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Autore: antigone7    27/08/2009    4 recensioni
È venerdì sera e come tutti i venerdì sera siamo, noi soliti cinque più il ragazzo di Audrey, seduti al solito tavolo del solito bar, aspettando che il solito Dave ci porti le solite cose da bere e si sieda con noi.
Siamo Delia, Matt, Audrey con Phil, David, Josh, e io, Jude.
Se te lo stai chiedendo, sì, sono una ragazza. Immagino che il mio nome ti abbia tratto in inganno, ma in realtà mi chiamo Judith, come quell’eroina ebraica che per salvare il suo popolo sedusse e poi tagliò la testa a Oloferne e bla bla bla, esatto. Tutti però, o quasi tutti, mi chiamano Jude come, per restare nell’ambito “paragoni famosi”, Jude Law o come quello di “Hey Jude” dei Beatles, con la piccola differenza che loro sono individui di sesso maschile, io femminile, ecco.

Sei amici, un locale e qualche venerdì sera di troppo...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Marie's and surroundings'
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7. Rivelazioni e assurdità




“Sei gelosa?” chiede Josh con un’espressione indecifrabile in volto.
“C-cosa?” balbetto, evidentemente colta in fallo. “No! Sei matto? No. No.”
“Sei gelosa,” commenta ancora lui e stavolta non è una domanda. Sembra quasi soddisfatto di se stesso, in verità.
“No, Parker, ascolta, non sono… non lo sono, va bene? Di quella…” mi trattengo dal mollare un insulto che scoprirebbe definitivamente le carte, “di Bridget Milton poi, proprio no. Puoi uscire con chi ti pare. Solo, avrei voluto saperlo,” tento di salvarmi in corner senza grossi risultati: Josh sembra non aver nemmeno ascoltato il mio discorso e le sue parole me lo confermano.
“Jude, è ok. Sul serio, va bene. Sei gelosa,” ripete facendomi sgonfiare del tutto. “Che c’è di male? Anch’io lo sono di quel Mike.”
“Henry,” lo correggo meccanicamente prima di capire cos’ha appena detto.
Anch’io lo sono.
Josh non ascolta il mio appunto e continua, mentre il cuore mi balza in gola senza avvisarmi e prende a correre troppo veloce. No, a cuccia.
“Sono geloso di lui, perché ha passato tutta la sera con te e io no. Perché ti ha potuto dire che,” mi squadra con lo sguardo, “stai benissimo, anche se hai il trucco sbavato ora e sembri un piccolo panda,” continua con il sorriso nella voce, “perché ha bevuto, chiacchierato, ballato con te. Mentre io non ho neanche potuto parlarti due minuti o… o raccontarti il motivo del mio ritardo. E mi dispiace, ma sono geloso di quel tizio,” mormora, e sembra davvero, davvero afflitto.
“Qual è?” sussurro, mio malgrado preoccupata.
“Mh?” mugugna confuso Josh.
“Il motivo per cui sei arrivato tardi. È successo qualcosa?” gli spiego mentre mi do mentalmente della stupida per aver pensato che fosse in ritardo per ragioni futili e per averlo odiato. Era ovvio, conoscendo Josh, che doveva esserci qualcosa dietro, ma io l’ho capito solo adesso.
Lui, inaspettatamente, fa un sorriso sghembo e scuote la testa. “Come fai?” Ha il sorriso anche negli occhi mentre mi pone la domanda.
“Come faccio a fare cosa?” chiedo: è mai possibile che questo ragazzo abbia il dono di riuscire a confondermi con due parole due?
“A capirmi così bene. Ho detto sì e no mezza parola sul ritardo e tu già hai alzato le antenne radar e hai intuito che era successo qualcosa.”
“Cosa?” insisto.
“C.J. Ha chiamato dal carcere, pare sia finito dentro per una rissa delle sue, era in un locale mezzo ubriaco. Ho dovuto accompagnare Christine a prenderlo e a pagare la cauzione. Ora è a casa, ma onestamente non ho intenzione di averlo tra i piedi più del necessario, tantomeno voglio che mia madre ce l’abbia tra i piedi. Quindi, ho sentito Jack e ha detto che si preoccuperà lui di sentire una comunità di recupero per alcolisti e tutto il resto.” Tace un attimo riprendendo fiato, poi fa un sorriso malinconico e conclude. “Per una volta i miei sono d’accordo su qualcosa.”
Sono stata un’idiota ad arrabbiarmi con lui per il suo ritardo: già lo sospettavo ma ora ne ho la totale conferma.
C.J. è suo fratello maggiore, se n’è andato di casa quando Josh aveva appena quattordici anni e l’ha lasciato a smaltirsi i problemi familiari e i litigi dei suoi da solo. Non è mai stato un fratello granché responsabile, eppure in qualche modo Josh gli voleva bene: all’epoca suo padre, Jack appunto, – il mio amico ha l’abitudine di chiamare i suoi genitori per nome, quasi volesse distaccarsene – aveva un’altra donna e la situazione in famiglia era tesa e instabile. Quando mia madre ha scoperto che Christine, la madre di Josh, sapeva già tutto del tradimento del marito ma non voleva lasciarlo, ha tentato di farla ragionare, senza successo. È a quel punto che le nostre famiglie si sono allontanate: mia madre ha litigato con Jack, poi ha litigato anche con Christine, che la accusava di insensibilità. Io e Josh avevamo sì e no undici anni. Dopodiché, la storia è già conosciuta: anch’io e il piccolo Parker abbiamo preso a odiarci, finché non ci siamo riavvicinati all’inizio del liceo. Suo fratello C.J. se n’era andato di casa e aveva evidenti problemi con la legge, i suoi genitori stavano divorziando e lui aveva un immenso bisogno di affetto, amicizia e stabilità. Sono stata la sua ancora di salvezza e lui per me è stato un continuo stimolo a migliorarmi e a crescere. Adesso chissà cosa diventeremo.
Quando Josh finisce di raccontare, mi sento una merda. L’ho attaccato per il ritardo, senza pensare minimamente a come potesse sentirsi lui. Conosco alla perfezione i problemi della sua famiglia e immagino come possa essersi sentito: vorrà aiutare sua madre e proteggerla, si sentirà in colpa per suo fratello, sarà stupito perché Jack è tornato a fare il padre.
E stanco, con quello che gli è successo sarà sicuramente stanco. Eppure ora è qua davanti a me a sorridermi metà malinconico metà rassicurante, come se fossi io tra i due a stare peggio.
“Josh?” lo chiamo incerta.
“Sì?”
“Non ti capisco poi così bene.”
Lui sbuffa e rotea gli occhi. “Andiamo, non essere modesta anche in questo, Freeland. Hai capito senza che…”
“No, dico sul serio. Avrei dovuto intuire appena ti ho visto che c’era qualcosa che non andava, invece mi sono infastidita perché eri in ritardo e… beh, mi sono comportata in modo stupido.”
“Tranquilla, eri solo gelosa.”
Mi acciglio. “Sei un grosso idiota. Ti ho detto che non ero gel…”
“Sì, perché mi hai visto arrivare con quella stupida di Bridget Milton. E lo capisco, sul serio!” sorride canzonatorio e continua. “Cioè, lei è davvero una cretina…”
“Sei tu il cretino,” borbotto distogliendo lo sguardo senza però riuscire a interromperlo.
“…e, ti giuro, l’ho incontrata qua fuori per caso, non avevo previsto nulla. Anzi, se avessi previsto di incontrarla, certo mi sarei travestito da monaco buddista pur di evitarla. Mi ha tediato tutta la sera,” sospira con aria melodrammatica.
“A me non sembravi poi tanto tediato,” mugugno prima di riuscire ad autocensurarmi, dopodiché mi copro la bocca con la mano e lo guardo colpevole. Dal canto suo, Josh scoppia a ridere – per la cronaca, era da un po’ che non glielo vedevo fare e ora la sua risata mi toglie improvvisamente e inspiegabilmente un grosso peso dallo stomaco – e scuote la testa comprensivo.
“Vieni qui, dai…” mi ordina allegro, e nel dirlo si sporge e mi prende per stringermi a sé, cosa che non gli lascerò fare tanto facilmente. Mi oppongo come posso al suo tentativo di abbraccio, puntandogli le mani sul petto e piantando i piedi per terra, ma Josh è senza dubbio più forte di me. Mentre ancora ridacchia, borbotta uno “scema” a bassa voce, infine riesce ad avvicinarsi e allacciarmi le braccia dietro la schiena. O forse sono io che cedo e glielo lascio fare, dato che subito mi sciolgo al contatto e mi appoggio totalmente a lui.

“Sei gelosa,” mi sussurra di nuovo Josh all’orecchio, stringendomi di più e accarezzandomi i capelli. Questa frase è diventata il refrain della serata, basta!
“Smettila, cretino,” mi lamento senza però allontanarmi da lui.
“Beh, è così,” continua, sempre più convinto.
“No,” ribadisco, ma Josh sembra scettico.
“Com’è, allora?” chiede lui spostando la testa per guardarmi in faccia.
Mi prendo un po’ di tempo prima di rispondere e il mio silenzio è già di per sé abbastanza eloquente. Dopodiché mi stacco riluttante dal suo abbraccio, mi allontano di un paio di passi, mi giro dandogli le spalle e finalmente parlo.
“Ok, sono infastidita e magari in parte è dovuto alla gelosia. Ma è normale, sono la… la tua migliore amica e tu…”
Non mi lascia neanche finire la frase.
“Non si tratta solo di questo,” mi interrompe.
“Eh?”
“Sei la mia migliore amica, ma non si tratta solo di questo. Ci siamo baciati e…” comincia lui, ma stavolta sono io a bloccarlo sul nascere.
“Mi pareva fosse una questione chiusa,” sbotto infastidita dalla sua insistenza, voltandomi di nuovo a guardarlo.
“Non per me,” ribatte perentorio.
Ah, è così, allora?
“Josh, eravamo d’accordo. Ti ho detto di lasciarlo alle spalle e tu hai detto ok.”
“Non credo di sbagliarmi se dico che sull’argomento non sei d’accordo neanche con te stessa,” insiste il mio amico beccandosi una mia occhiataccia incenerente. “Come pretendi dunque di essere d’accordo con me, quando sanno tutti che litighiamo ogni piè sospinto?”
Assottiglio lo sguardo e incrocio le braccia, guardandolo senza capire dove vuole arrivare. “Cosa stai dicendo?”
Lui non sembra per niente impressionato dal mio show “il-capo-sono-io” e, anzi, mi lancia uno sguardo di sfida avvicinandosi un po’.
“Se adesso ti baciassi, come reagiresti?” chiede, e io per poco non faccio un balzo indietro.
Riesco miracolosamente a mantenere la dignità necessaria a restare ferma e squadrarlo con rabbia.
“Ti prenderei a botte,” rispondo decisa.
“Sicura?” domanda con un sorrisetto provocatorio, ma non si avvicina ulteriormente.
“Parker. Sì, fidati: ti prenderei a botte,” ribadisco senza sconvolgermi più di tanto: sono abituata a questi suoi giochetti psicologici idioti, senza contare che sono cresciuta con un fratello più grande e ho dovuto superare prove ben peggiori.
Josh non mi risponde, si limita a lanciarmi un’occhiata dubbiosa e ironica, incrociando a sua volta le braccia sul petto.
“Sei odioso quando fai così,” sbuffo girando la testa per prima, incapace di reggere i suoi stupidi occhi blu.
Josh sospira. “Ok, scusa,” dice, e si avvicina schioccandomi un rapido bacio sulla guancia prima che io riesca a comprendere le sue intenzioni. “Pensaci però,” conclude parlando direttamente al mio orecchio, dopodiché si volta e rientra nel locale.
Dovrei pensare a cosa?

Quando rientro del tutto al Marie’s, cioè dopo aver messo a posto la mia faccia che ormai era disastrata, mi sento non poco spaesata. Ho talmente tanti dubbi da risolvere che non mi stupirei se qualcuno mi si avvicinasse chiedendomi cosa sono tutti quei punti interrogativi che mi volano sopra la testa. Li posso sentire, che mi svolazzano intorno tutti allegri picchiandomi simpaticamente sul cranio, sia dentro che fuori.
Cosa devo fare ora?
Faccio, come prima, finta di nulla e continuo imperterrita la mia serata?
Cerco di mantenere un freddo distacco, anche se pare impossibile, e mi do all’alcol?
Vado da Josh e lo prendo a sberle? Lo bacio davanti a tutti? Lo guardo da lontano? Lo ignoro?
Mi nascondo in un angolino e intanto chiamo Kerr perché mi venga a prendere il più in fretta possibile?
Parlo con qualcuno dei miei amici – Aud o Dave – del casino incommensurabilmente grande che ho combinato?
Queste ipotesi mi sembrano una più spaventosa dell’altra, a dirla tutta.
Come dici? No, non ho alcuna intenzione di andare veramente là e baciarlo davanti a decine e decine di persone che conosco, non sono una masochista e comunque non risolverei un bel niente. Era solo una battuta la mia; anzi, ti dirò, è assai più probabile che decida di prenderlo a sberle. Oltretutto, se lo meriterebbe non poco.
No, non è vero, non lo meriterebbe. Non ha fatto nulla di male, è stato onesto, forse un po’ criptico, ma onesto.
Una cosa però potrei farla adesso, giusto per rimanere in tema onestà: immagino che Henry sia ancora qui da qualche parte ad aspettarmi, accidenti. L’ho abbandonato una mezz’oretta fa ormai, dopo essermi strusciata addosso a lui durante quel ballo: se ci penso mi vergogno immensamente di me stessa, tanto che vorrei scavarmi una buca. Una cosa del genere non l’avevo mai fatta. Se davvero Henry era interessato a me nel senso romantico del termine, io l’ho illuso in maniera colossale e ingiusta, pur sapendo di avere in testa un altro ragazzo che, purtroppo, non sparirà dai miei pensieri molto facilmente.
Ora devo cercarlo e parlargli con sincerità, almeno per mettermi apposto la coscienza.
Eccolo là, lo vedo. È seduto a un tavolo che parla con qualche suo amico, immagino. Mi avvicino con cautela – sono una fifona, lo so – e gli tocco la spalla per chiamarlo. Non appena si gira, Henry mi sorride e io mi sento molto, molto in colpa.
“Ehi, sei qui. Dov’eri finita?”
“Scusa, Henry, mi dispiace tanto, davvero. Non so che intenzioni hai con me, cioè, magari non ti piaccio nemmeno, comunque mi dispiace, ma non possiamo uscire insieme. Nel senso… non so se a te interessa davvero, comunque… c’è un altro e… non è che sono fidanzata, no no, solo ho la testa troppo occupata al momento e non avrei mai dovuto comportarmi così, sul serio, sono una stronza. Scusa.”
Ho parlato senza praticamente fare pause, tutto d’un fiato. Non mi sono neanche resa conto di quello che stavo dicendo, e adesso mi sento una perfetta idiota: ho appena espresso a parole senza il filtro cervello-bocca ciò che mi passava per la testa, e il risultato non è stato certo dei migliori.
Henry, infatti, mi guarda come se avessi parlato aramaico e non accenna a muoversi per diversi secondi. Dopodiché, si mette a ridacchiare e scuote la testa.
“Va bene,” risponde soltanto.
“Co-come?” balbetto io, sorpresa e ancora intontita dall’alcol.
“Ho detto che va bene. L’ho capito dall’inizio della serata che non ci stavi con la testa. Non nel senso che sei pazza eh,” specifica carinamente, anche se avrebbe i suoi buoni motivi per pensarlo. “Cioè, si vedeva che pensavi ad altro.”
“Davvero?”
“Sì,” fa lui, alzando le spalle, “ma non fa niente.”
“Tu sei troppo buono con me,” mormoro, quasi affranta dalla sua reazione.
“Forse hai ragione, me lo dicono in molti…” afferma Henry pensieroso grattandosi il mento. “Comunque, a questo punto io torno a casa coi miei amici che stavano andando. Se dovessi cambiare idea,” continua prendendo un pezzo di carta e facendo spuntare una matita da non so dove, “questo è il mio numero,” conclude porgendomi il foglietto dopo averci scribacchiato sopra delle cifre.
“Ciao Jude,” mi saluta infine, sorridendo appena, e se ne va.
La conversazione che abbiamo appena avuto è talmente inverosimile che resto immobile per diversi secondi, col numero di Henry ancora in mano, domandandomi se sto sognando e se tutta la scena è frutto della mia mente malata. Ma contate le cose assurde che mi sono successe di recente, direi che quest’ultima diventa quasi quasi probabile.

Sono ancora ferma immobile nel punto in cui mi ha lasciata Henry da un tempo variabile tra i dieci secondi e i dieci minuti. Non so bene quanto, insomma. Credo che il mio cervello si sia incastrato, perché non riesce a formulare pensieri coerenti, dato che mi rifiuto di definire coerente la marea che mi è passata finora per l’anticamera della testa. È un casino pazzesco, che suona tipo così:
Josh, Josh, Josh, cosa faccio? Josh, ho bevuto troppo! Josh, Josh, “Pensaci però”, Henry, assurdo, Josh,
“Se ti baciassi adesso, come reagiresti?”,
“Non capisco neanch’io che sta succedendo, Free”,
“Sei gelosa”,
“Allora dovresti buttarti”.
È un casino pazzesco e piuttosto ripetitivo, oltretutto. Perlopiù penso a Josh, a frasi dette da Josh, a cose legate a Josh, tranne qualche piccola intrusione di Henry e quell’ultima frase, quel “dovresti buttarti” detto da quello sciroccato di mio fratello.
Non so cosa fare, non so cosa voglio. Odio Josh per avermi costretto a pensarci, odio il mio cervello che non sa partorire un pensiero decente, odio il fatto che il prossimo passo tocchi necessariamente a me, perché non so assolutamente come muovermi. Anzi, so che preferirei stare ferma in eterno, ma purtroppo non è possibile.
Vedo vagamente una mano che mi sventola allegra davanti agli occhi e per poco non mi viene un infarto. Sbatto un paio di volte le palpebre, riprendendomi, e identifico la persona che mi sta di fronte e mi guarda con espressione preoccupata e divertita.
“Tutto bene?” domanda Matt, piegando leggermente la testa di lato e sorridendo.
“Sì,” rispondo, poi scoppio in una risatina isterica. “Mi hai fatto prendere un colpo.”
“Testa da un’altra parte, eh?” mi chiede furbo lui, con l’aria di chi la sa lunga.
“Un po’,” ammetto, tornando seria.
Naaah, Matt non sa proprio nulla, sono solo io a vedere malizia anche dove non c’è.
“Immagino,” dice sorridendo. E, di nuovo, sembra davvero che sappia tutto.
Stupida paranoica, mi insulto mentalmente.
Alzo un sopracciglio, tentando di sembrare minacciosa. “Tu non dovresti essere a lavorare?”
“Mi sono preso un attimo di pausa, dato che la gente comincia ad andarsene. E tu? Cosa ci fai qui ferma come un palo?”
Scuoto la testa, ripensando alla conversazione con Henry. “Ho appena parlato con un ragazzo, un certo Norris.”
“Chi? Quel tipo tappo e castano con cui hai ballato?”
Pare che quella parte della serata l’abbiamo trasmessa in mondovisione: mi hanno vista proprio tutti, eh.
“Non è basso,” specifico scioccamente.
“Beh, è più basso di me,” si difende Matt scrollando le spalle.
Rido. “Non tutti sono dei principi azzurri biondi e perfetti.”
Lui alza di nuovo le spalle. “Che gli hai detto per farlo scappare così?”
Tentenno, poi decido di dirgli la verità. Gli racconto velocemente come ho passato la serata con Henry e lui mi ascolta interessato. Arrivata alla fine, concludo spiegandogli l’ultima stranissima conversazione.
“Credo di aver bevuto un po’ troppo e mi si è inceppato il filtro cervello-parola. Ho parlato a macchinetta, sembravo un’idiota. Gli ho detto che non posso uscire con lui, in breve.”
Matt ridacchia, sembra divertito. Lancia fugacemente un’occhiata dietro di me, dopodiché mi risponde. “Ti si dovrebbe inceppare più spesso il filtro cervello-parola o cervello-azione, a te. Ti farebbe bene.”
Non capisco cosa sta farneticando. “Perché?”
“Ti impedisce di fare molto, quel filtro. Ti blocca. Cacchio, dovresti farti meno problemi e agire di più.”
“Cosa intendi?”
“Jude, sei innamorata persa, ormai si vede a chilometri di distanza. Perché non ti dai finalmente una mossa?”
“Eh??” Sbianco spalancando la bocca, paralizzata.
“Non fare quella faccia, è evidente,” spiega Matt sorridendo di nuovo. “Voi due siete sempre così perfetti insieme. E poi tu ultimamente hai la testa che non funziona, dev’essere per forza colpa di un ragazzo. Chi altro, se non il nostro amico J.P.?” dice guardando di nuovo un punto alle mie spalle.
Sto avendo in questo momento un’altra conversazione inverosimilmente assurda, con Matt tra le altre cose, per dio. Non che io abbia qualcosa contro il mio amico ma… beh, nel gruppo è quello forse più distante da me, nel senso che è quello con cui parlo di meno. Mi sarei potuta aspettare che Audrey, sempre così attenta ed empatica, capisse qualcosa dei miei sentimenti. David con la sua sensibilità gay intuisce spesso ciò che provo, non mi sarei stupita più di tanto che sospettasse di me e Josh. Anche Delia forse, data la sua immensa maliziosità, avrebbe potuto capire. Ma se mi avessero detto che avrei fatto una conversazione del genere con Matt, non ci avrei mai e poi mai creduto. Cioè… è la serata dell’Impossibile! Io non mi confido mai con Matt e, nonostante questo, lui ha capito tutto, ma proprio tutto.
Scuoto la testa. “Sono così trasparente?”
“Abbastanza,” ammette il mio amico. “Magari non volevi confidarti con me, ma mi sembra una cosa stupida che tu stia ancora qui a lambiccarti il cervello. Elimina quel filtro e agisci, giovane!” esclama enfatico.
Decido di contrattaccare, con l’argomento Delia. “Senti chi parla! Tu è da anni che sei attratto dalla nostra amica in comune!”
“Audrey è molto bella, ma non è il mio tipo,” ribatte Matt senza scomporsi.
“Non fare il furbo con me, sai di chi stiamo parlando, e non è Aud!” gli rispondo.
Lui sospira. “È più complicato di quello pensi. E poi Gray a quest’ora sarà imbucata con qualche bel ragazzo,” dice guardandosi intorno. “È più complicato di ciò che pensi,” ripete.
“Lo è anche per me,” sussurro abbassando gli occhi, triste di fronte alla consapevole arrendevolezza di Matt.
“Non lo è,” dice convinto lui. “Se tu lo vuoi e se fai qualcosa, non lo è. Non per te e Josh.”
Sono stupita, esterrefatta e stralunata da questa chiacchierata. Ripeto, è la serata dell’Impossibile, non c’è altra spiegazione!
Io e Matt stiamo un po’ in silenzio, poi sentiamo entrambi David che chiama dal bancone del bar. “Matt, vieni. Ho bisogno del tuo aiuto.”
“Scusa, il lavoro mi chiama,” dice Matt allontanandosi. “Elimina il filtro, Jude.”
“Dovresti seguire tu stesso i consigli che dai agli altri, sennò non valgono un tubo!” gli urlo dietro mentre se ne va.
Lui mi guarda sorridendomi un’ultima volta.

Dopo quest’assurda conversazione – assurda come tutta la mia vita nelle ultime settimane, tanto che sto pensando di cambiare nome in Judith Absurdity Freeland – non capisco più se tutte le persona intorno a me sono contro di me o stanno realmente cercando di aiutarmi. Prima mio fratello che mi dice di buttarmi, poi Matt che vorrebbe vedermi eliminare il filtro cervello-azione: entrambi mi hanno tutto sommato suggerito la stessa identica cosa e, cavoli, sono due persone che mi vogliono bene e che quindi desiderano il meglio per me.
Che poi, io davvero non so cosa voglio fare? O perlomeno, davvero non so cosa voglio? Mi sto mentendo. Io so cosa vorrei, solo che ho paura di pensarlo ad alta voce. Sempre che sia possibile, pensare ad alta voce.
Ci proverò, comunque. Io sono innamorata di Josh. Io vorrei… scappare in Groenlandia e non vederlo mai più. No, non è vero. Sii seria, Jude.
Ok, allora. Vorrei essere rimasta a casa sotto le coperte con Gandhi, stasera e per sempre. No. Quella che parla è la mia voce da fifona, quale io sono.
Cerco con lo sguardo il mio migliore amico e lo trovo dall’altra parte del locale, proprio dove aveva sbirciato Matt mentre parlavamo. È ordinatamente appoggiato con la schiena al muro mentre chiacchiera con un ragazzo che non conosco. Il cuore mi si ferma per un paio di battiti, colpevole e rivelatore. Josh sorride, si gratta un orecchio, dice qualcosa. Non vedo Bridget, per fortuna.
Va bene. Sono innamorata di Josh, l’ho già detto. Sono pazza di lui e ora vorrei… vorrei andare là e…
“Sei ancora qui?”
Matt interrompe i miei pensieri facendomi nuovamente trasalire.
“Sembri un pesce lesso, Jude, dovresti…”
Non ascolto neanche quello che ha da dire, sono già in movimento. Cammino con gli occhi puntati su Josh e il cuore a mille.
Sento già che sto per fare un’assurdità, l’ennesima della serata. Ma non mi fermo.













Chiedo perdono per il ritardo, ma avevo avvisato che sarei stata un po' via. E, una volta tornata, il capitolo era ancora da  finire.
Ora manca solo l'ultimo: devo ancora scriverlo, ma ce l'ho tutto in testa, circa. Beh, insomma, lo strazio di Jude sta per finire, contenti? :)
Taglio corto e rispondo alle recensioni...


Aika_chan: Ossignore, non ci posso credere che abbiamo due personaggi che si chiamano alla stessa maniera! ^^ Certo, Josh Parker non sarà un nome originalissimo, ma non è neanche il più banale in circolazione, che assurdità! Ora non ho molto tempo, ma appena posso a sto punto passo a vedere la tua storia, è d'obbligo; anche perché mi hai fatto i complimenti anche per il nick, quindi... A presto.

xXBlack Rose OSheaXx: Noooo, povero Josh, non massacrarmelo così! In realtà è più furbo di quello che lo faccio sembrare, contando anche che la storia è raccontata da quella sciroccata di Jude... Solo che ha bisogno dei suoi tempi, povera stella... ;)

Novembre: Grazie per i complimenti sulla storia e... No, non provo alcuna avversione per le bionde, giuro. Sarebbe una cosa stupida perché, ti dirò, ho i capelli di un bel biondo scuro! :) Pensa che Bridget è descritta attraverso gli occhi di Jude, che ovviamente la odia per i motivi a noi noti, quindi ogni motivo per lei è buono per insultarla. In realtà, in questa storia mi sono allenata con un po' di cliché stupidi e banali, ma divertenti da trattare: quello dell'amicizia-amore (Josh/Jude), quello dell'amore-odio (Delia/Matt), e anche quello dlle bionde oche, a cui in realtà non credo per nulla. Ne ho usati anche altri di cliché, ma non sto qui a tediarti. Volevo solo specificare che sono bionda e felice di esserlo!

FourWalls: Oh, grazie mille per la definizione "film", ancora. Prometto che appena ho un po' di tempo vengo a leggere la tua storia, è che sono appena tornata e ci tenevo ad aggiornare, sorry.


Alla prossima e ultima puntata, gente! Au revoir..


  
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