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Autore: FuoriTarget    26/08/2009    6 recensioni
[Andre con un sorriso malefico si fece ambasciatore per tutti: -Non siamo mica idioti: Manu è cotto come una bistecca alla griglia- ...
-Non gli abbiamo detto nulla perchè lo conosciamo, sappiamo che manderebbe tutti al diavolo- ...
-La sera della tua festa, quando lei è salita sul tavolo a ballare, credevo che gli sarebbe esplosa la testa- tutti risero in coro con lui.
-Sei mesi... e non hanno mai detto nulla!?- ... ]
Manuel e Alice, due universi che si scontrano in una Verona ricca e piena di pregiudizi. Un rapporto clandestino nascosto a tutto il resto del mondo che si consuma lentamente, una passione ardente che diventerà dipendenza vera e propria.
E forse, se il Fato lo permetterà...Amore.
Ebbene si postato il capitolo 18!! Gelosia portami via...
In corso revisione "formale" dei primi capitoli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Liceo privato paritario: sabato mattina, ora buca di latino nella classe 5°B, la gioia dello studente medio di ogni parte del mondo.
Era l'inizio di aprile e i famosi cento giorni alla maturità erano già passati da qualche settimana, ma nessuno sentiva ancora il fiato sul collo per gli esami, gli studenti dell'ultimo anno anzi erano tranquilli a godersi l'assenza della professoressa più temuta della scuola.
L'aula, con i muri azzurri sbiaditi come tutte le altre, conteneva a fatica i quindici banchi in disordine e le sedie accatastate in giro alla rinfusa: tutte le ragazze si erano radunate in un angolo e parlottavano tra loro delle tendenze sessuali di qualche
malcapitato giovane professore.
Alice seduta su un banco tra loro  con l'i-pod nelle orecchie, le ignorava sistemandosi accuratamente le pieghe della gonna bordeaux. Non sentì la porta scorrevole aprirsi aveva la musica troppo alta, ma notando un movimento nel suo campo visivo alzò gli occhi per trovarne la spiegazione. Notò le due presenze estranee e seguì con lo sguardo i due ragazzi che sfilano tra i banchi: erano del suo stesso anno ma venivano da un'altra classe. Si conoscevano tutti bene: in una scuola privata con meno di duecentocinquanta alunni, non era poi così strano conoscere ogni volto. Li salutò con un cenno del capo e loro ricambiarono senza entusiasmo, li seguì mentre si sedevano con gli altri maschi della sua classe e intavolare un'animata discussione di cui non poteva cogliere l'argomento.
Edoardo è li tra loro. Ma non la guardava, ne lei non guardava lui; negli ultimi mesi era diventato abbastanza normale.
Il suo sguardo si posò sul nodo della cravatta della divisa di un altro studente: basso e castano, il viso ovale e i lineamenti morbidi insignificanti, con il colletto ben stretto e ordinato. Lo guardava senza vederlo davvero, cullata nei ricordi dalle note dei Coldplay: quante volte aveva sfilato quel nodo a lui, al ragazzo con cui condivideva i pomeriggi, il letto e una passione incontrollabile.
Peccato che non fosse Edoardo.
Chiara le tirò una manica della camicia entrando prepotentemente nel flusso dei suoi ricordi, doveva essere suonata la campanella.
-Ali andiamo a mensa!- la sentì gridare togliendosi le cuffie, e con un balzo leggero lasciò il banco su cui era seduta per seguire la mandria di studenti che abbandonavano le aule.
Ogni giorno la stessa routine, cinque ore la mattina, pausa pranzo e altre due strazianti ore pomeridiane.
La scuola privata condivideva con quella pubblica gioie e dolori, ma a quest'ultimi andavano aggiunte molte più ore e scomodissime divise obbligatorie mentre per i pregi potevano vantare gite scolastiche extralusso assicurate estate e inverno.
Alice, come tutti gli studenti dell'ultimo anno era ormai nauseata dai colori della scuola che era costretta ad indossare tutte le mattine da cinque lunghi anni. La gonna grigia e bordeaux e la camicetta bianca ornata di stemma sul taschino non erano nulla paragonate al cravattino, all'orrendo cardigan di lana e alle calze nere e pesanti; tutti uguali come soldatini, obbedienti ad un preside altero e conservatore legato ancora ad un'educazione strettamente cattolica.
Non si poteva sgarrare alle Stimate, almeno per quelli che non potevano permettersi di pagare perchè le teste giuste si girassero dal lato giusto.
Guardandosi attorno mentre tutti i ragazzi si immettevano nel corridoio rumorosamente, si poteva notare come in genere le ragazze avessero messo un po' di personalità e colore all'omologazione: una ragazzetta bassa e un po' tarchiata del terzo anno che usciva dall'aula accanto alla sua, aveva indossato delle buffe calze nere decorate con piccole stelline rosse mentre un'altra portava un paio di spillette tonde attaccate alla camicia accanto ai bottoni del colletto. Persino Laura, che camminava algida e severa davanti a lei, sotto l'orlo della camicia nascondeva una serie di risvolti per accorciare la gonna e mostrare spavalda le sue gambe magre e atletiche forgiate da anni di danza classica.
Con i Coldplay ancora nelle orecchie Alice studiò attentamente le figure che stava seguendo in silenzio. Chiara e Laura.
Le sue migliori amiche da sempre. Stava nascondendo anche a loro un segreto indicibile ma che avrebbe tanto voluto condividere per togliersi quel peso orrendo. Il senso di colpa le chiudeva lo stomaco ogni volta che era costretta a mentire per coprire le sue sparizioni, non capiva perchè ma si sentiva molto più in colpa verso di loro che non verso Edoardo, il suo ragazzo.
Era certa che Chiara si sarebbe scandalizzata e l'avrebbe sgridata come avrebbe fatto sua madre, però poi in lacrime sarebbe corsa ad abbracciarla scusandosi e provando di consolarla. Era la più dolce, materna e moralista del gruppo, fidanzata più che storica di Jack, non vedeva nessun altro uomo al mondo che non fosse lui. La sua camminata al contrario di quella di Laura, che diritta come un fuso guardava tutti dall'alto in basso, diceva tutto di lei: si guardava perennemente i piedi e sorrideva a tutti quelli che la salutavano con un paio di libri stretti sul fianco destro e i capelli castani lisci come seta che ondeggiavano armonicamente sulla schiena.
Laura, Maria Laura all'anagrafe, con i suoi capelli biondi mossi da un'onda di boccoli perfetti ad ogni ora della giornata, era il prototipo di Barbie Malibù, miscelato con due occhi nocciola, ciglia lunghe e delle curve morbide che Alice invidiava dalla scuola media. Lei ed Alice si erano odiate dal primo giorno delle elementari, due caratteri troppo forti per non scornarsi dalla mattina alla sera, ma al terzo giorno erano già migliori amiche e non si erano più separate. Chiara era quella costretta a calmare gli animi del gruppo, Laura era l'opposto: acida e caustica, aveva sempre qualcosa da dire su tutto e tutti; lei e Charlie erano la coppia più improbabile del liceo. Nessuno avrebbe mai scommesso un euro su quell'unione, invece da due anni facevano coppia fissa, e nonostante le battutine di Filo sul "Nano e la Spilungona" Charlie era il ragazzo indiscutibilmente più invidiato della scuola.
Scesero insieme alla ressa fino al piano terra e raggiunsero la mensa e assonnate come ogni sabato sedettero insieme in un tavolo vuoto non lontano da dove sedevano abitualmente i ragazzi. Anche a mensa la routine era consolidata, il gruppo dei ragazzi sedeva in un angolo privilegiato assieme al resto dei loro compagni di basket e troneggiavano sul resto degli alunni.
Nemmeno nei peggiori licei americani le gerarchie erano così consolidate.
Alice e Chiara presero i vassoi mentre Laura occupava il tavolo, la mensa non era male ma con tutto quello che aveva bevuto la sera prima tra la pasta, il polpettone e le verdure cotte la scelta ricadeva inappellabile sulla mela posata nell'angolo del vassoio.
Le chiacchiere furono poche. Chiara stava ripassando filosofia per l'ora successiva, Alice sospirava in agonia pensando al pacchetto di sigarette che l'aspettava nella tasca della gonna, mentre Laura sproloquiava da sola illustrando alle altre gli ultimi pettegolezzi sul divorzio della sua vicina di casa.
Improvvisamente il cellulare di Alice vibrò sul tavolo attirando l'attenzione di tutte e tre, Laura si allungò per tentare di prenderglielo, ma Alice fu più veloce. La guardò con aria di sfida dopo averle fatto la linguaccia poi si concentrò sull'sms appena arrivato.
"Chiudi quelle gambe altrimenti sarò costretto a saltarti addosso davanti a tutti."
Il numero non presente in rubrica finiva con 742 e tanto bastò per farle chiudere le gambe con uno scatto rumoroso sotto al tavolo.
Non aveva bisogno di andare a rileggersi il numero, solo un cretino come lui poteva mandarle un messaggio del genere a mensa. Alzò lo sguardo lentamente cercando di rimanere calma: seduto due tavoli più avanti, voltato arrogantemente nella sua direzione, stava appollaiato sullo schienale di una panca con i suoi amici e la scrutava impertinente, ignorando il fatto che il ragazzo di Alice fosse seduto al suo stesso tavolo.
Dettagli insignificanti secondo Manuel Bressan.
Alice lesse di nuovo il messaggio sconcertata poi lo cancellò alla svelta mentre Manuel continuava a fissarle le cosce con un sopracciglio alzato.
-Chi è Ali?- non si voltò nemmeno a guardare la altre due, rispose abituata ad usare la scusa di sua madre ad ogni messaggio inopportuno di Manuel.
-Mia madre che chiede delle stronzate.- ripose il telefono in tasca mentre un sorriso malizioso cominciava a farsi spazio sulle sue labbra.
Decise di stare al suo gioco.
Si sistemò sul bordo della panca, aprì le gambe verso di lui facendo scorrere più su con discrezione la gonna già corta.
Aveva impiegato l'intera estate tra la seconda e la terza per convincere sua madre ma alla fine la sua tenacia aveva vinto e segretamente era riuscita a far accorciare la parte inferiore della divisa di cinque centimetri abbondanti, l'anno dopo madre natura completò il lavoro concedendole il metro e settanta che ora sfoggiava fieramente e le gambe lunghe ereditate grazie ai geni materni.
Continuò ad ascoltare con Laura, senza particolare entusiasmo e cercando di nascondere il suo ghigno malefico dietro al collo della bottiglietta d'acqua. Si voltò ancora con discrezione fingendo di spostare il vassoio verso il tavolo dei ragazzi.
Edo e Charlie si stavano lanciando contro dei bicchieri di plastica e gli altri cercavano di ripararsi con le braccia.
Manuel invece guardava lei, sorpreso e vagamente malizioso, fingeva di deviare lo sguardo ma poi ricadeva comunque sotto al tavolo a cui sedeva Alice. Dal modo tagliente con cui la guardò quando incrociò il suo sguardo capì che non avrebbe resistito molto, e lui era capacissimo di adempiere alla minaccia del messaggio fregandosene di tutto e tutti.
Passarono solo pochi istanti e poi, soddisfatta della sua dimostrazione di potere, chiuse le gambe accavallandole e precludendogli ogni progetto bellicoso.

Durante le lezioni del pomeriggio Alice risentì molto dell'uscita della sera prima, i Martini e l'orario di rientro più vicino all'alba che al tramonto, non le avevano giovato.
Il pensiero di quella situazione inoltre le bloccò il pranzo a metà digestione. Così, dolorante e nauseata da se stessa, ignorò del tutto la lezione di filosofia concentrandosi solo sui ricordi della serata precedente.
Era stata davvero una serata del cavolo...
All'una passata si era ritrovata sola sul divano immacolato nel grande salotto di Manuel.
Jack e Chiara stavano pomiciando stretti su una poltrona poco distante da lei. Charlie, Edo, Filo e Manuel stavano giocando a poker al centro della stanza. Avevano steso la tovaglia di panno verde sul tavolo rotondo e accumulavano fiches su fiches, Alice aveva seguito la partita per un po', ma non la facevano mai giocare perchè temevano il suo cervello svelto nei conti e nelle probabilità.
Alla fine annoiata a morte si era lasciata sprofondare sul divano, come sempre Manuel stava vincendo spillando una marea di soldi a Edo. Una notte le aveva anche confessato che si divertiva particolarmente a spennare il suo ragazzo perchè era davvero negato per il bluff e smascherarlo era cosa da poco.
Non ricordava bene ogni particolare nonostante avesse smaltito in fretta quasi tutto l'alcol, ma era certa almeno della parte cruciale della nottata. Era stata una pessima, pessima idea.
-Manu posso usare il bagno?- chiese al padrone di casa con entrambe le mani sullo schienale dietro Edoardo e un sorriso innocente.
La fissò con gli occhi d'ossidiana spalancati e immobili per una frazione di secondo, poi tornò a guardare le carte e le buttò al centro del tavolo voltate: - Esco.- brontolò alzandosi con entrambe le mani sul bordo della tovaglia.
-Vieni ti faccio vedere dov'è.-
Le si rivolse come se nemmeno la conoscesse ma con lo sguardo soffocante che concedeva solo a lei.
Ovviamente sapeva benissimo da sola dove si trovasse il bagno: l'aveva usato decine di volte, ci aveva fatto la doccia con lui, si era asciugata nel suo accappatoio e usato il suo phon, aveva anche lasciato lì il suo deodorante una volta e sfogliato le sue riviste di moto.
Seguì Manuel sulla scala a chiocciola e quando furono soli nella sua stanza si lasciò cadere sul letto con la testa tra le mani.
-Sto malissimo- 
-Hai bevuto troppo?- ipotizzò Manuel in piedi di fronte a lei con le braccia incrociate sulla maglietta grigia e un sopracciglio teatralmente alzato.
Era nella stanza del suo amante mentre al piano di sotto il suo ragazzo rideva ignaro di tutto. Perché Manuel non capiva il suo senso di colpa!? Perchè era così incapace di empatizzare i sentimenti altrui?
-No. Cioè anche, ma non è questo il punto. Questa situazione mi sta facendo impazzire, non so come fare.-
Si alzò imboccando la porta del suo bagno privato.
Nonostante l'ora, l'alcol e le avances di Edo, l'immagine di se stessa allo specchio era ancora perfetta, il trucco era non si era sbavato e i capelli lisci ricadevano come seta sulle spalle. Manuel dietro di lei ghignava.
-Sono problemi tuoi lo sai.- era fermo sullo stipite della porta lo sguardo fisso sulla figura nello specchio.
-Come sei comprensivo. Grazie tante.- 
-Quante volte dovrò ripeterti che non me ne frega niente di quello che fai fuori di qui.-
Alice lo odiava in quei momenti, la costringeva sempre a scontrarsi con la realtà puramente carnale del loro rapporto, come se avesse bisogno di ricordarselo.
Alzò le spalle facendo un misero passo verso di lei.
-Credi che sia facile? Anche lui pretende la sua parte, e io non ce la faccio.-
Non lo guardava più, e non riusciva nemmeno a guardare la propria immagine riflessa nello specchio al ricordo di come Edo l'aveva toccata e baciata in macchina prima di salire.
-E' il tuo fidanzato no? E' ovvio che pretenda la sua parte.- calcava sempre quella parola con ironia le rare volte che la pronunciava. Rimaneva imperturbabile e incolore come sempre, aveva la capacità di farle saltare i nervi come nessun altro. a Manuel non importava che lei stesse tradendo il suo ragazzo, era un problema di Alice non suo.
La sua filosofia con le donne era sempre stata quel che è mio è mio e quel che è tuo anche.
-Bastardo.- sibilò tra i denti mentre si voltava pronta a continuare ad insultarlo.
Nemmeno mezzo secondo e si era avventato sulla sua bocca, e stupidamente era stata al gioco per l'ennesima volta. Non aveva protestato mentre l'afferrava per metterla seduta accanto al lavandino, ne mentre le mordeva il collo o le sfilava le calze.
Non aveva mai protestato Alice con lui.
E non faceva che rimproverarselo da quella maledetta sera di Gennaio. Ma pentirsene no: quello non l'avrebbe fatto mai.

La 'maledetta sera' fu solo l'inizio di quel guaio.
Nessuno avrebbe potuto dire con certezza se fosse stato l'alcol, la solitudine, un rapporto ormai finito o il sentirsi attratto magneticamente dalla pelle dell'altro, ma quella sera d'inverno aveva decretato l'inizio e la fine di molte cose.
Non capitava spesso che andassero in discoteca a ballare tutti insieme perchè nessuno dei ragazzi apprezzava l'ambiente. Ma il club di basket di Jack e Filo aveva organizzato una festa, così tutti si erano convinti a partecipare alla serata.
Charlie e Laura, erano scomparsi dalla circolazione subito dopo la mezzanotte, sicuramente imbucati in macchina in qualche parcheggio buio o in periferia. Chiara e Jack invece stavano avvinghiati su un divanetto in disparte, Jack con i primi bottoni della camicia saltati la ragazza invece col vestito arrotolato ben oltre le ginocchia.
Alice era rimasta sola, la sfortuna di uscire con due coppie.
Edo era a casa con la febbre.
Presa dalla compassione per i due sfilò le chiavi dell'auto dalla borsetta e scese dal tavolino su cui stava ballando. Si avvicinò agli amici impegnati in una complessa contorsione che vedeva Chiara seduta sulle ginocchia del ragazzo con le gambe intrecciate alle sue. Attirò la loro attenzione toccando la gamba a Jack e fece ciondolare le chiavi davanti alle loro teste.
-Tieni.- sorrise ammiccando verso l'uscita. -Andate pure, basta che domani me la riportiate.-
Filo si era preso la 206 nera che condividevano i fratelli per "accompagnare a casa" una moretta che aveva conosciuto quella sera, costringendo il fratello minore ad elemosinare un passaggio da Alice.
-Sicura?-
-Sì andate su.- rassicurò Chiara con una pacca sul sedere.
-Grazie ti adoro- 
-Tu come torni?- intervenne Jack preoccupato tenendo la sua fidanzata per la vita.
-Torno con il Vigna o con Paul, o magari mi trovo qualcuno che mi accompagni- gli fece l'occhiolino sogghignando.
Quando le due chiome scure scomparvero dalla sua vista tra la folla dopo averla salutata e ringraziata calorosamente, Alice si avviò verso il bar. Sapeva dall'inizio che sarebbe finita così: loro avvinghiate saldamente al braccio dei loro fidanzati e lei a bere su uno sgabello da sola.
-Martini ghiaccio e limone, grazie.- disse al barista allungandogli la tessera mezza consumata, quello annuì e in pochi secondi il bicchiere comparve davanti a lei.
Finì il drink in tre sorsi e decise di tornare a ballare per tentare di scorgere qualcuno degli altri che potesse accompagnarla a casa.
La folla la opprimeva e detestava doversi schiacciare contro corpi sudati e appiccicosi per ballare, cercò un tavolino libero e salì facendosi aiutare dal ragazzo carino con cui stava ballando liquidandolo subito dopo. Rimase lassù tranquilla a scrutare tra le luci la massa di persone che si muoveva tutta alla stesso ritmo e lasciò che la musica e il Martini la cullassero.
Dopo una ventina di minuti i piedi cominciavano a dolerle scese per prendersi qualcosa da bere e trovare un angolo per sedersi per continuare a perlustrare il locale in cerca del Vigna o magari di Pasini.
Stava appoggiata al bancone con i gomiti in attesa dell'ennesimo cocktail quando, vagando con lo sguardo tra la gente, vide lui.
Non lo riconobbe subito.
Stanca e con la mente offuscata non riuscì ad associare quel volto conosciuto a nessun nome.
Indossava una felpa nera col cappuccio e un giubbotto di pelle nero, doveva essere appena arrivato perchè se ne stava con le spalle appoggiate al muro proprio accanto all'ingresso e sorseggiava una birra squadrando scettico una ragazzina che agitava le sue grazie davanti a lui.
I loro sguardi si incrociarono un attimo tra la folla che si muoveva davanti al bar, ma bastò ad entrambi per riconoscersi.
Alice lo scrutò a lungo ignorando le comuni regole dell'educazione, studiando ogni dettaglio che poteva cogliere a distanza: che fosse alto ben più di lei già lo sapeva, non poteva capire col giubbotto quanto fosse muscoloso ma aveva le spalle larghe e i fianchi sottili come un nuotatore, occhi scuri e capelli neri come la pece. I lineamenti regolari e marcatamente maschili.
Quando il suo drink arrivò ne bevve solo due sorsi abbandonandolo poi sul primo tavolino basso.
Lui alzò lo sguardo oltre la moretta che gli ballava davanti e la squadrò dall'alto in basso un paio di volte mentre gli si avvicinava. Alice era decisamente appariscente, con quel vestito nero cortissimo e senza spalline e le scarpe col tacco rosso.
Non si poteva non guardarla a bocca aperta.
Era certa di aver già visto da qualche parte quel bel ragazzo, quel broncio da ragazzo ribelle e il fisico asciutto, non ci si scordava facilmente di uno così. Forse era uno delle Stimate, ma non ne ricordava il nome.
Arrivò da lui ancheggiando sui tacchi e catturò tutta la sua attenzione.
-Ci conosciamo vero?- 
-Potrebbe essere.- rispose allusivo senza smettere di guardarla.
Per un momento, solo un momento, Alice si perse a fissare quella mascella definita e scurita da una punta di barba, i capelli scompigliati e gli occhi scuri che la fissavano senza alcuna inclinazione. Sembrava non vedesse solo i capelli rossi il trucco e le lentiggini, come se le guardasse direttamente le viscere, era asfissiante essere sotto quello sguardo. E da quello lo riconobbe.
-Ma sei Manuel? Lo stronzetto amico di Jack.- esclamò improvvisamente illuminata, pentendosi l'attimo dopo.
Aveva sentito alcune storie su di lui, sulle sue frequentazioni con quello schifoso di Cherubini e ricordava che lui e Jack qualche anno prima avevano giocato assieme.
-Brava indovinato.- rise della sua sfacciataggine e finì per guardare la linea profonda nella sua scollatura.
Seguendo il suo sguardo malizioso sorrise anche lei: non era certo uno che perdeva tempo in stupidi giochi di chiacchiere e seduzione. Uno sguardo e le aveva già detto tutto ciò che avrebbe voluto sentirsi dire da un uomo.
Il modo bramoso con cui la guardava negli occhi era indefinibile, aveva le sopracciglia folte e ogni loro movimento era una parola che lui non diceva. Nessuno l'aveva mai guardata così. Nemmeno Edo l'unico ragazzo che avesse mai amato.
Manuel indovinò quanto fosse alticcia vedendola barcollare leggermente e tenersi in equilibrio con una mano contro al muro.
-Ti va di ballare un po'?- chiese senza indugi passandogli un dito sulla cucitura del giubbotto.
Finì la birra con una breve sorsata e si fece condurre in pista.
Si confusero tra la folla e si fermarono al centro del locale dove il soffitto era più basso e coperto di specchi.
Alice audacemente lo prese per mano per avvicinarlo a sé e gli passò le braccia attorno al collo; cominciò a dondolarsi contro di lui piegando un angolo della bocca verso l'alto. Più lo guardava, più i suoi occhi sembravano scurirsi, non distingueva iride e pupilla, era ammaliata da quello sguardo altero ma allo stesso tempo caldo e avvolgente come il velluto più scuro, non riusciva a smettere di fissarlo.
All'inizio lo sentì muoversi un po' impacciato contro di lei, poi prese il ritmo e divenne più disinvolto. Così bello e sicuro di sè da non smettere di guardarla negli occhi nemmeno un istante; non era paragonabile alla massa di ragazzi insipidi che ciondolavano attorno a loro.
Il piglio autoritario con cui la strinse in vita quando un altro ragazzo le finì addosso la fece sussultare. Finì contro il suo petto e l'avvolse un senso di protezione che non aveva mai conosciuto; aveva mani grandi che le avvolgevano quasi completamente la vita minuta e le sentiva correre sul vestito e sulla schiena nuda senza paura.
Cominciò ad avvicinarsi sempre più al suo volto, appoggiandosi prima al collo per proseguire poi fino alla guancia, sperando che lui cogliesse lo spunto per baciarla.
Ma non lo fece.
Stordito per la prima volta dalla sua vita da una ragazza: era bellissima, bianca come la neve con due occhi grandi e puliti che lo fissavano maliziosi. Sentiva il suo profumo inebriarlo. I capelli, le labbra, la pelle, le spalle le braccia sottili, tutto era assurdamente perfetto in lei.
Si era avvicinata sempre più e aveva capito che stava aspettando solo un suo bacio, ma non voleva accontentarla ancora per divertirsi un po' a prenderla in giro e tentare di scacciare quello strano stordimento. In fondo non poteva essere diversa dalle altre.
-Che fai Alice Aroldi, ci provi con me?- le sussurrò in un orecchio per sovrastare la musica altissima.
Quando la guardò di nuovo si stava mordendo il labbro con gli incisivi osservandolo dal basso. Era bella da mangiarsela.
-Anche se fosse?- 
Manuel non si aspettava certo una risposta così, pensava di indispettirla non di provocarla.
Inclinò un angolo della bocca in un sorriso furbo avvicinandosi di nuovo al suo orecchio: -Andiamo via di qui.-
Lei annuì e cercò la sua mano per essere guidata.
Presero la borsetta e il cappotto di Alice dal guardaroba. Risero insieme quando svuotò la sua pochette sul tavolo dell'ingresso alla ricerca di spiccioli e alla fine fu Manuel a pagare per lei. Non era molto stabile sui quei tacchi altissimi, e fuori dalla folla, dove non aveva altro appiglio che lui, la sua instabilità si fece molto più marcata.
Manuel rideva vedendola inciampare nei sassi del parcheggio e imprecare contro una pozzanghera mentre si sistemava i capelli dietro alle orecchie. Notò un braccialetto argentato al suo polso ossuto, era quello di Tiffany che piaceva tanto alle ragazze in quel periodo. Ne studiò l'abbigliamento attentamente, dalle scarpe alte bordate di rosso al cappotto di panno nero coi bottoni dorati, doveva essere tutto firmato e probabilmente usato meno di due volte. Rientrava in pieno nella categoria di ragazze che adorava prendere in giro, petulanti ragazzine figlie di papà convinte di poter giocare alle brava ragazze di giorno e strafarsi la notte. Illuse di poter avere tutti ai loro piedi grazie al potere della Visa che tenevano nel portafoglio. Ne aveva viste tante, ed erano le sue preferite. 
Quando lui si fermò davanti alla moto estraendo le chiavi dalla tasca dei jeans, Alice si bloccò guardandolo storto.
-Mai salita su una moto?- domandò divertito mentre slacciava il suo casco dal lato sinistro della Honda nera e argentata.
Alice scosse il capo titubante strappandogli una risata derisoria.
-C'è una prima volta per tutto. Metti questo!- le ordinò allungandole in casco di riserva che allacciò con qualche difficoltà.
Manuel si piazzò in sella e impacciata seguì le sue istruzioni per montare dietro di lui. Le sue gambe bianche e sottili facevano quasi luce sotto i fari chiari del parcheggio, sarebbe dovuto andare piano altrimenti si sarebbe congelata con quel fazzoletto di vestito.
-Hai fame?-
-Sì.- brontolò lei tentando di abbassare il più possibile il bordo del vestito.
-Attaccati a me.- ordinò Manuel accendendo il motore che ruggì sotto le gambe di Alice.
Guidò per una decina di minuti con le dita sottili e fredde di Alice attaccate alla felpa sotto al giubbotto. Ogni volta che si fermava ad un semaforo o rallentava la sentiva accarezzargli curiosa gli addominali. Non aveva mai guidato così piano, a quell'ora di notte di solito poteva scatenare tutti i cavalli della sua Honda, così invece impiegò molto più tempo per raggiungere il forno dove andava con Filo a strafogarsi di pizza.
Scesero insieme davanti all'unica vetrina accesa del quartiere e Alice prese un cornetto alla crema ciascuno mentre Manuel l'aspettava fuori fumandosi una sigaretta.
Lui mangiò in silenzio col culo appoggiato alla moto, lei invece rideva, saltellava e parlava in continuazione.
Però guardarla lo divertiva: continuava a inciampare dappertutto borbottando tra se imprecazioni incomprensibili contro un certo Serio Rossi, gli raccontò di quanto la sua amica Cici amasse Jack e viceversa. Diceva che era così che doveva essere, ma Manuel non capiva di cosa parlasse.
Finito il cornetto le offrì una sigaretta e la fissò col solito sguardo insondabile: -Devo riportarti a casa?- le chiese.
Alice andò nel panico. Non voleva andare a casa, stava bene con lui e non voleva che la serata finisse. Non voleva smettere di sentirsi quegli occhi addosso.
-No.- colse una nota di ritrovata coscienza nella voce: -Non voglio andare a casa.-
In piedi davanti a lui con le dita strette sul bordo della giacca e le ginocchia tremanti per il freddo, lo guardava fisso con un'espressione strana, sembrava quasi che lo stesse implorando di tenerla con se per un motivo a lui sconosciuto. Una bambina che faceva i capricci o una donna spaventata? Non riusciva a collocarla in nessuna categoria.
Non rispose, le passò solo il casco con un mezzo sorriso, lo prese tra le mani ringraziandolo sottovoce.
Era ancora pieno inverno e in moto faceva un freddo cane anche per Manuel, ma lei non aprì bocca ne si lamentò in alcun modo. Attese pazientemente rannicchiata contro la sua schiena con la pelle d'oca sulle cosce, finchè dopo una curva stretta Manuel non rallentò bruscamente per infilarsi in un cortile interno.
Alice scese e non fece domande. L'attese davanti al gradino del portone principale mentre Manuel parcheggiava con calma la moto vicino al muro del palazzo alto e maestoso in San Zeno.
In ascensore evitò di fissarlo imbarazzata. Giocherellava con le chiavi della moto comodamente stravaccato nell'angolo opposto alla pulsantiera mentre Alice di fronte a lui si teneva in equilibrio sui tacchi alti, non sapendo bene cosa l'avesse condotta fino a quel punto.
Non voleva ammettere a se stessa che non vedeva l'ora di provarci lui, e che le piaceva quella sensazione di novità, quelle farfalle nello stomaco. Non voleva pensare al fatto che stava salendo in casa di uno degli amici del suo ragazzo con il chiaro intento di tradirlo e non aveva nessun rimorso.
Manuel non capiva bene cosa lei cercasse. Sapeva che lei stava con Edoardo e la cosa non gli importava poi molto, la scelta era di Alice, lui da uomo aveva degli istinti che lei aveva risvegliato con un solo sguardo. Le porte si aprirono con il classico scampanellio delicato, sfilò la mano dalla tasca del giubbotto e aprì la porta.
-Vivi da solo?- chiese stupita dalla tranquillità con cui entrò a notte inoltrata accendendo qualche luce e senza preoccuparsi di non fare rumore.
-Con mio padre, ma non c'è.-
Le prese il casco di mano e li poggiò entrambi su un mobiletto all'ingresso: -Vieni.-
La guidò lungo un corridoio fino ad una scala a chiocciola, salì dietro di lui senza guardarsi attorno.
Arrivarono in una stanza da letto, ma non si soffermò nemmeno un momento ad osservarla. Gettò borsetta e giacca su una poltrona imitandolo e si ritrovò in piedi nella semioscurità davanti a lui. Senza pensarci troppo annullò le distanze portandogli le braccia attorno al collo cercando ancora i suoi occhi.
Anche lui guardò ancora un momento prima di avvicinarsi e tutto ciò che avevano trattenuto fino a quel momento esplose. Le labbra di Manuel finalmente assaporarono quelle di lei, cominciò a baciarla lentamente e si sorprese per la velocità con cui si adattarono subito l'una all'altro. Non ci fu timore ne imbarazzo come di solito accadeva nei primi baci, fu automatico e naturale come respirare, come se non avessero fatto altro tutta la vita. Spinto da quell'intesa cominciò ad accarezzarle la schiena e i fianchi sopra la stoffa cangiante del vestito.
-As.. Aspetta.- annaspò senza fiato scossa dai suoi baci sul collo.
Si abbassò da un lato e tolse le scarpe che la stavano torturando con un gemito di piacere. Quando si rialzò era visibilmente più bassa, e Manuel non potè che sorridere ritrovandosi tra le braccia una ragazza che gli arrivava appena al naso. Poi si abbassò un po' su di lei e riprese da dove l'aveva interrotto.
Quelle carezze la infiammarono più di tutto l'alcol che le scorreva nelle vene, le piaceva il modo in cui la esplorava e cominciò anche lei a sfilargli felpa e maglietta dai pantaloni. Quando si trovò faccia a faccia col suo torace scolpito le mancò l'ossigeno per un attimo, annaspò e perse ogni freno inibitore. Era bello come un dio greco.
Alice si scostò ancora una volta quando lo sentì cominciare a lottare contro la zip del vestito sul suo fianco, guardandolo maliziosa scivolò con le mani fino al bordo inferiore e lo sfilò con facilità rimanendo in biancheria. Non era mai stata così audace con Edoardo, ma Manuel aveva un tocco capace d'incendiarla. Così senza aspettare si adoperò per slacciargli la cintura e i jeans scuri, aiutandolo poi a liberarsi le gambe. Manuel si fece spogliare docilmente poi senza dire nulla la issò da terra passandole le mani dietro alle cosce per poggiarla sul letto sotto di loro. Poi finalmente si guardarono di nuovo negli occhi.
Lì la vide di nuovo: quella bramosia nascosta tra le pieghe di velluto nero del suo sguardo.
Pur di aver quello sguardo su di se avrebbe anche potuto implorarlo di guardarla.
Si gettò di nuovo a lambire il collo con le labbra per poi scendere e dedicarsi al resto del corpo.
In quel momento, con i capelli di Manuel che le accarezzavano in ventre e le sue labbra che percorrevano la linea del suo fianco, le vennero in mente Edo, Matteo e Gianpaolo, gli unici tre ragazzi con cui si era trovata nuda in un letto. Nessuno mai l'aveva trattata con quella sicurezza, il sesso per lei era sempre stato un buffo scambio di effusioni, contorto e imbarazzato.
Ricordò Gianpaolo l'estate precedente, che non era nemmeno riuscito a slacciarle il costume da solo, e Matteo, altra avventura estiva, che era stato così veloce a spogliarla e ad infilarsi tra le sue gambe che Alice non si era quasi accorta di nulla. E poi Edoardo con la sua morbosa possessività, diversa da quella di Manuel, meno nascosta, e le proposte assurde a cui lei non aveva mai acconsentito.
Manuel era tutto un altro mondo. Con lui non si preoccupò della luce accesa o dei vicini che potevano sentirli, non si preoccupò di avere la biancheria giusta o di trattenere i suoi gemiti, non ebbe paura di mostrare le lentiggini che le decoravano il corpo o le smagliature sui fianchi. Non ebbe paura di guardarlo negli occhi o chiedergli di più.
Le disse di gridare e lei lo fece, le impose di sciogliersi e lo fece, le disse come muoversi e obbedì.
Dopo un numero infinito di gemiti e sospiri umidi, Manuel allungò una mano verso il cassetto del comodino e prese un preservativo da una scatoletta azzurra. Si mise nudo in ginocchio tra le lenzuola alla mercè dello sguardo imbarazzo della ragazza, infilò il preservativo lanciando via la confezione e si chinò a baciarla di nuovo con un trasporto che le faceva girare la testa.
Ciò che era accaduto dopo era un segreto che Alice custodiva gelosamente nell'anima.
La mattina dopo si era svegliata poco dopo l'alba e si era rivestita in silenzio mentre Manuel dormiva ancora.
Non era mai stata così bene con nessuno. Sebbene avesse con Edo una confidenza ormai di anni, non riusciva a scollarsi dalla mente i baci dell'altro e la fermezza con cui le stringeva i fianchi. Gli aveva lasciato solo un biglietto sul comodino.
"Grazie mille per la serata. Ci vediamo a scuola. A."
La tentazione di lasciargli anche il suo numero era stata forte ma il senso di colpa aveva vinto sui ricordi della nottata meravigliosa.
Il lunedì dopo a scuola lo aveva evitato accuratamente per tutta la mattinata, poi a mensa, quando si era resa conto che nulla era cambiato e che lui la guardava con lo stesso sguardo incolore e altezzoso che riservava al resto del mondo, tirò un sospirò di sollievo convinta di poter chiudere quella notte in uno dei cassetti segreti più nascosti della sua memoria.

Passarono le settimane e Edo era guarito dall'influenza, ma Alice non era ancora riuscita a gettare la chiave di quel cassetto. Ad ogni bacio di Edo rimpiangeva le labbra dell'altro, ad ogni sguardo sostituiva due profonde perle nere agli occhi color cioccolato del suo ragazzo.
Ma se la follia di una notte non poteva incasinarle troppo la vita, due settimane dopo iniziarono davvero i suoi guai.
Era il weekend di san Valentino e per festeggiare il Vigna, nato il giorno di san Faustino, il gruppo si era riunito a cena in una trattoria fuori città; dopo il dolce, il caffè e svariati bicchieri di grappa la compagnia aveva deciso di separarsi.
Edo e il resto degli Afterblack voleva raggiungere una festa in un paese poco lontano mentre gli altri preferivano tornare in città. Come accadeva sempre più spesso Alice ed il suo ragazzo litigarono animatamente sotto lo sguardo rassegnato degli amici: Alice rivendicava la sua indipendenza da un Edoardo aggressivo che non voleva che lei uscisse sola senza di lui.
Rispettando un copione sempre più consumato, dopo qualche minuto cominciarono ad insultarsi ed si allontanarono entrambi su corsie opposte della statale.
Manuel come tutti aveva assistito alla scena in silenzio seguendo con lo sguardo la figura di Alice che saliva in auto con le lacrime agli occhi e spariva a tutta velocità verso Bussolengo.
-Me ne vado.- aveva annunciato agli amici pochi minuti dopo, mentre tutti decidevano che fare e lui aveva il casco già in testa.
Prese la stessa direzione di Alice rallentando davanti al luogo dove era certo di trovare la ragazza: al primo distributore di sigarette. L'aveva trovata che guardava la campagna con una sigaretta tra le dita e le guance rigate di nero. Come da lì avessero raggiunto una stradina di sterrata buia e desolata non lontano da San Massimo, non lo ricordava bene nemmeno Alice.
Ma tra i ricordi nebulosi di lacrime asciugate in un secondo, sorrisi maliziosi e finestrini appannati, una frase riecheggiava nei suoi ricordi dopo che una voce roca e eccitata l'aveva sussurrata al suo orecchio.
-Impazzirò per colpa tua Alice Aroldi... -
Là era cominciato in gioco di fughe improvvise, bugie campate in aria e nascondini notturni.
Alice sapeva delle serate del Manuel con qualche altra ragazzina. Aveva provato una volta a fare un po' la gelosa, ma era solo tempo sprecato con lui. Ogni volta le diceva che non erano affari suoi, oppure la liquidava sbattendole in faccia la verità e raccontandole pure i dettagli.
-Con chi sei uscito ieri sera?-
-Non sono affari tuoi.- era la sua risposta standard.
-Te la sei scopata?- sibilò fredda e indignata. Per cosa non lo sapeva nemmeno lei, non aveva alcun diritto di replicare.
La guardò dritta negli occhi prima di rispondere: -Sì.-
-Pensavo di bastarti io? Non sono più all'altezza?-
-Ma che vuoi? Mi sembra che tu debba solo tacere: non dirmi che non la dai più a quel pirla di Edo!?-
Quella volta Alice non rispose più e non fece più domande.
Da quella notte erano passati quasi due mesi e molte altre l'avevano seguita. Alice si era rintanata nella menzogna, nessuno sapeva, e nessuno avrebbe dovuto sapere che stava tradendo il suo fidanzato con il peggior stronzo della storia.



















Spazio Autrice:

Non so se avete notato che oggi è mercoledì...
ho aggiornato in anticipo!!
contente??
Questa lieta novella è dovuta al mio stato di disperazione compulsiva
per due avvenimenti atroci:
1- il mio hard disk esterno è caduto ed è morto..
solo che dentro aveva tutta la mia vita in pratica
musica...
foto...
slides delle lezioni..
e sopratutto...
tutto ciò che avevo scritto in tre anni

(silenzio in contemplazione del danno fisico e morale)

Non dico nulla perchè non ci sono parole per il mio stato d'animo
almeno ho recuperato questa storia con un bel copia incolla da efp..

2- le mie vacanze stanno per finire, un tragico matrimonio a cui non vorrei ma devo partecipare
incombe come una spada di Damocle sulla mia testa, e il mio splendido fidanzato si è messo in testa
l'idea balzana di mettermi a dieta!!!

Disperazione in ogni cellula del mio corpo..
solo il mio immortale lettore mp3 mi consola!!!

Detto questo smetto di logorarvi con le mie vicende personali e torno ad Alice e Manuel
che ne dite? vi piace la nuova versione mi pare,
no?
Lo so il capitolo è un papiro, ma era necessario per farvi capire un po' di cose...
Non dirò nulla sulla competition sulla città perchè solo una persona ha tentato la sorte
quindi aspetto le opinioni di altri per svelarvi il verdetto!!!
ahahahahaha
...crudele...

ora mi accingo a rispondere a tutte le recensioni in ordine...ehm sparso!!!

Sbruby: seee prima che le cose si aggiustino ne passerà di acqua sotto i ponti!! quei due sono un caso disperato di orgoglio e presunzione,
mi fa piacere che la fic ti piaccia, e grazie del complimento, sentirsi dire che è ben scritta fa sempre un piacere immenso!!
Ozz: ora hai nuovi indizi lanciati nella geografia e spara un ipotesi, ormai è facilissimo!!!
Amylee: ho letto Naoki, la prima cosa che vorrei consigliarti è di usare nvu come programma di scrittura perchè l'html è un po' incasinato,
secondo: aggiusta i verbi e cerca di ambientare un po' meglio la storia ci sono cose un po' inverosimili per un paese come il giappone
per il resto non saprei cosa dirti a parte il fatto che non ho mai veramente creduto alla sindrome di Stoccolma ma che in generale la fic mi piace!!!
Crusade: quale intendi per il capitolo in cui si dichiara? se mi dici in numero in base all'altra storia vedrò che posso fare, anche se in generale
la storia rimarrà la stessa
Lady Jane: giuro che ho pianto quando ho letto la rece (..il che considerando quante volte piango alla settimana potrebbe essere sottovalutato...) ma la rece mi ha commossa davvero..
Sulla città mantengo mi appello al quinto emendamento e non dico nulla, ma ti assicuro che non cambierò quel capitolo perchè è una delle mie scene preferite, anzi è probabile che gli dia anche più spazio!!
Spero di continuare a trovare le tue recensioni perchè mi confortano un sacco, grazie di tutto. 1bacio.
RBAA: olà carissima, ci si rivede!! attendi attendi che se ne vedranno delle belle...
Morgana 92: se hai adorato la vecchia...questa l'amerai!!!     o almeno spero....
Anthy: eh lo so lo so, è una faticaccia, ma in realtà mi fa piacere perchè ho la possibilità di correggermi e trovare nuovi spunti!!
Grazie mille della rece! Si concordo Manuel spesso non merita nemmeno il mio bene!!
Annalisa70: solo una cosa: è solo grazie alla tua mail se mi sono decisa a rimettermi al lavoro..
quindi prenditi pure tutto il merito, ne hai il diritto!!



Grazie a tutti i Preferiti-Seguite
E mi raccomando:
recensite recensite recensite!!

1bacio. Vale
   
 
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