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Autore: Indaco_    05/03/2021    0 recensioni
Mobius era una tavolozza di colori, specie, caratteri, culture, cibi e via dicendo. Pulsante di vita, la città datata secoli era un variegato multi gusto. La sua crescita economica e sociale era intessuta da persone particolari, da eventi dimenticati e poco conosciuti e da tanti, tanti soldi.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sonic the Hedgehog
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il riccio blu, all’interno della micro stanzetta, aveva tentato inutilmente di mettersi comodo. La sedia traballante non gli forniva alcun riposo perciò si era appoggiato al muro portante in attesa del suo pranzo. Nel frattempo era riuscito a riflettere in modo lucido: tra meno di un giorno sarebbe uscito da quel pattume, nessuno sospettava seriamente di lui, riccia a parte, e, cosa più importante, tra non molto avrebbe avuto l’intero mondo da percorrere in lungo e in largo.
Da quel momento si ammonì di dover solamente prestare attenzione a non risultare interessante agli occhi polizieschi di Pierre: l’unica vera seccatura di quel luogo.
La porta si aprì ed entrò la ragazza-che-si-lancia-dai-tetti. L’antipatia che provava nei suoi confronti era lievemente diminuita, tanto da permettergli di studiarla per memorizzarne la figura. L’effetto della sonora strigliata che Pierre le aveva inflitto senza pietà era ben visibile: l’espressione amareggiata persisteva sul suo volto. E se da una parte appoggiava la ramanzina del suo capo, dall’altra, nel vederla così abbattuta, lo faceva sentire un pelino in colpa.
Scostando gli occhi dall’espressione cupa della ragazza, il riccio ritornò a guardarle la scrivania cercando il suo pranzo che, scommetteva, si trovava dentro al sacchetto di carta.
La lingua iniziò a navigare nella saliva al pensiero del suo ordine. Il suo stomaco parlò per lui: un imbarazzante brontolio richiamò la riccia che si girò stupita verso la sua direzione.
Il ragazzo sobbalzò di vergogna, l’ultima cosa che gli serviva era appunto fare una figuraccia. Rosso in viso, si irrigidì ancor di più quando la risata della riccia si diffuse tra quelle quattro mura.
L’adorato sacchetto, caldo e profumato, scivolò tra le sbarre facendogli dimenticare l’imbarazzante suono prodotto dal suo stomaco.
< Abbiamo fame eh? > lo pungolò la rosa con un sorriso divertito. Il ragazzo rispose con una smorfia allungando il braccio per raccogliere il pranzo. Non aveva la minima voglia di scherzare.
Le sue dita sfiorarono appena la carta: il panino venne bruscamente ritirato e la ragazza assunse un’espressione assolutamente determinata.
< Ammettilo, stavi parlando di sostanze illecite prima > esclamò serissima con una voglia sfrenata di farlo confessare. Il riccio non si aspettava che quella testona continuasse a tartassarlo. Quell’instancabile determinazione con cui si accaniva inutilmente lo fece sorridere, o meglio, ghignare.
< No, non stavamo parlando di nulla di illegale. Dovresti prestare più attenzione prima di accusare alla leggera. Mi sembra che il capo sia stato più che chiaro > rispose tagliente sperando di chiudere quel discorso fastidioso.
La riccia parò il colpo infastidita.
< Non mi faccio comprare con qualche goccia di sangue. Ho sentito benissimo a cosa ti riferivi e spero davvero che questo pomeriggio, perquisendoti, ti trovino addosso qualcosa > sibillò a denti stretti.
Il sacchetto ricomparve davanti ai suoi occhi dondolando e, stavolta, venne lasciato cadere.
< Contaci > rispose di rimando acchiapando il prezioso involucro.


Pierre rimescolò il caffè zuccherato con gli occhi fissi al portatovaglioli. Davanti a lui, Steve prendeva posto con la stessa aria pensierosa e Jack si guardava attorno annoiato.
Il via vai della gente e le moltitudini di facce che si seguivano una dietro l’altra rendevano l’ambiente leggermente asfissiante. I tavolini addossati l’uno all’altro non aiutavano, l’odore dei piatti degli altri arrivava al naso dei clienti e non si poteva certo dire che sorseggiare un caffè con il profumo del formaggio del tavolo di fronte fosse un’esperienza meravigliosa.
< Abbiamo avuto sfortuna questa mattina > iniziò il toro rompendo il ghiaccio al discorso. Pierre aggrottò le sopracciglia e svuotò la tazza in un sorso.
< Già. Il posto pullula di nefandezza, probabilmente non ci siamo nemmeno avvicinati al cuore del problema > mormorò a bassa voce.
Jack si sintonizzò sul discorso guardando prima l’uno e poi l’altro. Appoggiando i gomiti sul tavolino si palpò una delle corna lucidissime poste sulle tempie.
< E' davvero così esteso il porto? Ci siamo addentrati parecchio mi sembrava > si intromise stupefatto.
< Non è che la punta dell’iceberg, anzi, nemmeno quella. Non saprei quantificare per quanti chilometri si espande, nel centro di quell’inferno ci sono stato poche volte > sentenziò serio Pierre, uno dei pochi che poteva dire di aver visto qualcosa del porto.
I compagni aguzzarono le orecchie nella sua direzione.
< E cosa c’è in centro oltre a fabbriche e magazzini? > domandò con interesse Steve spostando lo sguardo.
Il furetto sorrise amaro e guardò nuovamente il portatovaglioli riportando alla mente dei vecchi ricordi
< tutto ciò che un essere umano, o un mobiano, desidera: compagnia, armi, qualche sorso di alchool, soldi, morte … dipende a cosa punti > concluse breve ripensando alla prima volta in cui era stato in quel labirinto.
Ricordava con amarezza come Barclay lo avesse guidato per interi chilometri. Probabilmente, se fosse rimasto solo, si sarebbe perso e sarebbe morto di sete dopo qualche giorno.
Tutte quelle case, quei bar, quella desolazione gli facevano salire la malinconia.
Sempre affollato, soprattutto in piena notte, quelle stradine erano frequentate da disperati, approfittatori e commercianti di qualsiasi cosa. L’umanità in quelle stradine si limitava alla posizione eretta dei bipedi.
< Sembra affascinante > ironizzò l’orso portandosi una mano sul mento e appoggiando ad esso l’enorme testa.
< Non lo è affatto. E’ il rifugio ideale per qualsiasi criminale > concluse sbrigativo cercando di distogliere i pensieri dal ricordo di quella gita detestabile.
Il discorso sembrò chiuso e Pierre chiese al cameriere di portare il conto.
Quel pomeriggio avrebbe perquisito e fatto qualche domanda al disgraziato, dopodiché se ne sarebbe tornato a casa, tanto la rosa avrebbe tenuto aperto l’ufficio. Le dita del toro iniziarono stranamente a tamburellare sul tavolo, gesto che indicava che il suo sottoposto era sotto stress.
Il furetto tentò di ignorare il rumore prodotto ma Jack aprì la bocca prima che lui potesse concentrarsi
< saresti capace di fare una piantina della parte che abbiamo visitato oggi? > domandò tentennando e appianando le dita sul tavolo.
Il rumore dell’ansiosa deglutizione da parte del toro imbarazzò l’inpiegabile furetto, già sorpreso da quella richiesta ridicola.
< Posso provarci. Ma a che ti serve? > domandò serio non capendone l’utilità.
Il toro guardò con ansia l’orso seduto di fronte a lui cercando una risposta nei suoi occhi. Pierre voltò lo sguardo alla sua destra e fissò il grigio aspettando spiegazioni.
Molto lentamente il toro prese parola sollevando gli occhi.
< Il gps non funzionava oggi all’interno di quel labirinto, se dovesse accadere di nuovo e ci dovessimo trovarci senza di te voglio sapere come proseguire > si giustificò rivolgendogli una pigra ed immobile occhiata. Il furetto lo fissò per qualche secondo pensando che non sarebbe più accaduta una gita fuori porto come quella di poche ore fa. Mai più.
Sbuffò ed annuì ugualmente passandosi i capelli con le dita.
< Va bene, non appena ho tempo vi preparerò qualcosa >. Richiuse subito la bocca quando il cameriere si avvicinò ad essi e concluse il discorso.

L'arrestato di fronte a lui aveva un non so che di familiare: aveva la parvenza di averlo già visto da qualche parte, qualche rivista forse. Sembrava il classico ragazzo normale-ma-non-troppo che alla maggior parte delle ragazze piace.
Dopo aver eseguito una velocissima perquisizione per accertarsi che non avesse nulla di sospetto con sé, Pierre l’aveva richiesto nel suo ufficio per concludere le sue personali indagini. Lanciandogli un’altra occhiata da sopra lo schermo, si chiese se quella ferita alla tempia bruciasse ancora o meno.
Gli occhi verdi del tizio lo sgamarono immediatamente durante quello spionaggio e un sorriso straffottente gli apparve sulle labbra, che fosse gay?
Pierre si schiarì la voce e riordinò le carte sulla scrivania.
< Dunque, dunque, che ci facevi lì, in quel postaccio … Silas? > domandò con straordinaria calma il furetto.
Il riccio blu si premurò di far scomparire il ghigno dal volto, l’interrogatorio non era ancora iniziato e si sentiva già stanco.
< Assolutamente niente > rispose cercando di apparire il più serio possibile. Il poliziotto rifletté nuovamente con tutta calma, d’altronde dalla perquisizione non avevano trovato nulla di sospetto, di cosa accusarlo se quelle parole non erano state nemmeno registrate?
< Ne sei sicuro? > mormorò provocatorio abbassando le palpebre fino quasi a chiuderle. Il blu annuì senza indugi sopprimendo tutta la voglia di rispondere ironicamente a quel bizzarro personaggio.
< Sì lo sono anche io! Perciò domattina verrai rilasciato. Devo tenerti qui per alcuni dettagli burocratici ma non ci saranno ripercussioni. Mi dispiace per la ferita che ti ha inferto la mia sottoposta, ho già preso provvedimenti a riguardo perciò cose del genere non capiteranno più > annunciò alzandosi dalla sedia con gaiezza e ritrovata giovialità.
Il giovane, ancor più sorpreso dalle sue parole, lo imitò sollevato nel poter muovere almeno qualche passo.
< Oh non si preoccupi troppo, sto davvero benissimo! Fortunatamente è stato tempestivo nel prenderli: non è piacevole vivere una simile esperienza per un errore. Ho perso un sacco di tempo ed è stato davvero umiliante > esagerò librandosi nella sicura conferma che il boss non sospettasse nulla.
Pierre lo guardò glaciale accompagnandolo alla porta. La differenza di altezza tra loro era davvero marcata tanto che il furetto al suo fianco poteva quasi sembrare il suo fratello minore. Ma non si sentiva affatto a disagio per quel dislivello, anzi, era quasi convinto che quei centimetri in più fossero stati tolti al cervello.
< Non tirare troppo la corda Silas, altrimenti la prossima volta mi porterò un registratore e non ti salverai così facilmente > mormorò a bassa voce con tono severo.
Un brivido freddo scivolò lungo la schiena del riccio irrigidendolo.
Dunque il boss era consapevole che qualcosa puzzava ma, volontariamente, non aveva svolto maggiori indagini.
Non riuscì a trattenersi dal voltarsi e dall’osservarlo con ancor più attenzione cercando di riconoscere in lui qualche volto o qualcuno di cui aveva sentito parlare. Gli occhi del furetto ressero lo sguardo privi di timore, anzi, quasi scocciati.
< Non so di cosa parli > rispose il riccio restituendogli la stessa serietà. Non riusciva a trovare un nome a quel viso pulito.
Il furetto roteò gli occhi annoiato e fece un cenno con la testa indicandogli la cella.
Senza esitare e mostrando una calma apparente, il blu si trascinò a malincuore all’interno della gabbia, domandandosi perché mai Pierre non avesse approfondito le indagini e soprattutto perché gli avesse mentito chiaramente pochi istanti prima.
Che fosse una delle mele marce? Non sarebbe stato né il primo né l’ultimo, inoltre, rivestendo un alto grado, avrebbe di sicuro guadagnato un mucchio di soldi e forse gli sarebbe tornato utile.
Con un’immaginaria scrollata di spalle, lasciò cadere le supposizioni concentrandosi sui suoi personali affari. Non vedeva l’ora di uscire da lì.



Silver rischiò di sfracellarsi al suolo dopo pochi chilometri: il potere psichico, se ben controllato, donava il potere del volo “leggero”. Non poteva certo decollare a mo’ di boing 767 e nemmeno raggiungere l’altezza delle nuvole, tuttavia era ottimo per dare un’occhiata dall’alto e per scappare in quelle occasioni. Che sperava fosse la prima e l’ultima.
Dopo lo sprint iniziale, costata un occhio della testa in fatica, pochi chilometri dopo si era trovato a dover misurarsi con la sconcentrazione  dovuta all’arresto del suo migliore amico.
Era davvero sotto shock per quello che era successo, soprattutto perché per la prima volta non poteva davvero aiutarlo in quella delicatissima questione. Preso tantissimo dalle domande “quando, come, cosa fare” non si era accorto di essersi abbassato moltissimo, tanto che qualche metro dopo inciampò su un’antenna e iniziare a rotolare in aria come i suoi pensieri.
L’aurea azzurra si dissolse assieme alla sua concentrazione e cadde a peso morto sul tetto della casa.
Scivolando su un fianco, annaspò attorno a sé cercando un qualsiasi appiglio per poter fermare la caduta disastrosa.
Ma il tetto inclinato lo liquidò con facilità e le tegole friabili respinsero le sue mani ad ogni tentativo di fermarsi sgretolandosi ogni volta che riusciva ad appigliarsi a qualcosa.
In preda alla confusione di quell’assurdo e doloroso rotolio, Silver non riuscì a concentrarsi abbastanza da riprendere quota.
La velocità aumentò e il tetto finì nemmeno un metro dopo: il riccio venne sbalzato giù senza interruzioni ma le mani graffiate e rigide dalla paura riuscirono ad afferrare il bordo della grondaia per un solo attimo prima che queste, a causa del peso gravoso, si staccassero dai loro supporti come una lunga striscia di nastro adesivo.
Silver, attaccato alla grondaia come ad una liana, volò nel vuoto.
Le pupille nerissime si restrinsero nel veder cadere assieme a lui una coda di ferro, soprattutto quando vide la terra lontana parecchi metri. Doveva concentrarsi! Doveva salvarsi!  Agitando le mani come un ossesso strinse le palpebre per non vedere il vuoto sotto di sè. Concentrarsi era straordinariamente difficile persino con gli occhi chiusi: l’aria che lo sferzava e la forza di gravità che pareva volesse inghiottirlo lo mandarono in tilt.
Ma la paura del dolore fu più forte del raziocino, a pochi metri dal suolo tese le mani verso il suolo e concentrò tutta la sua energia sui palmi delle mani. Il suo potere scaturì come uno scudo azzurro che esplose a raggiera quando andò a contatto con l’asfalto.
Le case tremarono e qualcuno urlò spaventato dal loro interno. L’onda d’urto dell’esplosione fu abbastanza potente da rallentare la sua caduta e fargli guadagnare preziosi secondi che impiegò per avvolgersi di azzurro e sollevarsi leggiadro come una farfalla prima dello schianto.
Le grondaie si sfracellarono al suolo creando ancor più fracasso del boato di poco prima. Sembrò che interi set di batterie di pentole cadessero al suolo da dieci metri di altezza.
Altre grida e altri movimenti seguirono i primi quando un piccolo gruppo di umani uscirono dall’edificio assistendo inermi allo sfacelo più completo: l’asfalto polverizzato aveva messo in luce tubi di elettricità e le grondaie ammaccate, totalmente inutilizzabili, intralciavano la strada.
Silver si schermò gli occhi con una mano e guardò con orrore gli ingenti danni che aveva creato.
Gli umani erano quattro e tutti e quattro, con gli occhi sgranati, guardavano senza parlare lo squarcio nel manto nero e la serpentina ammaccata.
Silver si portò le mani nei capelli con disperazione, si sentiva davvero, davvero in colpa e per un momento valutò di riportare almeno la grondaia all’altezza originale. Scartò l’idea quando gli umani, cercando di capire cosa fosse successo, alzarono la testa e, vedendolo per la prima volta, lo fissarono stupiti.
Immobilizzato dall’imbarazzo, il riccio arrossì e valutò se scendere o meno per scusarmi dell’incidente ma, le facce sotto di lui, si contorsero in rughe di rabbia così aggressive che non ci pensò due volte prima di sparire dalla loro vista.
Attraversò il quartiere infondendo più energia possibile pur di allontanarsi da quei tizi, fortunatamente gli umani non possedevano poteri individuali perciò dileguarsi fu semplicissimo per l’argentato.
Si posò realmente a terra solamente quando arrivò alla fine del centro abitato. L’inizio della campagna e la fine della periferia era delineato da un marciapiede sgretolato dal sole e dal vento. Appoggiando i piedi a terra l’argentato si premurò di estrarre il cellulare ammaccato e di comporre il numero.
L’intervallo tra i “tuu tuu” non gli erano mai sembrati così lunghi come in quel momento. Il vento fece ondeggiare il lungo ciuffo ormai caduto davanti agli occhi e il riccio si voltò credendo di sentire gli umani rincorrerlo.
< Silver? Che succede? > replicò una voce femminile con un forte accento orientale. Il tono delicato e determinato lo confortarono sentendosi praticamente al sicuro.
< E’ accaduto davvero un macello Blaze! Un totale disastro! > Anticipò rianimando l’intera preoccupazione per il compagno blu. Una veloce sequenza di passi veloci fecero da sfondo a quella conversazione riempiendo il vuoto lasciato dalla ragazza. Il rumore delle porte che si aprivano e si chiudevano e quello dei passi sempre più veloci indicarono al riccio che la gatta probabilmente si spostava per rimanere sola e mantenere privata la loro conversazione.
< Santo Cielo Silver! Che è successo? Sonic si è fatto male? > domandò con ansia crescente chiedendosi perché mai chiamasse l’argentato.
< Peggio molto peggio! L’hanno preso Blaze! > esclamò in disperazione rivivendo tutta la scena. Non aveva potuto nemmeno assicurarsi lo stato di salute del ragazzo pensandoci ma era qualcosa di secondario, Sonic stava bene e qualche graffio non era nemmeno considerato da lui. Il problema maggiore erano le conseguenze che sarebbero state adottate da quel giorno. Sarebbe stato arrestato? Schedato? Controllato a vista?
< Chi è riuscito a prenderlo?! > Esclamò sconvolta l’altra voce al telefono, incredula che quel ragazzo potesse venire acciuffato.
< La polizia! Siamo stati inseguiti per mezzo quartiere! Ora l’hanno portato in centrale Blaze! Che facciamo?! > domandò con tono sempre più preoccupato.
La voce femminile sospirò condividendo la preoccupazione del riccio,quello era davvero un grosso, grosso problema.
< Nulla! Peggioreremo solo le cose se ci immischiamo. Torna a casa al momento. E non farne parola con nessuno. Soprattutto non con lei. Stavolta si è davvero messo nei guai > sentenziò cercando di non far trapelare le sue vere e paurose sensazioni.

Spazio autrice:
Scusate il ritardo ma sono stata molto impegnata.
Spero che questo capitolo la storia possa iniziare ad avere più senso e possa suscitare curiosità. Ringrazio chi sta seguendo la storia di capitolo in capitolo!
Baci.
Indaco

 
  
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