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Autore: BellaLuna    08/03/2021    1 recensioni
[Sequel di "Infinite stelle splendono per infiniti cieli", ma può anche essere letta singolarmente, come una One-shot del tutto indipendente.]
Febbraio 2004. Dopo la rottura con Anna, Edo decide di allontanarsi da Livia, incapace di mettere ordine al caos del suo cuore. Tuttavia, un pomeriggio la ragazza tornerà a bussare alla sua porta, rivelandogli un segreto doloroso.
[Seconda Classificata al Contest fiume "Acquerelli" indetto da Juriaka sul forum di EFP e giudicato da BessieB. Inoltre, questa storia partecipa alle Challenge "Solo i fiori sanno" indetta da Pampa313 sul forum di EFP e "Real life" indetta da ilminipony sul forum di EFP.]
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Figli delle Stelle'
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PREMESSE: questa storia è il sequel di una mia precedente fanfiction chiamata “Infinite stelle splendono per infiniti cieli”, tuttavia può anche essere letta singolarmente, in quanto tutti i riferimenti all’opera precedente o sono minimi o sono spiegati anche in questa storia. Comunque, per correttezza, lascio ai nuovi lettori un piccolo sunto del prequel: “Livia ed Edo si conoscono quando hanno dieci anni, e sebbene lui sia un bambino solitario e introverso, lei con il suo carattere allegro riesce a farselo amico. Entrambi provengono da delle famiglie disfunzionali, la madre di Edo è infatti una tossica, mentre i genitori di Livia sono sempre stati assenti. E il naufragar m’è dolce in questo mare... si collega alla scena iniziale, quella in cui Anna lascia Edo”. Per Bessie: non so se leggerai prima questa storia, oppure “AbeTino – Storia di un (brutto) albero di Natale”, ma sappi che i personaggi presenti sono sempre gli stessi (mi riferisco ad Anna e Taki). Buona lettura a tutti!
 
 
 
 
 
E il naufragar m’è dolce in questo mare
 

Febbraio 2004
 

Livia si presenta a casa di Edo un sabato pomeriggio di febbraio, gelido come pochi.
Lo fa senza preavviso, come sempre, colmando ogni spazio vuoto ancora rimasto con la sua sola presenza.
Livia è così, è come la primavera che incombe, come piccoli boccioli che sbucano dalla neve: iniziano a mostrarsi timidamente, quasi con gentilezza, ma non per questo il loro incedere è meno inevitabile, meno potente rispetto al gelo che li circonda.
Edo, che da mesi la sta evitando e che non si era aspettato una sua imboscata, quando apre la porta si ritrova senza fiato, abbagliato dalla sua bellezza come se non l’avesse mai vista.
Idiota.
«Come mai sei venuta?» le chiede, immobile sull’uscio della porta, ad ammirare le sue guance arrossate, i suoi occhi da cerbiatta, il capellino di lana che indossa e che le schiaccia i boccoli castani sulle tempie.
Prima di rispondergli, Livia si dondola sui talloni, come se fosse a disagio, come se non sapesse cosa dirgli, o come dirglielo.
Per un attimo, Edo sente il cuore sprofondargli nel petto e teme il peggio, ma poi Livia scrolla le spalle. «Ho voglia di fare una gita al mare» gli dice, e il suo sorriso sempre luminoso torna a piegarle le labbra, anche se per un attimo sembra vacillare e in quell’attimo Edo comprende: c’è qualcosa che non va.
«Fa freddo».
«E allora?»
«Non puoi andarci un altro giorno?»
«No, voglio andarci oggi. E voglio che tu venga con me».
Da ragazzino, Taki – l’ambizioso, pragmatico Tancredi – aveva costruito per la loro amica in comune una coroncina immaginaria, e gliela aveva calcata sulla testa così forte e così tante volte, che lei alla fine aveva finito davvero per credersi una principessa al servizio della quale ognuno di loro era tenuto a sottostare.
Era da tanto che non la sentiva usare quel tono imperioso, da quando, precisamente, si erano lasciati alle spalle un’adolescenza travagliata in un paesino della Sicilia e si erano trasferiti nella capitale, per crescere, per andare avanti.
Sembrava tutto più facile, allora.
Edo vorrebbe ridere in faccia al vecchio se stesso, dirgli che non aveva capito proprio niente. Ma sa che sarebbe inutile e, comunque, Anna – la donna che fino a qualche mese fa era la sua promessa sposa, e che poi lo aveva mollato dandogli una pacca sulla spalla – lo ha già fatto molto meglio di quanto lui stesso sarebbe mai riuscito a fare.
“Non è a me che avresti dovuto regalare quell’anello, Edo”.
Anna era fatta così: sganciava la bomba e poi lasciava sempre che fossero gli altri a raccogliere i pezzi.
Edo non è mai stato tanto coraggioso. Edo vorrebbe scappare.
Il codardo che è in lui ha già la scusa perfetta sulla punta della lingua per liquidare la proposta di Livia e mettersi in salvo, in un luogo in cui può tornare a comporre il nuovo pezzo da consegnare all’agenzia pubblicitaria per cui lavora, o fare altro. Tutto pur di non tormentarsi con i suoi problemi di cuore, ma...
Ma c’è qualcosa di strano negli occhi di Livia quel pomeriggio.
Qualcosa che sembra risucchiare la sua luce naturale e imploderle dentro. Sembra un vulcano pronto a eruttare. Sembra doloroso.
Quindi, Edo si ritrova a sospirare, a prendere dall’appendiabiti il suo cappotto pesante e a indossarlo allo stesso modo in cui ogni giorno, per abitudine, continua a indossare il suo sorriso sghembo da ragazzo ventiquattrenne bello e dannato.
Quando si chiude la porta alle spalle, Livia lo prende per mano e lo trascina in avanti, verso la prossima meta, come ha sempre fatto.
 
***
 
La spiaggia di Ostia non ha nulla a che vedere con quella della sua infanzia. È ruvida e scura, una striscia di roccia levigata che divide il mare dalla strada.
Livia si siede per terra a pochi passi dalla battigia, lì dove le onde del mare si infrangono sulla riva e la spuma bianca bacia la sabbia prima di ritirarsi.
Edo la imita, le si siede accanto, stende le gambe e osserva il sole che ha iniziato a tingersi d’arancio insieme al cielo. Lo osserva proseguire lungo la sua orbita sempiterna che anche oggi lo porterà ad affondare nelle acque del mare come un relitto.
Ha sempre trovato il tramonto incredibilmente triste, e si domanda se Livia lo abbia fatto apposta a condurlo lì proprio a quell’ora, come quando erano due bambini che osservavano il cielo tingersi di blu e si chiedevano come facessero le stelle cadenti a esaudire i desideri.
“Girl from the stars...” risuona dentro il suo cervello traditore la canzone che le ha dedicato, “take me away from all this darkness”.
Edo cerca di allontanarla scrollando il capo, per poi gettare un’occhiata nella sua direzione.
Una parte di lui, quella vigliacca, teme che Livia lo abbia portato lì per parlargli di Anna, invece la principessa riesce a stupirlo ancora una volta.
«Ho fatto una cosa terribile» gli confessa, le gambe strette al petto, il mento sulle ginocchia, la voce piccola-piccola.
Edo sorride, poi si fruga nelle tasche alla ricerca di una sigaretta d’accendere.
«Ma davvero?» inizia a prenderla in giro, usando il suo tono più ironico. «E che cosa avrà mai fatto di tanto terribile una ragazza come te? Hai saltato la fila alla posta fingendoti malata?»
«Sono andata a letto con un uomo sposato».
La sigaretta gli sfugge dalle labbra.
Davanti ai suoi occhi basati, la Livia campionessa di solarità e bontà d’animo, la ragazza perfetta dalla morale inattaccabile che ha sempre conosciuto, distrugge la sua aura di perfezione e scoppia in lacrime. E per vergogna, incapace di reggere il suo sguardo allibito su di lei, si abbassa il cappello fin sul naso pur di non farsi vedere.
Edo si ritrova a boccheggiare a corto di parole, mentre per la prima volta gli sembra finalmente di capire quanto quel ruolo di donna-angelo abbia pesato sul cuore della sua migliore amica, fino a piegarla in due dai sensi di colpa.
La osserva spiazzato e si chiede cosa lei desidera che faccia, cosa potrebbe mai fare per farla stare meglio.
Se vuole che le ricostruisca di nuovo la sua corona di principessa, lo farà.
Se vuole che la aiuti a liberarsene una volta per tutte, lo farà.
Ci sarà tempo per fare entrambe le cose, si dice, mentre d’impulso allunga il braccio e se la stringe addosso, nella speranza che basti il suo calore per calmarla.
Dopo che Anna lo ha lasciato, ad agosto, ha cercato in tutti i modi di allontanarsi poco alla volta da Livia, ma il muro che ha provato a ergere intorno al suo cuore per non rimanere ferito, si infrange nel momento in cui ritorna a respirare il suo odore di gelsomini.
Non le dice nulla, non le chiede con chi sia stata perché sa già la risposta (tutti i problemi di Livia hanno sempre avuto un nome ben noto: Tancredi) e dunque aspetta che lei si calmi e che gli riversi contro un po' del suo dolore, un po' di quel fuoco distruttivo che prima aveva visto accendersi nei suoi occhi.
«Pensi che io sia una persona orribile?» gli chiede, con il viso premuto sul suo petto, la voce che esce fuori in singhiozzi spezzati dalla sua gola.
“Non essere triste, Edo, sorridi!” gioisce nella sua mente la Livia bambina dei suoi ricordi, ed Edo l’abbraccia ancora più forte, le deposita un bacio sopra quel suo stupido cappello.
«No».
In realtà, l’unico pensiero sensato che continua ad attraversagli la mente è: “Ti ammazzo, Taki!”, anche se sa che è stupido, e che Taki non ha più colpe di Livia.
Certo, se solo lui non l’avesse illusa per anni (mettendola sempre al primo posto, pur non rivelandole mai i suoi sentimenti e scopando, intanto, con mezzo liceo), per poi decidere di sposare Nina – solo perché l’aveva messa incinta , forse a quel punto non si sarebbe ritrovato a dover consolare Livia per aver ceduto al suo grande amore e sentirsi di conseguenza uno schifo.
Edo non è il tipo da considerare un tradimento come la fine del mondo, ma sa che per Livia è diverso.
Un’altra, forse, si sarebbe accontenta di essere l’amante del grande imprenditore Tancredi, ma non Livia. Perché, anche se adesso non è più una bambina, il suo cuore è puro come allora.
È ancora la stessa Livia che a dieci anni lo aveva preso per mano, senza che lui gli avesse mai dato alcuna ragione per farlo, e l’aveva trascinato via dall’oscurità e dalla solitudine.
Gli aveva offerto la sua amicizia, il suo affetto sempre sincero... e lui come l’aveva ripagata?
Non si era mai chiesto se ci fosse dell’altro, dietro la maschera di perfezione che ogni giorno mostrava al mondo, e non l’aveva mai fatto perché era un’egoista e non voleva credere che anche Livia potesse cadere... non quando era l’unica a tenerlo sulla retta via.
Idiota.
Edo continua a stringerla, le accarezza i capelli, e dopo un po' sente i singhiozzi farsi più radi, sente Livia tirare su con il naso.
La osserva con la coda dell’occhio, mentre lei si asciuga le lacrime con il dorso della mano, e poi inizia a bisbigliare, arrabbiata: «Dovresti pensarlo, invece, perché lo sono. Ho superato il limite. Se Nina dovesse scoprirlo...».
Edo vorrebbe rassicurarla dicendole che Nina sopravvivrà come tutti, ma sa già che non è questo quello che Livia si aspetta da lui, perché non desidera essere giustificata. Lo capisce quando si rende conto che non è solo tristezza quella che le adombra lo sguardo, ma c’è anche una collera dirompente, implacabile.
«Mio padre tradiva mia madre, lo sai? La tradiva spesso, e lei lo sapeva e io lo sapevo, e tutti noi insieme sorridevamo e facevamo sempre finta di niente. Perché è così che funziona, no? Una donna non ha diritto di protestare, per la famiglia, perché... che cosa direbbe la gente se sapesse che...? Ma io sapevo come stava veramente mia madre. La sentivo piangere, di notte, quando mio padre era fuori vai a vedere con quale delle sue amanti. Ero una ragazzina, all’epoca, ma la vedevo, la capivo. E mi ero ripromessa che, mai e poi mai, avrei potuto fare una cosa del genere a un’altra donna. Sapere che in una casa, da qualche parte, c’è una donna sola che piange e una bambina che prova a chiudere gli occhi e le orecchie e fingere di non vedere, di non sentire, mentre il suo cuore si riduce in pezzi sempre più piccoli, e fa male da morire e tutto ciò che desidera è che smetta, ma non smette mai».
Se chiude gli occhi, Edo è quasi in grado di vederla, la piccola Livia che piange nel buio della sua stanzetta e che poi cerca di sorridere a colazione a sua madre per farle piacere, per reggerle il gioco e non farle capire che anche il suo cuore è stato spezzato.
Riesce a vederla così chiaramente perché è stato un bambino solo e triste anche lui un tempo, sempre immerso nel buio e nel freddo di una casa sempre vuota e sempre silenziosa, fino a quando lei non era venuto a salvarlo.
La differenza era che Edo, a dieci anni, aveva mostrato al mondo i lividi sul suo volto, mentre Livia aveva continuato a inghiottire bocconi amari e sorridere, perché questo era quello che tutti si aspettavano che facesse.
«Ecco...» conclude, la testa nuovamente poggiata sopra le ginocchia, «ora quel mostro sono io. Sono uno dei mostri che distrugge le famiglie degli altri».
Edo le alza il mento con due dita affinché lei lo guardi negli occhi e capisca. «Non sei un mostro, Livia. Siamo esseri umani, commettiamo errori. La maggior parte di noi continua a farlo, fregandosene delle conseguenze. Capisci qual è la differenza?»
I mostri sono altri, Edo lo sa bene. Li ha visti danzare dentro lo sguardo di sua madre per anni, prima che lei lo abbandonasse perché non era più in grado di dominarli.
A quel punto, cogliendolo di sorpresa, Livia infila la mano nella tasca del giubbotto e tira fuori un piccolo anello, con un zaffiro a forma di conchiglia.
«Me l’ha regalato, Taki» gli confessa e, nonostante il sorriso che prova a esibire, le labbra le tremano insieme alla voce. «Mi ha detto che lascerà Nina, che mi ama».
A quelle parole, Edo sente il sangue ribollirgli nelle vene, mentre una daga traditrice si conficca nel suo cuore, spezzandogli il fiato e costringendolo a deglutire un grumo pesante come un masso, prima di riuscire a chiederle: «E tu? Cosa…?».
Gli occhi di Livia tornano ad ancorarsi ai suoi, gli ultimi raggi sanguigni del sole sembrano disegnare una ferita sul suo viso.
«Io pensavo di volerlo...» gli risponde, e adesso sembra stanca, «sono stata l’ombra di Taki per così tanto tempo, che a un certo punto per me è diventato sempre più difficile distinguere i suoi desideri dai miei. Ma quella notte... mi sono guardata allo specchio e ho visto mia madre. Ho visto come sarebbe potuta diventare la mia vita insieme a un uomo come Taki. Ho visto tutte le notti in cui mi sarei ritrovata a tremare nel letto, da sola, pensando a dove lui potesse essere. E io non posso…».
Incapace di mettere ordine al tormento del suo cuore, Edo osserva l’anello: non è un caso che Taki abbia scelto proprio la forma di una conchiglia. Lui e Livia si erano conosciuti in un Bar sulla spiaggia chiamato così: “La Conchiglia”.
Se il suo cuore non fosse spezzato, troverebbe quel dettaglio perfino divertente: chi avrebbe mai pensato che uno squalo come Taki facesse attenzione a certe cose?
Ma forse, Taki ha sempre capito Livia molto meglio di lui.
Per tanto tempo, Edo ha pensato a lei come alla sua stella polare: eterna, luminosa, Livia era la stella che gli impediva di naufragare nei terrori del suo passato.
Ma c’è anche un po' della conchiglia che Taki le ha donato in lei: bellissima all’esterno, un miracolo della natura, ma solo se sai ascoltare riesci a percepire il soffio di dolore sommesso trattenuto all’interno.
Lui non ne è stato in grado.  
Eppure, è la sua mano quella che Livia stringe, è lui che è venuta a cercare quando ha avuto bisogno di qualcuno a cui ancorarsi per non annegare.
«Per favore... aiutami a dimenticarlo» lo supplica in un bisbiglio. «Io... non sono abbastanza coraggiosa da riuscirci da sola».
Edo la stringe forte a sé.
Non può più scappare.
Per anni, Livia gli ha indicato la strada giusta, adesso spetta a lui.
«Risolveremo il problema Taki insieme» le risponde.
«Grazie».
«Non dirlo...».
«Non sparire più, per favore. Tendo ad andare fuori di testa e fare idiozie quando non sei in giro a tormentarmi».
Edo sorride, perché solo Livia può dar voce all’eco del suo cuore.
«Lo prometto».
 
 



FINE
 
 
 
 
 
N/A: cari lettori e care lettrici, benvenuti!
Per chi di voi ha letto il prequel di questa storia “Infinite stelle splendono per infiniti cieli”, immagino che leggendo questo testo siate rimasti un po' sotto shock.
Posso comprendere, infatti, che non era quello che vi aspettavate, specie perché ho inserito un personaggio per voi totalmente nuovo, ossia Tancredi “Taki”.
Tuttavia, ho scritto questa storia con un proposito ben chiaro in mente (che spero sia riuscito), ossia quello di farvi riflettere sull’importanza del punto di vista.
Tutta la storia è infatti narrata da Edo, il quale proietta la sua immagine, la sua idea che ha di Livia su Livia se stessa.
Per lui, lei è sempre stata perfetta, pura, moralmente inattaccabile, per questo all’inizio rimane così spiazzato dalla sua confessione, perché non avrebbe mai potuto immaginare che la Livia angelica della sua immaginazione potesse fare una cosa del genere.
Ma Livia è un essere umano e, sebbene io abbia scelto di usare il POV di Edo e di conseguenza questo mi proibiva di svelarvi del tutto ciò che si nasconde nell’animo della giovane, spero di essere riuscita tramite i dialoghi a far emergere la personalità e il tormento di questa fragile ragazza.
Edo ha sempre pensato che Livia fosse la sua stella polare (nel testo, ripete spesso che senza di lei avrebbe finito per perdersi), senza mai accorgersi che, anche lui, a sua volta, è sempre stato un punto di riferimento per lei, come Livia stessa gli rivela nella sua battuta finale: «Non sparire più, per favore. Tendo ad andare fuori di testa e fare idiozie quando non sei in giro a tormentarmi».
Il vero significato di questa storia sta tutto qui: ognuno di noi è, inconsapevolmente, la stella di qualcuno. Anche se pensiamo di essere solo dei mostri, alle volte.
E, proprio perché siamo umani, non siamo mai una cosa sola, ma tante.
Livia è una stella luminosa... ma è a sua volta come una conchiglia, che nasconde una voce segreta, un tormento segreto.
Avrei voluto dire molto di più su questo momento così importante fra Edo e Livia, ma purtroppo dovevo rispettare un limite di parole molto ristretto: 2500.
Ho cercato di fare del mio meglio, e spero di essere riuscita a emozionarvi!
Il titolo di questa storia è ovviamente un prestito della bellissima poesia di Leopardi: “L’infinito”.
Mentre la canzone di Edo, “Girl from the stars” è un prestito che ho preso dal libro della Baraldi: “Scarlett”.
Nella prossima storia dedicata a questa coppia, racconterò del confronto fra Edo e Taki. Siete curiosi? ^W^
Ringrazio Juriaka per i suoi prompt, e spero che, se mai leggerà questa storia, non ne rimarrà delusa! <3
Alla prossima,
BellaLuna
  
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