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Autore: Petricor75    08/03/2021    0 recensioni
SCRITTO A QUATTRO MANI CON REAPERONZOLO
Post Alien Resurrection Director's Cut. Ripley8 e Call fanno i conti coi fantasmi dei loro rispettivi passati. E mentre cercano di capire come affrontare il presente e trovare un posto dove costruirsi una parvenza di vita, hanno l'opportunità di conoscersi meglio e sostenersi a vicenda. Potrebbero anche innamorarsi, nel frattempo.
Alien e i suoi personaggi non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza scopo di lucro.
I commenti sono bene accetti, fateci sapere se vi piace la storia e perché. Basta solo un minuto, c'mon! ^__^
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO OTTO

Ripley si chiude in bagno per lavarsi di dosso la faticosa, -e non solo-, giornata. Call deve essere passata dal suo alloggio, prima di sparire chissà dove. L'interno della doccia è ancora bagnato. Si dilunga, sotto il getto bollente.

Forse non avrebbe dovuto lasciarsi andare così. Ma, cazzo non è che ci ha riflettuto! È stata una reazione istintiva! L'urgenza nella voce di Call, quando le ha chiesto aiuto, l'ha fatta agire intuendo che la situazione era grave, ma quello che era successo nel mentre era davvero stato del tutto naturale, forse addirittura inevitabile.

E non si è sognata la reazione della giovane, tanto quanto non si è sognata la propria! Non c'è proprio modo che abbia frainteso! Più ci pensa e più ne è sicura.

Ma la frustrazione della situazione che si è venuta a creare tra loro, adesso che riesce a pensarci a mente più fredda, passa in secondo piano, quando in un attimo realizza l'entità di ciò che sarebbe potuto succedere poche ore prima.

Call le aveva detto che proprio dove era stata colpita dagli schizzi di sangue, passavano dei circuiti vitali, è quasi sicura che abbia usato queste parole.

Una fitta di dolore le esplode nell'addome, a questo pensiero. Ha bisogno di appoggiarsi alla parete, colpita dall'improvvisa realizzazione. Con i capelli ancora umidi, si infila una maglia pulita e un paio di slip, probabilmente appartenuti alla povera Hillard, ed esce dal minuscolo bagno.

Call è seduta sulla branda, il clone è sollevata di trovarla lì, e incuriosita, perché la ragazza tiene un piccolo oggetto rettangolare stretto tra pollice e indice. L'oggetto è collegato a un cavo, che a sua volta è collegato alla presa sul suo braccio.

Non sembra essersi accorta della sua presenza e la donna la lascia fare, memore del suo comportamento a bordo dell'Auriga, quando si era connessa a Father.

Si siede sul bordo del tavolo, incrociando le braccia, in attesa. Tutta la situazione l'ha messa sulla difensiva, ci ripensa e si obbliga a sciogliere la postura chiusa e ad afferrare il bordo del tavolo, come per ancorarsi al presente. Dopo pochi minuti, Call scollega il dispositivo.

"Ehi", l'ibrido la saluta, abbozzando un sorriso, in segno di apertura. "Che roba è quella?"

"Questa è un'unità di memoria che contiene tutte le informazioni su Ellen Ripley e su di te", Call scandisce lentamente le parole, aspettandosi una brutta reazione da parte della donna.

Ma Ripley reagisce con controllata moderazione. Call si è sempre domandata che cosa volesse dire 'camminare sui gusci d'uovo'. Adesso lo sa. Una fitta di dispiacere le invade il petto. Sa che quell'atteggiamento è una reazione al suo comportamento. Non vorrebbe vederla mai così a disagio, a maggior ragione, a causa sua.

L'ibrido afferra la sedia a corredo del tavolo e le si siede davanti, seria. Prende il dispositivo dalla sua mano e lo osserva attentamente.

"Si, mi pare giusto", afferma, pensierosa. "Per quel che vale, mi ci è voluto un po' di tempo, ma sono arrivata alla stessa conclusione, poco fa", confessa, cercando di mantenere un tono leggero. Call ha tutto il diritto, dopotutto, di pensare alla sua incolumità.

-Aspetta, cosa?-

Call non ha la minima idea di cosa stia dicendo Ripley. Inclina la testa di lato, restando in silenzio, spiazzata dalla piega che sta prendendo il confronto.

"Grazie, per questo", Ripley continua, guardandola con tenerezza. Al momento non glie ne frega proprio niente di quel cazzo di dispositivo. Il suo passato è l'ultimo dei suoi crucci. È guardare in faccia la realtà e sapere che tra poco non potrà mai più vedere uno di quei bellissimi sorrisi, o sentire più la sua morbida voce, quello che la fa stare male, adesso. È sapere che non si sveglierà più al suo fianco. Se solo avesse saputo che la mattina passata sarebbe stata la prima e l'ultima volta che accadeva…

"Quindi, partirai con loro?", domanda, accettando la realtà dei fatti e ricacciando indietro il groppo in gola. Non vuole che Call se ne accorga. Non vuole farle pesare niente. Call non è responsabile di nulla. La colpa è solo sua.

"Cosa?", -ma che cazzo?!-, Call è sempre più confusa. "Vuoi che me ne vada?", Call alza la voce d'istinto.

"Ti ho quasi uccisa, oggi!", il clone si rigira l'unità di memoria tra le mani, confusa quanto Call, adesso.

"No, no, no. Frena! Di che cazzo stai parlando? Ripley, questa è solo una precauzione!", l'androide precisa, indicando il drive di memoria. "Io non vado da nessuna parte! Chiaro?", si affretta ad aggiungere, realizzando appieno le preoccupazioni della donna.

"Forse dovresti", il clone insiste, con uno sguardo serio.

"Vaffanculo!", l'Auton si alza, innervosita, mettendosi a passeggiare su e giù per la minuscola stanza. "Che cazzo, Ripley?!", digrigna i denti in un moto di rabbia che fino a poco prima pensava fosse capace di tirarle fuori solamente quel cretino di Johner!

"Call, stavi per morire a causa di una mia svista, a causa del mio sangue, e se ricapitasse?", l'altra aggiunge, difendendo la sua posizione.

L'androide si blocca, le si avvicina, si china verso di lei, fermando il proprio viso a pochi centimetri dalla sua faccia. "Io non muoio, Ripley! Io cesso semplicemente di funzionare!", afferma con rabbia.

I lineamenti di Ripley si contorcono lentamente, nel vano tentativo di dominare le lacrime che iniziano a scorrerle giù per le guance. Call si blocca, preoccupata di averla aggredita troppo duramente, torna a sedersi davanti a lei, mentre la donna getta il dispositivo sul materasso e si prende la testa tra le mani, singhiozzando.

"Ehi", le dice addolcendo il tono della voce, mentre le sfiora un braccio, insicura.

"Sono così stanca, Call", Ripley confessa con voce strozzata. "Ogni persona a cui tengo, finisce ammazzata. Non ce la faccio più", aggiunge scossa dai singhiozzi.

"Ehi, dai vieni qui, lo so, lo so", Call si sporge sul bordo della branda per poterle circondare il collo con le braccia e l'attira a sé, nel tentativo di consolarla.

Ripley si aggrappa a lei, incapace di trattenersi oltre, lascia che le sue lacrime scorrano libere, fino a bagnare la maglia della giovane.

"Io non finirò ammazzata, okay?", l'androide la rassicura asciugandole il viso con delicate carezze.

"Chiunque sarebbe esausto, Ripley. Anche se sono passati secoli, per te è come se fossero passati pochi mesi, da quando tutto è cominciato, non hai nemmeno avuto il tempo di processare tutto quello che ti è capitato, di piangere le persone che hai amato", le parla in tono dolce e rassicurante, cullandola nel suo abbraccio, fin quando la donna riprende a respirare normalmente.

"Come puoi… vedermi così chiaramente?", le domanda dopo un po' di tempo, tirando su col naso. Non aveva mai pensato al fattore tempo, nella storia della sua vita, ma sente che quello che le ha appena detto la giovane ha perfettamente senso.

"Non lo so, mi viene naturale, io… sei parte della mia vita da così tanto tempo. Sei diversa da come mi aspettavo, ma sei sempre tu, anzi, meglio. E io… sento così tanto per te, che non so nemmeno come descriverlo", ammette, libera da ogni imbarazzo.

"Nemmeno io so bene come descriverlo, ma lo sento anche io Call", Ripley le confessa, sentendosi stranamente sollevata. Dopo qualche attimo per riprendere il controllo, finalmente si riscuote, allontanandosi da lei, torna a prendere in mano il dispositivo, esaminandolo con un lungo sospiro pensieroso.

"Quindi, fammi capire, vuoi restare con me, e hai salvato tutti i miei dati qui dentro", Ripley ragiona con voce controllata, sollevando il piccolo dispositivo, "Nel caso tu 'cessassi di funzionare' e non riuscissi a raccontarmi 'tutto quello che voglio sapere, se voglio saperlo, quando voglio saperlo'?", il sarcastico tono di Ripley è accentuato dal suo mimare le virgolette a mezz'aria.

La osserva allargare le braccia, come a conferma di ciò che ha appena domandato, con un certo dissenso per il modo in cui lo ha domandato. Il gesto della ragazza l'avrebbe fatta sorridere di tenerezza, in un altro momento, ma non adesso.

"Tu non sei un oggetto di mia proprietà, Call. Tu non appartieni a nessuno, se non a te stessa", le dice, ammorbidendo il tono della voce.

"Non ho bisogno di questo, Call", le dice, cercando di sorridere, rincuorata dal dialogo sincero e aperto che finalmente sente che si stanno concedendo. Resta in silenzio, cercando le parole giuste per un lungo attimo.

"Il passato è passato. L'oggi e il domani saranno tutti i giorni possibili, Call", le dice, prendendole le mani.

"So chi sono. So cosa sono. Non ho più bisogno di sapere chi ero. E di sicuro, non così. Ma ho bisogno di sapere chi sei tu, perché tu sai molto di me e io so ancora così poco di te, quando invece vorrei sapere tutto. E ho bisogno di sapere cosa sei, Call. Come funzioni, perché se resti con me, voglio poter essere in grado di prendermi cura di te, di proteggerti. Si, di ripararti, se necessario. Sono molto consapevole che sei fatta di una materia diversa da quella di cui sono fatta io", le accarezza il viso e la giovane si abbandona al contatto chiudendo gli occhi, una lacrima rotola giù, e lei la cattura col pollice. Osserva la sua pelle bagnata.

"È una lacrima, questa?", le domanda, guardandola annuire incerta. "E da dove viene?", osserva Call scrollare le spalle alla domanda retorica, e un nuovo moto di tenerezza verso di lei la invade. Si porta il pollice alle labbra e assaggia il liquido, fissando il suo sguardo in quello sorpreso della giovane.

"È salata!", la donna esclama alzando entrambe le sopracciglia, riuscendo a strapparle uno dei suoi meravigliosi sorrisi. "Ma anche se non lo fosse, Call, questa resta pur sempre una lacrima, non sei d'accordo?". L'androide scrolla nuovamente le spalle, ma dall'espressione Ripley intuisce che è più serena, adesso, come lei, del resto.

"Dai, non so te, ma io ho bisogno di ricaricarmi!", il clone scherza, invitandola al riposo. Call sbuffa una risata divertita, "Dovresti ridere più spesso, e nasconderti più raramente, mentre lo fai", osserva, facendole l'occhiolino.

Call si morde il labbro inferiore. Ripley se lo aspettava, ma nonostante ciò, la reazione del suo corpo non cambia. Anzi, ora che è più consapevole delle sue emozioni e comincia ad accettarle, è molto più difficile trattenersi, maledizione!

Una fitta di piacevole dolore le si pianta alla bocca dello stomaco e lei non ha idea di come alleviarla, e se vuole, in fondo, che si allievi.

Forse un'idea ce l'avrebbe… -Piantala, Ripley-

"Piantala, Ripley", Call l'ammonisce prima che la donna aggiunga un commento su 'quella roba che fa con la faccia', arrampicandosi sull'amaca.

"Ah, ah, no! Non pensarci nemmeno! Devi proteggermi dai miei incubi!", l'ammonisce scuotendo il capo. Si sdraia sulla branda, lasciandole abbastanza spazio perché possa stendersi accanto a lei e allarga un braccio per accoglierla. Call le si accoccola vicino, vincendo l'imbarazzo della prima volta. Ripley se la stringe addosso, chiudendo gli occhi, contenta, abbandonandosi per un attimo all'estatico profumo della sua pelle.

"Va bene, per te?", le domanda, colta dall'improvvisa insicurezza che forse per lei è troppo, tutto insieme.

"Si", la giovane conferma. "È bello. Nessuno mi ha mai tenuta così", le confessa, rilassandosi e ricambiando l'abbraccio circondandole l'addome.

Si sente stranamente in pace, come se tutte le battaglie che ha combattuto in nome di una specie vivente che non le appartiene e che voleva solo terminarla, a un certo punto, fossero cessate, tutte insieme. Tra le lunghe braccia di Ripley, si sente al sicuro e… come a casa.

"Beh, se ti piace, hai me, d'ora in poi, e fin quando mi vuoi, e posso tenerti così tutte le volte che vuoi, per tutto il tempo che vuoi", la rassicura dolcemente accarezzandole il viso.

"Mi piace, tanto", Call sussurra arrossendo.

-E cazzo, se vuole!-

Le punte delle sue lunghe dita tracciano il morbido profilo della sua mandibola, gli occhi seguono il senso del tatto, il profumo della sua pelle non è più intenso come lo ha sentito in quell'hangar ma è presente e completa l'esperienza dei suoi sensi. Si aggiunge il ricordo del suo sapore, mescolato al suo sangue acido.

Le dita scendono sul collo ed esaminano il danno che le ha involontariamente provocato. Sembrano piccoli crateri lunari, di forma irregolare, e tutti insieme ricordano vagamente una sconosciuta costellazione. Non hanno subito un cambiamento di colore. All'interno di quello più grave e profondo, si scorge, in trasparenza, ciò che c'è sotto. Non ha idea di cosa sia, e ora non le va di chiedere, ma lo farà. Presto. Li tocca, uno per uno. Il respiro della giovane si fa più incerto e irregolare.

"Smettila", Call le sussurra e lei ritrae la mano, per il timore di averle provocato una sensazione spiacevole.

"Ora capisco cosa intendevi, quando mi hai detto che la roba che faccio quando m'imbarazzo ti distrae", Call rompe il silenzio arrossendo.

"Ti sto distraendo?", domanda, ridacchiando a metà tra il soddisfatto e l'impacciato, allontanando il viso per poterla guardare meglio.

"Parecchio, okay?", la giovane ammette, alzando gli occhi al cielo, facendola ridere più apertamente.

"È solo che… non mi sono mai sentita così", le confessa onestamente, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.

"Nemmeno io", il clone risponde, accarezzandole affettuosamente la fronte con il mento.

"Voglio dire… lei si è sentita così, probabilmente… insomma, ha avuto un figlio con qualcuno, no? E mi è capitato di sognare una persona a cui sembrava legata, credo fosse poco prima che le cose si mettessero male", corruga la fronte, nel tentativo di parlare con coerenza.

"Ho alcuni log a riguardo, se vuoi", Call si offre, giocando distrattamente con il bordo della sua maglia, sapendo che si riferisce a Joan Lambert.

"No", Ripley si affretta a rispondere. "Non mi servono, Call. Non m'interessano. Quello che m'interessa sta proprio davanti a me", le sorride dolcemente. "È bello viverlo come se fosse la prima volta", aggiunge sussurrando.

"Coraggio", il clone si riscuote dopo poco, "Domani sarà una giornata… interessante, direi", commenta sfiorandole il naso con la punta di un dito.

"Si!", la giovane conferma, con un largo e luminoso sorriso, "Non vedo l'ora!", aggiunge entusiasta accoccolandosi stretta a lei.

"Allora diamoci una bella ricaricata, si?", la donna infine propone, scherzosa, depositandole un leggero bacio sulla sommità della testa e stringendola a sé.

Non sa come riuscirà a prendere sonno, con tutte le emozioni che sta provando, ma si sforza di chiudere gli occhi, cerca di sincronizzare il respiro col suo e pian piano si sente scivolare in un tranquillizzante torpore.

Quando li riapre, il sole filtra già dalla minuscola grata posta sul soffitto dell'alloggio. Può sentire il corpo della giovane riposare schiena contro schiena col suo e la sensazione è così confortante che quasi le dispiace voltarsi, ma la voglia di abbracciarla ha la meglio e dopo un po' si arrende al bisogno di stringerla stretta contro il suo corpo.

   
 
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