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Autore: T612    05/03/2021    0 recensioni
2018 - 2023: Cinque ragazzini fuori dal comune che non sono gli Avengers, ma potrebbero diventarlo.
[Missing moments / Mama Nat / AU - Crossover Young Avengers: Elijah Bradley, Kate Bishop, Teddy Altman, William e Thomas Maximoff]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 5
_ 2022







 

Le porte dell’ascensore si aprono sul loft e Kate marcia a passo spedito fino in cucina, asciugandosi distrattamente le guance rigate dalle lacrime piante lungo il tragitto in macchina, ancora infuriata per l’epilogo della serata, rifugiandosi nell’ultimo posto in cui Elijah sarebbe venuto a cercarla perchè troppo lontano da raggiungere a quell’ora… arrestando la propria corsa quando intravvede Romanov in terrazzo, lo sguardo perso nel vuoto ed una sigaretta tra le dita – … che sta… Natasha sta piangendo? Oddio. Panico.

Katherine arretra di mezzo passo con l’intenzione di andarsene, timorosa di essere piombata a tradimento nel bel mezzo di un momento inopportuno, fallendo miseramente quando urta il cassetto delle posate attivando un radar inconscio della Vedova Nera, la quale si affretta ad asciugarsi le guance e si volta fulminea a cercare l’intruso.

«Kate.» la individua nella penombra, squadrandola dalla testa ai piedi notando il suo viso smunto e gli occhi arrossati. «Serataccia?»

«Brutta quanto la tua, a quanto vedo.» commenta titubante Katherine, affacciandosi alla porta-finestra offrendo il terzo di teglia di tiramisù rimasta e la bottiglia di vino comprata lungo il tragitto. «È avanzata un po' di torta a cena… potremmo finirla e brindare insieme all'ultimo dell'anno, che dici?» 

«Non dovresti essere con i ragazzi a Times Square per il countdown?» replica Natasha educata spegnendo il mozzicone consumato nel posacenere abbandonato sul tavolino, avvicinandosi a prelevarle la bottiglia di mano e facendo cenno alla ragazza di appoggiare la teglia sul ripiano, accettando silenziosamente l’invito. 

«C'è stato un cambio di programma.» replica asciutta Katherine, scrollando le spalle con un gesto di noncuranza, adattandosi alla nuova situazione con la supposizione che Romanov avesse più bisogno di lei di compagnia in quel preciso momento. «Data la situazione… vorrei ubriacarmi con Natalia, dici che è possibile?» 

L’allusione a quel lato di Romanov che conoscevano in pochi e che Kate aveva riscoperto negli ultimi mesi, custodendolo gelosamente per sé, non ottiene gli effetti sperati, ritrovandosi due occhi verdi calcolatori acuminati come spilli puntati addosso.

«Convincimi.» replica spigliata Natasha, tenendo sotto sequestro il vino ostentando diffidenza… e, ormai colta in flagrante, tanto vale rendere Romanov partecipe dei fatti che scoprirà inevitabilmente nel giro di due giorni.

«È il mio compleanno ed è Capodanno, quindi un paio di brindisi sono quasi obbligatori.» azzarda Katherine, respirando a fondo prima di ammettere ad alta voce il motivo del suo malumore, molleggiando sui talloni e roteando gli occhi infastidita dall’occhiata penetrante della donna. «E può darsi che abbia visto Susan al Rockfeller Center oggi... e per questo ho mandato a rotoli l’appuntamento con Eli. Abbiamo litigato… ma quest'ultima cosa non è una novità, sarebbe strano il contrario a dire il vero.»

«Uhm… e come mai sei venuta in cerca di Natalia?» indaga la donna con leggerezza, parlando della parte migliore di sé come se si stesse riferendo ad una estranea a cui Romanov concedeva un’ora d’aria dai minuti contati ogni tanto, strappando la carta metallizzata che protegge il sughero e svitando la gabbietta con dita abili, scoccando a Katherine uno sguardo curioso – Natasha ha gli occhi ancora arrossati, ma Kate ha l’accortezza di sorvolare sul dettaglio, astenendosi dal chiedere chiarimenti in merito che sa le sarebbero stati negati a prescindere.

«Perchè Natalia mi sembra una persona amichevole quando ha la giornata giusta, ed ora ho un disperato bisogno di un’amica.» afferma Kate con praticità senza perdersi in astrusi giri di parole, dando voce al proprio istinto, incurante se con tale sentenza si sta esponendo più del dovuto – prima di tagliare i ponti con tutti, quando si autodefiniva ancora una ragazza superficiale con tutto da perdere e nulla da guadagnare, aveva l’abitudine di raccontare le sue vuote giornate a Susan, la quale a volte si ricordava di avere una sorella minore e aveva l’accortezza di comportarsi come tale nei suoi confronti quando la vedeva coinvolta in certi gossip, principalmente per assicurarsi che Kate non gettasse fango sul nome di famiglia. Negli ultimi anni la ragazza si era gradualmente abituata alla solitudine, trovando in Thomas un ottimo compagno di merende occasionale all’occorrenza, ma non era la stessa cosa… ed in quel momento Kate ha la netta sensazione che Natasha abbia un disperato bisogno di una serata tra ragazze tanto quanto serve a lei.

«L’appuntamento è andato davvero così male?» Natasha taglia la testa al toro ponendo la domanda con una delicatezza inusuale, stappando finalmente la bottiglia e versando loro del vino, prendendo poi posto a tavola scomposta, invitando Kate a fare lo stesso.

«No, è stato pure divertente… prima che si palesasse Susan.» commenta infastidita la ragazza, scostando la sedia e togliendo la pellicola dalla teglia, tuffando la forchetta  tra gli avanzi della propria torta di compleanno per soddisfare la fame nevrotica.

La sfortuna di compiere gli anni il 31 dicembre implicava che Kate non fosse mai riuscita a celebrare una festa di compleanno con la "F" maiuscola, l’evento passava in sordina agli occhi di tutti perché puntualmente si ritrovava incastrata in uno dei festini organizzati da suo padre dove una fetta di torta magari c'era, ma non era esattamente la stessa cosa. Solo negli ultimi quattro anni si era concessa di festeggiare come voleva: torta tiramisù, quattro invitati in croce che non fingevano di volerle bene ed i fuochi d'artificio visti da lontano, tenuti in sottofondo come promemoria che quello, in fin dei conti, era sempre l'ultimo dell'anno. 

«Cos’ha fatto di così scandaloso?» la incalza Natasha, con un’espressione incolore dipinta sul volto, accettando riluttante la forchetta offertale da Kate con una certa insistenza, sbocconcellando controvoglia la torta venendo meno alla sua dieta oltremodo discutibile – probabilmente, se solo Rogers si fosse degnato di trascorrere il Capodanno al Complesso, le avrebbe concesso un cenno di approvazione per aver convinto Romanov a nutrirsi come un normale essere umano.

«Ha… mostrato interesse. Mi ha chiesto se ho un lavoro, se vado ancora a scuola.» riporta Katherine ancora sconvolta dalla faccenda, infilzando la crema al mascarpone con una violenza tale da tradire una punta di furia al ricordo della faccenda, ghignando sprezzante cercando lo sguardo di Natasha con intenzione. «Neanche a dirlo mi ha squadrata dalla punta del pon-pon ai lacci delle scarpe e ha crocifisso Elijah con lo sguardo, ma a parte questo ha palesemente preteso che gli ultimi tre anni di silenzio stampa non ci siano stati.»

«E non è quello che volevi…?» chiede confusa la donna, mandando giù il dolce con un sorso di vino, ignorando il verso esasperato di Katherine e lo sguardo irritato rivolto al cielo.

«Non iniziare anche tu, ora.» la supplica la ragazza, il cinismo di Tommy che viene zittito dall’eco delle parole dei ragazzi espresse a cena che le martellano ancora le orecchie, mettendo il broncio all’idea di aver attraversato l’intera New York per fuggire da certi discorsi solo per doverli affrontare comunque, con un oratore spigliato ed irriducibile come Romanov per giunta – a momenti quasi rimpiange Elijah. Quasi.

«Non hai pensato che magari Susan non è più una persona così terribile ora che non è più sotto l'influenza di tuo padre?» azzarda Natasha dopo un silenzio troppo lungo per non essere calcolato, portandosi una forchettata di tiramisù alle labbra subito dopo per tenere la bocca occupata. 

«Ci ha già pensato Elijah a farmi questo discorso per mandarmi di traverso la cena. Lui, Billy, Teddy e anche i signori Bradley.» replica scorbutica Katherine, puntandole contro la propria forchetta con aria risentita. «È solo fiato sprecato, ha ragione Thomas nel dire che Susan è solo una opportunista… e comunque dubito fortemente che tu possa capire.» 

«Non essere sciocca… mettimi alla prova.» la sfida Natasha, riservandole un sorriso incoraggiante, afferrando il calice di vino e rilassandosi contro lo schienale della sedia, ponendosi nelle condizioni di ascoltarla con attenzione. «Sono tutta orecchi.» 

«Sei-… sei seria?» si sorprende Kate, basita dal fatto che qualcuno voglia davvero stare a sentire le sue motivazioni sul perchè una giornata promettente come quella si era trasformata in una serata nera, invece di zittirla ribadendole come l’incontro con Susan fosse un “regalo di compleanno” e non un raggiro bello e buono per comprare da lei qualche briciola di affetto. 

«Forza, racconta tutto a Zia Nat.» la incita la donna e Katherine sente le lacrime salirle agli occhi, minacciando di rigarle nuovamente le guance… ma non le importa, dopo le ultime due settimane la dignità l’ha persa, rivoluzionata e recuperata talmente tante volte da concedersi un’eccezione per gli occhi della sola Natasha – sono in due con i rubinetti aperti quella sera, possono concederselo per una volta.

E così Katherine inizia a raccontare a Romanov come suo padre avesse sempre dato per scontato che il benessere economico fosse sinonimo di benessere generale, trascurando le figlie e la moglie per inseguire un successo che l’aveva spinto a nuotare in cattive acque… le spiega come Susan si fosse adeguata a quello stile di vita, crescendo nell’ombra di Derek scoprendo intorno ai sei anni che se si comportava come un’oca giuliva veniva ricompensata da loro padre con qualche mezz’ora di tempo sporadica, gelosa delle improvvise attenzioni di loro madre riservate solo a Katherine quando le aveva scombinato i piani da figlia unica. Kate rischia di cedere alle lacrime quando nomina New York, spiegando alla donna che era stato in quel periodo che l’ambizione di suo padre aveva toccato vette pericolose, di come in quello stesso lasso di tempo aveva raccontato a sua madre di Heather ed Eleanor avesse chiesto a Derek il divorzio e la custodia delle figlie… perdendo la causa in tribunale, vedendosi preclusa l’occasione di proteggere Kate dalle grinfie del marito e dai capricci di Susan che voleva punirla per aver mandato in frantumi la famiglia, dissandola per essere diventata la cocca di mamma, vantando i propri privilegi da prediletta di papà. Di come, dipendendo in tutto e per tutto dal conto in banca di suo padre, Kate si fosse calata nei panni di un’oca giuliva triste, perennemente fuori posto e bisognosa di un legame con la sorella, illudendosi che condividere la piaga rappresentata da Derek fosse un collante abbastanza forte per tenerle unite… scambiando la disponibilità saltuaria di Susan per briciole di affetto, senza rendersi conto che la sorella la stesse usando, impegnata a mantenere integri i propri privilegi nascondendo a loro padre quanto fango gettava Kate sul nome di famiglia con il suo comportamento sconsiderato ed anticonformista. 

«… -le ho demolito la reggia dorata e invece di prendere le mie difese, schierandosi contro papà, mi ha definito una “seccatura” con tutti i giornalisti e ha cercato inutilmente di contenere lo scandalo.» brontola Kate finendo di spezzettare il fazzoletto di carta che Natasha le ha procurato durante il racconto, mettendo su il broncio quando solleva lo sguardo sulla donna cercando un riscontro dopo essere stata l’unica a parlare per un lasso di tempo così lungo. «È tornata con la coda tra le gambe perchè non le è rimasto più nulla sul conto in banca, oppure è rimasta sola e ora si fa andare bene anche la compagnia di una ruota di scorta… se le manco davvero quanto dice si sarebbe sicuramente fatta viva prima del mio compleanno. Sbaglio, forse?»

«Beh… non parli con Susan da tre anni, Katherine. Ne cambiano di cose, in tre anni.» afferma Natasha ricalcando in maniera snervante le parole di Eli espresse nel pomeriggio, ma distogliendo lo sguardo stringendosi tra le spalle come se stesse effettivamente parlando per esperienza personale e non per mera presunzione, tentennando appena prima di sciogliersi la lingua e spiazzarla. «Io con mia sorella non mi sono comportata tanto meglio… non ci siamo parlate per una dozzina d’anni, poi io mi sono cacciata nei guai e non ho avuto altra scelta se non chiedere il suo aiuto.»

«E tua sorella come l’ha presa?» chiede Katherine a bruciapelo, notando come gli occhi di Natasha continuino a puntare in un'altra direzione e siano tornati improvvisamente umidi. 

«Oh, beh… ce le siamo date di santa ragione, poi le ho offerto una birra ed abbiamo fatto pace.» sorride debolmente Natasha, con un ricordo dolceamaro sulla punta della lingua, liberando una risata spenta per una battuta persa nel tempo. «Raccontava in giro che ero un’insegnante di scienze e che mio… marito ristrutturava case.»

«Tuo marito?» non resiste Kate, parafrasando “insegnante di scienze” con “esperta di veleni” e “ristrutturare case” con “smantellare l’HYDRA”, fantasticando su che razza di uomo dovesse essere il suo fantomatico “marito” per tener testa ad una spina nel fianco come Romanov… fronteggiando il sorriso sagace di Natasha e la sua aria disillusa, dando alla ragazza l’impressione di aver fatto il passo più lungo della gamba ed aver chiesto qualcosa di proibito. «Parli di Barton?»

«Dipende… chi credi guidasse la notte che ti ho portata in ospedale?» la stuzzica Natasha, nonostante Katherine si avvalga del diritto di non rispondere, annuendo riflessiva… solo perchè lei aveva condiviso i propri drammi familiari con Romanov, ciò non implicava in automatico che la donna fosse del suo stesso avviso, ritenendo già un privilegio di per sé essere venuta a conoscenza dell’esistenza di una sorella di cui era certa che nessuno dei ragazzi ne fosse già a conoscenza. «Scommetto tu ci sia arrivata ormai, non è la prima volta che rispolveriamo questo discorso.»

La notte dell’ospedale rimaneva uno dei ricordi frastagliati più brutti nella memoria di Katherine, era sfuggita al peggio grazie all'intervento tempestivo di Romanov, ma aveva trascorso i mesi seguenti a torturarsi ogni notte riempiendo i propri vuoti con dettagli raccapriccianti, immaginando come potrebbero essere andate le cose se solo la donna non fosse passata di lì per caso in quel momento… era stato solo dopo il reclutamento ufficiale del Capitano Rogers che Kate aveva finalmente composto il puzzle, ridimensionando in parte i propri incubi notturni. La sua memoria lacunosa aveva avuto bisogno di un piccolo calcio in avanti per associare il caschetto biondo della donna senza volto dei suoi ricordi fumosi ai capelli tinti di Natasha rovinati dalla ricrescita ramata, poi le erano serviti un altro paio di mesi per farsi coraggio e beccare Romanov in un momento in cui fosse sola ed avesse una buona giornata, facendo ufficialmente le presentazioni con “Natalia” e venendo a conoscenza della maggior parte dei retroscena della vicenda. L’unica incognita su cui non era riuscita a spuntarla era il suo accompagnatore, Natasha parlava sempre di quella notte al plurale nonostante affermasse di essere sola, divagando puntuale ogni volta che Katherine menzionava il ricordo di un riflesso metallico proiettato sul parabrezza – la mancata risposta aveva spinto la ragazza ad indagare sul conto di Natasha con spiccato accanimento, assumendo le sembianze di un test per valutare la sua intelligenza, e con il passare delle settimane era arrivata ad una plausibile soluzione all’enigma… avviando involontariamente un giro di scommesse con i ragazzi nel frattempo, che si erano rivelati molto più pettegoli di lei in certi frangenti e le avevano dato una mano sostanziosa per avvicinarsi sempre più alla soluzione, sparlando nel mentre su molto altro.

«Lui ti manca, vero?» si arrischia Katherine, trovando inopportuno richiamare indietro per nome dei fantasmi oltremodo ingombranti, reputando equo cercare di fornire un po’ di sollievo a Natasha dopo il suo impegno altruista nel chiarire il suo disastro emotivo.

«Certi giorni più di altri, ma… hai quello che hai quando ce l’hai. L’amore, la famiglia, gli amici… è tutto relativo, temporaneo.» afferma la donna, svuotando il calice con cui aveva giochicchiato nell’ultima mezz’ora, rivolgendo lo sguardo all’alone perlaceo della Luna nascosto dalle nubi. «Approfitta dell’amore finché c'è Kate, fai sempre in tempo a trasformarlo in una privazione pragmatica.»

«Quindi il suggerimento è continuare a guardare avanti e prendere quello che viene?» traduce Katherine, svuotando l’ultimo goccio di vino nel proprio bicchiere, contemplando il vuoto della bottiglia e la teglia tirata a lucido dalle sue ditate nervose.

«E lasciarti le spalle scoperte? No… non io, almeno. Invidio chi ci riesce.» si contraddice la donna, con l’ennesimo sorriso triste della serata. – Guardi avanti per sopravvivere, ma allo stesso tempo guardi indietro perchè ti senti braccata… da chi? Dai fantasmi per cui piangi quando non pensi di essere vista? 

«La mia analista direbbe che non è esattamente "sano" come comportamento, men che meno normale.» replica atona Katherine, notando come Natasha posi il calice ed afferri le sigarette, sedando la solita carenza con un altro tipo di palliativo.

«Io non sono mai stata “normale” Kate, ma per te c'è ancora speranza.» commenta Romanov disillusa, dando fuoco al tabacco ed esalando una lunga boccata di fumo, cadendo con lo sguardo sulle lancette del proprio orologio da polso. «Bishop?»

«Si?» la ragazza solleva le iridi azzurre sulla donna, seguendo il suo sguardo e cadendo a sua volta sulle lancette dell’orologio che segnano l’una meno un quarto… ed è strano, trovarsi così lontani dal centro abitato da non aver visto nemmeno un fuoco d’artificio.

«Non è più il tuo compleanno.» sottolinea Natasha in quello che fa passare come un blando augurio di “buon anno” insieme all’avviso che quello sia il suo ultimo brandello di “Natalia” concesso, picchiettando la sigaretta contro il posacenere scoccandole uno sguardo penetrante con rinnovata freddezza. «Apriamo un'altra bottiglia o te ne torni a casa?»

«Me ne torno a casa.» afferma la ragazza, alzandosi in piedi e raccogliendo la teglia vuota… andandosene con la consapevolezza di aver imparato qualcosa che desidera mettere subito in pratica. «Non escludo che Elijah si sia accampato davanti la mia porta di casa… e gli devo una spiegazione e delle scuse, credo.»

«Te la senti di guidare? Hai bevuto un quarto di quello che ho buttato giù io, ma…» si informa Natasha mascherando al meglio il tono da mamma orsa, venendo interrotta da un cenno di Katherine che declina l'offerta implicita, ritrattando lo sprazzo di gentilezza riportandosi il filtro alle labbra e fingendo di non aver mai abbozzato una qualche proposta. «Buona fortuna, allora. Per noi persone orgogliose brucia sempre un po’ di più quando siamo dalla parte del torto.»

 

***

 

«Ero sicura di trovarti qui, avrei dovuto scommetterci dei soldi.» lo sveglia la voce di Katherine, spalancando gli occhi di soprassalto, mettendo a fuoco la ragazza accovacciata di fronte a lui con il viso ad un palmo dal suo naso. «Sono le tre del mattino.»

«Dove sei stata?» si informa Elijah sbadigliando, issandosi da terra aiutato dalla mano salda di Kate, addossandosi allo stipite ancora assonnato e con la schiena che scricchiola per la posizione assunta nell’ultimo paio d’ore a ridosso della soglia dell’appartamento.

«Ho guidato fino all’Upstate per bermi qualcosa con Natasha.» replica spiccia la ragazza, infilando le chiavi nella toppa e facendo scattare la serratura.

«Era intenzionale?» si sorprende Elijah nel capire, oltre la patina di sonno ed i fumi dell’alcol che gli rallentano il cervello, che Kate nelle ultime sei ore se ne è fatta quattro di macchina, incespicando oltre la soglia con gli occhi a mezz’asta.

«Ovviamente no, quando mai ho programmato qualcosa?» scherza Katherine sbadigliando a sua volta, chiudendo la porta a doppia mandata alle loro spalle, sfilandosi il cappotto e scalzando gli anfibi ricoperti di neve sporca. «Noi due dovremmo parlare.»

«Hai intenzione di farlo ora?» indaga Eli, il cervello che funziona a metà e l’unico neurone attivo che si agita confuso nel registrare i movimenti della propria ragazza, la quale gli sfila il piumino dalle spalle e gli toglie il berretto di lana dalla testa. «Mi stai spogliando.»

«Stai dormendo in piedi e sei un filo ubriaco.» Kate sottolinea l'ovvio con un sorriso divertito stampato sulle labbra, rassicurando in parte l’unico neurone rimasto in funzione nel suo cervello. «Riesci a toglierti almeno le scarpe? Mi sporchi tutto il pavimento.»

«Dormo sul divano?» chiede retorico Elijah in cerca di una conferma, scalzando gli scarponi fradici di neve e trascinandosi fino al salotto con passo malfermo, bloccandosi di colpo quando il corpo di Katherine aderisce al suo premendo la fronte in mezzo alle sue scapole e lo circonda con le braccia fino a posare le mani fredde contro il suo stomaco, mandando in allarme il povero neurone assonnato e confuso impegnato a non farlo crollare di faccia incontro al pavimento. 

«Facciamo un’eccezione per stasera.» sussurra Kate accattivante sollevandosi in punta di piedi per raggiungere il suo orecchio, sciogliendo la presa quel poco che gli consente di voltarsi a guardarla, per poi scendere in picchiata sulle sue labbra strappandole una risata soffocata. «Calmo, tigre. Si dorme… ho solo pietà della tua schiena.»

«Credo tu ti diverta a torturarmi, donna.» commenta Elijah con un sorriso sfrontato sulle labbra mentre permette a Kate di spingerlo a ritroso fino alla camera da letto, cadendo sopra il materasso di peso facendo gemere le molle con un rumore secco, sollevandosi sui gomiti sorridendole sfrontato. «Obiezioni se dormo in boxer?»

«Come ti pare, io mi strucco e mi metto il pigiama.» lo liquida la ragazza, scavalcandolo per recuperare gli indumenti da sotto il cuscino e chiudendosi a chiave nel bagno privato… ed Eli vorrebbe tanto rimanere sveglio, giocarsi l’evoluzione della serata con qualche altra frecciatina e un bel po’ di faccia tosta, ma ha appena le forze per spogliarsi dei soli jeans che crolla addormentato sopra le coperte molto prima che Kate riapra la porta e lo raggiunga.

Ciò che sveglia Elijah il mattino dopo non è il sole pallido che fa capolino dalle imposte, ma la confusione che lo pervade quando si rigira tra le coperte e si scontra con il corpo di un’altra persona – Ma quindi è successo davvero…? Dovevi proprio ubriacarti ieri sera, Bradley?

«Ehi, sexy.» biascica Eli con la bocca impastata, mettendo a fuoco Katherine seduta tra le lenzuola al suo fianco, nel suo discutibile pigiama viola chiaro con le stelline rosa e con il portatile acceso posato sulle gambe.

«Tu hai uno strano concetto di sexy.» gli augura il buongiorno Kate voltandosi a guardarlo, mentre Eli si issa sui gomiti e posa le scapole contro la testiera del letto, rendendosi conto che la sera prima Katherine doveva avergli sfilato anche calzini e maglione prima di trascinarlo a peso morto sotto le coperte, prementosi le dita contro la tempia destra che inizia a sbattere violentemente. «Aspirina?»

«Se ce l’hai...» borbotta Elijah, seguendo Kate con lo sguardo mentre rotola giù dal materasso, sparisce in cucina e torna con una pastiglia effervescente intenta a sciogliersi nel bicchiere d'acqua. «Grazie.»

«Pensavo l’alcol non ti facesse effetto [1].» commenta la ragazza, scavalcandolo di nuovo e tornando a sedersi nella sua porzione di letto riportando il computer sulle gambe, sollevando gli occhi azzurri su di lui qualche istante dopo quando non riceve risposta alcuna. «Eli, ci sei o ci fai?»

«Credevo fossi arrabbiata con me, l’atteggiamento disponibile mi confonde.» ammette il ragazzo, buttando giù in un lungo sorso la medicina e sporgendosi a posare il bicchiere sul comodino, stropicciandosi gli occhi nella speranza di abbandonare i recessi della sonnolenza, mettere in moto il cervello e tentare di capire la dinamica in corso. «Credo di dovermi scu-...»

«Scusare? Per cosa?» lo interrompe Kate, scrollando le spalle con noncuranza, tradendosi con l'accenno di un sorriso tirato, svuotando il sacco prima che Eli possa mettersi nell’ordine delle idee di farle il terzo grado. «Per una volta che hai ragione, tienitela.»

«Katie… okay, allora… se ora ti trasformi e vedo squame o della pelle verde potrei mettermi seriamente ad urlare.» la ammonisce Elijah, fissandola serio e discostandosi di qualche centimetro dalla loro posizione ravvicinata.

«È davvero così strano che ammetta che ho sbagliato?» ridacchia la ragazza, scoccandogli uno sguardo divertito che le illumina le iridi azzurre, memori entrambi del paio di volte in cui Teddy aveva assunto le sembianze di Katherine per esercitarsi e si fosse arrischiato a conversare con Eli per testare quanto era credibile nei panni di qualcun altro, scatenando sempre grosse risate quando il ragazzo presto o tardi se ne rendeva conto e si inviperiva.

«Si… molto, troppo strano.» afferma Elijah, scrutandola ancora con sguardo guardingo. «Quante volte sono scivolato sul ghiaccio ieri pomeriggio?»

«Otto, non te la sei cavata male… per essere stata la tua prima volta, intendo.» lo prende in giro Katherine, sorridendogli maliziosa e chinandosi per baciarlo sulle labbra, salendogli sopra di malagrazia e schiacciandolo sotto il suo peso. «Ho superato il test?»

«Si, ma non cambia il fatto che mi stai mettendo ansia. Inizia ad urlarmi contro, ti prego.» la supplica Elijah facendola ridere di gusto, lasciandosi andare al contatto al punto da dimenticarsi perchè hanno discusso e se c’è davvero motivo per continuare a farlo… e di colpo il momento magico finisce, Kate decide di essersi divertita abbastanza nel torturarlo e torna a dedicare la sua completa attenzione al PC che aveva abbandonato in un angolo, suscitando la curiosità del ragazzo. «Avevi detto che dovevamo parlare.»

«Dopo, goditi il momento di pace finchè te lo concedo.» lo liquida Kate con una scrollata di spalle, trascinandosi nuovamente il portatile in grembo, incurvandosi a gambe incrociate al centro del letto, chinando il collo in avanti lasciando scoperta la nuca… e la pelle bianca come il latte risalta contro la linea dei capelli corvini, mettendo in mostra le pallide lentiggini che sfumano sulle spalle di Katherine, lasciate scoperte ed invitanti alla vista di Eli dalla maglia del pigiama oversize. 

«A cosa stai lavorando?» si sbilancia Elijah, rinunciando a resisterle e sporgendosi a tempestarle il collo di baci per darle fastidio, approfittando della quiete a cui sono estranei per natura… concedendosi un istante per apprezzare il momento: loro due da soli senza i ragazzi ai margini intenti a bersagliarli con mille frecciatine, il silenzio scandito dal lieve tap-tap della tastiera del computer, la consapevolezza che nessuno li stesse aspettando da nessuna parte e potevano trascorrere pigramente l’intera mattinata a farsi le coccole, a discutere e fare la pace.

«Calmo, tigre.» lo placa la ragazza verbalmente con il sorriso sulle labbra, ma non fa nulla per respingere le sue mani che sconfinano sotto la maglia del pigiama. «Natasha mi ha messo un grillo pericoloso in testa, sto decidendo se nutrirlo o meno.»

«Il grillo?» chiarisce Eli, incastrando il mento contro la curva della spalla della ragazza, dando un taglio alle smancerie e spingendo lo sguardo d’ebano fino allo schermo, riconoscendo il nome dell’indiziata in mezzo alla decina di pagine internet aperte sul desktop. «Susan...? Vorresti dirmi che stai prendendo in considerazione l’idea di darmi retta e dare una seconda possibilità a tua sorella?»

«Non dirlo con quel tono compiaciuto, per favore.» sbotta Katherine scrollandoselo di dosso con un gesto secco delle spalle, spezzando la quiete e ristabilendo il naturale ordine delle cose, ritornando al clima di bisticcio perenne che rassicura notevolmente Elijah.

«E doveva fartelo capire Romanov?» ribatte scettico il ragazzo, sorridendo sfrontato e ritrovandosi la mano di Kate a coprirgli il volto spingendolo all’indietro contro il materasso, cadendo sui gomiti ed evitando di distogliere lo sguardo di fronte all’espressione di scuse che Kate gli concede da sopra una spalla. «Non guardarmi così, ieri sera hai fatto una scenata a cena quando ti abbiamo detto tutti quanti esattamente la stessa cosa. O meglio, tutti tranne Thomas.»

«Ed ecco che inizia...» sospira Katherine alzando lo sguardo al soffitto, accantonando di nuovo il portatile per voltarsi a fronteggiarlo, puntellandosi a sua volta sui gomiti fissandolo dal fondo del letto. «Ti prego, sfogati… tanto lo sappiamo tutti e due che muori dalla voglia di farmi la morale. Poi ti degni di ascoltarmi, ti penti di mezze cose che hai detto e facciamo pace.»

«E se passiamo direttamente alla parte in cui mi spieghi perchè ti sei comportata da pazza irascibile? Così per una volta posso gustarmi la consapevolezza di avere piena ragione? A quanto pare è un nesso che sfugge a tutti, meno che a Tommy.» contratta Elijah spigliato eludendo ad arte la punta di gelosia, intrecciando le mani sullo stomaco e sorridendo candido di fronte al cipiglio irritato di Katherine. «Ti prego, illuminami.»

«Ti odio.» sentenzia Katherine, guardando nuovamente il soffitto prima di porre il quesito a bruciapelo. «Non ti ho mai raccontato per intero che genere di rapporto avevo con Susan… quindi voglio sapere le tue impressioni a caldo su di lei, prima.»

Elijah tace, riflette e sceglie le parole con cura… il pomeriggio prima al Rockfeller Center non aveva avuto il tempo materiale per farsi una vera e propria opinione sulla donna, Katherine aveva liquidato la sorella in un quarto d’ora di convenevoli in punta di lama dove la tensione si poteva tagliare con il coltello, per poi trascinare il ragazzo in una caffetteria a tre isolati di distanza, ignorando le sue proteste sul essere stata sgarbata.

«Era in imbarazzo… per la situazione credo, si vedeva che ci teneva a farti una buona impressione.» azzarda Elijah, sforzandosi di ricordare qualsiasi altro dettaglio rilevante. «Tu sei stata una stronza, senza offesa. E palesemente io non le piaccio, a pelle.»

«Uhm.» l’espressione di Kate si contrae in una smorfia, svicolando con lo sguardo ad un lato del materasso prima di tornare a puntare gli occhi su Eli, boccheggiando un paio di volte riformulando frasi inespresse, calando l’asso con la delicatezza di un carro armato perchè dal suo punto di vista evidentemente è l’unico modo per farsi capire. «Mettiamola così: se tua madre ti cercasse il giorno del tuo compleanno solo per chiederti come va il college, come la prenderesti? Sincero.»

«Peggio di te.» ammette Eli con riluttanza dopo un paio di secondi di tentennamento, immaginando chiaramente l’aura di sospetto emanata da Sarah Gail per il suo ipotetico interessamento dopo dodici anni di silenzio stampa… desiderando per assurdo quel legame nonostante la presenza di Nana nella sua vita, che continua premurosa a fargli da madre senza mai sbilanciarsi sul comportamento discutibile della figlia. «Ma Susan ha l’attenuante di essere tua sorella, non tua madre. Non è esattamente la stessa cosa.»

«Però capisci.» insiste Katherine… e solo in quel momento Eli comprende il sospetto, la rabbia per l'idea di fronteggiare un secondo fine, la rinuncia ad alimentare una speranza vana, il dolore per desiderare, credere ed inseguire un abbaglio nonostante tutto perchè la famiglia è pur sempre la famiglia.

«Però capisco.» afferma Elijah con serietà, sciogliendo i lineamenti in un sorriso stiracchiato, allargando le braccia invitante chiedendole il permesso. «Coccole?»

Katherine non se lo fa ripetere due volte, si arrampica sulle lenzuola e gattona fino ai cuscini, incastrandosi al suo fianco e seppellendo il viso contro l’incavo del suo collo… e sembra piccola, una bambina indifesa che vive sola in un mondo troppo grande, usandolo come scudo per nascondersi agli occhi del cosmo per qualche breve minuto – è in momenti come quello che Eli capisce davvero cosa l’abbia spinto a cadere ai piedi di Kate, beneficiando del privilegio di potersi specchiare in occhi simili ai suoi senza la paura di venire giudicato o respinto.

«Per questo ti stai documentando?» deduce Elijah, iniziando a districarle le ciocche corvine e posando lo sguardo sullo schermo ancora acceso del portatile, abbandonato in equilibrio precario all’angolo del letto. «Per capire se puoi fidarti, o se invece devi dare retta al cinismo di Tommy.»

«Thomas a parte, non credo arriverò mai a fidarmi.» confessa Kate, circondandogli il busto con le braccia ed infilando i piedi gelati in mezzo alle sue gambe, percependoli come una nota di vago fastidio che tuttavia non rovina la quiete del momento. «Le concedo il beneficio del dubbio, però.»

«Comprensibile.» concorda Elijah, continuando a pettinarle le ciocche e posandole un bacio sulla sommità del capo, accarezzandole la guancia ed obbligandola ad alzare la testa. «Sono curioso, cosa ti ha detto Romanov di così rivoluzionario?»

«Che cambiano tante cose in tre anni… si lo so, non iniziare.» lo zittisce Kate prima che Eli possa aprire bocca per obiettare, facendole notare che quelle erano state le sue esatte parole appena terminato l’incontro con Susan, le stesse che la ragazza si era rifiutata di ascoltare finché non erano state proferite da Natasha. «Mi ha caldamente suggerito di apprezzare ciò che ho, finchè dura.»

«Tipo?» indaga il ragazzo, sfiorandole la spalla in punta di dita in una coccola.

«Tipo te.» sorride Katherine mentre le guance le si colorano di un rosa più intenso, abbassando lo sguardo e picchiettando distrattamente con l’indice contro il suo petto, valutando riflessiva il da farsi. «Se decido di darle una chance, vieni con me quando la incontro?»

«Mh-m. Se mi vuoi, io ci sarò.» annuisce Elijah, sporgendosi a baciarle le labbra, lasciandosi prendere a morsi e concedendosi istintivamente qualche libertà in più di quelle concordate a monte… avvertendo chiaramente il momento in cui il corpo di Kate si irrigidisce sotto il tocco dei suoi polpastrelli quando supera un tacito limite invisibile, spalancando gli occhi e fermandosi di colpo. «Ehi, Katie… tutto okay?»

«Tutto okay, solo… andiamo con calma, devo ancora abituarmi all’idea.» lo rassicura la ragazza mordendosi nervosamente le labbra, sforzandosi di sorridergli e sporgendosi a baciarlo per cancellare il momento di incertezza… quel discorso prima o poi andava affrontato, ma in quel preciso istante non sembra ad entrambi il caso. «Mi porti a pattinare?»

«Per ridermi dietro ogni volta che cado?» smorza la tensione Elijah assecondandola, facendo buon uso delle poche libertà che la ragazza gli ha concesso, baciandole in rapida successione le labbra, le guance e la fronte facendole arricciare la punta del naso, dipingendole sul volto un’espressione nuovamente spensierata e felice.

«Ovvio.» scherza la ragazza, scivolandogli via dalle dita come acqua, rotolando giù dal materasso per raccattare il bicchiere sporco ed avviarsi in cucina. «Andiamo a fare colazione da Starbucks? Ho voglia di brioches al pistacchio.»

«Ora? Vuoi andare a pattinare ora?» si sorprende Eli, rotolando giù dal letto a sua volta e seguendola nell’altra stanza, senza mai toglierle gli occhi di dosso quando Kate raggiunge il lavello e fa dietrofront, tornando in camera da letto e fermandosi in contemplazione delle ante dell’armadio aperte.

«Perchè no?» chiede la ragazza con un sorriso furbo dipinto sulle labbra, ammiccando da sopra una spalla. «Rispetto a ieri, a quest’ora c’è sicuramente meno gente a riderti dietro per tutte le volte che finisci con il culo per terra.»

«Oh, quindi ora saresti pure magnanima?» replica ironico Elijah al pensiero di come i suoi capitomboli del giorno prima fossero stati ripresi e dati in pasto al centinaio di follower della sua fidanzata, preparandosi all'assalto con un sorriso pericoloso ad incorniciargli le labbra. «Le ho viste le tue storie Instagram di ieri, sai? Mi hai taggato, tesoro

«Non so di cosa tu stia parlando, tesoro.» Katherine si limita a sorridergli innocente con i vestiti puliti sottobraccio, soffiandogli un bacio prima di chiudersi rapida dietro la porta del bagno, fuggendo alla guerra del solletico prima che Eli possa scatenarla lanciandosi all’attacco, il quale si schianta contro il legno mancandola di poco. «Ammettilo, mi ami anche per questo.» 

«Tu non sai quanto.»

 

[*] 

 

***

 

«Rispiegamelo, dov'è che l'hai trovata?» insiste Romanov, seduta stranamente composta alla scrivania dell'ufficio mentre scruta Teddy con sguardo inquisitorio, palesemente irritata dal fatto di non essere riuscita a brandire la spada che il ragazzo le ha portato come cimelio in sala riunioni. «Al Sanctum Sanctorum?» 

Theodore annuisce, lanciandosi nell'ennesima spiegazione della giornata sul come fosse stato Billy a trascinarlo a Bleecker Street, sottolineando che la loro fermata alla biblioteca del Palazzo era stata una leggera deviazione sulla via del ritorno dall'università per scopi puramente "accademici" – la facoltà di lingue non era sufficientemente impegnativa a detta di William e, da quando Natasha gli aveva presentato Wong asserendo che lei non aveva più motivo di addestrarlo, il suo fidanzato si era buttato a capofitto nel aramaico e nel sanscrito senza pensarci due volte, trascinandosi dietro Teddy ogni volta che ne aveva l'occasione per dargli un assaggio dei nuovi incantesimi appresi. 

«Stai divagando.» taglia corto Romanov obbligando Theodore a recuperare le fila del discorso, inarcando un sopracciglio e facendogli cenno con la mano di proseguire nel suo resoconto. 

«Divagazione d'obbligo, sei tu quella che vuole sempre sapere cosa combiniamo nella Dimensione Specchio.» insiste Theodore, mentre l'espressione sbigottita di William gli torna alla mente facendolo sorridere, ricordandolo allucinato e sorpreso nel vedersi porgere la mano dal Monaco, il quale si era congratulato per il suoi progressi fatti in solitaria mentre Natasha lo informava di dover ringraziare Stark, il suo ficcanasare tra i muri di una casa che non era più la propria e le sue improbabili conoscenze… ma l'irritazione che traspare dai lineamenti della donna è sufficiente per costringere Teddy a far ritornare il discorso sui giusti binari. «L'ho estratta dal portaombrelli dell'ingresso, comunque.»

«Il portaombrelli?» si sorprende Natasha, dipingendosi un'espressione sbigottita sul volto alzando lo sguardo sulla pioggerellina di inizio aprile che picchietta contro le vetrate del Complesso, per poi chinarsi in direzione della spada per osservarla meglio, afferrandosi le tempie per reggersi la testa, combattendo un probabile mal di testa. «E Wong te l'ha lasciata portare via?» 

«Sì, non l'ha voluta esaminare… e subito dopo ha sbattuto me e Billy sul marciapiede sotto il diluvio.» riassume Theodore, risparmiandosi ulteriori divagazioni sul come il proprio fidanzato li avesse teletrasportati nella palestra del Complesso evitando loro un viaggio "bagnato" di minimo un'ora, radunando e raccontando ai ragazzi l'intera vicenda – sfidandosi inutilmente a brandire la lama, che era risultata un macigno per chiunque tranne che per Teddy –, prima di convincere il ragazzo a salire in ufficio da Natasha e renderla partecipe della scoperta. 

«Questi simboli… credo di sapere dove li ho già visti.» riflette a voce alta Romanov dopo lunghi istanti di silenzio denso, allungando un polpastrello a tracciare l'iscrizione in lingua aliena incisa sulla lama ed i contorni dell'elsa lavorata a sbalzo. «Fare un tentativo non costa nulla…»

Theodore prende in considerazione l'idea di chiedere alla sua Mentore a cosa si riferisse di preciso con una affermazione del genere, ma si morde la lingua quando Natasha accende il proiettore olografico e invia una richiesta di chiamata a Capitan Marvel, attendendo paziente la caduta del segnale come se si aspettasse di vedere la barra di caricamento azzerarsi… e mascherando ad arte la sorpresa nel vedere Carol Danvers materializzarsi davanti ai suoi occhi, rispondendo al suo primo tentativo di contatto. 

«È una questione di vita o di morte?» esordisce la bionda con aria infastidita, ostentando una finta superiorità dettata dal proprio carattere, tentennando prima di riagganciare perché una chiamata da parte di Natasha è insolita al punto da passare per l'avvisaglia di un vero problema – Danvers e Romanov potevano collaborare civilmente e non tagliarsi su molti argomenti, ma entrambe non potevano ignorare l'utilità, l'efficienza e la professionalità dell'altra in quella stramba collaborazione interplanetaria che dura ormai da quattro anni. 

«Forse.» ribatte spigliata Natasha, mentre Teddy entra nell'inquadratura di Danvers, la saluta con un cenno della mano e solleva in bella vista la spada templare che aveva posato sul tavolo come una reliquia, esponendo all'ologramma l'elsa lavorata a sbalzo raffigurante una serie di borchie ed inclinando la spada per permettere alla luce di far risaltare la scritta aliena incisa sul piatto della lama. 

«Non è possibile… pensavo fosse una leggenda.» mormora Danvers meravigliata con gli occhi sgranati, allungando una mano azzurrina verso la spada, instillando in Teddy il sospetto che se la donna si fosse trovata realmente a portata di mano avrebbe fatto di tutto per provare a brandire l'arma. 

«Sai cos'è?» interviene guardinga Natasha, alzandosi dalla scrivania ed avanzando di un passo nascondendo parzialmente Teddy dietro di sé nonostante Carol fosse solo un ologramma e si trovi ad almeno una Galassia di distanza, probabilmente allarmata dallo sguardo incredulo che altera i lineamenti della donna. «Theodore l'ha trovata al Sanctum Sanctorum oggi pomeriggio… e a quanto sembra è l'unico in grado di sollevarla. Hai un'idea del perché, Danvers?»

«Beh, perché è sua… Excelsior si fa brandire solo dal Legittimo Re [2].» spiega spiccia la donna con tono ovvio, staccando gli occhi dalla lama quando realizza la frase appena espressa, cercando il viso confuso di Teddy e l'espressione indecifrabile di Natasha, sorridendo educata rivolgendosi direttamente al ragazzo. «Con rispetto parlando, non ho intenzione di inchinarmi.»

«Perché, dovresti?» si sorprende Theodore, mentre le parole "Legittimo Re" sedimentano nel suo cervello, facendolo ridere da solo… perché ciò che Danvers ha appena detto è assurdo – Lui? Legittimo Re? Ma per favore. 

«Sono seria, Dorrek. Hai compiuto ventun'anni, il fatto che sia apparsa la spada ha il suo senso… solo non pensavo apparisse sul serio.» annuncia Carol smorzando l'animo goliardico dei presenti, scoccando al ragazzo un'occhiataccia terribilmente seria sottolineando la situazione usando il suo nome Skrull, prima di rivolgersi a Romanov con tono basito. «Quando ci hai comunicato le tue intenzioni di addestrare i ragazzi, perché hai omesso il dettaglio che Altman è un mezzosangue?» 

«Mezzosangue?» interviene il diretto interessato dando aria alla bocca senza collegarla al cervello, cercando di carpire più informazioni possibili per potersi adattare al meglio alla dinamica quando forse ci sono domande più urgenti da porre, interrompendo il battibecco sul nascere, irritato dal fatto che Danvers e Romanov stanno parlando di lui come se non fosse presente, sentendosi appellare con un termine che il più delle volte significa qualcosa di dispregiativo. 

«Mezzo Skrull e mezzo Kree… sono sorpresa che tu sia vivo, la Suprema Intelligenza avrebbe dovuto mandare qualcuno ad ucciderti appena ha captato la tua firma energetica nell'universo.» afferma lapidaria Carol, apparentemente incurante dell'effetto che hanno le sue parole sui presenti… e c'è una sottospecie di ronzio che ottura le orecchie di Theodore ora, formato dalla miriade di domande in aumento, le quali si accavallano frenetiche nel suo cervello dettate dalle informazioni contrastanti in suo possesso, ma non ha tempo di curarsene perché Danvers sta proseguendo con il proprio discorso imperterrita. «Non si vede l'ombra un mezzosangue dalla Caduta di Andromeda, sei un'anomalia bella e buona Altman.»

«Stai forse insinuando che oggi Theodore compie ventun'anni e che suo padre doveva essere un Kree, Carol?» chiede conferma Natasha inarcando un sopracciglio confusa, ricatalogando mentalmente le informazioni in suo possesso sul ragazzo… scoccandogli un'occhiata obliqua nel vederlo taciturno, studiando i suoi lineamenti per stabilire se lui ne sapeva qualcosa e poteva confermare le sentenze espresse da Danvers. «Teddy?» 

«Io compio gli anni a novembre… e mio padre era un Sapiens, è morto di cancro quando ero piccolo.» ritrova la voce Teddy, opponendosi alle sentenze espresse da Capitan Marvel con tono saccente, andando contro l'idea di dubitare delle proprie certezze… ma Danvers scuote il capo contraria convinta delle proprie affermazioni, sottolineando che secondo il mito quelli erano i vincoli obbligatori per evocare la spada. 

«Appunto… secondo il mito.» insiste Theodore caparbio, ma Carol non si muove di un millimetro dalle proprie idee, ancorandosi allo sguardo sfuggevole di Natasha cercando in lei un'alleata. «Non dirmi che le credi, Romanov.»

«A dire il vero i tuoi dati registrati nel database dello SWORD sono-... come dire… bizzarri. La sua versione dei fatti avrebbe senso.» afferma Romanov togliendo bruscamente il terreno sotto i piedi di Teddy, rivolgendogli un sorriso di scuse dipinto sul volto. «Se la spada è "mitologica" tanto quanto Thor…» 

«Voglio vederli. I miei dati, quelli dello SWORD.» replica fulmineo Teddy senza riflettere troppo a lungo sull'insinuazione fondata espressa dalla propria Mentore, zittendo Carol quando prova a ribadire che lei "non ha tempo per questo", mentre Natasha si risiede alla scrivania e digita qualcosa sulla tastiera del computer eseguendo il richiesto, voltando lo schermo del portatile nella sua direzione.

«Nella pagina principale la tua data di nascita è a novembre, ma tutti i check-up annuali sono prenotati nel mese di aprile.» commenta Romanov indicandogli i vari valori, scorrendo la lista delle vaccinazioni, facendogli notare che la spunta sui geni "mutanti" iniziava ad apparire solamente dopo il 2012. «Questo non è normale, stando ai medici dello SWORD… in linea teorica avresti dovuto imparare a trasformarti autonomamente prima degli undici anni. Per non parlare delle tue analisi del sangue.»

«Quelle cos'hanno che non va?» indaga il ragazzo, stringendo i bordi della scrivania con forza crescente, evidenziando le vene che si colorano di verde avvisandolo della sua graduale perdita di controllo. 

«Alcuni valori sono recessivi… se tuo padre era davvero un umano non si noterebbe la differenza, il genoma Skrull è più forte del nostro.» lo condanna Natasha, mentre Theodore crolla seduto sulla sedia girevole lì a fianco… come poteva opporsi a dei dati scientifici? Quando non aveva nemmeno un ricordo del suo vecchio e, per quanto ne sapeva, sua madre gli aveva tenuto nascosta la verità sulle sue origini? 

Il cervello di Theodore si spegne, si lascia scorrere addosso i fiumi di parole di Carol, la quale racconta a Natasha della Caduta di Andromeda, un mito che ogni Kree e Skrull nella Galassia conosce a memoria e di cui Theodore non sa assolutamente nulla… i suoi neuroni sono impegnati a processare altro, a chiedersi su quante altre cose gli abbia mentito Anelle, se c'era un motivo valido per cui l'aveva tenuto all'oscuro di tutto. Si chiede se il suo essere "mezzo Kree" sia la reale motivazione per cui sua madre era restia ad insegnargli l'arte del trasformismo, una capacità che Teddy tuttora non riesce a padroneggiare alla perfezione… e, se sempre per quel motivo, Anelle non gli aveva mai mostrato il suo vero volto prima di New York, quando le circostanze l'avevano costretta a farlo. 

Il pensiero che oggi sia il giorno del suo ventunesimo compleanno lo sfiora appena, preferendo non soffermarsi sulla logica deduzione che sua madre gli aveva sempre mentito anche sulla sua data di nascita… ma ormai non può dubitare di quel dato di fatto, ha una spada magica a testimoniarlo, trovando estremamente buffo che il Cosmo abbia deciso di fargli un regalo donandogli un arma, distruggendo collateralmente tutte le sue certezze nel medesimo istante. 

«Teddy? Tutto okay?» lo ridesta la voce di Natasha, seduta all'altro lato della scrivania con un'espressione a metà tra il dolce e il preoccupato dipinta sul volto, mentre Carol lo fissa vagamente irritata dalla sua disattenzione per qualcosa che sta spiegando appositamente per lui, rimangiandosi qualunque osservazione pungente quando Natasha riapre bocca. «Quindi fammi capire… la tua teoria è che Anelle si sia rifugiata qui quando Ronan l'Accusatore ha giustiziato suo marito, fornendo allo SWORD i dati errati di Dorrek in modo che Ronan non lo rintracciasse?»

«È l'unica versione plausibile, altrimenti non mi spiego il fatto che sia sopravvissuto finora.» conferma Danvers annuendo convinta, ancora in piedi e con la schiena dritta come un fuso, scoccando sguardi fugaci ad Excelsior di tanto in tanto. 

«La spada…?» si schiarisce la voce Teddy, seguendo la direzione in cui sono puntate le iridi scure della donna. 

«È tua di diritto, puoi tenerla.» conferma Carol asciutta, accennando all'arma con un gesto sbrigativo della mano tradendo un moto di impazienza. «Ma il mio consiglio è di lasciare le cose come stanno, gli Skrull vivono finalmente in pace su Tarnax II [3] e i Kree sanno essere innocui se non si sentono minacciati… quindi non sentirti in dovere di reclamare un trono che nessuno vuole.»

«Okay, ricevuto. Grazie Carol.» conclude il discorso Natasha quando Teddy non dà cenno di voler spiccicare parola, ricambiano il cenno di saluto della donna prima di disattivare la chiamata, facendo sparire l'ologramma prima di voltarsi a contemplare il suo sguardo assente. «Sua Altezza Reale… ? Terra chiama Teddy, mi ricevi?» 

«Cosa?» rinsavisce Theodore scartando le proprie elucubrazioni mentali al richiamo della donna, sollevando lo sguardo sulle iridi verdi di Romanov. «Mi sono perso qualche passaggio… perché dovrei voler rivendicare il trono?» 

«Non hai ascoltato nemmeno una parola nell'ultima mezz'ora, vero?» sorride Natasha comprensiva, alzandosi in piedi ed aggirando la scrivania, porgendogli una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi. «Dato che a quanto sembra oggi compi gli anni… spiegazione, tè e pancake?»

«Va bene?» azzarda Theodore nella confusione più totale, mentre Romanov lo trascina in cucina e lo obbliga a sedersi su uno dei sgabelli del bancone, mette il bollitore sul gas ed inizia ad aprire ante e frigorifero per preparare l’impasto dei pancake, seguendo una ricetta che evidentemente conosce a memoria.

Natasha, nel mentre che spadella, riassume a Theodore tutto ciò che si è perso della conversazione con Carol quando il suo cervello era andato in cortocircuito, vantando un tatto non indifferente nell’esporre la Caduta di Andromeda ed il mito di Excelsior, fermandosi di tanto in tanto per accertarsi che il ragazzo la stesse ancora seguendo, rispondendo come meglio poteva ai chiarimenti richiesti. Romanov racconta come in un tempo imprecisato, talmente lontano da risultare mitologico, i Kree e gli Skrull avessero unito i due Regni per sterminare un popolo rivale, dando vita ad una monarchia di mezzosangue legittimata dalla fusione delle spade delle due stirpi a Nidavellir – Natasha non è sicura di aver pronunciato correttamente il luogo delle fucine, scrollando le spalle catalogandolo come un dettaglio irrilevante, girando il pancake in cottura nella padella nel frattempo –, garantendo la pace nella Galassia di Andromeda per interi decenni. Stando al mito, le cose erano precipitate quando la Suprema Intelligenza, l’entità creata ed eletta a Dea dei Kree, si stabilì nella cittadella di Hala e venne fondata una milizia di Nobili Guerrieri guidati da un Accusatore a protezione del tempio, dando vita ad una guerra sanguinaria per cieco fanatismo che aveva portato al genocidio dei mezzosangue, obbligando gli Skrull a fuggire nelle Galassie vicine e permettendo ai Kree di appropriarsi con violenza dei pianeti circostanti… andava da sé che, il giorno della Caduta dell’Impero di Andromeda, Excelsior era scomparsa ed aveva assunto connotazione mitologica [4].

Nella mezz'ora che Natasha impiega per riassumere a Teddy tutta la storia, fa in tempo a servire il tè ad entrambi, piazzare davanti al ragazzo una pila di pancake e sciroppo d’acero delle dimensioni degne dello stomaco di un super-soldato e pulire la cucina dove ha sporcato… e Theodore crede di sentirsi meglio, con qualche rara coccola in più e lo stomaco pieno.

«Danvers crede tu sia il primo mezzosangue nato dopo secoli.» conclude Natasha, tracciando il bordo della propria tazza di tè con il polpastrello prima di sollevare gli occhi verdi su Teddy. «I tuoi genitori non hanno mai dato fastidio a nessuno, ma la Suprema Intelligenza deve averti percepito come una minaccia… e per la legge Kree-...»

«Per la legge Kree è vietato “fraternizzare” con il nemico, per questo Ronan ha giustiziato mio padre… e mamma è fuggita con me, dato che idealmente ho il diritto di riunificare l’Impero e togliere ai Kree parecchi pianeti e colonie.» la interrompe Theodore, esprimendo il non detto a voce alta, mentre Natasha si allunga sul bancone e gli posa una mano sulla spalla, dando fondo ad una soglia massima di “gesti amorevoli” che Romanov ci tiene a non superare con i ragazzi – cucinare andava bene, ammazzarli di fatica durante gli allenamenti pure, un abbraccio al contrario è palesemente troppo… ma a Teddy non importa, chiude gli occhi e si perde nel contatto, illudendosi che la mano sulla sua spalla appartenga ad Anelle per una frazione di secondo. Sua madre gli manca, scatenando nel suo petto una spiacevole sensazione di vuoto, rimpiangendo all'improvviso tutto il tempo che non avevano avuto e tutti i segreti che lei non gli aveva mai confessato – vorrebbe dirle che la perdona per averlo ricoperto di bugie pur di proteggerlo… vorrebbe chiederle che tipo fosse davvero suo padre, se le mancava la vita che aveva perso pur di nasconderlo da una “divinità” sanguinaria che emanava sentenze per mano di un Accusatore tirannico. 

«Tutto bene?» chiede Natasha con gentilezza, aspettando paziente di ricevere una risposta.

«Credo di dover ancora metabolizzare il tutto.» afferma Theodore con un respiro profondo, alzandosi in piedi per sgranchirsi le gambe, mettendo in moto il fisico insieme al cervello per digerire il tutto meglio, infilando le mani nelle tasche posteriori dei jeans.

«Dormici sopra, okay?» lo consiglia la donna, facendo suonare la frase come un ordine, indicandogli poi la porta… e Theodore esegue, lascia il Complesso e se ne torna a casa ma, nella furia di processare e fingere che vada tutto bene, la testa si dissocia dal corpo e viaggia da tutt’altra parte, il guazzabuglio che gli comprime il petto si sposta nello stomaco ed il pilota automatico che lo anima gli suggerisce di saltare la cena e chiudersi in camera appena rimette piede in Casa Bradley.

«Teddy, posso?» interviene la voce di Elijah a distanza di ore, la prima che il suo cervello in sovraccarico recepisce e comprende distogliendolo dalla conta ossessiva delle frange del tappeto, mentre il suo migliore amico apre la porta e gli porge una fetta di crostata, trasalendo a metà frase quando posa lo sguardo preoccupato sull'amico. «Nana chiede se vuoi almeno una fetta di do-... ehi, cosa c'è che non va?» 

«Non c'è niente che non va.» brontola Theodore con voce roca per via del lungo silenzio, mentre Eli inarca un sopracciglio interrogativo e posa il piattino con la fetta di dolce sulla scrivania, in un atteggiamento palesemente scettico… e Teddy diventa improvvisamente consapevole di essere rannicchiato sul materasso con le braccia strette al busto in un abbraccio solitario, le guance rigate di sale, gli artigli sfoderati a lacerarsi la felpa e a graffiarsi la schiena mettendo  in bella mostra la pelle verdastra, placando il tumulto incontrollato dei propri pensieri ritornando ad uno stato di calma apparente che lo induce a riassumere la forma umana. «Okay, forse c'è qualcosa che non va.»

«Ti va di raccontarmelo?» propone Eli, chiudendo la porta a chiave nel caso l'amico perda nuovamente il controllo delle proprie fisionomie, sedendosi a distanza a gambe incrociate sul pavimento. «Natasha ha scoperto da dove salta fuori la spada?» 

Theodore apre bocca per negare, ma la lingua libera si scioglie in un torrente di parole in piena… è solo quando termina il racconto, rivelando ad Eli tutta la storia, anche le parti che gli aveva sempre tenuto nascoste, che Teddy cade addormentato in un sonno di piombo. 

 

***

 

L’Anniversario è sempre una giornata strana. Billy non può fare a meno di pensarlo, seduto per terra davanti alle Lastre e con gli occhi nocciola puntati alle lettere incise sul granito che compongono il nome di Jeff Kaplan, Frank e Mary Shepherd.

Quella che si dipana davanti al ragazzo ha tutta l'aria di rivelarsi una classica giornata "normalmente anomala"... perché chi non si recava mai alle Lastre, per poter ignorare meglio la Decimazione ed i suoi effetti durante l'anno, si riversava in massa nei Cimiteri, al contrario di chi in quel luogo ci andava quasi settimanalmente e in quella particolare ricorrenza il dolore si rivelava talmente straziante da spingerli a desistere. Tuttavia tale dinamica non cambia il fatto che ogni giorno, a qualunque ora, c’era sempre qualcuno che puliva le tombe, accendeva candele ed abbandonava mazzi di fiori davanti alle Lapidi, nonostante al di sotto del granito fosse sepolto il nulla. 

Quello che si prospetta davanti a William si rivela essere l'unico giorno all'anno in cui non sa e non vuole scoprire dove siano gli altri, cosa facciano, come elaborano quelle ventiquattr'ore estenuanti… a differenza propria Eli pretendeva di non avere nessuno da piangere, per quanto Billy ne sapeva Kate visitava la tomba di Eleanor ogni volta che capitava in zona, mentre Teddy, che dopo l’Inaugurazione non aveva più messo piede al Cimitero, sosteneva convinto che per ricordare Anelle non gli serviva un nome inciso sul granito – uscivano al pomeriggio o la sera, ma prima di mezzogiorno Billy non aveva idea di cosa combinasse il fidanzato e di solito non ne parlavano mai direttamente. Per quello c'erano gli abbracci, i baci ed esisteva la ricetta dei biscotti alla cannella. 

Forse è strano ignorarsi quasi del tutto in un giorno così particolare, ma la Decimazione è una ferita ancora troppo fresca perché possano affrontare quella giornata con relativa serenità, senza l'università ed il lavoro part-time di Kate e Tommy su cui aggiornarsi a cena sotto il tetto del Complesso – probabilmente si ignoravano perché nessuno riusciva davvero a gestire la situazione, di certo i ragazzini non ne erano in grado, ma anche gli adulti non scherzavano… il giorno dell'Anniversario vigeva tassativamente la regola non scritta di tenersi a debita distanza da Natasha, in quei giorni la donna non era nell’umore di socializzare ed i ragazzi ritenevano opportuno lasciarle la libertà di deprimersi liberamente senza un pubblico.

Come la sua Mentore, nemmeno Billy era un gran fan della "folla" in determinate circostanze – per non dire in tutte –, adottando nell'ultimo paio d'anni l'abitudine di recarsi alle Lapidi alle quattro del mattino, seminando una manciata di sassi alla base della lastra in granito dei genitori adottivi di Tommy e di suo padre, accendendo le tre candele yahrzeit in religioso silenzio.

Resta lì tragicamente insonne, seduto a gambe incrociate davanti alla Lastra, cercando in silenzio una connessione, un ricordo, una motivazione per stringere i denti e tirare avanti… ma sotto il granito non c'è nemmeno un corpo, come se le anime di miliardi di persone fossero state distrutte, sopprimendo il pensiero che quello è esattamente ciò che è successo. Natasha aveva raccontato loro la versione integrale della vicenda una volta reclutati, ammettendo le parti omesse ai giornalisti che Rogers aveva ritenuto opportuno tacere per indorare parzialmente la pillola propinata alla massa, come un palliativo in attesa della vera medicina… perché c'è, Romanov sta ancora cercando una "cura" miracolosa – per oliare i rapporti arrugginiti con Steve, per riportare Barton a casa, per riavvolgere il mangianastri e cancellare lo schiocco di dita di Thanos dalla storia… William interrompe i propri pensieri di colpo, mentre la sua mente viene assalita da un’idea a dir poco folle, che tuttavia merita un tentativo audace. 

Billy affonda le unghie nel terreno circostante, cercando di connettersi alla distesa capillare di energia che unisce l'intero Cosmo come Wong gli ha insegnato a fare, disegnando un pallido cerchio di luce azzurra in mezzo allo spiazzo in cui si è accampato, chiudendo gli occhi e provando a desiderare ardentemente di riavvolgere il tempo e far tornare tutti indietro… ma non succede nulla. Forse Billy non è ancora abbastanza forte, forse i suoi poteri non possono competere con l'Universo, forse l’effetto delle Gemme non può essere invertito in nessun modo. 

William sospira triste, dissolve il cerchio di luce formato dal pentacolo e cerca di non alimentare quella sensazione di vuoto incolmabile che ora gli grava sul petto, trattenendo le lacrime serrando le palpebre con ancora più forza.

«Ti prego, dimmi che non ti ho appena visto tentare di scatenare un'apocalisse zombie.» lo sorprende Thomas alle spalle raggiungendolo per il loro appuntamento annuale, accendendo le candele e posando i propri ciottoli affianco ai suoi.

«Pure agli zombie serve un corpo, a quanto pare, e qua sotto non ce ne sono Bro.» replica Billy asciutto assecondando la battuta di spirito del fratello, staccando le mani dal suolo colto in flagrante, mentre Tommy lo raggiunge a terra incrociando le gambe a sua volta. «Sai, cercavo di riavvolgere il Tempo…» 

«Per quanto adori la fantascienza... non credo sia possibile, magia o meno.» lo consola Thomas, allungando una mano per stringere la sua con forza. «Non fartene una colpa, Bro.» 

I gemelli Eisenhardt rimangono seduti davanti alla Lapide per un tempo indefinito, non si schiodano nemmeno quando l'alba è ormai sorta ed i primi visitatori iniziano a mettere piede dentro il Cimitero, ma nessuno dei due se ne cura – Va bene così, una volta all'anno possono concederselo.

 

***

 

I ragazzi formano una buffa processione in fila indiana mentre risalgono le sale del garage sfiniti, orientandosi perfettamente al buio dopo un paio d'anni di addestramento tra le mura del Complesso, approdando alle porte del loft ed avviandosi lungo il corridoio che porta allo spogliatoio trascinando i piedi sul parquet. 

«…-Nana prepara il pranzo per tutti domani, la casa apre i battenti a mezzogiorno.» riepiloga Elijah rispondendo alla domanda di qualcuno che Tommy non ha sentito, strappandosi gli auricolari dalle orecchie recuperando l'udito giusto in tempo per il finale della frase, chiedendosi in cuor proprio dove Bradley trovasse le forze di fare conversazione in quel momento – Quindi non se l'è sognato, i ragazzi si sono davvero messi in testa di festeggiare il "Chrismukkah". 

«Chi doveva procurare il pandoro?» chiede Theodore distratto rendendo consapevole Tommy di essersi perso un discorso molto più lungo di quel che pensava a causa dei Guns N Roses sparati nelle orecchie, coprendo uno sbadiglio con la mano chiazzata di squame verdi, non del tutto sveglio e conscio del proprio corpo dopo essersi appisolato in macchina mentre Kate li riportava alla Base dopo un giro di Ronda relativamente tranquillo. «Faith cucina, noi avevamo detto di procurare il dolce.»

«Preso l'altro giorno al supermercato, Mamma domani mattina prepara anche la crema al mascarpone.» replica Billy, contagiato a sua volta dallo sbadiglio di Teddy, stiracchiando le braccia sopra la testa. «Kate, alla fine hai comprato i regali per Mamma e Faith?» 

«Ho preso due Stelle di Natale, non ricordo quanti dollari mi dovete di preciso a testa. Me lo sono segnata nelle note del cellulare.» risponde prontamente la ragazza, strattonando Eli in avanti per non pestargli i piedi essendo l'ultima a chiudere la fila, notando una luce bianca intermittente provenire dal salotto che la obbliga a fermarsi. «Ragazzi, chi si è dimenticato di spegnere le luci dell'albero quando siamo partiti?» 

Katherine gira i tacchi e si avvia a spegnere le decorazioni natalizie in salotto  senza aspettare di ricevere risposta, mentre Tommy si volta a capire dove sia andata quando la ragazza sparisce dal suo campo visivo periferico, sorridendo appena all'idea del pranzo che lo aspetta l'indomani – il Natale come festività in sé, le carole, la vista delle luminarie o l'albero addobbato non sono il genere di cose che entusiasmano troppo Thomas… nonostante avesse contribuito ad allestire l'abete sintetico in salotto quando Rogers li aveva reclutati in palestra tre settimane prima, interrompendo l'allenamento in corso solo per farsi dare una mano a scaricare gli scatoloni dall'auto con cui addobbare il Complesso. Doveva ammettere che era stato divertente, vederli cooperare tutti e sette per un oggetto futile come un albero di Natale, ignorando bellamente che quello del Capitano fosse solo l'ultimo tentativo di una lunga serie per cercare di rimediare alle divergenze e le assenze con Romanov – Natasha non lo dava a vedere, ma si era legata al dito il fatto che Rogers l'aveva abbandonata da sola al comando appena i ragazzi erano subentrati nelle loro vite a pieno regime, nonostante da parte dell'uomo ci fossero delle plausibili scusanti di fondo. 

Lo "spirito natalizio" aveva reso le ultime settimane più leggere, durante la Ronda di quella sera Tommy non aveva potuto fare a meno di notare che al di fuori delle mura del Complesso sembrava che tutti si stringevano l'uno all'altro per non dimenticare che in quella bagnarola in pieno mare aperto nessuno era solo, eclissando il pensiero cinico che c'era voluto un disastro di proporzioni cosmiche per riaccendere un briciolo di fratellanza tra i sopravvissuti… il Natale di colpo assumeva quasi degli effetti positivi, se il ragazzo si sforzava di osservarlo sotto quel punto di vista. Ma per Thomas il "brutto" del mese di dicembre è che ogni anno esasperava il suo moto di malinconia verso i propri genitori e Nonna Magda con intensità crescente – specialmente durante il periodo natalizio quando anche la pubblicità della Coca-Cola ricordava al mondo quando fossero importanti gli amici e la famiglia, così Tommy si ritrovava volente o nolente a ripensare con spiccata nostalgia alla Sokovia, a quando nei giorni di pioggia nonna Magda cucinava per lui e per Billy la sua zuppa di pollo dalla ricetta segretissima, li portava alla Fiera in estate o quelle sere di fine gennaio in cui la nostalgia per il nonno sovverchiava il risentimento e si ritrovava a raccontare a braccio la favola della "Regina Gitana e il Re dei Metalli" per farli addormentare. Normalmente parlerebbe con Katherine di quel strano stato di melanconia che gli grava sul petto, ma ultimamente a Thomas sembrava di essersi isolato in una bolla impenetrabile da chiunque, respingendo e venendo respinto per abitudine. 

«Ehi Bro, tutto okay?» chiede William riscuotendo Tommy dai propri pensieri, notando il suo sguardo assente posato sulla distesa di neve che copre il parco oltre la vetrata. «Sei taciturno.»

«Dicembre… sai, la Nonna.» riassume Thomas con una scrollata di spalle, cercando di scacciare ogni pensiero morboso a forza con scarsi risultati, fallendo miseramente nel evitare di attirarsi addosso la compassione di William, il quale allunga una mano timida per stringerlo in qualche forma di affetto soffocante. 

«Regali!» grida Kate euforica dalla sala comune salvando Tommy dal momento sentimentale, attirando i ragazzi in branco verso il salotto addobbato del loft. «Abbiamo dei regali!» 

Thomas varca la soglia della sala comune solo per bloccarsi di colpo, spalancando la bocca di fronte alla visione di Katherine con un sorriso da un orecchio all'altro e una scatola infiocchettata tra le braccia, mentre tende un indice elettrizzato in direzione dei pacchetti regalo accatastati sotto l'albero. 

«Non avevamo detto di scambiarci i regali del Babbo Natale Segreto domani a pranzo?» chiede Elijah dubbioso facendosi avanti, con un cipiglio confuso dipinto sul volto, osservando i doni con diffidenza. 

«Infatti non sono i vostri, quelli sono da parte mia.» irrompe la voce soffiata di Natasha alle loro spalle cogliendoli di sorpresa, attirandosi addosso cinque sguardi basiti per l'inaspettata gentilezza, accogliendoli in pigiama accentuando i loro sguardi increduli. «Non guardatemi così. Forza, apriteli.»

I ragazzi non se lo fanno ripetere due volte, si precipitano tutti e cinque sotto l'albero cercando di afferrare per primi il proprio dono, strappandolo dalle mani dei compagni quando vedono il proprio nome scarabocchiato sui cartellini… non che si legga benissimo, con le lucine bianche intermittenti dell'albero come unica fonte luminosa, dato che nessuno si era preso la briga di premere un interruttore della corrente una volta ritornati dalla Ronda. 

«"Luci".» mormora William leggendo il gemello nel pensiero, illuminando la scena comica che vede loro cinque accucciati ai piedi dell'albero con sguardi euforici, mentre Romanov li osserva divertita seduta sul divano in trepidante attesa di scoprire le loro reazioni. 

«Frecce Boomerang!» strepita Katherine elettrizzata quando spacchetta l'incarto argentato, sfilandone una dal mazzo ed iniziando a rigirarsela tra le dita come un bastone da majorette valutandone il peso e la flessibilità. «Sono più leggere… grazie Natasha!» 

«Non è l'unico regalo, ce ne sono diversi che non avete ancora aperto.» li riprende la donna indicando altri doni seminati alle loro spalle, dipingendosi un'espressione sul volto che li minaccia di atterrarli tutti e cinque dolorosamente sul tappeto se solo si azzardano ad assalirla con un ammucchiata per baci e abbracci di ringraziamento. «Quelle dobbiamo testarle se effettivamente funzionano meglio di quelle vecchie… e sì, quelli sono tuoi Eli, così magari smetti di rubare i miei.»

Thomas abbandona i suoi intenti di scartare il proprio regalo, sollevando lo sguardo su Bradley e sul suo sguardo reverenziale rivolto ai coltelli da lancio che tiene tra le mani, prima di chinare nuovamente il capo su quella che si rivela essere una scatola da scarpe… sfilando in fretta e furia gli stivali da combattimento standard consumati ed anneriti rivelando i propri calzini bucati e bruciacchiati, indossando le scarpe da ginnastica verde petrolio che gli calzano perfettamente, con tanto di plantari incorporati che non possono spostarsi mentre corre. 

«Il materiale è ignifugo, così se freni bruscamente le scintille non fanno colare le suole.» arriva in suo aiuto Natasha, indicandogli un pacchetto dorato che Thomas si affretta a scartare, rivelando degli auricolari bianchi con due piccolissime rotelline per poter regolare due canali di volume diversi. «Gli auricolari trasmettono musica, ma sono collegati a quelli degli altri, così puoi sentire anche tu cosa dicono invece di intuirlo e basta.»

«Dove l'hai trovata tutta questa… roba?» interviene Billy al suo posto rivolgendosi direttamente a Romanov, con quello che sembra un mantello in tessuto rosso appallottolato ai piedi ed uno sling-ring nuovo di zecca già infilato al medio e all'indice. «In quel posto dove sei sparita il weekend scorso, giusto? Ecco perché sei tornata con il bagagliaio pieno di scatole imballate che non ci hai permesso di toccare!» 

«Chi ha… progettato tutto questo?» si accavalla Elijah dando per scontata la provenienza dei regali, tenendo sollevata davanti a sé una giacca blu scuro dalla chiusura laterale a bottoni che ammira con il genere di sguardo che di solito riserva a Kate, dimenticandosi già del set di coltelli e stelle ninja posate al suo fianco sul tappeto. «I suggerimenti sono nostri e tu ne hai preso nota, ma qualcuno deve aver progettato-... costruito le nuove uniformi.»

«E nessuno dei presenti ha l'accesso al laboratorio di Stark al terzo piano, come FRIDAY ci ricorda ogni volta che tentiamo di scassinarlo per curiosare.» rincara la dose Teddy, con un fodero da schiena della misura di Excelsior in mano, evitando di farsi problemi nel confermare ad alta voce ciò che Romanov sapeva già in merito alle loro avventure esplorative in giro per l'edificio. «Quindi chi le ha fatte?» 

«Siete più perspicaci di quanto pensavo.» Natasha tenta inutilmente di eludere la domanda, sorridendo enigmatica. 

«Ci hai addestrati tu, sarebbe strano il contrario.» scherza Katherine con tono adulatore, stringendosi al petto la giacca antiproiettile viola nuova di zecca. «Sputa il rospo, Romanov.»

«Stai scherzando!» esclama Elijah stupefatto coprendo la voce della fidanzata, fornendo a Natasha un pretesto per divagare dall'argomento, finendo di strappare la carta celeste a stelline residua e sollevando lo scudo triangolare in vibrano di Rogers per mostrarlo ai compagni. «Questo non posso accettarlo, Romanov… Rogers non sa delle nostre scorribande, penso proprio se ne accorga se gli sparisce lo scudo di riserva dall'armeria da un giorno all'altro.»

«È una copia, Eli… "più funzionale" a detta del nostro Meccanico ficcanaso.» sorride Natasha indicando le telecamere di sicurezza con un gesto distratto, sollevando lo sguardo al soffitto divertita. «FRIDAY salva il filmato registrato da quella telecamera, mandalo a Stark. Gli farà piacere.»

«Stark?» chiede ironica Kate convinta che sia uno scherzo, elaborando quel paio di calcoli impliciti molto prima dei ragazzi, sfiorando la "A" serigrafata sulla spalla della nuova uniforme prima di sollevare lo sguardo incredulo sulla loro mentore. «Vuoi-… tu e Stark volete proclamarci Avengers? Avengers ufficiali… con tesserino identificativo, foto in prima pagina al Daily Bugle e merchandising?»

«Non è quello che volete da anni? Tra due settimane ne compiono ventuno pure i gemelli… siete tutti maggiorenni, Steve non ha più voce in capitolo.» afferma la donna con estrema pacatezza, mentre Thomas si sente improvvisamente tre sguardi euforici addosso – Quello sì che è un risvolto inaspettato, il miglior regalo di compleanno anticipato di sempre… l'avere le spalle coperte, qualunque cosa si mettano in testa di fare. 

«Hai intenzione di dirglielo? O glielo lasci scoprire dai giornali?» chiede Elijah incuriosito, gli occhi color ebano che sfavillano orgogliosi… ma Natasha si limita a sorridere enigmatica, alzandosi dal divano ed augurando loro la buonanotte prima di salire le scale che portano agli alloggi al quarto piano. 

«È Romanov, Rogers lo-...» sentenzia Katherine quando la loro Mentore si porta ufficialmente fuori dalla portata d'orecchio, mentre un coro di voci si aggrega alla sua facendo ridere tutti quanti. «–… lo scoprirà dai giornali.»

«Già.»

 

***

 

Natasha si chiude la porta della propria camera alle spalle, sorridendo quando le risate dei ragazzi risalgono la tromba delle scale e filtrano dalla porta, mentre lo schermo del proprio cellulare abbandonato sul piumone si illumina all'arrivo di un messaggio. 

"Sembrano contenti" commenta Stark allegando l'emoji di una chiave inglese e di un pollice in su, "Lo sono" replica Romanov asciutta con una faccina che fa l'occhiolino prima di spegnere lo schermo e gettare nuovamente il cellulare sul piumone, tornando a rannicchiarsi contro i cuscini del letto matrimoniale portandosi il PC sulle gambe, riprendendo le proprie ricerche da dove le aveva abbandonate quando FRIDAY l'aveva avvisata che il Maggiolino di Kate era entrato nel garage. 

Il cellulare vibra un altro paio di volte, ma Natasha lo ignora, ricaricando il "filtro notizie" dell'A.I. nella speranza di trovare qualche nuova news potenzialmente utile su cui mettere le mani… ma è Natale, per quella sera poteva rinunciare a sperare che succedesse qualcosa di rilevante degno della sua attenzione. 

Le risate dei ragazzi continuano a rimbombare su per le scale, deducendo che l'aria assonnata doveva essere sparita alla vista dei regali, chiedendo a FRIDAY a cosa fosse dovuto il trambusto un piano più sotto, vedendosi apparire sul monitor la registrazione della telecamera in cucina che riprende Teddy ai fornelli mentre prepara la cioccolata calda al fianco di Billy nel ruolo di assistente, scorrendo il dito sul touchpad passando alla telecamera del salotto che inquadra il televisore collegato a Netflix, mostrando Thomas intento a scartabellare la lista video sforzandosi di ignorare i piccioncini sul divano alle sue spalle – Natasha quasi li invidia, chiedendosi quando mai potrà riavere un momento del genere con la sua di squadra, ripensando ai tempi di Ultron e della Latitanza con malsana nostalgia. 

Il cellulare trilla di nuovo, obbligandola a riaprire la chat whatsapp con Tony, leggendo in rapida successione un "Nei prossimi giorni girami i risultati dei test", "L'hai già detto a Rogers?" e un "Nat" semplice e conciso a distanza di dieci minuti dai due messaggi precedenti che le rovescia lo stomaco sottosopra… ed il cellulare squilla all'improvviso dopo aver fissato lo schermo per lunghi istanti dilatati nel tempo, spaventandola, ritornando presente a sé stessa ed accettando la chiamata istintivamente senza riflettere. 

«È tutto okay?» chiede la voce di Stark dall'altro capo della linea appena Natasha esordisce con un "Dimmi" vagamente seccato, mentre la donna arresta il sistema del proprio PC e finisce per sdraiarsi a pancia in su sopra il piumone. 

«Ovvio che è tutto okay.» ribatte Romanov apatica, fissando le ombre proiettate dalla Luna contro il soffitto bianco della stanza, drizzando le orecchie quando sente un rumore di ferraglia di sottofondo. «Sei ancora in laboratorio?» 

«Armeggio, come al solito. Sei in vivavoce.» replica Tony con tranquillità, figurandoselo mentre fa spallucce e continua a giocare con bulloni e fusibili, incurante dell'ora. «Come ti ho scritto, aspetto i risultati dei test… posso lavorare su degli upgrade se qualcosa non funziona come dovrebbe.»

«Ci lavoriamo in settimana, ti invio tutto entro Capodanno.» conferma Romanov stanca, incurvando le labbra nel fantasma di un sorriso rivolto al soffitto. 

L’idea delle uniformi personalizzate le frullava da un po’ nella testa, ma non aveva mai pensato seriamente di concretizzarla fino a quando Tony non aveva aperto bocca per primo, mostrandole il progetto di alcune nuove frecce per Kate l’ultima volta che si era ritrovato Romanov sul tappeto del salotto, intenta a temperare le matite di Morgan man mano che la bimba gliele porgeva quando consumava la punta. Romanov e l'ingegnere avevano iniziato a parlarne per scherzo, ma già dall'incontro successivo si erano chiusi in garage e Stark l'aveva bersagliata di domande chiedendole le specifiche, le preferenze ed analizzando insieme le riprese delle sessioni di allenamento archiviate da FRIDAY, estrapolando una serie di tecnicismi utili per gettare le basi del loro "piccolo progetto ricreativo". 

Le tenute da combattimento standard erano funzionali ma, stando alla logica spicciola di Stark, se qualcosa funzionava già bene non significa che non si potesse migliorare. Erano partiti dalle frecce per Katherine e la sua tenuta di combattimento tinta di viola, seguendo il suggerimento di Clint di lavorare sul progetto delle Boomerang, rendendole più leggere e resistenti. Il problema seguente erano stati i timpani e le suole fuse di Thomas, studiando un materiale ignifugo per non dover cambiare le scarpe ogni mese, per poi passare al progetto di un paio di auricolari in grado di trasmettere la frequenza del canale di comunicazione degli altri ragazzi in contemporanea al canale audio collegato a Spotify. 

Il grosso del lavoro toccava a Tony, la sola vera complicazione per Natasha era stata prendere le misure di Teddy e di Excelsior senza destare i sospetti dei ragazzi durante gli allenamenti, inviando i dati a Stark per progettare il fodero da schiena della spada e cucire una giacca smanicata su misura, calcolando l'ingombro delle scapole e l'apertura alare di Theodore nel tentativo di rendere la tenuta meno scomoda di quella attuale. La parte facile invece era stata procurare le armi di Billy, nel briefing mensile con Wong sui progressi del ragazzo il Monaco aveva accennato ad un posto vacante tra le schiere di Kamar-Taj, chiedendole di consegnargli in sua vece una cappa della levitazione [5] e uno sling-ring per facilitare a William il compito di volare ed aprire portali, risparmiando energie che poteva incanalare in altri incantesimi più utili durante uno scontro.

Ben altro paio di maniche invece erano state le armi di Elijah. Romanov se ne era occupata personalmente, gli aveva già insegnato a battersi seguendo lo stile di combattimento del suo eroe preferito su sua specifica richiesta, finendo per pretendere da lui più di quanto chiedeva agli altri quattro – era stata una soluzione logica e sofferta cedergli il set di coltelli di James che custodiva sul fondo del proprio armadio, chiedendo a Tony di ridisegnare la tenuta di Eli su modello della divisa di Barnes ai tempi degli Howlings, acconsentendo al prototipo dello scudo che l'inventore aveva inviato al Palazzo Reale in Wakanda perché senza armi da fuoco da abbinare alle lame gli serviva una protezione extra con cui difendersi. 

Tony le aveva promesso di lavorare sul progetto solo quando aveva dei pomeriggi da riempire, Natasha non voleva togliergli tempo materiale per i nuovi brevetti delle Stark Industries. Sapeva da Pepper che con il trascorrere dei mesi l'uomo aveva gradualmente smesso di costruire e smontare armature nel cuore della notte, non era sua intenzione ricondurlo in tentazione offrendogli cinque progetti nuovi di zecca su cui scervellarsi… ma Tony era Tony ed aveva fatto di testa propria, si era impegnato, divertito ed alla fine era riuscito a portare a termine le consegne per Natale invece di procrastinare il lavoro fino al compleanno dei gemelli Eisenhardt.

«Grazie, comunque.» soffia Natasha sincera, lasciando vagare le iridi verdi sul soffitto cercando un appiglio su cui fissare lo sguardo… le ombre proiettate dalla Luna la mettono a disagio, sola nella penombra e con una voglia inesistente di allungare il braccio ed accendere l'abat-jour sul comodino. 

«E di che? Mi sento meno in colpa a concederti di spedirli sul campo all’insaputa di Rogers se sono protetti ed armati.» riassume Tony, tentennando nel tono di voce quel poco che permette a Natasha di pensare a Parker, sentendolo schiarirsi la voce prima di cambiare discorso. «A questo proposito, quando hai intenzione di dirglielo?» 

«Credo lascerò il compito ai giornali, una volta tanto… considerato come si è comportato dopo avermi piantata in asso con i ragazzi. Anche se potrei accennargli qualcosa domani a pranzo.» ammette la donna con una punta di cattiveria nella voce, affrettandosi a correggere il tiro al sospiro rassegnato di Tony dall'altro capo della linea… deducendo dal silenzio creatosi di dover cambiare discorso, dato che evidentemente nessuno dei due è in vena di prendere le difese di Steve o di sprecare ulteriori energie per criticarlo. «Come vanno le feste? Morgan ti ha già messo sotto a costruire pupazzi di neve?» 

«Magari si limitasse ai pupazzi di neve, ha iniziato a fare irruzione in garage a giocare.» afferma Stark divertito, reputando "Morgan" un argomento molto più accessibile per una chiacchierata dai toni leggeri al retrogusto di aggiornamento. «Ha messo gli occhi sullo scudo, crede sia una specie di snowboard e vuole testarlo a tutti i costi.»

Natasha si scopre a sorridere, chiudendo gli occhi immaginando Stark Jr aggirarsi per il laboratorio-officina all'insaputa del padre, ritornando concentrata sulla conversazione quando Tony replica alla sua risatina con un mugugno sarcastico, come a dirle "credimi sulla parola, non c'è nulla da ridere".

«È riuscita a tirarlo giù dalla mensola l’altro giorno.» specifica sconsolato l'uomo, liberando un sospiro stanco. «Scudo, mensola e tutto.» 

«Si è fatta male? Pesa parecchio quell’affare.» chiede Natasha per educazione, sopprimendo la punta di viva preoccupazione nella voce, mettendo a tacere l'istinto da mamma orsa. 

«Si è solo spaventata… per fortuna Pepper non era in casa, ci siamo risparmiati tutti e due una bella strigliata.» la rassicura Tony con tono sollevato, fiero di essere riuscito a scampare da un bisticcio con la moglie. «Le ho proibito di tornare a giocare in garage, ma dubito di riuscire a tenerla lontana per molto…» 

Natasha vorrebbe replicare con una battuta sagace o un consiglio disimpegnato, ma lo sferragliare in sottofondo cessa di colpo, sostituito da una vocina assonnata captata dal vivavoce che chiede al padre perché alle tre del mattino non fosse ancora arrivato Babbo Natale. 

«Nat devo lasciarti… cerca di tirare avanti fino alla fine delle feste, okay?» le augura Tony con tono incoraggiante, intuendo dai rumori di fondo che l'uomo doveva aver messo via il prototipo sul quale stava lavorando e si era chinato a sollevare di peso Morgan, lamentandosi a mezza voce del mal di schiena. «Maguna, saluta Zia Nat.»

«Ciao Ziaaa.» si sente chiamare con tono cantilenante dalla piccola, liberando una risata ricambiando il saluto. «Quando torni qua? Possiamo giocare a palle di neve contro papà!» 

«Passa quando vuoi… 'notte Romanov.» le concede sbrigativo Stark nel mentre che tenta di zittire la figlia, ordinando all' A.I. di spegnere il vivavoce e terminare la chiamata, lasciandosi dietro l'eco di un "adesso torniamo a dormire, signorina" che si chiude sul rumore statico intermittente della telefonata conclusa. 

«'Notte Tony.» sussurra Natasha al nulla, lasciandosi scivolare il cellulare di mano, il quale finisce dolorosamente a faccia in giù contro lo sterno lasciandola al buio semi-completo. 

Romanov si gira su un fianco ed allunga un braccio per accendere l'abat-jour, illuminando un portafoto dal vetro e la cornice crepate che contiene l'unica fotografia che non ha stracciato – era stata scattata ai tempi della Latitanza… c’era Steve seduto a gambe incrociate sul pavimento di un appartamento spoglio, la schiena puntellata alle gambe di un divano sgangherato, intento a leggere qualcosa alla luce soffusa di una lampada, ma Sam l'aveva tagliato via dall’inquadratura senza troppe cerimonie, preferendo concentrarsi sulla coppia addormentata tra i cuscini. Bucky era steso di schiena con la testa reclinata contro il bracciolo e le gambe che sporgevano dall’altra parte perchè troppo alto per il divano, il braccio di metallo abbandonato sopra la schiena di una donna minuta dai capelli biondi, la testa di quest’ultima incastrata sotto la curva del suo collo, la pancia appiattita contro il suo basso ventre, una gamba che spariva chissà dove ed una che sporgeva appena dall'intrico di gambe dove non si capiva dove iniziava uno e finiva l’altra. 

Il portafoto vola giù dal comodino con l'ennesimo rumore di vetri rotti, mentre Natasha si chiede seriamente se non sia giunta l'ora di perdere la speranza di riportarli indietro – "Cerca di tirare avanti fino alla fine delle feste, okay?"... Facile. Forse dovrebbe fare come Tony, Steve o tutti gli altri. Voltare pagina, illudersi di tirare avanti. 

Lo sguardo di Natasha cade sulla Luna, attratto da una forza invisibile… ma l'astro non offre risposte, si lascia guardare in un silenzio di tomba. 







 

Note:

[*] L'illustrazione è riperibile nel mio account Instagram: @tilde_stuff

[1] Il siero del super-soldato acuisce i cinque sensi, dona velocità, equilibrio e resistenza fisica, invecchiamento rallentato e guarigione accelerata, oltre ad un metabolismo che permette all’organismo di smaltire velocemente ogni tipo di sostanza assunta (quindi i soggetti mangiano il triplo del normale, non possono ubriacarsi e i farmaci / droghe non hanno nessun effetto tangibile, a meno che non ne assumano grosse quantità). Tutto l’elenco riportato qui sopra si applica a Steve, Isaiah, Bucky e Nat (questi due per via della versione sovietica del siero). Elijah, che a livello genetico dispone del siero della "terza generazione" amplificato dalla trasfusione aggiuntiva, beneficia degli effetti collaterali in una forma più “debole” in quanto diluito nel sangue – riassumendo: velocità, equilibrio, prestanza fisica sì, metabolismo e guarigione accelerata in parte, non quanto basta per impedirgli di ubriacarsi, etc.

[2] "Excelsior" appare per la prima volta nel 2016 e, editorialmente parlando, è l'incrocio tra Excalibur (sfoderata solo dal legittimo re dei Kree e degli Skrull), Mjöllnir (può essere sollevata solo dal legittimo proprietario e concessa a terzi, previa formula di rito per convalidare il passaggio) e la spada di Godric Grifondoro (appare a richiesta/invocazione ed assorbe qualunque cosa può fortificarla). Ho tentato di descriverla meglio possibile dal punto di vista estetico, ma per quanto riguarda l'incisione in alfabeto Skrull non ci hanno ancora concesso una traduzione.

[3] Il film di "Capitan Marvel" finisce con Carol che parte per trovare una pianeta in grado di ospitare gli Skrull, credo proprio che in una ventina d'anni sia riuscita. Nei comics Tarnax II è il pianeta colonizzato dagli Skrull dopo il ciclo di “Infinity Omnibus”.

[4] Riassunto della mia versione della genesi della guerra Kree-Skrull, estremamente semplificata e con solo il 30% di quanto viene riportato nei fumetti, nel mio tentativo di incastrarla nel MCU. Per quanto riguarda i genitori di Teddy, ho romanzato (AKA semplificato) un po' le cose, ma non di troppo.

[5] La cappa della levitazione nel film di "Doctor Strange" funge anche da "terzo braccio" per il Dottore assumendo le sembianze di un oggetto senziente, ma nei fumetti si limita a compiere lo scopo per cui prende il nome. Il mantello rosso di Billy ha circa la stessa utilità, Kate gliel'ha confezionato e probabilmente se l'è incantato personalmente, ma dato il mio precoce coinvolgimento del Dottore rispetto alla trama canonica, quella da me riportata è solo la soluzione più "adattabile". Tuttavia non escludo che "volare" rientri tra le skill base di Billy e il mantello serve solo a fare scena, non lo so nemmeno io, il PG esiste dal 2005 e apparentemente l'uomo è in grado di fare qualunque cosa – gli unici vincoli base finora sono che William deve essere "nel mood" per usarli bene, nel 90% dei casi deve riuscire ad udire la propria voce durante la formulazione dell'incantesimo per renderlo efficace, mentre l'intensità ed il raggio d'azione dipendono dal suo equilibrio emotivo (per dire, non riesce a guarire qualcuno che vuole morto a discapito di una sillabazione chiara, al contempo se Teddy o Tommy finiscono sotto attacco può tranquillamente raggiungere e mettere in atto il potenziale distruttivo di una bomba H senza emettere un fiato).
   
 
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