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Autore: Alarnis    03/03/2021    4 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ipotesi di Zelio

 
Bussò fiero e veloce sulla porta, prima di spingerla per entrare facendosi precedere da un deciso “Sono Zelio, mio signore.”; quasi gridato per evitare imbarazzi. Controllò mentalmente il rigore del proprio viso: un viso disarmonico dalla fronte ampia e appuntito nel mento glabro quasi da cinghiale; con due baffi lunghi e sottili congiunti sotto il naso che si allungavano ai lati delle guance finendo in un folto pelame, soffice come il manto di una pecora pronta da tosare. Gli occhi celesti e i capelli portati all’indietro sparpagliati che sembravano un mantello alzato al vento.
Trovò il giovane signorino Nicandro seduto e la bella Lavinia nell’atto di accomodarsi accanto a lui, mentre sembrava scusarsi di qualcosa o più probabilmente di qualcuno. Come se Zelio non intuisse chi fosse quel qualcuno.
L’antipatico e sempre impeccabile soldato Mavio a lato della cassapanca sembrava vegliare su entrambi, quasi potesse spartirne empaticamente i dispiaceri; tuttavia la cosa più evidente fu notare l’umore di Gregorio che sembrava guasto.
Si schiarì la voce con un ringhio di gola, prima di annunciare, scusandosi dell’intromissione “Abbiamo cercato ovunque dettagli sulla fuga di Ludovico.”.
Mai che nessuno lo ringraziasse dell’impegno, rifletté mentre il giovane Nicandro sembrava soppesare le sue parole, quanto inclementi Mavio e Lavinia sembravano giudicarle e denigrarle, come se avessero sempre sospettato fosse impresa impossibile, confidando nei propri come negli altrui servitori, di cui apprezzavano la dote della lealtà.
“E credi di trovarlo qui?” lo aggredì ironico Gregorio, umiliandolo, mentre con un gesto plateale, allargando le braccia e rivolgendo le mani aperte ai presenti, esibiva i suoi affetti più cari: la sorella Lavinia e il pupillo Nicandro. Lo so’ benissimo, non sia qui! avrebbe sbottato Zelio ma si trattenne,
“E’ fuggito da un passaggio segreto.” ipotizzò, l’unica verità possibile.
Ecco! Ora aveva l’attenzione di tutti puntata addosso. La sentiva lungo la linea della schiena che raddrizzò per darsi un contegno orgoglioso.
“Il suo popolo l’ha tradito non dimenticarlo!” minimizzò quell’evoluzione Gregorio che sollevò un precedente a loro favore. Per ora quella l’unica costante e, così per rimetterlo al suo posto gli ci volle il tempo di dire quella frase odiosa, che lo ricollocava dove doveva stare: in basso.
“Può un principe e due sole guardie avere qualche possibilità?” scherzò Gregorio chiamando in causa Nicandro che non rispondendo sembrò appoggiarlo, come fosse frase retorica. Il giovane principe era scappato con Alberico e Federico, gli inseparabili amici d’infanzia, che Zelio si disprezzò di non aver tolto di mezzo a tempo debito. Per Gregorio, in tre non potevano rappresentare un problema, come non l’avrebbero rappresentato i contadini che avevano affrontato Lavinia.
“Un informazione da ricompensare.” evidenziò Zelio, a corto di idee.
Gregorio lo squadrò deciso, fulminandolo con gli occhi che gli volse a dosso diretti. “Ricompensa?” disse sgradevole, con voce indignata. “Usa altri metodi!” ordinò alzando la voce, tanto da far sussultare Nicandro, che ebbe un tremito; intuendo cosa Gregorio intendesse per altri metodi.
“Piuttosto trova chi possa saperne qualcosa!” richiese Gregorio, suggerendo inclemente “Servi di vecchia data, muratori.”, facendo decidere la sorella Lavinia ad intervenire in appoggio o semplicemente per indulgenza verso quegli sventurati, “Fai controllare pozzi e cantine. L’uscita non può essere lontana. Magari è solo una breccia, una feritoia.”; sottovalutò quella che Zelio faceva sembrare ai suoi occhi un’infantile ansia.
Al contrario il composto giovinetto invece inclinò il capo a guardare il muro oltre lo schienale della cassapanca; indifferente al chi e al come o forse tutto il contrario.
Trova, Controlla… Un fastidio dietro l’altro, pensò. Avrebbe tirato un’insolenza piuttosto, ma annuì come fosse l’imbeccata che aspettava, pur non pigolando lodi per briciole. Aveva dignità, si disse.
“Ora vattene! Abbiamo da fare!” lo rifiutò Gregorio, portando all’indietro il braccio, come fosse la seccatura che per lui era. Scacciato come una mosca fastidiosa, mentre Gregorio tornava alla cura dei suoi ospiti con un sorriso caricaturale, avvicinandosi loro a braccia aperte.
Zelio schiena dritta, si pose sull’attenti e se ne andò. Diciamo tra noi: non vedeva l’ora!
   
 
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