
Namjoon e Yoongi sono amici da tempo immemore, ma entrambi nascondono dei segreti che potrebbero mettere a repentaglio la loro amicizia; nel caso del primo sono due adorabili gemelli, Taehyung e Jungkook; per il secondo sentimenti repressi da troppi anni. Forse serviva proprio una pandemia per permettere loro di mettere a nudo le proprie verità.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga
Note: AU, Kidfic | Avvertimenti: Mpreg
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Yoongi pensava che vivere in un appartamento con due camere da letto, una cucina, un soggiorno, un bagno, un uomo adulto e i suoi bambini e due pesci rossi fosse molto più rumoroso. Invece, non aveva ancora sentito urla o pianti disperati, se non per quelle poche volte in cui aveva appurato che si trattava di esternazioni strettamente necessarie. In compenso, sembrava che il tempo si fosse fermato e avesse iniziato a scorrere più lentamente. 

Yoongi e Namjoon erano migliori amici da quando, per puro caso, avevano formato una band percussionistica all’asilo, con strumenti professionali come legnetti, corpi delle bambole sottratti ad altre bambine e decapitati, stoviglie rubate a una cucina giocattolo e le loro mani e i loro piedi. Namjoon era due anni più piccolo di Yoongi, così quest’ultimo lo prese sotto la sua ala e gli iniziò a spiegare com’è fatto il mondo – sempre secondo i suoi occhi da bambino. Avevano legato così tanto, che, sebbene gli anni successivi non fossero mai in classe insieme a causa della loro differenza d’età e avessero interessi diversi, non si separarono più, ma coltivarono una relazione nella più completa stima verso l’altro. 

Rispetto ad altre coppie di migliori amici che conoscevano, loro non avevano mai passato tanto tempo appiccicati, perché i loro orari coincidevano poco e anche quando vivevano insieme riuscivano a condividere solo l’orario di un pranzo, talvolta entrambi troppo stanchi per parlare. 

Yoongi, fin da quando aveva visto per la prima volta una macchina fotografica, voleva diventare un fotografo. Gli piaceva l’idea di poter immortalare un istante della vita di qualcosa o qualcuno, che questa potesse durare decine di anni o secoli o millenni, come accadeva, rispettivamente, per le persone, le piante e i monumenti, e la Terra. Grazie a diversi corsi e stages, era riuscito a essere ingaggiato da una delle più grandi aziende inglesi, nonostante lui fosse coreano. Il raggiungimento del suo sogno lo aveva portato a molto più tempo lontano da casa, visto che doveva compiere diversi viaggi in giro per il mondo. “Casa” era l’appartamento che divideva con il suo migliore amico e a cui ritornava un paio di volte all’anno per poche settimane; ovviamente gli mancava, ma aveva sempre anteposto la carriera alla sua vita privata e così avrebbe continuato a fare, finché l’altro lo avesse supportato in ogni sua scelta. 

Namjoon, al contrario, era sempre stato indeciso sul suo futuro: un giorno avrebbe voluto insegnare matematica e quello dopo fare l’archeologo. Alla fine, obbligato a compiere una scelta, quest’ultima era ricaduta sul mondo dei computer: avrebbe fatto il programmatore. Gli sembrava un lavoro onesto, con il quale venire a patti anche con la propria pigrizia. Era stato assunto da una multinazionale. Forse non avrebbe fatto carriera, ma riusciva a condurre una vita dignitosa e a guadagnare abbastanza per pagare le bollette e uscire fuori a mangiare con i suoi amici Hoseok e Seokjin una volta alla settimana. Aveva tutto sotto controllo, fino a quando scoprì di aspettare due gemelli. Da quel momento la sua vita si riempì di pannolini e pappe per neonati, e dovette trovare anche un altro lavoro. Trascorse alcuni mesi difficili, ma riuscì a uscirne con orgoglio e con i piccoli Jungkook e Taehyung che avevano appena iniziato a camminare. Il fatto che Yoongi in quel periodo non fosse mai a casa lo aiutò a non rivelargli mai che si trattava dei suoi figli: gli aveva detto che erano il frutto di un’avventura di una notte con uno sconosciuto che non li avrebbe mai voluti; e questo non si discostava neppure troppo dalla realtà, se non per il fatto che lo sconosciuto fosse Yoongi. 

Namjoon aveva pianto. Quando metteva a dormire i propri bambini spesso si lasciava andare a un breve e frustrato pianto, durante il quale rimpiangeva il fatto di essere innamorato del proprio migliore amico senza avere possibilità che lui ricambiasse i suoi sentimenti. Non rimpiangeva la decisione di aver intrapreso una relazione sessuale con lui, perché quei pochi attimi lo facevano sentire speciale e desiderato da qualcuno, anche se sapeva che per Yoongi erano solo dei momenti per raggiungere il piacere. L’amore, da parte sua, non era compreso.

A causa del proprio lavoro, Yoongi non aveva mai trascorso troppo tempo con i due gemelli, che ormai avevano tre anni ed erano due cicloni di allegria. La sua stanza era diventata la loro cameretta, perciò quando tornava dormiva in uno dei loro letti, con le coperte raffiguranti disegni di dinosauri. E non si sentiva nemmeno così a disagio, sebbene fosse appena entrato nella trentina. Aveva sempre ammirato Namjoon per la dedizione con cui si era vestito del ruolo del genitore, sebbene l’arrivo dei due bambini non fosse per nulla aspettato. Glielo ripeteva spesso, congratulandosi, affermando che lui non avrebbe mai voluto avere dei figli così giovane.

Quella volta pensava, tornato da un viaggio in Congo, pensava di rimanere solamente per due settimane, prima di partire per la sede inglese, ma tutti i voli furono cancellati e non c’era possibilità che lui uscisse di casa. Forse, una pandemia e due piccole pesti gli avrebbero aperto gli occhi. 

 

[•]

 

“Mi leggi un libro?” domandò Taehyung a Yoongi, inciampando su alcune lettere. Gli porse un volume sottile, pieno di immagini e disegni colorati. 

L’adulto annuì lentamente e prese sia il libro che il bambino, per farlo sedere sulle sue ginocchia. Mentre leggeva, Taehyung assumeva delle espressioni buffe, che spinsero Yoongi a ridacchiare e a interrompere la lettura per un paio di volte. Il figlio di Namjoon era davvero educato e rispettoso, tutto il contrario di ciò che si aspettava fosse un nano di quell’età; per questo motivo, gli stava molto simpatico, e passare del tempo insieme a lui si era rivelato non essere difficile, anche per uno che, come Yoongi, non aveva grande confidenza con i bambini.  

La prima volta che li aveva incontrati, dopo essere volato giù con la massima apprensione dall’aereo che lo aveva portato nuovamente in Corea, avevano poche ore e riposavano dolcemente sul petto di Namjoon, il quale li osservava con uno sguardo di assoluta adorazione. Quando aveva visto Yoongi alla porta della sua camera d’ospedale la sua espressione felice era crollata e il più grande, assumendo questo come la consapevolezza che avrebbe dovuto crescere due figli da solo, lo aveva preso tra le braccia e cullato. Non sapeva, invece, quanto quello avesse distrutto ancora di più il povero Namjoon.

Da quel momento, Yoongi aveva cercato di aiutare di più l’amico e tornare più spesso, almeno per il suo compleanno e quello dei suoi figli. 

Nel momento in cui alzò lo sguardo avendo finito di leggere, intravide Namjoon scattare loro una fotografia con il cellulare. 

“Stai cercando di rubarmi il lavoro?” gli chiese, retoricamente e divertito, mentre il più giovane si avvicinava e si sedeva di fianco a loro con un grande sorriso.

Ogni volta che Yoongi lo osservava pensava che fosse diventato più bello e splendente. Adorava il suo volto rotondo, con le due magnifiche fossette, i capelli recentemente colorati di lilla dai suoi bambini e gli occhi profondi. Ma la sua bellezza non si fermava a uno strato superficiale: era intelligente, curioso, gentile, sempre disponibile e coraggioso. Yoongi non riusciva ancora a credere che quello era il suo migliore amico e avesse due bambini. 

“È dalla prima volta che ti ho rubato la macchina fotografica che ci provo, hyung” disse Namjoon, accogliendo a braccia aperte il figlio che si stava arrampicando su di lui. 

“Piccolo monello!” scherzò Yoongi. Gli scompigliò i capelli, per poi massaggiargli una spalla che gli aveva detto essere dolorante. “Sei stanco?”

“No. Ora no. Però continua quella cosa con la mano, ti prego” gli rispose, con un mugolio. Taehyung si stava addormentando con la faccia attaccata al suo collo e l’atmosfera sarebbe stata familiare se non fosse stato per quel segreto. 

“Va bene. Devo condividere anche questa notte il letto con Jungkook?” 

Namjoon spalancò gli occhi. “Oddio, hyung, scusa. Continuo a dimenticarmi che quello è il letto che usi anche tu. Posso andare a spostarlo subito, così può dormire un po’ prima di cena.” Fece per alzarsi, ma venne fermato dal braccio del più grande, che si avvolse attorno alla sua vita stando ben attento a non colpire Taehyung e riportò Namjoon di fianco a lui. 

“Scherzavo, Joonie. E poi è bello dormire con Jungkook, anche se mi sbava addosso. Oltretutto ho paura che questa situazione andrà avanti ancora per molto, perciò vuoi che io trovi un altro posto? Così voi potete stare come quando io sono in viaggio…”

“No!” esclamò il più piccolo, agitandosi. “Rimani qui, per piacere. Questa è anche casa tua, quindi io non avrei nessun diritto di restare mentre tu vai via. Devo solo abituarmi alla disposizione dei letti, come tutte le altre volte.”

“Va bene, ma non esitare a parlarmi nel caso in cui io fossi d’intralcio.”

“Come se lo potessi mai essere” disse l’altro con un sorriso e si appoggiò alla spalla di Yoongi. “Non so proprio cosa preparare per cena. Idee?”

“Come se tu potessi effettivamente cucinare qualcosa” gli fece il verso il maggiore. 

“La pizza!” gridò invece Taehyung, che stava solo facendo finta di essere addormentato. 

Namjoon sembrò pensarci un attimo, prima di annuire con entusiasmo. Nel frattempo Yoongi si era già alzato, felice di non fare avvicinare l’amico ai fornelli. 

“Visto che Tae è sveglio può aiutarmi a scegliere, mentre appa può riposare ancora un po’ sul divano. Cosa ne dici, ometto?” 

Appena quello rispose affermativamente, allungando le corte e paffute braccia per farsi prendere in braccio, Yoongi lo issò su un fianco, lasciandogli un veloce bacio sulla testa. All’inizio aveva paura anche solo di avvicinarsi a loro, perché temeva di romperli, ma ogni volta che tornava nell’appartamento e vedeva che nemmeno Namjoon li aveva rotti, diventava più sciolto e acquistava confidenza.

“Ascolta appa, zio Yoon” sillabò il bambino una volta che arrivarono in cucina. “Rimani qui con noi.”

L’uomo non lo avrebbe mai ammesso, ma quell’affermazione, quella richiesta, scaldò il suo cuore più di qualunque fiamma ossidrica che ci avrebbe provato.

 

[•]

 

Dopo un paio di settimane dall’inizio della quarantena, i tre ordinari abitanti dell’appartamento e Yoongi avevano acquisito un certo equilibrio e quotidianità. Il fotografo in quei giorni, chiuso in casa, non avrebbe potuto fare davvero nulla, mentre il programmatore poteva continuare la sua professione anche senza uscire e recarsi in ufficio. Quando doveva lavorare chiedeva a tutti un po’ di silenzio, e loro tre si chiudevano in qualche stanza. Solitamente Taehyung e Jungkook giocavano a qualcosa insieme, nella più completa e sincera complicità, con Yoongi che li osservava approfittando di quel tempo per leggere un libro che aveva rubato dalla libreria di Namjoon; in altre occasioni, si univa ai due bambini, che spesso gli domandavano di raccontare loro alcune avventure che lui e il loro papà avevano vissuto quando erano piccoli. Accadeva che la maggior parte delle parole che uscivano dalla sua bocca fossero inventate, ma in ogni caso li intrattenevano e divertivano. 

“E a quel punto ho sconfitto il drago sputafuoco con la mia spada” disse Yoongi, ormai quasi giunto al termine di quella storia. Aveva scoperto che tra i giovani le fiabe su creature magiche, cavalieri, streghe e draghi andavano quasi quanto quelle sui dinosauri. 

Jungkook emise un verso estasiato, mentre Taehyung si aggrappava alla sua maglietta, come se questo lo facesse sentire più al sicuro. L’uomo, seduto per terra con la schiena appoggiata all’anta di un armadio, li teneva sulle proprie cosce: Namjoon gli aveva spiegato che per loro era un buon modo di sentirsi vicini all’altra persona, allo stesso livello di importanza, ma anche Yoongi adorava quella posizione. Negli ultimi giorni si chiedeva spesso se si stesse rammollendo. Forse era l’età che avanzava e quei due angeli che ormai occupavano la sua giornata. 

“Però la battaglia non era finita, perché appa stava ancora lottando contro la strega Ginevra, che voleva rubargli la sua collezione di libri. Le streghe sono signore furbe, che non si possono sconfiggere solo con una spada, così appa ha iniziato a parlarle in inglese per confonderla e finirla con una padella sulla sua testa. E poi…” Fece una pausa d’effetto, per rendere la narrazione più avvincente. 

“E poi…?” chiese Jungkook.

“E poi…?” ripeté Taehyung.

“E poi appa ha trovato due bambini di nome Jungkook e Taehyung sotto un albero e ha deciso di tenerli con sé. Da quel momento hanno vissuto tutti felici e contenti” terminò, emozionato anche lui per il bel finale.

“Anche lo zio Yoon?” domandò Taehyung, che aveva una predilezione per l’uomo. 

“Anche lui” li assicurò il fotografo, lasciando loro una carezza sul capo. 

“Perché stai poco qui, zio?”

Evidentemente era il momento di porgergli infiniti quesiti. Di solito non era infastidito quando veniva sommerso dalle loro domande: si trovavano in un’età in cui chiedere continuamente il perché di qualsiasi cosa era la norma; tuttavia, quella specifica richiesta lo metteva spesso in difficoltà, anche se non ne comprendeva la ragione. 

“Sapete che lavoro faccio?” 

Loro annuirono eccitati, ansiosi di dare la risposta. “Il fotografo!” urlo uno di loro, e Yoongi non fu nemmeno capire se fossero stati entrambi, dato che le loro labbra si erano mosse in simultanea. 

“Bravissimi.” Per il motivo sopracitato, e per non fare un torto a qualcuno nel caso in cui il grido fosse effettivamente derivato da un solo bambino, opto per un pluralis maiestatis. “Le persone per cui lavoro mi chiedono di fotografare dei posti spettacolari, come delle cascate, degli animali strani o dei modelli. Se rimango a casa, a cosa posso fare le foto?”

Nella mente dei bambini iniziarono a girare delle rotelle invisibili, che li portarono a comprendere che ciò che aveva detto loro aveva molto senso, però non erano ancora totalmente convinti. 

“Fotografa noi!” esclamò Taehyung, mettendosi in posa e facendo la linguaccia. 

“TaeTae ha ragione” gli diede man forte Jungkook, che inizio a saltellare eccitato. “Noi e appa, perché lui è bellissimo.”

A Yoongi scioglieva sempre il cuore sentire quello che i due bambini dicessero rispetto al loro padre; anche quando era più lontano e loro erano più piccoli, era sicuro che Namjoon li stesse crescendo perfettamente, rispettosi delle regole e sempre gentili ed educati. L’uomo non sapeva nulla dell’altro padre, anche perché l’amico, allo stesso tempo, affermava di non conoscerlo, ma era convinto che avessero preso proprio tutto dal loro “appa”. 

“Una volta appa ha fatto il modello” disse all’improvviso Jungkook. Yoongi non sapeva niente di questa storia: non dubitava che Namjoon fosse bello abbastanza per essere il protagonista di uno shooting fotografico, ma non gliene aveva mai parlato. Allo stesso tempo, si fidava delle parole dei gemelli.

“Davvero?” chiese con una faccia iperbolicamente stupita.

“Ce lo dice sempre” iniziò Taehyung. “Ha fatto delle foto con in mano un detersivo.”

Yoongi scoppiò a ridere. Non sapeva bene come mai, ma gli comparve un’immagine del suo migliore amico in pantaloncini e ciabatte che annusava una maglietta profumata dal famoso detersivo. Avrebbe dovuto chiedere maggiori informazioni e trovare delle prove fisiche. 

“Pensi che appa è bello, zio?” chiese innocentemente Taehyung. 

Certo che era proprio il momento delle domande che lo mettevano in imbarazzo e lo facevano dubitare di qualsiasi cosa. Secondo Yoongi, più Namjoon invecchiava, più diventava attraente e sensuale, un po’ come il vino. Soprattutto da quando aveva avuto i gemelli il suo viso aveva acquistato un’espressione che lasciava trapelare consapevolezza e maturità intellettuali; aveva abbandonato gli abiti da universitario sbadato e sempre oberato di studio per indossare un completo gessato che gli calzava a pennello. Nonostante avesse mantenuto alcune folli abitudini, era cresciuto, e, guardandolo, l’altro uomo si sentiva quasi lasciato indietro, pur avendo realizzato il suo sogno. 

“Certo” rispose al bambino. 

“Allora puoi fotografare lui, così non devi più andartene” gli sussurrò Jungkook, correndo poi ad abbracciarlo. Alla sua stretta si aggiunse il fratello, e Yoongi si sentì soffocato sia da due corpicini che dalle emozioni. Era come se qualcosa, finalmente, si stesse smuovendo dentro di lui: solitamente era un uomo impassibile, che affrontava ogni situazione con le labbra strette e un’espressione contrita, che faceva spaventare le persone. Non aveva la minima idea di ciò che Jungkook e Taehyung avessero visto in lui, ma era davvero grato che l’avessero fatto. Sbatté le palpebre per scacciare le lacrime.

La porta si spalancò in quel momento. L’uomo vide un piccolo sorriso sulle labbra di Namjoon, il quale li stava osservando dalla porta prima che i due bambini investissero anche lui. 

“Appa, appa. Zio Yoongi può rimanere qui per sempre?”

“Zio Yoongi deve viaggiare in giro per il mondo a causa del suo lavoro, Kookie. Ma se vuole certo che può restare qui. Magari se decide di rimanere permanentemente gli prendiamo un nuovo letto” disse sollevando il bambino tra le proprie braccia e facendolo volare in aria.  

“Può dormire con te, tanto il tuo è enorme!” Jungkook enfatizzò l’ultima parola, e le sue guance divennero adorabilmente più rotonde.

Non aveva detto nulla di divertente, ma forse per quanto era carino Jungkook, sia Taehyung che Yoongi scoppiarono a ridere, sommessamente.

Il sorriso di Namjoon sembrò splendere. “Voi due siete così simili!” si lasciò scappare. Rendendosi conto di ciò che aveva detto, mascherò le sue emozioni, recandosi in cucina al grido di “Vado a preparare qualcosa per Jungkook che ha fame.”

“Ma, appa! Non è vero!” si sentì dall’altro locale, attutito dalle pareti che li separavano.

Taehyung e Yoongi si guardarono un po’ perplessi, lasciati soli nella stanza del primo. 

 

[•]

 

“Sei sicuro che vada bene, Joon-ah?” 

Yoongi si stava infilando sotto le coperte del letto matrimoniale dell’amico, che si trovava già dalla parte opposta a leggere un libro troppo spesso. Indossava degli occhiali dalla montatura spessa e nera, molto diversi da quelli che utilizzava lui quando non indossava le lenti a contatto. 

“Certo, hyung. Non è qualcosa che non abbiamo mai fatto prima.” Namjoon sollevò lo sguardo dal volume e rivolse all’altro un tenero, e forse malinconico e nostalgico, sorriso. 

“Mi stai davvero proponendo qualcosa di indecente?” 

Sobbalzò. “Certo che no, hyung! Era solo per ricordarti che è qualcosa che abbiamo già fatto in passato.” Si fermò per un secondo, come se stesse lottando contro di sé per non ricordare. Appoggiò il libro sul comodino vicino alla piccola lampada da cui proveniva una luce soffusa che illuminava fiocamente il resto della stanza altrimenti buio. “Quando eravamo piccoli lo facevamo sempre, e anche quando ti ho detto che aspettavo Kookie e Tae sei rimasto con me tutta la notte” disse in ogni caso, consapevole di star riaprendo una ferita che non riusciva mai a cicatrizzare. 

A Yoongi tornarono in mente tutti quei momenti, in veloci frammenti che si susseguivano inesorabili. Gli fecero capire che il tempo passa troppo in fretta per qualsiasi cosa. A volte avrebbe voluto essere coraggioso e confrontarsi prima con Namjoon rispetto alle emozioni che provava per lui. 

“Girati, Joonie.” La sua voce era così fievole che si stupì anche lui quando la sentì. 

L’altro lo guardò per un secondo interdetto, ma poi fece come gli fu chiesto e percepì il petto di Yoongi aderire alla sua schiena e un suo braccio circondargli la vita. 

Si diedero la buonanotte silenziosamente, senza spostarsi di un millimetro. 

“Mi dispiace” disse dopo qualche minuto Namjoon, tuttavia il fotografo era già stato rapito da Morfeo. 

 

[•]

 

Di notte c’era sempre un certo trambusto, perché, ovunque si trovasse, verso le tre, Jungkook tendeva a cercare il padre, sia che fosse in un’altra stanza che a una decina di centimetri di distanza nel letto. Una volta che lo aveva individuato gli si sdraiava completamente sopra, con la testa sul petto proprio sopra al cuore, per ascoltarne i battiti. Di conseguenza, forse per una strana telepatia tra gemelli, anche Taehyung si svegliava alla ricerca del padre. Ma, da quando Yoongi era stato costretto a non uscire di casa, il bambino preferiva accoccolarsi addosso a lui piuttosto che aggiungersi alla montagna costituita dal padre e dal fratello. L’uomo lo accoglieva con un mugugno; non si era mai lamentato, anche se le prime volte si chiedeva (giustamente) cosa stesse succedendo.

Visto che il programmatore e il fotografo avevano ripreso a dormire platonicamente insieme, uno sempre abbarbicato sulla schiena dell’altro, ad un certo punto si ritrovavano tutti e quattro nel letto matrimoniale di Namjoon, straordinariamente tutti comodi. 

Qualche ora dopo, quando il profumo di caffè raggiungeva le narici di Yoongi, quest’ultimo, seppure ancora assonnato e con la profonda voglia di non abbandonare il materasso, si metteva seduto, stando sempre attento a non schiacciare il piccolo corpicino di Taehyung. Erano sempre loro due, e il più anziano aveva aumentato la propria stima nei confronti di quel bambino che aveva compreso e apprezzato la bellezza di rimanere a letto fino a tardi. Forse aveva trovato un’abitudine dei figli dell’amico che non avevano ereditato da lui, che si svegliava presto per non sprecare nemmeno un minuto della propria giornata. In ogni caso, l’odore del caffè non destava solo lui, ma anche il piccolo uomo, che si svegliava e iniziava a stropicciarsi teneramente gli occhi. 

Un’altra passione di Taehyung assolutamente non tramandata da Namjoon, che stava lontano da qualsiasi bevanda contenesse della caffeina, era l’Americano ghiacciato. Aveva chiesto di assaggiarlo a Yoongi all’inizio della loro vera convivenza, e da allora non poteva farne più a meno. Il trentenne stava ben attento a fargli bere un sorso piccolissimo dalla tazza che Namjoon aveva preparato per lui. 

Jungkook, durante la colazione, insisteva per potersi sedere sulle sue gambe e farsi imboccare. L’uomo lo trovava davvero adorabile, e amava quelle mattine piene di bambini e così diverse da quelle che aveva vissuto fino a quel momento in cui l’unica compagnia era quella del cellulare. Forse era diventato dipendente da due gemelli di tre anni e dal loro padre (ma, sempre forse, di quest’ultima parte era già molto più che consapevole).

 

[•]

 

Namjoon aspettava quel momento da tanto tempo, dall’istante in cui aveva scoperto di essere incinta, per essere precisi. Anzi, ogni volta che ci pensava rimaneva davvero stupito dell’immensa quantità di giorni che Yoongi aveva impiegato per scoprire il suo segreto. 

Si può nascondere i propri figli all’altro padre per sempre? La maggior parte delle persone potrebbe pensare che si tratta di un’impresa impossibile. Anche Namjoon lo credeva; tuttavia ci era riuscito, almeno fino a quel momento. Non sapeva se questo potesse essere un traguardo di cui andare fiero o per cui biasimarsi. Probabilmente entrambi contemporaneamente. 

Lui e l’altro ragazzo erano diventati “migliori amici con benefici” circa un anno dopo essersi trasferiti in quell’appartamento, quando avevano stabilito che fare sesso tra loro sarebbe stato molto più semplice rispetto a uscire in qualche locale e sforzarsi di trovare qualcuno con cui passare una notte (si spera) piacevole. Prima di quel momento avevano avuto la giusta dose di esperienze, sebbene custodissero ancora qualche desiderio che soddisfecero insieme nei mesi seguenti. Quando Yoongi iniziò a essere sempre meno a casa, i loro momenti intimi cominciarono a diluirsi, ma mantennero o forse aumentarono il livello di passione. Tutto andava per il meglio, fino a che Namjoon, mentre l’amico era in viaggio per la prima volta per la prestigiosa azienda inglese, scoprì di aspettare un figlio da lui (scoprì in seguito che non si trattava di uno ma ben due maschietti adorabili). L’aveva chiamato abbastanza disperato, domandandogli di tornare appena potesse; aveva quasi ceduto nel dirgli ciò che aveva scoperto, però Yoongi gli aveva mostrato le sue ultime fotografie e gli aveva raccontato tutte le storie di quei luoghi per distrarlo, mentre lo teneva stretto, e Namjoon non si sentì di troncare quella che si prospettava una brillante carriera proprio sul nascere. Aveva inventato la storia dell’avventura di una notte, e così aveva iniziato a mentirgli, assicurando a se stesso che lo stava facendo per il suo bene. 

“Namjoon, posso parlarti un secondo?” chiese il fotografo dopo essere entrato in soggiorno, dove si trovavano tutti i suoi coinquilini. 

Il genitore era sdraiato sul divano e teneva sulla propria pancia i gemelli, che stavano guardando una replica di My little pony, tutti entusiasti. Al suo tono serio si girarono tutti, dimenticando per un secondo il cartone animato. Namjoon sgusciò delicatamente da sotto Taehyung e Jungkook, intimando loro di fare i bravi per un secondo ché sarebbe tornato subito. 

Si spostarono nella sua camera, con la porta chiusa.

“Sì, hyung?” 

“Perché c’è il mio nome sul certificato di nascita dei tuoi figli?” La sua voce tremava leggermente, travolta dal peso dell’aspettativa per le successive dichiarazioni. 

Namjoon avrebbe potuto continuare a mentire, dicendo qualcosa come “In ospedale avranno confuso il nome del padrino con quello del padre”, in un ultimo tentativo di mantenere al sicuro i propri segreti. Ma sarebbe stato inutile. 

“Forse è meglio che ti sieda” gli suggerì. 

“Vai subito al punto, Namjoon-ah. Sai quanto non mi piaccia quando le persone tergiversano” disse con un tono che non utilizzava da quando era entrato in quella casa ormai un mese prima. In compenso, aveva preso posto sulla sedia della scrivania e accavallato le gambe. 

Prendendo quell’incitazione come a essere il più conciso possibile, Namjoon andò al punto.

“Sono i tuoi figli. Mi dispiace davvero averti mentito, hyung, così tanto. Non esiste nessuna avventura di una notte, come non esiste nessun altro padre all’infuori di te.”

A quelle parole seguì un assoluto silenzio. 

Poi, Yoongi scoppiò a ridere e a piangere. Contemporaneamente. 

Non pronunciò una singola parola, nella speranza che l'altro uscisse dalla camera o permettesse a lui di scappare, sebbene non potesse andare molto lontano. Vedendo che Namjoon non si spostava, non riuscendo a pensare di fronte a lui e non volendo condividere il suo spazio con lui, si alzò a fatica dalla sedia e barcollò verso il bagno, dove si accasciò sul water. 

Non sapeva come non fosse riuscito a mettere insieme i pezzi prima e a completare quel puzzle, ma in quel momento, colpito da quella rivelazione, tutto gli sembrava molto ovvio. 

Rideva e piangeva pensando al legame che aveva instaurato con loro, che gli sembrava così speciale e impossibile da creare con qualsiasi altro bambino. Taehyung, poco fisicamente, gli somigliava moltissimo: non voleva alzarsi presto e adorava il caffè ghiacciato; aveva scoperto un interesse straordinario per l'arte, che non aveva mai attratto Namjoon ma era il mondo di Yoongi. Jungkook era più piccolo del fratello, e probabilmente aveva ereditato l'altezza del fotografo; lasciava spesso cadere alcuni discorsi e amava, come il trentenne, gli animali. 

Se li avesse guardati meglio, si sarebbe anche reso conto che erano la sua copia spiccicata, con il suo originale sorriso gommoso. 

Non seppe per quanto tempo rimase nel bagno a rimuginare sulla sua mancanza di attenzione e sul perché Namjoon non gli avesse parlato prima, tuttavia venne riscosso dal rumore della porta che si apriva. Una piccola testolina sbucò nella stanzetta.

“Zio?” Jungkook entrò così velocemente che non ebbe nemmeno il tempo di asciugarsi le lacrime. Gli si parò davanti e tentò di arrampicarsi su di lui. 

Dentro di lui sentì l’impulso di correggerlo, dirgli che era suo padre, ma non poteva fare una cosa del genere senza aver chiesto a Namjoon. Non conosceva nemmeno le ragioni per cui questo glielo avesse tenuto nascosto. 

“Perché piangi?” gli domandò il bambino con il tono più cristallino dell’intero universo. 

“Non è niente.” Yoongi sorrise quando sentì le piccole dita del bambino sulle sue guance. “A volte i grandi sono troppo stupidi per capire cosa sta succedendo e preferiscono le bugie alla verità. E poi ci sono le emozioni, che non si sa se siano belle o brutte o forse a metà. Secondo te, devo essere triste o felice?”

“Felice, felice!”insistette Jungkook. L’adulto non poté fermarsi dal ricoprire le sue guance paffute con dei baci. Dopo quella risposta non aveva nemmeno bisogno di pensare ulteriormente. Forse non li aveva conosciuti dal primo giorno, ma i due gemelli non erano colpevoli di nulla. 

“Appa dice sempre che ha qualcosa nell’occhio, ma prima ho visto piangere anche lui” affermò il bambino con aria di chi la sa lunga. “Avete litigato?”

Yoongi adottò la sua voce più dolce. “No. Almeno, non credo. A volte, però, capita che si tengono nascoste delle cose importanti, che potrebbero rendere una persona felice, ma si ha paura di farle del male. Il tuo appa non mi ha detto un segreto importante e ora non so cosa fare.”

Jungkook sembrò pensarci. Poi saltò giù dalle sue ginocchia e lo prese per mano. “Appa dice sempre che è meglio parlare, anche se sei arrabbiato con l’altra persona.”

E il trentenne non poté fare a meno di trovare in quelle parole grande saggezza, tramandata da Namjoon ai suoi figli con grande tenacia. 

 

[•]

 

Namjoon era in cucina a preparare la cena; Taehyung era seduto sul tavolo da pranzo, mentre osservava il padre muoversi un po' goffamente tra piatti e stoviglie e, ogni tanto, riservargli una carezza.

Fu il bambino a notare per primo l'arrivo degli altri due nella stanza. Chiese silenziosamente a Yoongi di metterlo per terra e gli diede un bacio bagnato sulla guancia, per poi correre insieme a Jungkook verso la loro stanza. 

Il fotografo prese un respiro profondo e l'altro uomo abbandono tutto ciò che stava facendo per incontrare i suoi occhi e restituirgli uno sguardo intriso di rosso e tristezza. 

"Puoi spiegarmi come mai non mi hai mai detto niente, Joon-ha?" Scelse di utilizzare un diminutivo con il fine di trasmettere che non era troppo arrabbiato e, soprattutto, perché non credeva che l'altro avesse mai agito con cattive intenzioni. 

"Sai quando l'ho scoperto e sai anche che quello era il tuo primo ingaggio importante. Avevo paura che dicendotelo ti avrei messo in gabbia, obbligato a stare in un luogo a cui non avresti voluto appartenere solo perché ti sentivi in dovere. Mi continuavano a tornare alla mente le tue parole sul non voler avere figli. Ci sono stati dei momenti in cui fremevo dalla voglia di raccontarti tutto e condividere con te la crescita dei nostri bambini." Era la prima volta che utilizzava quell'aggettivo possessivo; una strana sensazione percorse Yoongi. "Ma non l'ho fatto per tutti i motivi che ti ho citato prima. So di avere sbagliato a tenerti all'oscuro da tutto questo e ti ho privato della possibilità di scelta. Spero che tu comprenda perché mi sono comportato in questo modo. E se vuoi puoi odiarmi, ma, per favore, ora che lo sai, non odiare Kookie e Tae."

Infine la sua voce si ruppe, e lui stesso sentì una crepa nascere e spezzare il proprio cuore. "So di non avere il diritto di piangere, perché ho sbagliato solamente io, però non odiarli, ti prego." Sì accasciò contro il bancone della cucina, mentre si copriva la faccia con le mani, come se questo gesto potesse nasconderlo dal mondo intero e fare scomparire tutti i suoi errori."

Yoongi non ci pensò due volte prima di correre ad abbracciarlo. Era ancora arrabbiato, tuttavia pensava a quello che Namjoon aveva passato da solo, crescendo perfettamente due bambini senza un'altra persona accanto  pur di permettere a lui di inseguire il suo sogno. 

"Non li odio, Joon-ha, e non odio nemmeno te. Come potrei mai odiarti? Hai compiuto delle scelte che avremmo dovuto fare insieme, ma va bene. Sbagliare è umano e mi sento io responsabile. Quindi, basta piangere. Possiamo sistemare ancora tutto, va bene?"

Gli mise una mano sulla parte bassa della schiena per condurlo a sedersi sul divano, dove prese posto anche lui. Poi lo costrinse a guardarlo negli occhi, mentre con un polpastrello gli accarezzava dolcemente il dorso di una mano. 

“Sono così indisposto, ma allo stesso tempo sono così sollevato che siano miei" disse tranquillamente. "Sono due bambini fantastici. Non credo ancora che due creature così possano essere venute fuori da me. Li hai cresciuti così bene, Joonie."

Il più piccolo sorrise timidamente alla lode.

"Penso che sia giunto il momento di dirti una cosa, Namjoon. Vedendoti poco, pochissimo, credevo di poterla gestire, ma da quando siamo stati chiusi in casa tutto si è moltiplicato. Non importa che tu mi abbia tenuta nascosta questa verità, perché anche io l'ho fatto con un'altra." Era giunto il momento che rimandava da anni. "Ti amo, Joonie."

Il volto dell'altro sembrò scoppiare in un enorme sorriso. 

"Davvero, hyung? Anche dopo questo?"

"Probabilmente da sempre, e il fatto che tu abbia avuto i miei figli rende tutto solo più speciale. Dammi l'onore di essere loro padre."

"Certo, hyung. Certo che sei loro padre. Puoi dirglielo. Ti suggerisco solo di farlo piano piano."

L'altro uomo annuì lentamente, sopraffatto dalla scoperta di essere padre. "Come mai piangi ancora?" chiese a Namjoon, sulle cui guance continuavano a scorrere le lacrime.

"Sono solo felice. Davvero immensamente felice, Yoon-hyung. Ti amo anche io." Si lasciò manovrare dall'altro fino a essergli seduto in grembo. "So che forse dovresti avere un po' di spazio per pensare bene e renderti conto che ho fatto qualcosa di davvero brutto."

Yoongi scacciò quelle parole sussurrate sfregando la propria mano sulla guancia del più giovane, che si appoggiò al suo tocco più rilassato. "Basta pensare. Ora, visto che abbiamo aspettato entrambi così tanto tempo, direi che possiamo baciarci."

E si baciarono. Le mani di Namjoon si aggrapparono a quelle di Yoongi, che gli strofinò i palmi sulla schiena. Quel bacio, semplice, portava con sé amore, perdono e aspettative. 

Ma furono interrotti da dei versi disgustati. Girandosi videro Jungkook e Taehyung in piedi davanti all'ingresso del soggiorno, che avevano delle espressioni strane. 

Yoongi aprì le braccia, in un chiaro invito a buttarcisi dentro. I due bambini corsero verso di lui e lo sotterrarono sotto i loro baci e il loro peso, prendendo di mira anche Namjoon. Non poteva esprimere a parole la felicità che lo coglieva quando pensava che quelli fossero davvero i suoi figli. 

   
 
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