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Autore: _SbuffodiNuvola_    03/03/2021    0 recensioni
IN PAUSA
“Uno squillo.
Due squilli.
Tre squilli...
-Salve! Questa è la segreteria telefonica di Shinichi Kudo. Ora non posso risp...
Ran spense la chiamata, lasciò il cellulare sul pavimento e appoggiò la fronte sulle ginocchia strette al petto. Una lacrima calda cadde sulla sua maglietta, lasciando una piccola macchia rotonda sulla stoffa gialla.”
Dopo cinque anni di relazione, Shinichi scompare nel nulla come dopo la sera al Tropical Land e senza dare una spiegazione concreta a Ran.
Quando ritorna in Giappone, quattro anni dopo, il detective scopre che Ran ha avuto una figlia, ma non sa che quella bambina è anche sua...
Genere: Comico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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-Tu... eri Conan... 

Shinichi annuì. Aveva un’espressione strana in viso, come se avesse ingoiato a forza qualcosa di sgradevole. Inoltre era pallido. Ran temette di vederlo morire proprio lì, seduto davanti a lei.

-E io lo avevo capito... più di una volta. -continuò cauta.

-Sì. E non puoi immaginare quanto fosse frustrante dirti che non avevi ragione. 

Ran tolse le mani da quelle di lui. Abbassò lo sguardo sulle sue gambe, senza avere il coraggio di dire nulla. Allora non era impazzita. Shinichi e Conan erano la stessa persona per davvero. Quel pensiero l’aveva tenuta sveglia per molte notti, come quando, nell’ufficio di suo padre, aveva cercato di trovare il codice di quattro cifre per sbloccare il cellulare di Conan. Non avrebbe mai pensato di aver avuto ragione. Si era data della stupida ogni volta.

-Io... voglio che tu sappia che non ho mai pensato che fosse divertente prenderti in giro. Lo facevo per non mettere te e tuo padre nei guai. -disse Shinichi risvegliandola dai suoi ricordi. -Quei due uomini fanno parte di un’organizzazione criminale i cui membri vestono solo di nero, come i corvi. Se qualcosa li intralcia, non si fanno scrupoli a eliminare quell’ostacolo anche con la forza. Non volevo che vi succedesse qualcosa e...

-Ma allora... se tu eri Conan... come... -balbettò Ran con voce rotta. -Londra... la recita... lo Shiragami...

-Quello ero proprio io, Ran. -la rassicurò. 

-C-Come? -chiese lei alzando lo sguardo. Sentiva gli occhi colmi di lacrime, ma non voleva piangere davanti a lui. Si era ripromessa di essere forte quattro anni prima e non doveva mollare proprio in quel momento. 

-Un antidoto che durava ventiquattro ore. -rispose il detective. -Lo ha fatto Ai. Anche lei era nell’organizzazione e ha assunto il mio stesso farmaco per scappare. Avrebbe la nostra età, ma non ha voluto tornare adulta.

Shinichi continuò a raccontare di come avesse preso l’antidoto che era durato cinque anni, delle indagini che aveva svolto con l’FBI da quando era andato in America senza dire nulla, di quanto fosse vicino ad arrestare una volta per tutte il boss dell’organizzazione.

Alla fine rimase in silenzio. Ran non aveva il coraggio di parlare. Non si sentiva presa in giro, lui aveva avuto una ragione precisa per dirle tutte quelle bugie. Eppure, c’era qualcosa che la spinse a chiedere: -Perché non me lo hai detto subito? Avrei potuto aiutarti! 

Anche se lui le aveva già detto che sarebbe stata in pericolo, non le importava. Se davvero l’aveva sempre amata, come sosteneva negli anni in cui erano stati felici, perché non si era fidato di lei?

-Per questo, Ran. Tu sei così gentile che avresti cercato di aiutare. Ma non potevo permetterlo. -rispose Shinichi indicandola con la mano. -Non volevo coinvolgerti in qualcosa di così pericoloso. So che sei una donna forte e che non sarebbe stato un problema per te: avresti usato il karate per difenderti, non sei stupida e hai un cuore grande. Io... io invece sono un codardo. 

Rimase zitto, fissando le mani che poi mise sul petto: -Io sono un codardo. -ripeté. -Non volevo che tu mi rimproverassi di non essere stato attento come mi avevi detto più volte, non avrei avuto il coraggio di guardarti in faccia. Per questo ti ho detto quelle bugie.

Vedendolo in quello stato, con il viso abbassato, gli occhi lucidi e le mani che ormai erano viola da quanto le tormentava, Ran non riuscì ad arrabbiarsi. 

-Io ti capisco se non vuoi perdonarmi. -continuò lui. -Però io avevo il bisogno di dirti tutto. Mi ero ripromesso di farlo. 

Si alzò dal tatami e strinse i pugni lungo i fianchi. Ran, che era rimasta immobile quando l’aveva sentito autodefinirsi un codardo, sussultò. Shinichi era cambiato molto in quegli anni e non solo fisicamente. Era cresciuto, era diventato un uomo adulto.

-Uscirò dalla tua vita, se lo desideri. -continuò lui. -Voglio solo che tu sia felice con tua figlia... 

-Ti perdono. -lo interruppe Ran. Alzò lo sguardo su di lui e gli sorrise, dolce.

-Co-Cosa? -fece Shinichi, sorpreso. 

-Ti perdono. -ripeté lei. -Lo hai fatto a fin di bene, Shinichi. Questo mi basta. 

-D-Davvero? -domandò il detective con un’espressione speranzosa. 

“Già, Ran, lo perdoni davvero?” si chiese. “Dopo tutte le bugie che ti ha detto tu lo stai perdonando? Sicura di quello che fai?”

No, non lo era. Aveva semplicemente detto quelle parole perché non ne poteva più di quella storia. Certo, lui le aveva mentito a fin di bene, però...

La karateka annuì, poi si alzò a sua volta e si avvicinò a lui. Era più alto di lei, ma in quel momento sembrava un bambino bisognoso di affetto.

-E Aika ti adora. Se vorrai, vieni a trovarci ogni tanto. -fece poi indicando la bambina con la testa.

“E poi anche io ti sto nascondendo un segreto, ma non so come dirtelo” disse mentalmente. “Mi dispiace, Shinichi. Mi dispiace tanto.”

Finalmente, Shinichi le sorrise.

-Lo farò. -disse annuendo. Perché aveva quel potere su di lei? Perché non riusciva mai ad essere arrabbiata con lui?

Rimasero in silenzio per qualche secondo, il tempo che impiegò Ran a rendersi conto di quanto fossero vicini. Si allontanò, andando verso Aika per svegliarla.

Non perché fosse in imbarazzo (o forse sì?) e nemmeno perché non volesse far capire a Shinichi ciò che provava ancora per lui (o forse sì?). Solo per svegliare sua figlia per scendere a fare colazione.

-Shinichi. -disse. 

-Sì? 

-Io... credo di avere bisogno di tempo per... per metabolizzare la cosa. -non trovò il coraggio di guardarlo in faccia. -Ti perdono, ma tu devi dimostrarmi che te lo sei meritato e che non ti ho dato un’altra possibilità invano.

-Ran, guardami. -ordinò Shinichi. Lei si voltò in tempo per vederlo rimettersi in ginocchio e inchinarsi. 

-Ah, aspe... -balbettò più che stupita.

-Io ti giuro che da questo momento in avanti ti dirò ogni cosa e che farò di tutto per meritarmi la tua fiducia. -scandì lui. Ran era rimasta senza parole. Vederlo inchinarsi per chiedere il suo perdono era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata da lui.

-Non c’è bisogno che ti inchini. -lo rimproverò. Lui alzò gli occhi su di lei, poi, lentamente, si rimise dritto.

-Posso chiederti un’ultima cosa? 

-Sì.

-Quello che ti ho raccontato... non dirlo a nessuno, capito? 

Ran annuì: -Puoi fidarti di me.

 

***

 

Shinichi si sentiva come se un enorme peso gli fosse stato tolto dalle spalle. Aveva detto tutto a Ran, lei lo aveva perdonato e gli aveva pure dato il permesso di andarla a trovare quando voleva. Era al settimo cielo.

Mentre sceglieva cosa mangiare al buffet della colazione, sorrideva come un ebete. Probabilmente era il giorno più bello della sua vita, dopo il suo primo bacio con Ran, chiaro. Non riusciva a crederci... forse in quei dieci anni si era fatto così tante paranoie che avevano finito per influenzare i suoi pensieri e non aveva più sperato in un perdono da parte di lei... e gli aveva pure dato un’altra occasione! 

-Shinichi? -lo chiamò Ran. Era proprio accanto a lui.

-Eh? Ah, sì... dicevi? -balbettò il detective tornando coi piedi per terra.

-Va tutto bene? -chiese lei. -Stai fissando il pesce con uno strano sguardo da...

-Sì, sì. Stavo solo pensando a una cosa... -rispose vagamente. Poi afferrò una ciotola di riso e si avviò verso un tavolo vuoto. 

Bene, ora c’era un altro problema da risolvere. Placare quei dannati ormoni che nonostante avesse quasi trent’anni gli facevano ancora brutti scherzi.

Da quando aveva capito che per la sua amica d’infanzia provava vero e proprio amore, ogni volta che era stato in compagnia di lei si era sentito... strano. Non sapeva come definire quello che sentiva, ma per i cinque anni che avevano passato insieme quella sensazione si era affievolita. Non aveva smesso di amare Ran, no no... però si sentiva più a suo “agio”. Come se lei fosse stata in grado di tenere a bada il toro imbizzarrito che si era creato dentro di lui.

Quel giorno invece gli sembrava di essere tornato al punto di partenza.

Sospirò e alzò lo sguardo dal piatto che aveva davanti. Vide Ran poco distante, con Aika che le indicava qualcosa che evidentemente voleva come colazione. 

Osservando la bambina sorrise, mentre l’immagine di una Ran di quattro anni si sovrapponeva a lei. Le somigliava così tanto... e per qualche ragione questa cosa gli provocava una certa malinconia. 

“Il padre di Aika non è mai a casa. La piccola non lo ha neppure mai conosciuto e Ran non ha idea di cosa rispondere alle sue domande sempre più frequenti.”

Quando Heiji gli aveva detto quelle frasi, Shinichi aveva sentito la rabbia crescere dentro di sé. Ran non si meritava questo. Il padre di Aika, chiunque fosse, non aveva capito che grossa opportunità si era perso. Come si era permesso di lasciare Ran da sola con una bambina da crescere? Che idiota...

-Shinichi, possiamo sederci qui? -chiese la voce della karateka distogliendolo dai suoi pensieri. Davanti a lui c’era Ran, che teneva due vassoi in mano. Aika era con lei e si nascondeva timidamente dietro le sue gambe.

Shinichi sorrise e annuì, così Ran lasciò i vassoi sul tavolo e sospirò di sollievo.

-Aika, non fare la timida. Hai già incontrato Shinichi. -disse alla bambina nascosta dietro di lei. Il detective sorrise: Aika somigliava davvero tanto a Ran. Gliela ricordava per filo e per segno.

-Sai, sei davvero uguale alla tua mamma, Aika. -disse per rompere il ghiaccio. Vide Ran arrossire leggermente, ma fece finta di non essersene accorto e continuò a rivolgersi alla bambina: -Quando aveva paura si nascondeva dietro di me. 

-Davvero? -domandò la piccola sporgendosi un pochino.

-Sì e lo faceva anche quando eravamo alle superiori. 

Aika rise e Shinichi la trovò adorabile. Ran, che sorrideva a sua volta, si sedette e aiutò la piccola a fare lo stesso. 

-Però Aika è più coraggiosa di me. -disse la karateka mentre sua figlia iniziava a mangiare. 

-Tu sei sempre stata una fifona. -osservò Shinichi. -Pure all’università eri terrorizzata dai fantasmi. Ricordi la casa infestata al luna park di Kyoto?

Il colore sulle guance di Ran divenne di un rosso molto simile al carminio.

-Beh, tutti hanno paura di qualcosa! -protestò. 

-Oh, come quella volta che sono dovuto tornare a casa correndo perché era andata via la luce e tu mi hai chiamato nel bel mezzo di un caso perché avevi paura? 

-Era la prima volta che succedeva in una casa nuova! Poi me la sono sempre cavata da sola. Vero, Aika? -fece Ran guardando la bambina. -Quando va via la luce riaccendo sempre l’interruttore io, no?

Aika annuì una volta: -La mamma è coraggiosissima! -esclamò e Ran si voltò verso Shinichi con la faccia che diceva “te l’avevo detto”.

Il detective rise: -E va bene, se lo dice Aika è vero.

Poi al tavolo calò il silenzio. L’imbarazzo del giorno prima era tornato.

-Ieri è stata una bella giornata. -commentò Ran. 

-Già. Tutto grazie a te che hai aiutato quel tonno a dichiararsi, l’ultimo anno di liceo.

Ran rise. Gli aveva raccontato di come un giorno Heiji l’avesse chiamata chiedendole una mano per dichiararsi a Kazuha. Doveva tenerla occupata per qualche ora, mentre lui faceva preparare il tavolo per la cena a lume di candela sulla torre Tsutengaku di Osaka. Heiji si era superato.

-Non pensavo che si mettesse a piangere sull’altare. -disse Ran stupita.

-Effettivamente neppure io. -Shinichi deglutì il riso che aveva appena mangiato, poi arrossì quando si accorse che lei lo stava guardando. -Che c’è? Ho qualcosa in faccia?

-Ehm no, ma... perché porti gli occhiali da sole qua dentro? -chiese dubbiosa. -È da prima che ci penso.

Il detective si sentiva un po’ stupido: indossare gli occhiali da sole al chiuso e per giunta quando fuori non c’era neanche un raggio di sole non era una cosa intelligentissima, ma lo faceva per nascondersi dai paparazzi e da... beh, dall’organizzazione.

Disse a Ran solo dei giornalisti, ma si rese conto che lei aveva capito che c’era sotto dell’altro.

Shinichi stava anche per aggiungere qualcosa, ma un urlo fece voltare tutti verso il centro della sala: un uomo si era appena accasciato a terra, con le mani attorno alla propria gola.








*angolo autrice*
Scusate il ritardo, ma sono in un blocco dello scrittore ENORME... 🥺 e la scuola mi tiene occupata purtroppo!
Spero che la mia storia non vi stia annoiando! Alla prossima! ❤️ 

   
 
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