BUONA LETTURA
E’
una calda e piacevole mattinata
primaverile nella cittadina australiana di Perth e una donna dai
capelli neri e
lunghi dorme beata, lasciandosi coccolare dai raggi di un sole non
tipico del
clima spagnolo a cui lei è abituata nel mese di ottobre.
E’
proprio quello stesso sole a penetrare
dalla finestra della sua camera da letto a ricordandole che
è giunta l’ora di
svegliarsi.
“Buongiorno
mia bella Nairobi!” - le sussurra
qualcuno all’orecchio.
“Bogotà,
amore, sei già in piedi? Ma che ore
sono?” – domanda lei, avvicinando il corpo
dell’ uomo al suo, dandogli un bacio
a stampo dolcissimo.
“Mancano
dieci minuti alle otto”
“Cazzo,
davvero? Ma abbiamo un appuntamento alle
nove!” – sobbalza la gitana non immaginando di far
tardi all’ultima visita di
controllo prima di un evento lieto e tanto atteso da ben nove mesi. Si
aggrappa
a quello che ormai da un anno è il suo compagno e scende dal
letto.
“Questo
pancione diventa ogni giorno più
pesante e decisamente ingombrante” – commenta,
dirigendosi a piedi nudi verso
il bagno – “Però mi
mancherà” – conclude, prima di dedicarsi
del tempo sotto la
doccia.
Bogotà,
da bravo uomo di casa, rassetta la
stanza durante la preparazione della futura moglie.
Futura
moglie sì!! Questo perché il
matrimonio non è stato ancora celebrato, vista la gravidanza
inattesa della
donna.
Così,
mentre dà un ultimo sguardo alle varie
camere della casa, controllando che tutto fosse apposto, si trova di
fronte ad
un’ enorme foto che riempie la parete del salone. Ripensa
all’istante in cui
Rio la scattò, a loro insaputa. Era precisamente il giorno
delle nozze di
Sergio e Raquel, quando Nairobi rivelò di essere incinta, e
i due si baciarono
con una delicatezza e un amore tale che gli amici non poterono non
immortalare
il momento.
Oggi,
a distanza di quasi nove mesi, la
coppia è prossima ad accogliere in famiglia il bambino tanto
atteso.
E’
soprattutto Nairobi a sentirsi pronta a
tornare ad indossare i panni di mamma, con tutto ciò che ne
comporta: kili di
troppo, nausee, dolori post cesareo, poppate, notti insonni, pannolini,
ma
anche ad accogliere e dare alla luce il frutto del suo amore con
Bogotà.
“Ci
sono, ho preso tutto!” – dice la Jimenez,
salendo in auto. Così i due sfrecciano diretti verso
l’ospedale dove, ad
attenderli, c’è la ginecologa che ha seguito la
gravidanza.
“Salve,
sono qui per il monitoraggio” – la
gitana saluta e, mano nella mano con il suo compagno, entra nello
studio della
dottoressa Salliwan.
“Prego,
Agata sistemati e vediamo come sta
questo bimbo birichino. Mi ricordo che l’ultima volta,
durante l’ecografia si
muoveva in continuazione. Sarà un bel terremoto,
preparatevi” – sorride la
donna, dando il via alla visita finale.
“Tutto
bene, come stabilito, il cesareo
avverrà domani. Quindi questa sera ti ricovereremo qui,
così sarai pronta
all’intervento domattina” – spiega la
ginecologa.
Il
momento è sempre più vicino ormai e
l’ansia
del futuro papà aumenta.
A
differenza di Nairobi, lui è terrorizzato
da ciò che accadrà quando un nuovo pargolo
entrerà a far parte della sua vita.
Lui
in fondo non è mai stato un genitore
presente e stavolta dovrà esserlo, con tutto ciò
che questo comporta.
Mostratosi
forte durante nove mesi, ad oggi,
ormai prossimo al lieto evento, sente tremargli le gambe. Con il cuore
in gola
e l’ansia alle stelle, si reca a casa, prende alcune delle
cose più essenziali
sia di Nairobi che dei piccolo che sta per nascere e le carica in un
trolley.
Quando
torna in ospedale, incrocia per puro
caso la stanza adibita a Nido, dove da una grande vetrata sono ben
visibili
tanti neonati nelle loro culle. Un giovane papà è
proprio di fronte a quel
vetro e guarda, con lo sguardo innamorato, uno dei bambini.
“Piccolo
mio, il tuo papà è qui e non ti
lascerà mai” – dice lo sconosciuto,
commuovendosi. La sua forte emozione
colpisce anche il cuore di Bogotà che, trattenendo le
lacrime, raggiunge la
compagna. Nairobi, infatti, è stata sistemata in una stanza
singola: è distesa
sul letto e fissa la tv, mentre si accarezza il pancione.
“Ti
mancherà, ammettilo” – le dice il
compagno, distogliendola dai suoi pensieri.
“Cosa?”
– chiede Nairobi, guardandolo mentre
sistema la valigia in un piccolo armadio lì accanto.
Bogotà
senza aggiungere parole, adagia la sua
mano su quella di lei
“Ti
amo” – le sussurra, esigendo un bacio da
batitcuore.
E
infatti il saldatore non esita a farlo.
“Appena
possibile, recupereremo questi lunghi
mesi di astinenza” – lo provoca, modicchiandosi il
labbro inferiore.
Bogotà
sa che Nairobi ha il potere di farlo
arrossire anche solo con l’espressione del viso.
Infatti
diventa rosso mostrando un imbarazzo
che Agata adora.
Il
momento intimo tra loro si interrompe
quando i due si accorgono che il loro bebè ha scalciato con
forza.
“Caspita!
Sa come farsi sentire questo
monello!” – afferma la Jimenez.
“Sarà
sicuramente un maschio. È un
terremoto…”
– sostiene l’uomo, già pronto ad
insegnarli l’arte del suo mestiere.
Nairobi
non si esprime sul sesso del
nascituro. Non ha voluto saperlo e continua a non dargli peso.
Però sono mesi
che ha un presentimento e l’ha tenuto ben segreto.
Sono
le 19 quando un’infermiera di turno
entra nella camera e invita Bogotà ad uscire.
“E’
ora di andare, signore! L’orario di
visite è terminato.”
“Mi
raccomando, aspettami prima di venire
alla luce” – dice il saldatore al pancione della
futura moglie. Poi si rivolge
proprio a lei - “Quando arriverò domattina, tu
sarai già in sala operatoria!”
“Tranquillo,
andrà tutto bene” – lo rassicura.
Dopo
esseri scambiati un ultimo dolce e
intenso bacio, Bogotà va via con il cuore in gola. Si trova
di nuovo davanti al
Nido e a nota una culla vuota.
Sa
già a chi è destinata… manca davvero
pochissimo ormai!
Quella
notte dorme solo, in una casa deserta,
in un letto enorme e sente l’assenza della sua Nairobi. Si
gira e si rigira, non
trovando sonno. L’agitazione è troppa da
impedirgli di dormire. Perciò
trascorre la notte tra dormiveglia, camminata nervosa nel corridoio,
sigaro in
giardino, tv e notiziari vari… insomma la prima notte
insonne a cui ne seguiranno
tante altre.
Nairobi
è invece stranamente rilassata. Dorme
beatamente sognando addirittura l’incontro tra Axel e il
bebè. quell’emozione
forte viene interrotta alle 6.30 del mattino da un infermiere entrato
in
camera.
“Buongiorno
signora Jimenez, è pronta per
questa bella giornata di sole? E’ 27 ottobre e il cielo
è limpido. Direi un bel
giorno per venire alla luce” – dice lo sconosciuto,
aprendo le finestre. “Adesso
bisogna prepararsi per il cesareo” – le comunica.
Però
Nairobi è tranquilla. Sente che manca
davvero poco e questo non può che essere fonte di gioia.
Mentre lei entra in
sala operatoria, dopo vari accertamenti, Bogotà è
già in auto, diretto verso
l’ospedale. È teso come una corda di violino,
tanto che alcune dottoresse che
lo notano in sala d’attesa, gli offrono qualcosa da bere per
rilassarlo.
Tra
queste c’è la Salliwan che si congratula
in anticipo, ricordandogli di essere sempre presente per Agata,
perché il parto
è un’esperienza che stravolge sotto ogni punto di
vista.
Manca
poco…ormai ci siamo… le mani di Bogotà
tremano…vorrebbe fumare per sciogliere la
tensione…Poi il pianto di un neonato
è ben udibile anche nei corridoi e scioglie definitivamente
il cuore del neo
papà.
“E’
nato” – esclama, non riuscendo più a
trattenere le lacrime.
È
un fiume in piena.
E’
allora che l’ostetrica lo raggiunge –
“Lei
è il signor Gonzales?”
“Si,
sono io! La mia compagna come sta? Il
bambino?” – domanda, preoccupato.
“Tutto
benone, nonostante abbiamo riscontrato
nella signorina Agata alcuni disagi fisici, dovuti a passate
operazioni,
addirittura molto invasive, è filato tutto liscio”
– lo informa.
“Grazie
a Dio” – esclama Bogotà, spaventato
da una possibile reazione negativa del corpo di Nairobi
all’ennesimo intervento.
“Se
vuole conoscere sua figlia, a breve potrà
vederla lavata e vestita, nel Nido”
“Figlia?
E’ una femmina?”
“Si,
e deve sentire come strillava!” –
sorride l’ostetrica – “Sarà un
peperino”
“E’
appena nata e già comanda. È proprio degna
figlia di sua madre” – commenta lui, riconoscendo
sempre in Nairobi il ruolo da
leader che la contraddistingue.
A
passo veloce, Bogotà raggiunge il nido ed è
lì che nota la culla che la sera precedente era vuota, che
accoglie ora una
neonata dalla carnagione scura e i capelli neri come la pece. Non ha
dubbi su
chi possa essere quella creatura.
E
mentre l’ennesima lacrima gli riga il viso,
l’infermiera gli chiede – “Quale di
questi è il suo?”
“Non
ha ancora un nome ma è appena nata! La
sua mamma si chiama Na…” – poi si
corregge, abituato al nome di città –
“Agata
Jimenez”
“Bene,
è una bambina bellissima, complimenti!
Un piccolo capolavoro” – la donna prende la neonata
in braccio e la adagia tra
quelle del saldatore.
Bogotà
la osserva mentre si accoccola al suo
petto e le accarezza la guancia paffuta.
È
uno scricciolo che quasi scompare di fronte
alla grandezza fisica dell’omone.
“Sei
un incanto, piccola mia. Papà è qui e
non farò come con i tuoi fratelli e le tue sorelle. Ti
sarò accanto sempre,
sarò una presenza stabile e una certezza per te”
– dandole un delicato bacio
sulla fronte, si inebria del suo profumo, respirando la più
pura felicità.
Nairobi
è in camera quando Bogotà la
raggiunge.
“E’
femmina, visto?” – con voce debole, la
Jimenez gli fa subito notare di aver sbagliato a pensare fosse maschio
– “Io lo
sospettavo da tempo”
“Meglio
di quanto potessi sperare” – le
risponde, dandole un bacio sulle labbra.
“L’hai
vista?”
“Si,
è la tua fotocopia” – precisa lui.
“Adesso
bisogna pensare al nome” – dice
Nairobi, pensando alla lista di quelli scelti mesi addietro.
“Li
abbiamo bocciati praticamente tutti” –
aggiunge l’uomo, ricordando quando comprarono un libro di
nomi per bebè e non
ne trovarono uno che li mettesse d’accordo.
“Penso
sia giusto darle il nome di tua madre”
– quando Agata dice quelle parole, il cuore di
Bogotà accelera il battito. Incredulo
la guarda cercando di capire quanto fosse seria.
“In
fondo piace anche a me” – commenta lei.
“Dici
sul serio?”
“Assolutamente!
Poi ho controllato…è il nome
di una città! E quindi manteniamo la tradizione dei nostri
Dalì”
Il
regalo di Nairobi per il suo compagno è
stato doppio. In una mattina le ha regalato una figlia e per di
più quella
bambina porterà il nome di una delle donne più
importanti della vita di Bogotà.
“Salve,
ecco la vostra piccina, pronta per
conoscere finalmente la sua famiglia” –
l’arrivo improvviso dell’infermiera del
nido, interrompe il momento dolce della coppia.
In
una piccola culla di ferro, con appeso un
bel fiocco rosa, compare un batuffolo dai capelli nerissimi.
Il
neo papà prende delicatamente in braccio
la neonata e la cede a Nairobi.
“Amore
mio, sei bellissima” – si commuove la
Jimenez.
Il
contatto con il corpo della bambina, crea
in lei una sensazione di immenso calore.
Le
sembra in più di rivivere un déjà-vu,
come
quando dieci anni prima conobbe Axel per la prima volta e la sua vita
mutò
radicalmente.
La
stringe a se e si lascia andare ad un
pianto carico di emozioni forti e intense.
Sente
finalmente di aver coronato il suo
sogno. È diventata mamma, di nuovo. Ha un compagno che la
ama e la rispetta. È
al sicuro in un posto ben studiato dal professore, lontano da ogni
pericolo.
Insomma, cosa chiedere di più?
“Benvenuta
tra noi, piccola Alba!” – con quel
saluto, Nairobi dà inizio ad una nuova vita, una vita fatta
finalmente di sole
gioie.
Mentre
la neonata riceve la sua prima
poppata, Bogotà tira fuori dalla sua tasca un cellulare che
gli è stato
regalato da alcuni amici del professore che risiedono a Perth nello
stesso
quartiere e che aiutano i due ex Dalì a mantenere la
copertura, curandone la sicurezza.
Ha
con se una serie di contatti e digita uno
sms e lo invia a ben sette numeri telefonici.
Questo
non prima di aver scattato una piccola
foto della sua bellissima Alba.
“Questa
è Alba, la vostra nuova sorellina!
Spero possiate venire a farle visita un giorno, lei merita di conoscere
il suo
stesso sangue”
Dopo
quel momento di nostalgia verso quei
sette figli dispersi nel mondo, Bogotà inoltra la stessa
fotografia a qualcun
altro.
“Amici
miei, abbiamo allargato la famiglia.
Vi presentiamo un’altra dei nostri, Alba!
Ah…professore, non ci siamo smentiti.
Alba è il nome di una città italiana”
– inviando quel messaggio, l’uomo
ridacchia al pensiero che, anche se casualmente, hanno scelto un nome
di città,
esattamente come Denver fece per Cincinnati.
Con
il cuore leggero, e le farfalle nello
stomaco, come se si fosse innamorato per la prima volta, torna alle sue
donne e
alla vita che d’ora in avanti li attende.