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Autore: Laisa_War    10/03/2021    2 recensioni
Questa storia nasce da una fantasia che accomuna, credo, ogni fan di Vikings (di cui faccio fieramente parte): esser trasportati nel mondo dei figli di Ragnar, per poter interagire con loro e combattere al loro fianco.
Hylde, una normalissima ragazza del 2020, viene spedita nella Kattegat dell'800 d.C. per volere di Odino in persona. Il motivo, per ora, è per lei un vero mistero.
Incontrerà i fratelli Lothbrok, intenti ad organizzare una grande spedizione punitiva ai danni di re Aelle e re Ecbert, colpevoli di aver contribuito alla morte del più grande re vichingo della storia: Ragnar Lothbrok.
Diventerà, col tempo, parte integrante della società vichinga, imparandone gli usi e i costumi. Quella diventerà casa sua, molto più di quanto lo fosse il mondo moderno.
Con questo racconto, i cui capitoli usciranno settimanalmente, spero di potervi trasportare con me in quella fantastica epoca, trasmettendovi le sensazioni che avevo io, durante la scrittura.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Da allora non capitarono più litigi così ingrati tra Hylde ed Ivar, tornarono a volersi bene ed a fidarsi, prendendo quell’episodio spiacevole, di comune accordo, come un incidente di percorso.

La ragazza lo aveva perdonato di buon grado, forse influenzata da quei sentimenti che ancora non aveva avuto il coraggio di confessargli, ma anche incoraggiata dal perfetto comportamento di Ivar, che non osò più mancarle di rispetto, o cedere ad incontrollati scatti d’ira in sua presenza.

Aveva finalmente capito che Hylde non fosse lì per giudicarlo, come aveva fatto la maggioranza delle persone da lui incontrate nel corso della sua vita. Hylde era lì per supportarlo e fargli vedere le cose con occhi diversi, per fargli comprendere che nel mondo ci fosse anche spazio per sentimenti diversi dall’odio, o dal rancore. Non c’era sempre bisogno di starsene sulla difensiva, di proteggersi ergendo quella muraglia di diffidenza e lasciare tutto il resto fuori.

D’altra parte, grazie alla presenza di Ivar nella sua vita, Hylde aveva compreso i profondi benefici del tirare fuori tutta la forza d’animo di cui fosse capace, ad affrontare le difficoltà di petto, con la determinazione tenuta ben nascosta nei meandri del suo essere. Per tutto il corso della sua vita non aveva fatto altro che scappare dai problemi, cedendo di fronte a paure irrazionali e piangendosi addosso senza avere idea di come risolvere le situazioni che l’affliggevano, senza neanche provarci. Era rassicurante sapere di avere una via d’uscita nelle proprie mani, sapere che, nonostante la scarsa autostima, avesse la possibilità di ricercare in se stessa la forza di rialzarsi.

Per questo, entrambi provavano un senso di pace nello spendere del tempo insieme, entrambi imparavano qualcosa di nuovo e traevano beneficio dalla loro reciproca compagnia. Non c’era argomento di cui non discutessero tra di loro, scambiandosi opinioni e consigli. E fu proprio in questo contesto che trovò terreno fertile per crescere l’idea di Hylde riguardo alle gambe di Ivar, che si fidò completamente di lei anche in questo caso.

S’impegnò al massimo anche quando arrivò il momento di rinforzare la muscolatura, aiutato da Hylde fisicamente e mentalmente. Non lo lasciava mai da solo, soprattutto quando Ivar iniziava ad innervosirsi, stremato dal dolore e dalla fatica. Lo spronava sempre quando era ora di testare la forza e la resistenza delle gambe, ed egli raggiungeva il più alto grado di felicità ogniqualvolta riuscisse a portare a termine un movimento che fino a poco tempo prima non si sarebbe mai sognato di compiere.


«Puoi farcela, Ivar! Ti sei allenato tanto per questo momento, avanti!», lo incoraggiò Hylde con un sorriso carico di speranza.

Il tempo era passato. Ormai si era sciolto lo spesso manto di neve che ricopriva ogni cosa di quella terra gelida, amante delle temperature glaciali. Le giornate iniziavano a dilungarsi, regalando a tutti più ore di luce e sole, il quale finalmente iniziava a portare un po’ di quel vero calore tanto agognato. Lo stare fuori casa cominciava a risultare più piacevole, cosa che fece sembrare Kattegat ancor più popolosa e frenetica.

Hylde ed Ivar si erano allenati con costanza, sfruttando ogni secondo di tempo libero per giungere preparati a quel momento. Quella sarebbe stata la resa dei conti, il giorno in cui avrebbero scoperto se l’idea di Hylde fosse valida, oppure se fosse soltanto un pessimo sbaglio. La ragazza si sentiva estremamente sicura del proprio piano, ma il timore del fallimento, di far male ad Ivar, era sempre dietro l’angolo, pendendo sulla sua testa come la spada di Damocle. In caso di esito negativo, ciò che l’avrebbe più ferita in assoluto sarebbe stata la delusione che si sarebbe stampata sul viso di lui, che si era impegnato con tutto se stesso, sopportando tutta la stanchezza provata sulla propria pelle.

Ivar era seduto sul ceppo del loro campo d’addestramento, in quel momento deserto, con Hylde accovacciata davanti a lui per costringerlo a guardarla negli occhi, mentre lo spronava a provarci ancora una volta: «Ormai sei pronto, puoi farcela.». Capiva benissimo il suo stato d’animo, ma non gli avrebbe mai permesso di mollare, arrivati fino a quel punto: lo conosceva e sapeva che le sarebbe stato grato di questo, una volta terminato quell’ennesimo, difficile movimento.

«Ci sto provando, Hylde.», rispose seccamente lui, con la paura celata da una rabbia nervosa. Era vicino al perdere la pazienza, ma solo perché il timore di non farcela stava prendendo il sopravvento.

Hylde aveva imparato a non dar peso a quei sentimenti tutt’altro che costruttivi. Se lui non ci fosse riuscito, sarebbe stata lei a farsi carico di tenere alto lo spirito, di mantenere un atteggiamento positivo. All’improvviso si alzò e tese le braccia davanti al ragazzo: «Ancora una volta! Vieni da me!». Cercò di trasmettergli tutta la serenità di cui fosse capace, regalandogli sorrisi che lo calmassero.

Come prima reazione, Ivar le rivolse uno sguardo esausto, ma non riuscì a resistere con quell’atteggiamento e si rilassò. Non aveva intenzione di deluderla, si stava impegnando al massimo per aiutarlo e far sì che tutto andasse per il verso giusto, uno stato d’animo negativo non avrebbe giovato a nessuno. Si concentrò e fece forza con le gambe, aiutandosi molto coi muscoli delle braccia e del busto.

La ragazza iniziò ad agitarsi, esplodendo in una gioia contagiosa, mentre si avvicinava a lui, per sostenerlo con fermezza per alcuni secondi e poi per dargli una mano a tornare seduto sul tronco. Ce l’aveva fatta, si era alzato in piedi per la prima volta! Anche se per poco tempo, le sue gambe avevano retto il suo peso, si erano fortificate a tal punto, facendo capir loro che avrebbero potuto continuare su quel percorso. Era l’incentivo di cui sentivano il bisogno per poter proseguire con rinnovata speranza.

Per un istante, Ivar rimase fermo, incredulo. Guardava dritto davanti a sé, cercando di regolarizzare il respiro accelerato per lo sforzo fisico e per le forti emozioni. Gli occhi chiari risplendevano di luce propria, tradendo quel profondo senso di felicità che iniziava a delinearsi sul suo viso.

Decidendo di concedergli un momento, Hylde si sedette sulla nuda terra, vicina alle gambe di lui, e le venne naturale accarezzargli dolcemente la coscia con fare rassicurante, partecipando in silenzio all’intensa commozione del ragazzo. Versò lei le lacrime che Ivar tentava in ogni modo di combattere, scesero limpide lungo il suo volto, rendendo palese quanto fosse contenta.

«Sei stato fantastico.», gli sussurrò teneramente, catturando l’attenzione di Ivar, che ricambiò con un accenno di sorriso. Gli prese una mano, stringendola fra le sue: «Questa è la prova che siamo sulla strada giusta.».

Si scambiarono uno sguardo che era il ritratto della gioia più pura e il tempo si fermò. Non ci fu più alcun rumore, come se ogni forma di vita sulla Terra fosse scomparsa, come se i torrenti avessero smesso di scorrere ed il vento di soffiare tra gli alberi in procinto di riempirsi di numerose foglie verdi.

Ivar si voltò completamente verso di lei, le circondò il viso con le mani ed unì le proprie labbra alle sue.

Questa volta, Hylde non ebbe alcun dubbio a frenarla, rispose subito a quel bacio così atteso. Lo aveva sognato dalla prima volta in cui si erano scambiati delle parole, da quando quel ragazzo dallo sguardo così furbo le si era presentato davanti prendendola in giro per i suoi “abiti strani”. L’aveva fatta ridere, facendole dimenticare la paura e, col giusto tempo, l’aveva fatta sentire a casa.

Si baciarono con un’urgenza bruciante, tale da rivelare quanto entrambi lo volessero, unendo le lingue, esplorandosi. S’inebriarono delle loro rispettive anime finalmente unite e dei loro corpi che si stringeva senza lasciarsi andare, compiacendosi di quei tocchi tanto desiderati. Non percepivano il clima mite di quella primavera ancora acerba, attorno a loro, dentro di loro, c’era fuoco vivo e nient’altro.

Nel frattempo, Ivar aiutò Hylde ad alzarsi e mettersi a cavalcioni su di lui, stringendola a sé con impeto, come se cercasse di recuperare in pochi istanti tutto il tempo perso, tutto il tempo non passato insieme a lei.

Quando si divisero per riprender fiato, Hylde si prese un momento per guardare il ragazzo e pensò a quanto fosse perfetto, quel ghigno sarcastico e maledettamente astuto le fece accelerare il battito cardiaco, già messo a dura prova da quella miscela di sensazioni provate tutte in una volta.

«Cosa c’è?», le chiese Ivar con dolcezza inedita, accarezzandole piano la schiena coperta dai morbidi vestiti.

Lei giocò con l’accenno di barba che ricopriva le guance del ragazzo ed inspirò profondamente, mentre gli confessava, travolta da una certa consapevolezza: «Ho attraversato i secoli per trovarti. Sei tu, sei sempre stato tu.». Lo guardò con grande intensità, voleva imprimere nella sua mente tutte le gradazioni di blu nascoste in quegli occhi bellissimi, dal taglio leggermente incurvato verso il basso, che gli conferiva una perenne aria malinconica.

Giocando con qualche ciocca disordinata della ragazza, Ivar ricambiò quello sguardo, più esplicito di qualsiasi parola mai creata dal genere umano. Le si avvicinò, come per tornare a baciarla, ma prima di farlo le rivelò, con un tono alquanto triste: «Sento di non meritarti...». Subito Hylde cercò di smentirlo, però lui continuò: «Gli dei mi hanno portato da te, il tesoro più bello e prezioso con cui potessero omaggiarmi... E non so spiegarmi il motivo di tale dono, ma farò di tutto per celebrare questo onore, per proteggerti. Essere degno di te.». Le parlava con un amore tale da fargli brillare gli occhi.

Nessuno le aveva mai parlato così, non si era mai sentita tanto importante per qualcuno. La ragazza respinse le lacrime, che combattevano disperatamente per poter uscire e ricoprirle di nuovo il volto. Annuì, replicando: «Io e te siamo già degni di noi, solo per il fatto che siamo qui. Insieme.». Gli passò la mano tra i capelli, sistemandoglieli con cura, con fare amorevole.

Per tutto il corso della sua vita, Hylde non si dimenticò mai del sorriso che spuntò sul viso di Ivar in quell’esatto momento. Anche lui provò quella meravigliosa sensazione di sentirsi a casa, al sicuro. Era certo che, se gli fosse successo qualcosa, avrebbe sempre trovato un rifugio accogliente tra le braccia di Hylde, dove nulla avrebbe potuto scalfirlo.

Fece per baciarla di nuovo, preso da una passione irrefrenabile, tipica degli amori appena nati, ma non prima di averla stuzzicata un po’, fingendo il proprio rammarico: «Spezzerò il cuore delle mie molteplici ammiratrici...».

Invece di rispondere al bacio, Hylde lo colpì sulla spalla in risposta a quella provocazione, suscitandogli una risata roca, che però si trasformò in un chiaro verso di disappunto quando la vide alzarsi.

Ignorando completamente le lamentele del ragazzo, lei tese di nuovo le braccia in sua direzione e lo sfidò: «Se ti alzi di nuovo, potrai avere il tuo bacio.».

Ivar sbuffò: «Modo sleale per vendicarsi di una battuta innocente.».

Di rimando, Hylde ridacchiò di gusto nel vederlo così falsamente affranto da quel rifiuto e così gli rispose: «Più azioni, meno chiacchiere.». Quella frase fu seguita da ulteriori sbuffi di Ivar, che però stavolta fu molto più motivato ad alzarsi.




--- Note dell'Autrice ---

Ciao a tutti!
Grazie mille per essere arrivati fino a qui con la lettura!

Lo so, il capitolo di oggi è decisamente più corto rispetto a quelli che scrivo di solito... Il fatto è che, secondo me, gli eventi che accadono sono talmente importanti che non me la sono sentita di "inquinarli" con altre situazioni.

Tenete duro, manca pochissimo alla conclusione del primo arco narrativo, la partenza per il regno dei Sassoni è alle porte... E, fidatevi, non starete tranquilli neanche per un secondo (eheh :D).

Ancora grazie infinitamente, spero di leggere le vostre opinioni nelle recensioni, ci terrei moltissimo!

Un Abbraccio infinito,
Laisa_War
  
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