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Autore: eclissidiluna    11/03/2021    1 recensioni
ATTENZIONE SPOILER STAGIONE 14: DA NON LEGGERE SE NON AVETE VISTO TUTTA LA SERIE COMPLETA (per i molti riferimenti dalla prima in poi)! Ritroverete alcuni personaggi “rivisti e corretti”, come mi sarebbe piaciuto vederli “evolvere” nella serie. Di alcuni ho colto qualche aspetto, approfondendo, di altri ho dato una versione più “personale”. Un nuovo treno sui binari della mente che viaggia. Ma nel titolo c’è la stazione di partenza e quella di arrivo. Gratitudine quando mi emoziono rivedendo un episodio. Gratitudine verso chi, condividendo l’arte della parola, mi permette di entrare nel suo mondo. Gratitudine verso chi, leggendo ciò che scrivo, entra nel mio.
Riconoscente alla vita…continuo la mia esistenza imprigionata in un corpo adulto…ma con l’anima libera di un bambino.
Buon viaggio!
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Jack Kline, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Più stagioni
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Una barca in mezzo al blu.

E’ una giornata di sole, c’è una lieve brezza e al largo si gode di un panorama che sa d’infinito. Jack ammira l’orizzonte con quel suo sguardo da bambino nel corpo di adulto. Sam ha i capelli scompigliati dal vento e ogni tanto, infastidito, li scosta dagli occhi. Castiel scruta il cielo, affascinato dalla forma delle nuvole bianche che sembrano zucchero filato. C’è un velo di malinconia nel suo sguardo inquieto verso quell’azzurro così vicino e, al tempo stesso, così lontano.
Potrebbe essere un viaggio di piacere. Una gita tra le onde per raggiungere una spiaggia di sabbia fine, tanto desiderata, tanto sognata da Dean e mai vissuta.
Potrebbe se, su quell’imbarcazione rimediata a suon di centoni da “gente che non fa domande”, non campeggiasse la cassa di Malak.
No, non è una gita di piacere…è come doveva finire.

Dean lo ha sempre saputo e, adesso che è tutto pronto, non gli resta che recitare la sua parte. Dovrà mantenersi calmo, evitare di rendere le cose più difficili di quanto già siano. Ha tutto in mente. In quella testa allo stremo, tormentata da un martello pneumatico che gli trivella le meningi. Ma una minuscola porzione di cervello è ancora intatta. E’ quella “zona sana” che lo sosterrà, che riuscirà a fargli dire addio con briciole di lucidità. Poi, quando lui e Michele, saranno soli, in fondo all’oceano, si lascerà andare. Non dovrà più opporre resistenza. Libererà quel figlio di puttana quando non potrà più nuocere ad alcuno. Se non a Dean stesso. Ma lui non conta. Al confronto dell’intera umanità lui cosa può contare? Al confronto della vita di Sammy cosa è mai contato? Meno di niente. E allora… si va in scena.

“E’ ora Sam” esclama, quasi sorridente.
Sam deglutisce. Gli occhi pieni, il labbro sottile che trema lievemente, il capo che si muove in un gesto di disperato dissenso “Ancora…ancora un momento Dean…per favore…” accenna.
Dean lo guarda e, a fatica, mantiene il tono disinvolto di chi non può sbagliare neppure una battuta “Eh no Sammy, non vorrai mica tardare a restituire questa bagnarola?! Quelli sono capaci di chiedervi il doppio del prezzo concordato! Non ti ho insegnato a sprecare così il denaro faticosamente guadagnato a poker!” asserisce sarcastico.
“Ma non li hai vinti a poker…li avevi già quei soldi… ti ho visto tirarli fuori da una cassetta, al bunker…” precisa Jack, con la sua solita logica innocente, corrugando un poco la fronte, con aria interrogativa.

Dean si passa una mano sul viso, squadrandolo con tenera malinconia. Gli mancherà quel ragazzo dai “superpoteri”, quella sorta di “ibrido”, nato dalla determinazione di una madre coraggiosa e dalla schizofrenica ambizione di un padre da incubo! Coglie la palla al balzo per tentare di smorzare la tensione, rivolgendosi a Sam “Giurami che gli insegnerai qualche battuta, che l’obbligherai a guardare qualche vecchio film comico…non può andare avanti così! E’ nel corpo di un ventenne con il senso dell’umorismo di un poppante!”
Sam abbozza una smorfia che, nelle intenzioni, vorrebbe essere una risata…risulta un ghigno forzato.

“Ok Dean, ci proverò…anche se in famiglia, quello con la battuta pronta sei sempre stato tu, non credo di essere ai tuoi livelli...”. Dean apprezza l’impegno del fratello. Sa quanto gli costi quella guancia contratta che spaccia per sorriso. Ma Dean vuole che, in quel commiato, prevalga la leggerezza, com’è nel suo “stile”. Perché sa che quel dolore sarà grande, pesante. Sarà troppo. Per tutti.

Osserva Jack con l’affetto che si riserva a un figlio “Ehi ragazzino, senso dell’umorismo a parte… stai crescendo bene e mi raccomando…non fare cazzate, ok? Tieni da conto la tua anima…è troppo importante!” e glielo sottolinea ponendogli il palmo della mano sul petto.

Jack ricambia quello sguardo, con sofferenza e gratitudine, in attesa di un abbraccio. E, quando quel momento arriva, Dean gli sussurra all’orecchio “Non consumarla Jack, Sam non sopporterebbe di perdere…di perdere anche te, di nuovo! Promettimelo!” ripete con più impeto, pur sottovoce.
Jack rinforza la stretta “Te lo prometto Dean” e, in quell’istante ad occhi velati, percepisce tutta la disperazione di chi ama come un padre. Dean è fatto così, Dean è a brandelli ma, come sempre, cerca di nascondere ciò che prova dietro l’atteggiamento strafottente e sicuro. Jack lo ammira per questo anche se vorrebbe tanto che, all’ultimo minuto, si voltasse dicendogli “Ci siete cascati, vero?! Pensavate davvero che mi sarei chiuso lì dentro?!”. Prega Jack…prega di… “esserci cascato”.

Poi è la volta di Castiel. Dean gli si avvicina, a passi lenti, mettendogli una rassicurante mano sulla spalla.
“Ciao Cas…grazie di tutto…per tutte le volte che ci hai aiutato, che ci hai riportato in vita, hai risolto i nostri casini o almeno ci hai provato…” Dean per un attimo si accorge che la voce s’incrina “Lo sai…sei un fratello per me…peccato che alcuni tuoi fratelli, come quello che sta ballando la samba nella mia testa, siano dei fottutissimi stronzi ma… che ci vuoi fare…ogni famiglia ha i suoi problemi!” asserisce sarcastico.

Ma Castiel non ha voglia di scherzare.
“Dean…se solo…se solo ci avessi dato altro tempo…se solo…” Dean lo interrompe con fermezza “Basta Cas, va bene così, è la cosa giusta da fare, lo sappiamo tutti…lo so io, lo sapete tu e Jack e…e lo sa anche Sam. Te lo affido Cas…” conclude, guardando quell’angelo diventato sempre più umano che ora, dopo anni da quel loro primo incontro, non fa nulla per nascondere le proprie emozioni.
“Dean…amico mio…” e anche quell’abbraccio è caldo, sincero, confortante ma non è quello più difficile.

Dean decide di giocare d’anticipo. “Sammy… Io sono pronto e non ho nessun rimpianto…credimi” e lo tira a sé ad occhi chiusi.
Sam gli cinge la schiena e lo trattiene per un tempo che pare infinito perché Sam non ha alcuna intenzione di lasciarlo andare. E’ quasi una gara di resistenza tra i due, anche se il minore, sa di non poter vincere. Ma quando Dean si ritrae, con risolutezza, per fuggire a quella stretta, Sam ha vinto comunque.
Dean sente lame affilate trafiggergli le pupille. Le lacrime si ribellano prepotenti e lui, per arrestarle, ricorre a tutta la sua concentrazione, serrando un paio di volte gli occhi. La salivazione è azzerata, il cuore improvvisa un concerto rock, alternandosi ai colpi di Michele che, impietoso, continua a scalciare contro la “porta”, nella sua mente. Dean resiste, deglutisce il niente come quando, poco più che bambino, nascondeva la paura. E non piange. Un cacciatore impara in fretta che, i primi “mostri” da combattere, sono proprio quelle stille da “cacciare” con forza.
Ma Sam non ha mai preso alla lettera l’addestramento e le “regole” del cacciatore e lascia che, quelle stesse “prede”, gli righino il viso… spontanee, silenziose, indisturbate.
Dean ha un attimo di esitazione “Sammy…no…ti prego…” come a chiedergli di non farlo entrare in quella scatola di metallo dove il buio non avrà fine, con l’ultima immagine di lui, il suo Sammy, fragile e annientato.
Sam allora si asciuga il volto, accenna un sorriso e sta al gioco. Glielo deve. Anche lui ha un ruolo da interpretare e cercherà di farlo al meglio. Fino al calare del sipario.

“Ehi…va tutto bene, ne abbiamo parlato…sai che odio gli addii” tenta di scherzare, cercando di essere credibile  “ma…ma me la caverò e… non penserò…come dici tu, pensare è sopravvalutato…e poi avrò un gran da fare con Jack, è messo peggio di Castiel all’inizio!”
Dean ride, insieme a Sam, l’unico al mondo capace di fargli cambiare idea, facendolo tornare sui propri passi ma che, stavolta, deve accettare la sconfitta. Sta mentendo, sta fingendo rassegnazione e accettazione. Dean lo sa. Dean se lo farà bastare, non può chiedergli oltre. Del resto anche la sua risata è finta. E’ l’ultima scena. Per entrambi. Tra un attimo tutto sarà finito.

Apre la cassa, ci entra dentro. Si mette in posizione orizzontale, come un cadavere in un sarcofago senza ritorno. Purtroppo non sta “vivendo” la morte. Arriverà a desiderarla, ad invocarla, a implorarla. E Michele non avrà pietà. Lo torturerà in eterno facendogli rimpiangere i quarant’anni trascorsi all’inferno.
Mentre pensa a cosa lo attende mantiene comunque il suo tono scanzonato. Fa l’occhiolino passando da uno all’altro, da Jack a Cass, a Sam come in un tragico balletto. “Non divertitevi troppo senza di me, ok?!” esclama ancora mentre si sofferma su Sam. Conserverà il volto di suo fratello che simula tranquillità… per lui. Forse quel ricordo lo aiuterà a non impazzire o, almeno, ad impazzire il più tardi possibile.
Vede la lastra in ferro chiudersi sopra di lui, implacabile, togliendogli luce e bloccandogli il respiro, come nei suoi incubi peggiori. Ora, finalmente, le lacrime poco prima frenate, possono scivolare libere sul suo viso tirato. Ha finito. Ha recitato fino all’ultima battuta. Ormai il regista sarà un altro. Michele.

Sam accarezza la cassa, indugiando ancora in quel silenzioso saluto.
I tre controllano che sia sigillata e la issano sul ponte per poi lanciarla in mare. Va a fondo immediatamente, come se quel materiale o le antiche iscrizioni la rendessero incredibilmente greve. Sam la guarda sprofondare, fin quando è visibile al suo occhio stanco e umido. Presto non rimane che un tratto d’acqua, appena frastagliato.

La mano, quasi inconsapevolmente, ad un tratto, si chiude a pugno. Sam picchia forte contro il parapetto dell’imbarcazione, imprecando. Le nocche tumefatte gli strappano un gemito. Castiel fa un passo per avvicinarsi ma poi si ferma e comprende. Sam non vuole essere curato. Sam ha bisogno di quel dolore perché quello intimo, lacerante, possa in parte zittirsi. Ma la sofferenza fisica non può far tacere ciò che lo squarta dentro. Un lamento strozzato di Sam sancisce l’ennesimo sacrificio di Dean. L’ultimo.

Castiel, per reggere quell’angoscia che sembra disintegrare ogni particella della sua grazia, fa riferimento alla propria natura, all’antica sapienza primordiale che porta sulle spalle.

Sam resta fermo, muto, quando vorrebbe urlare, lanciarsi in quelle onde biancastre e andare a fondo, insieme a Dean… ma si aggrappa alle promesse fatte al maggiore: prendersi cura della mamma, di Jack, dei cacciatori. Ognuno cerca il proprio modo per affrontare quello strazio indicibile.

Ma Jack non può.

Jack ha la forza, l’innocenza, il senso di giustizia di un bambino con le capacità di una creatura sovrumana. Non ha nulla a cui appigliarsi. Non può rassegnarsi. E non lo farà.

“Non è giusto! Non possiamo permetterlo! Ci deve essere un modo! Un altro modo!”
Sam lo guarda con tenerezza “Calmati Jack…abbiamo letto di tutto, provato di tutto…purtroppo aveva ragione Dean. E’ l’unica soluzione. Lo è sempre stata… fin dall’inizio” conclude tristemente pur comprendendo ciò che sta vivendo il nephilim. Jack lo scruta con quegli occhi liquidi che però sanno essere caldi e avvampati, saettanti di rabbiosa impotenza. Alza la voce di adulto come solo un fanciullo può fare.

 “Sam tu non capisci! Lui, voi, avete fatto cose, aiutato persone, salvato il mondo…possibile che tutto questo non conti nulla?!! Che il fare del bene non porti niente di buono?!! Allora ha ragione mio…” si ferma Jack, e, quel “mio”, resta sospeso a mezz’aria, perché terminare la frase, pronunciare quella verità… fa male. Alla fine gli esce un teso “mio padre!”. Jack non vuole consolazione ma esige equità “La cattiveria, pensare solo a se stessi…questo conta, questo dunque ti salva?!”

Sam avverte un nodo alla gola. Non può fargli credere che il mondo sia davvero un tale schifo! Non a Jack, non a chi considera un figlio, non a chi potrebbe essere un abominio per nascita e che, giorno dopo giorno, diventa speranza per scelta. E allora ci prova, deve provare a smentire Lucifero, a placare l’ira di un adolescente deluso che, in uno schiocco di dita, potrebbe decidere di scegliere la via più facile…quella che è solo tenebra.
“No Jack, non è così, bisogna far prevalere il bene, bisogna…” ma Sam arranca e non riesce a trovare le parole “giuste” perché suonano stonate anche a lui. A lui che non è mai stato adolescente. Si cresce in fretta quando il primo pensiero del mattino è non farsi uccidere. Quando, l’ultimo della sera, è pregare perché chi ami resti vivo, riesca a tornare.

Tutti i sacrifici fatti in passato e le rinunce a un futuro alternativo, accanto a una donna e un cane o a un figlio che senti tuo…ora sembrano assurdi e vani! Jack ha ragione. Maledettamente ragione! Nel momento in cui Dean ha bisogno di aiuto… è solo.
Solo.
Solo.
Solo come lui che non è riuscito a liberarlo da Michele.

Sam pensa alle loro iniziali intagliate sul tavolo del bunker. Rimane questo di ciò che hanno fatto. Le persone che hanno salvato, la loro vita messa sempre dopo il bene comune…un grazie al momento dello scampato pericolo e poi…nulla più.

La collera cresce, Sam stringe i pugni in modo quasi impercettibile e per un attimo fa proprio il rancore di Jack. Poi respira, cerca di riprendere il controllo e le dita serrate tentano di distendersi. “Nessun rimpianto, si fa cosa è giusto fare…” questo è ciò che gli ha insegnato Dean. Jack è troppo giovane e puro per non ribellarsi a quella cruda realtà ma Sam deve aiutarlo ad accettarla. Questo fa un genitore.
Questo vorrebbe Dean.

L’umanità… un crogiuolo di opportunismo ed egoismo dove i “buoni” subiscono e soccombono, senza lasciar traccia se non in chi li ha amati davvero…Jack non deve piegarsi a quella logica crudele…Sam non può far prevalere la frustrazione che prova egli stesso, perché sarebbe confermargli che Lucifero ha detto il vero. Che l’Inferno è più giusto, più coerente dell’animo umano e di Dio stesso! Prende fiato per iniziare una vera e propria arringa, come quelle che avrebbe dovuto sostenere in tribunale… se le cose, nella sua complicata esistenza, fossero andate diversamente.
Ma Jack non ha intenzione di ascoltare. Lui ha già il suo verdetto.

 Sam non fa in tempo a proferir parola che vede il giovane con lo sguardo immobile e una luce dorata negli occhi. “Jack! Cosa vuoi fare?!” esclama atterrito.
Jack non risponde a Sam però la voce esce comunque dalle labbra tremolanti “Ti dono un frammento della mia anima Dean, per te Dean!” pronuncia come se stesse recitando un’improvvisata formula magica.

In quel momento Dean, nella profondità di un oceano che inghiotte ogni cosa, compresa la paura, sta affrontando un Michele furioso.
“Maledetto! Mi hai chiuso qui dentro ma te ne pentirai! Ti farò rimpiangere di essere nato!”
Michele prende a stringergli il cuore come in una morsa, togliendogli il respiro. Preme e rilascia ritmicamente perché non è sua intenzione uccidere. Tortura. Tortura infinita. Questo merita Dean. Quel tramite perfetto che ha osato ribellarsi!
Improvvisamente una luce penetra il buio della cassa e Dean sente una forza intensa entrargli nelle viscere. Michele sobbalza. “Che accidenti…?!” Si crea una piccola barriera tra il cuore di Dean e l’essenza di Michele che lo possiede, impedendo all’Arcangelo di proseguire nelle sue sevizie.

Dean è confuso. Riprende fiato. Si sente sollevato e terrorizzato. “Cosa stanno combinando quei tre?!!” pensa con l’affanno di chi non vuole altri martiri…se non se stesso. Lui ha scelto, ha deciso il suo destino e modificarlo potrebbe significare l’ennesima Apocalisse! Sam non può essere tanto egoista e stolto!

“Ha funzionato, ha funzionato!” urla Jack appoggiandosi a Sam per non cadere a terra.
“Cosa Jack?! Cosa ha funzionato? Cosa hai fatto?!” ripete Sam in preda al panico, seguito da un appena sussurrato “Jack…” di Castiel.
“Un frammento, un piccolo pezzo della mia anima ha dato sollievo a Dean, lo ha protetto da Michele…ma…è temporaneo e non basta a salvarlo. Però…però sento che io posso…che posso fare da catalizzatore!”

Castiel si intromette aggrottando la fronte “E’ troppo pericoloso Jack! Esaurirai tutta la tua anima, la magia che ti tiene in vita!”
“No…non succederà…sarò…sarò poco più di un tramite, userò la mia energia solo per farla arrivare a Dean e sono convinto che lui riuscirà ad annientare Michele! Lo sento Castiel! Fammi provare!” e la voce implorante ha comunque il tono convinto di chi non vuol desistere.

Sam e Castiel si scrutano dubbiosi ma è Sam a dargli fiducia. Perché il solo pensiero di potergli dare fiducia significa recuperarne un po’ per sè “Castiel…ti prego…se avesse…se Jack avesse ragione?!”
“Ma come? In che modo Jack??!” domanda Castiel temendo che il piano sia quantomeno folle e con scarse possibilità di successo.
Ma il nephilim non demorde. Jack non vuole perdere tempo in futili spiegazioni. I bambini sanno essere estremamente concreti. Si concentra nuovamente e inventa una sorta di accorata “preghiera”.

 “Dean Winchester ti ha salvato ma ora ha bisogno di aiuto. Si è sacrificato per tutti noi ma non merita questo! Umano o creatura che tu sia…un frammento della tua anima, della tua grazia, della tua essenza…può salvarlo! Basterà un tuo “” e non sentirai dolore, solo un leggero formicolio al cuore…non avrai conseguenze, una piccola parte di te lo salverà! Ti prego!”

Sam lo ammira commosso. Davvero crede che possa funzionare??! Povero, innocente, ingenuo Jack!
Anche Castiel prova orgoglio nel vedere l’ardore del giovane nephilim ma un moto di tristezza lo invade e, quegli occhi celesti sempre più arrendevoli, si fondono con il tenue azzurro di un cielo sempre più distante.

Gli adulti non credono ai miracoli, alla bontà del genere umano, alla gratitudine sincera, al circolo virtuoso che innesca una parola gentile o un atto di altruismo.

Gli adulti spesso si arrendono dopo esperienze di sofferenza, delusione, menzogna. Si rassegnano di fronte a muri che dividono, separando i vincenti dai perdenti. I “buoni” spesso non vincono, nessun eroe viene a salvarli… e allora la tentazione di adeguarsi alle “regole del gioco” è forte.

Ma i bambini non accettano queste regole. I bambini sgretolano quei muri, mattone dopo mattone costruendo, con gli stessi blocchi di rossa argilla, case in cui rifugiarsi. Colorano le pareti, disegnano porte per trovare vie d’uscita, aprono finestre su paesaggi inimmaginabili.

I bambini nutrono fiducia nel prossimo, combattono con tenacia per difendere le proprie idee e hanno il coraggio di impegnarsi come se, dal più piccolo gesto, dipendesse il futuro del mondo intero…i bambini insegnano ogni giorno agli adulti che, i veri perdenti, sono quelli che non ci provano mai, che si conformano alla massa, che rinunciano alla possibilità di essere migliori.
I bambini ci danno l’opportunità di recitare copioni con finali diversi e inattesi.

Jack ha il corpo di un adulto ma l’anima di un bambino.
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Mary ode la voce di Jack, la riconosce immediatamente. Deglutisce senza capire. Osserva Bobby e gli altri cacciatori e, dai loro sguardi perplessi, intuisce di non essere l’unica a sentire quella voce familiare. Sono tutti riuniti nel bunker, in attesa del ritorno di Sam. Insieme onoreranno Dean, con una veglia funebre. Così ha deciso quel figlio che l’ha fatta tornare da lui e che, stanotte, non tornerà da lei.
Le ha chiesto di non essere presente su quella barca e Mary ha accettato. Dire addio a Sam, vederla accanto a Sammy…sarebbe stato troppo. Troppo anche per Dean. Ruvido, testardo, dannatamente stoico… così simile a lei.
Già…lei.

Lei, la madre “ritrovata” che lo ha deluso… è difficile percepirti genitore quando stenti persino a “riconoscerti… in “Mary”!
Mary rimasta intrappolata troppo a lungo in quel corpo che arde, inchiodato al soffitto.
Mary cristallizzata in un ricordo idealizzato, bloccata nel fermo immagine di una giovane donna, alla quale non è stato concesso di proseguire il proprio cammino, sbagliando, insegnando, imparando, amando.

E, quando le è stata data una seconda occasione, non l’ha saputa cogliere perché il tempo delle ninne nanne e dei dolci fatti in casa era finito. Quei figli non erano più da consolare e cullare. Aveva di fronte a sè uomini forti ma provati, cresciuti con ferite profonde che lei non aveva avuto il coraggio di sfiorare, certa di essere causa di quelle cicatrici.

Ma adesso Mary ha riconosciuto il proprio nome e può sentirsi chiamare mamma, senza il terrore di cadere da quel soffitto.
Ha capito che può essere una madre migliore. Vuole esserlo e si sente sconfitta al pensiero che, quella nuova consapevolezza, sarà solo per Sam.
Le parole di Jack le donano una nuova energia. Forse Dean non è perduto! Forse potrà dimostrargli tutto l’amore che non è riuscita a restituirgli. Quell’amore che lui si ricordava. Si aspettava. Si meritava.

 Senza parlare, con gli occhi lucidi, immaginando per suo figlio una possibilità di salvezza, afferma un “Sì!” carico di emozione. Lo stesso fa Bobby, seguito da Maggie e da altri viaggiatori.

Non tutti però.

Alcuni tacciono, scambiandosi cenni di dissenso, convinti che, l’unico modo per fermare Michele, sia rinchiuderlo insieme a Dean, come stabilito. Non concepiscono alternative e attendono con trepidazione che, la minaccia di una nuova Apocalisse, finisca così, con Dean in fondo al Pacifico, custode di quel Michele del mondo alternativo che ha rovinato le loro vite. Dean li ha salvati, è vero, ma è un particolare trascurabile.
Bobby li esamina uno ad uno, con disprezzo, borbottando un rabbioso “Che figli di…” ma Mary gli prende un braccio fermandolo, prima che inveisca contro ognuno di loro “Se non sono convinti non avrebbe comunque effetto. Non so cosa stiano tentando di fare ma, qualsiasi cosa sia, mi auguro che funzioni!” sancisce Mary e la voce si spegne in un sospiro. Bobby, lisciandosi nervosamente la barba, le stringe la mano, per darle forza. Per infonderla a se stesso.

Jody sta compilando distrattamente un verbale e blocca la penna sul foglio, all’istante. Conosce da tempo il “piano” di Dean. Sa che non c’è via di scampo. Sam le aspetterà per la veglia… lei, le ragazze, Donna… questi i tristi accordi presi la sera prima. Ora, ciò che avverte, la disorienta. Ma non è tipa da porsi domande quando si tratta di Sam e Dean Winchester, quei due pazzi che ama come il figlio che non ha potuto crescere. Perché lei, al contrario di Mary, ha imparato ad essere madre. Ha continuato ad esserlo, con tenacia e volontà. Lo è stata per le ragazze che ha accolto nella sua casa, tra le sue braccia. Grazie a Sam. Grazie a Dean.  Jody non esita, auspicandosi di poter cambiare le cose…le istruzioni sono precise e le esegue, pronunciando il suo “Sì!”.

Così come fa Donna, lasciando a metà il suo “maxi pasticcino”, comprato per consolarsi di quella che crede essere una giornata iniziata male e destinata, purtroppo…a finir peggio. Ma quel “Sì!” detto a bocca piena, con un minuscolo fiocco di panna all’angolo del labbro inferiore, potrebbe renderla decisamente una giornata fantastica!

Così come fa Claire, nel bel mezzo di un “caso” al quale Jody le ha chiesto di rinunciare. Ma non può evitare di cacciare, proprio ora che ne ha più bisogno! Deve uccidere per sfogare il proprio risentimento sapendo che, al tramonto, gli occhi bruceranno dinnanzi quelle fiamme surreali, prive di un corpo ma con in testa il nome di un amico da ricordare e da piangere. Claire può sopportare la morte di Dean per mano di un Arcangelo ma non può accettare che venga condannato a qualcosa che è peggio della morte stessa… perché, rendere innocuo un dannatissimo pennuto psicopatico, non può avere un prezzo tanto alto da pagare! Affonda lesta la lama luccicante in quella Kitsune, prima di esprimere un affannato “Sì!”.

Alex fa cadere la cartella della signora Brown, una simpatica vecchietta ricoverata per una frattura di femore. “Cosa c’è cara? Qualcosa non va?”
“No…no…solo che… mi può…mi può scusare un attimo?” balbetta la giovane infermiera correndo in direzione dei servizi igienici.
La signora Brown pensa ad alta voce “E poi siamo noi anziani gli incontinenti!”
Chiude la porta del bagno, sente il cuore galoppare, rivive il suo passato di “figlia adottiva” di vampiri, ricordando perfettamente le bugie rifilate a Dean, a Sam… quei due fratelli che le hanno cambiato la vita, permettendole di incontrare Jody, Claire, offrendole una famiglia… stavolta…vera. Non ci pensa neppure un secondo… “Sì!”, afferma sicura.

Charlie è lontana migliaia e migliaia di chilometri. Deve riflettere. Deve riordinare le idee. Lei non ha la dolcezza, l’ironia, la buffa semplicità della Charlie che Sam e Dean hanno conosciuto e amato. Come una sorella.
Lei è complicata e non c’entra nulla con quella Charlie. Spartisce ben poco con il suo “clone”, appartenuto a questo mondo: le tendenze sessuali, le competenze da hacker e la chioma mogano. Non ha mai voluto sostituirla nei loro cuori, sa di non poterlo fare e nemmeno le interessa. Ma quando sente Jack…qualcosa le si spacca dentro, E’ come se, una parte di quella Charlie la scuotesse, l’incitasse a rispondere “Sì!”.

O forse è…è lei?! Forse è lei che ha imparato da Sam, da Dean che si può ricominciare a sentirsi protetta e “importante” per qualcuno.
Rammenta il Musca, ucciso insieme a Sam, quel mostro fatalmente rifiutato dai suoi simili…provarono quasi pena per lui. Perché persino i mostri hanno bisogno di un abbraccio! Lei ne ha bisogno.
Sam e Dean, guardandola, si ricordano della Charlie che non c’è più ma ammirano chi hanno imparato a conoscere! Il loro sguardo d’affetto non è per quella Charlie. E’ per lei! E ora, capitolando all’ansia che l’attanaglia ascoltando il richiamo di Jack, lo ha compreso. Lei tiene a Dean. A Sam. E non è quella Charlie a tremare.

Afferma quel “Sì” ed è… il suo “Sì!”

Mezz’ora dopo si ritrova a chiudere la zip del trolley. Deve tornare al bunker. Se qualcosa “andasse storto” Sam resterà piegato, sconfitto, colpito da una perdita assurda e ingiusta. Dean potrebbe non farcela e allora…oppure…Dean è forte… e se riuscisse a resistere a Michele?! Se riuscisse a dar loro il tempo di cercare altre soluzioni?! Sam e lei, insieme, potrebbero trovarle!

Ecco cosa ha spinto, “l’altra Charlie”, a sacrificarsi per loro! L’amore per quei due che, inevitabilmente, ti fanno sentire amata. Anche quando credi di essere un Musca rinnegato. Ma non lo sei. Per loro non lo sei.

 Accende rapida il pc. I tasti si muovono frenetici sulla tastiera. La signorina Smith verrà avvisata che il suo biglietto, per disguidi nella prenotazione online, è stato annullato. In realtà, “una signorina Smith” prenderà quel volo…tra meno di un’ora sarà in aeroporto, con gli occhiali scuri, un bagaglio leggero preparato di fretta e un cappello a larghe falde, a coprire la ramata capigliatura. Un unico pensiero per la “signorina Smith”…tornare a Lebanon, a “casa”. C’è bisogno di lei…in “famiglia”.

Garth avverte quell’appassionata richiesta e raduna moglie, figli e “parenti” che, in un batter di ciglia, fanno un coro di “Si!” simile al richiamo di un branco!

Rowena, intenta a bere il suo tè, rigira il cucchiaino con la mano sottile, quasi regale, cullandosi nella spontanea eleganza di quel consueto gesto.
“Se Jack continua così diventerà presto un “vuoto a rendere”! Certo che se si tratta di salvare Dean…” poi, posando delicatamente la tazza sul piattino, continua nel suo monologo, degno di un’attrice teatrale, di formazione squisitamente shakespeariana.
“Il mio Fergus, aveva un debole per quello scapestrato…lui tenterebbe di salvarlo e poi… sono così noiose e depressive le veglie funebri! Sono diventata troppo buona…non mi riconosco più! Tutta colpa di quei due combinaguai, vere e proprie calamità naturali! E allora…sia! …Sì!” esclama infine, alzando gli occhi al cielo quasi ad enfatizzare quel monosillabo formulato con impeto, mentre una luce violetta saetta nelle sue iridi.

Jack per un attimo torna in sé. Il potere “donato” da Rowena è un frammento prezioso quanto difficile da gestire. E’ affaticato ma sorridente. “Stanno…stanno rispondendo, tutti i nostri amici, stanno rispondendo. Però è ancora poca la forza accumulata…” constata avvilito.
Castiel sospira. Tocca a lui raccogliere la delusione. Riportare alla ragione quel fanciullo ignaro e sognatore.
“Jack…era prevedibile che Mary, Bobby, Jody e tutti gli altri ascoltassero la tua preghiera…farebbero qualsiasi cosa per Dean ma…ma non raggiungerai mai un potere tanto grande come quello che serve a neutralizzare Michele…stai sprecando la tua anima, la tua magia inutilmente!” lo ammonisce.
“Castiel ha ragione, Jack…Dean non vorrebbe questo!!” rafforza Sam che, per un attimo, ha voluto crederci.

Ma Jack non si arrende, non può arrendersi perché i bambini continuano a costruire castelli di sabbia a dispetto delle onde che li lambiscono.

“No! Datemi tempo! Io resterò concentrato, ripeterò la richiesta e sono certo che verrà ascoltata da chi avete salvato in questi anni. Ne sono sicuro! Mia madre…lei…lei lo avrebbe fatto! Avrebbe aiutato Dean!”
E Sam e Cas si commuovono davanti a tanta convinzione.

I bambini conoscono “ragioni” che sfuggono agli adulti.

Lucifero ha torto. Il bene viene ricompensato. Non sempre, certo.
Perché ci vuole coraggio per tendere l’orecchio.
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Tutti coloro che sono stati salvati, in un modo o nell’altro, dai fratelli Winchester, entrano “in collegamento” con Jack, sentono il suo appello. Ma “sentire” e “ascoltare” sono due verbi simili dal significato alquanto diverso.

Parecchi sussultano a quel nome. Hanno voluto solo dimenticare. Un mondo di spettri, di cerchi di sale, di demoni dagli occhi neri…quei due folli li hanno aiutati ma preferiscono tenerli nell’angolo più remoto dell’inconscio. Non bisogna rammentare. La loro vita è andata avanti nella normalità. E cacciatori, mostri e fantasmi non sono… normali! Rifiutano quel nome. Non è affar loro la sorte di questo Dean. Come si chiamava l’altro? Quello alto, con i capelli lunghi? Son…Sean? Ma perché pensarci?! Si “disconnettono” procedendo nella loro passeggiata col cane, riprendendo la telefonata che stavano facendo: “Dicevi? No prima c’è stata un’interferenza…”, assegnando agli studenti i paragrafi da svolgere a casa o riprendendo la lettura di quel libro…per loro i Winchester non sono mai esistiti. Ombre su uno sfondo nero, troppo buio per tornare alla luce. Sono stati utili, preziosi nel salvar loro la vita. Ma questa è proseguita, senza neppure un pensiero distratto per quei due finti agenti dell’FBI. Giusto, a proposito…avrebbero potuto denunciarli, quindi devono solo ringraziare che non l’abbiano fatto! E osano ancora avanzare pretese, dopo tanti anni?!!

Altri ricordano. Non hanno smesso di farlo. Si svegliano ancora, di notte, ogni tanto, in preda al panico, con la sensazione di soffocare per la presa al collo di quello spirito incazzato o con l’ansia di scappare, da quel vampiro assetato. Loro rammentano tutto. Non devono sforzarsi a recuperare quei nomi nella memoria perché Dean e Sam restano le persone più coraggiose che abbiano mai conosciuto. Li rispettano. Ma hanno paura. Sono andati avanti, hanno imparato a convivere con quel baratro di orrore rimasto sopito, nell’angolo più intimo della coscienza. E’ comunque lì, in quel cantuccio segreto. Un passo falso e il burrone di terrore è pronto a ingurgitarli, famelico e opprimente. Rispondere “Sì”, a dispetto delle informazioni rassicuranti di quella voce delicata ma comunque disperata, potrebbe avere delle conseguenze… ed è meglio non rischiare. Decidono di alzare il volume della TV o dell’autoradio. Indossano le cuffiette del cellulare, guardando il primo video musicale in playlist. Si gettano di fretta nella confusione di una via affollata… lo fanno per vigliaccheria, vergognandosene, ma non riescono ad agire diversamente. Piano piano quella voce svanisce e, Sam e Dean, tornano al… “proprio posto”, restando eroi nel mondo onirico, tenuto ben lontano dalla realtà di tutti i giorni.

Però Castiel si sbaglia. Castiel è un angelo “adulto”…non può comprendere l’ottimismo di un nephilim “bambino”.
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Tra quelli che Sam e Dean hanno salvato c’è un folto gruppo di persone che non li vedono da anni. Non si possono definire propriamente “amici”. Sono sopravvissuti. Ma, al contrario di altri, sono sopravvissuti che non dimenticano. Che non vogliono dimenticare. Da quel giorno in cui i fratelli Winchester li hanno aiutati a non morire, non attendono altro che di poter ricambiare il favore. Loro non sentono. Loro ascoltano.
E rispondono fidandosi, riconoscenti, felici di poter finalmente saldare un debito. E nel loro “Sì!”, pronunciato con gli occhi pieni, c’è la speranza di Jack!

Così come ha fatto Garth, una licantropo, dall’altra parte del Paese, lasciando a metà la sua lettura da master universitario, ha un sobbalzo nel sentire il nome di Dean Winchester. Chiude il libro, serra gli occhi e dice un “Si!” grato verso quei fratelli cacciatori che l’hanno risparmiata. Non prova rancore per la morte della sorella…sa di aver fatto la cosa giusta. Oggi come allora.

Cole è sotto la doccia. Ha appena finito una seduta di allenamento in palestra e il ristoratore getto caldo sulle spalle è ciò che ci vuole. Si china a terra, ansante. Per un attimo ripensa a un altro “caldo”, a quella sensazione di arsura estrema, al suo cuore che si ferma dopo la terza scossa elettrica e a Dean che, con un colpo secco e deciso, lo fa ripartire. In bocca percepisce la sensazione di viscido e ha un brivido lungo la schiena ricordando quel parassita che lo stava portando via per sempre da sua moglie, da suo figlio. Ma c’era Dean…c’era Sam e lo hanno strappato alla morte. Perché loro fanno questo, in silenzio, senza medaglie, senza onori: salvano le persone, salvano il mondo. “Dean! Accidenti, in che guaio ti sei cacciato stavolta?!”. Resta seduto, la testa appoggiata alle piastrelle scivolose di vapore. Socchiude gli occhi e, con il tono risoluto dell’ex soldato, scandisce il suo “Sì!”.

Padre Camilleri è nella biblioteca della casa vicariale e, spaventato, s’inginocchia di fronte al crocifisso, appeso al muro alle sue spalle. Ha un attimo di sbigottimento ma qualcosa gli dice che, chi parla nella sua mente, non è una “tentazione” del maligno…no…è qualcosa di “complicato” certo, in parte oscuro, ma in quella voce percepisce del buono. E allora decide di avere fede. Mormora il suo “Sì” a mani giunte e inizia a pregare. Per Dean. Ricorda quel suo sguardo scettico che celava la segreta volontà di un miracolo. Rammenta le sue battute, il suo sorriso stupito su quella ferita… di striscio. Dean…l’uomo che dichiara di non credere in Dio ma che, come tutti gli uomini che mettono sempre gli altri al primo posto, che agiscono per il Bene, sono la massima espressione di Dio stesso. Padre Camilleri prega, prega intensamente, per quell’ “ateo” generoso che rinnega i miracoli ma che li realizza ogni giorno, sacrificando se stesso per il prossimo.

Lucas è un ragazzo poco meno che ventenne. Spigliato, arguto, ha ottimi voti al college. Ha perso il padre da piccolo, tragicamente. Sua madre, Andrea, si è rifatta una vita e, quello che gli altri definiscono patrigno, per lui è un papà affettuoso. E’ nella sua stanza quando recepisce Jack. Non ha paura. Dean gli ha insegnato a non averne. Sorride a quel nome e guarda un disegno appeso alla parete. E’ lì da anni. Non lo ha disegnato lui. E’ un regalo di Dean. Dean che lo ha fatto tornare a parlare quando era sofferenza estrema pronunciare una semplice sillaba. Dean che lo ha tirato fuori dal lago quando si sentiva soffocare. Dean, il fratello di Sam, lo spilungone che ha salvato sua mamma quando lei stava annegando, assurdamente, nella vasca da bagno!
Guarda il disegno. Un foglio spiegazzato e un po’ ingiallito. Quattro omini stilizzati che sembrano tracciati dalla mano di un bimbo dell’asilo. Sorride di nuovo. “Sì!” e quasi si scopre a gridarlo.
Al piano di sotto, Andrea, intenta a preparare il pranzo, raggiunge a fatica la vicina sedia, portandosi la mano alla testa. Poi, trafelata, chiama il figlio “Lucas!”
Lui scende rapido le scale, la guarda facendo un cenno con il capo e lei capisce. Non dice nulla se non un emozionato “Sì”.

Sonny sta lavorando nei campi, tenendo sotto controllo Tom, uno degli ultimi arrivati. Una testa calda, sempre pronto ad azzuffarsi con gli altri ma c’è del buono in lui. Sonny si dedica a quei ragazzi da tutta la vita. Ormai capisce quelli che sono “recuperabili” e di “irrecuperabili” non ne ha conosciuti. A dispetto dei servizi sociali che spesso giudicano e condannano prima di conoscere davvero. Sono adolescenti problematici, confusi, feriti…alcuni non comprendono altro che la violenza perché hanno imparato a difendersi in fretta a suon di pugni, calci e… bugie. Quando la “richiesta” di Jack gli fa chiudere gli occhi e spegnere il trattore, Tom gli si avvicina preoccupato “Sonny?! Tutto bene?” e in quella domanda premurosa ha la conferma di trovarsi di fronte all’ennesimo “bravo ragazzo” che ha solo avuto la sfortuna di nascere in una famiglia difficile. “Si…sto bene…ma…magari faccio un attimo di pausa, ok?” lo rassicura.
Il ragazzo annuisce offrendosi di proseguire il lavoro e Sonny accetta, lieto di dargli fiducia.

Si siede su una pietra che fuoriesce dal terreno coltivato. Prende un bel respiro. “Dean…ragazzo mio…” Poi, togliendosi il berretto e asciugandosi il sudore con la mano, sussurra un preoccupato e paterno “Sì!” augurandosi che, quel semplice gesto, possa soccorrere uno di quei “ragazzi perduti” che ha avuto il piacere di ospitare nel suo ranch.
La prima volta che lo ha incontrato ha capito che, quel ragazzino, sarebbe diventato qualcosa di grande, un mix di eroismo e generosa cocciutaggine. Quando lo ha rivisto, adulto, ha avuto la conferma di averci azzeccato. Perché nessuno è “irrecuperabile”, è “perso” se ha qualcuno che crede in lui.
E Sonny ha creduto in Dean.
 Sonny continua a credere in Dean.

Lisa è nel bel mezzo di una seduta di yoga quando una fitta lancinante alle tempie la fa piegare in due. “Lisa?! esclama una sua allieva, sorreggendola. Lei si rialza a fatica, sbiancata in volto. “Sto…sto bene…ho solo…ho bisogno di un po’ d’aria…” e così dicendo si allontana dal gruppo, uscendo in giardino, barcollando.

Quell’ “invito” nella testa le ha fatto ricordare tutto. Tutto nei dettagli. Flashback veloci, incessanti, insistenti si susseguono nel suo cervello. E le sembra di sragionare mentre una vertigine la coglie impreparata. Si accascia e piange, battendo i pugni sul terreno umido, perdendo ogni controllo, trattenendosi a malapena dall’urlare per non impaurire le allieve rimaste all’interno della palestra.
Un’emozione intensa la pervade, stravolgendole il viso. “Bastardo!! Come hai potuto? Come?!”
Poi cerca di calmarsi, si asciuga gli occhi e capisce.
Capisce perché, in tutti quegli anni, non è mai riuscita ad andare oltre “il terzo appuntamento”. Comprende quella sensazione di incompletezza, di “assenza” che la fa svegliare di notte, allungando la mano verso il lato di letto vuoto, alla ricerca di qualcuno a cui non è capace di dare un volto.
Le ha estirpato i ricordi dalla testa. Come si fa con l’erbaccia cattiva, quella che può rovinare la prevedibilità di un prato perfetto. Lo ha fatto per salvarli, perché Dean…quanto suona incredibile quel nome relegato a forza nel suo inconscio! Perché Dean deve salvare sempre tutti…incurante di condannarli a qualcosa di peggiore!
E’ distrutta, annientata, furiosa…ma ringrazia quella voce. Sarà un angelo, uno stregone, un cacciatore sotto un incantesimo? Non lo sa, non lo vuole sapere, non gliene frega niente.

Sarà un inganno? Potrebbe essere un demone o un Arcangelo e quel “Sì” servirgli per entrarle dentro. E’ già stata posseduta. Ricorda anche questo. Perché rischiare?! Per quel grandissimo figlio di puttana che ha scelto la via più semplice?!! Che l’ha resettata come un vecchio pc?! Va all’Inferno Dean e stavolta… restaci!

Strappa un fiore di quel giardino orientale tanto curato. Si guarda attorno. Vede solo colori. Rosso sangue, petali color carminio che si sparpagliano sul suo vestito bianco. Bianco come la luce degli angeli. Nero come le pietre disposte in cerchio, a racchiudere quella fontana zen che dovrebbe riposare lo spirito. Nero come gli occhi di chi è posseduto. L’erba rasa, di un verde brillante come altri occhi, quegli occhi…Dean. E adesso, pronunciare quel nome, non sembra più così incredibile!

Lisa ricorda. E il ricordare non offre pene certe e non assolve con formula piena.

Ricorda quando si sono allontanati, ricorda la gelosia provata per quel rapporto così esclusivo, con quel fratello “restituito” a un Dean sospettoso, benché felice di poterlo riabbracciare.
Ma Lisa non ha potuto gioire di quel ritorno. Perché Sam glielo ha portato via. Di nuovo.

Ricorda le litigate, l’angoscia di quei mesi, quando il telefono non squillava e poi, dopo un po’, il puntiglio che s’insinuava tra le dita della sua mano, imponendole di non rispondere.
Probabilmente, ha dimenticato di amarlo ancor prima che lui la “obbligasse a dimenticare”. Ma la “mancanza”, su quel cuscino, ha “retto” a un sortilegio, al tempo trascorso e a una lunga serie di… “terzi appuntamenti”.

Ricordare significa ammettere che avrebbe potuto covare meno rancore per Sam e cercare, tra l’orgoglio e il risentimento, quell’amore che ancora provava… per Dean. Ma non ne è stata capace. Recuperare la memoria mette Lisa faccia a faccia con quella parte di vita che avrebbe potuto cambiare. Rischiando.

Si scopre ad accarezzare quel che resta del fiore reciso, sbriciolato, ignaro testimone di quel pezzo mancante di un puzzle che, ora, non può esimersi di completare.

Lei non ha rischiato. Lui non ha rischiato.
Lui non le avrebbe mai permesso di dare ascolto a quel richiamo, ma lui non c’è a fermarla.
Ha deciso di non esserci. Molto tempo fa. Lei oggi può decidere. Diversamente. Per entrambi.

Si alza in piedi. Respira con un filo d’erba tra le mani. Verde. Promette a se stessa che farà di tutto per ritrovare il verde di quegli occhi. Non importa quanto tempo ci vorrà. Dean, questa volta, non può premere “reset”.
Il primo passo verso quel passato ritrovato è un convinto “Sì!”. Un fastidio al petto, il cuore perde un battito ma non succede altro. Nessuna morsa alla gola, nessuna nuvola di pece ad invaderla, nulla.
Ha azzardato. Ha vinto. Ma la battaglia è appena cominciata. E lei non si tirerà indietro. Non stavolta.

Ben ricorda se stesso che ride con Dean mentre aggiustano l’auto della mamma, insieme. Dean e Sam che liberano lui e i suoi amici, prigionieri di una creatura degna dei migliori film horror. Dean che fa il barbecue in giardino. Dean che spadella la colazione e torna dal lavoro, salutandolo con un rassicurante “Ehi, campione!”.

E poi…sua madre con gli occhi neri che gli dice che lo odia, che sarebbe stato meglio non fosse mai nato…Dean che, tenendola fra le braccia, agonizzante, lo schiaffeggia per riportarlo alla realtà e gli mette in mano un fucile, guidandolo, nervoso, fuori da quel magazzino.
L’ospedale, l’incidente… gli scoppia la testa e riesce appena a balbettare qualcosa al professor Harrington, per ottenere il permesso di lasciare l’aula.

Raggiunge il water giusto in tempo. Vomita bile e la colazione che Hunter, il suo compagno di alloggio alla facoltà, insiste nel cucinare abbondante, sostenendo che sia il pasto più importante della giornata.
 L’ira aumenta, intensa, prepotente, direttamente proporzionale agli anni che ha trascorso senza Dean. Ormai è un uomo. Non ha più bisogno di un padre. E’ cresciuto lo stesso. Era lui la cosa più vicina a un padre. E lo ha dimenticato.

Ricorda quello che si è presentato con la faccia mesta, chiedendo loro scusa per averli investiti, per essergli andato addosso…si è scusato. Buffo, quasi grottescamente divertente! Si è scusato! Non per essere uscito dalla loro vita privandoli di una fetta di esistenza…no…lui si è scusato per essersi “distratto”!! Si è scusato per un finto incidente!!

“Spero che tu muoia Dean, spero che tu muoia tra sofferenze atroci, anzi spero che tu sia già morto!” e tira un calcio alla porta del bagno per esprimere almeno in parte ciò che prova. E’ questa la sua “risposta” a quella preghiera che, in pochi secondi, lo ha gettato in un frullatore!
Poi, d’istinto, telefona a sua madre.

“Ben, tesoro…tutto a posto?” chiede Lisa che ha terminato di fretta la lezione di yoga e intuisce già il motivo della chiamata.
“Mamma…è successo…è successo anche a te?” domanda Ben, trafelato, senza tergiversare.
Lisa deglutisce. Mentire non servirebbe. “Ben…mi dispiace tanto…come ti senti?” domanda apprensiva, pur sapendo benissimo cosa stia vivendo il figlio.
“Non avrai detto per quel bastardo, vero?!” taglia corto Ben, sempre più furibondo. Perché non ha senso rispondere a una domanda tanto assurda! Come può sentirsi uno che ha appena scoperto di aver avuto esperienza di mostri, demoni e possessioni, grazie a un figlio di puttana finito, quasi per caso, nel letto di sua madre?!
Lisa tentenna, presa alla sprovvista e, a quella domanda che non lascia scampo, questa volta decide di mentire “No…io…io non l’ho fatto Ben…e… e tu?”
“Stai scherzando?! Merita solo la morte e spero che sia lenta!!” la secca risposta.
Lisa resta in silenzio… troverà tempo e modo per fargli accettare il “suo Sì”… non adesso. Avverte troppa delusione, amarezza, confusione nella voce di Ben.
“Ben…sono arrabbiata quanto te ma lui…lui lo ha fatto per noi…ha sbagliato…è vero, ma gli sembrava l’unico modo per metterci al sicuro” cerca di argomentare, perché rammentare vuol dire anche difendere ciò che Dean ha rappresentato per loro, per Ben.
“Basta…non parliamone più, facciamo finta che non sia successo niente, ok? Odio demoni, mostri e cacciatori, ora che ricordo voglio solo dimenticare!” è la chiosa disperata del ragazzo. Niente può placare ciò che prova.
“D’accordo Ben…non ne parleremo più, come vuoi…però…” Lisa non può non tentare, non può commettere lo stesso errore. “Dean…lui, lui ti ha amato come un figlio…” si sente in dovere di sottolineare.
“Ora devo andare, ho già perso metà lezione!”

Lisa sente riagganciare e prova una grande tristezza per Ben, per Dean, per quel “Sì” non detto
.
Ben si lava la faccia, si guarda allo specchio. Dietro di lui, riflessa, l’immagine di Dean che lo prende in giro per i suoi maldestri tentativi di farsi la barba, quando era ancora imberbe.

Senza rendersene conto ride. Ride e piange. Insieme. “Accidenti Dean! Accidenti a te!”. Si tocca il mento, ora deve radersi ogni due giorni, i capelli crescono in fretta e rischia di diventare capellone…Dean non approverebbe.
Dean…Dean…

Ben vorrebbe fargli vedere che guida un’auto sportiva e la cura con la stessa passione per i motori, quella che gli ha trasmesso lui.

Vorrebbe raccontargli la prima volta che ha fatto sesso e, a dire il vero, è stato un mezzo disastro… imbarazzante!

Vorrebbe offrirgli la sua birra preferita, ghiacciata e dirgli che ha scelto di iscriversi ad antropologia ed è affascinato dai riti di popoli lontani, dalle antiche tradizioni che vedono coinvolte creature mitologiche e Dei pagani…e non ha mai capito perché. Forse adesso è tutto più chiaro.

Vorrebbe urlargli addosso che è incazzato, che nella sua carriera scolastica si è “guadagnato” un paio di settimane di sospensione per aver fatto a pugni e, sebbene non ne vada particolarmente orgoglioso, sa menar le mani e non avrebbe difficoltà a procurargli un meritato occhio nero!

Vorrebbe insultarlo, picchiarlo fino a fargli sputare sangue e vendicarsi. Vorrebbe vederlo legato mani e piedi, agonizzante, in balia di qualche mostro terribile pronto a squartarlo e godere ad ogni suo lamento strozzato…e poi vorrebbe…vorrebbe salvarlo e abbracciarlo, dicendogli uno schietto “Mi sei mancato!!”

Decide. In quel bagno dove, cinque minuti prima, imprecava tra un conato e un ricordo, decide.

E’ un idiota, un bastardo, non ha capito nulla di lui, di sua madre. Non ha dato loro la possibilità di scegliere. E, nonostante la paura, le difficoltà, le incomprensioni, i demoni in agguato… alla fine avrebbero scelto lui. Lo riempirà di botte. E poi lo aiuterà a rialzarsi. Ma prima deve vivere. E, se quel “Si”, può farlo vivere…allora…

 “Sì, per te, Dean! E non azzardarti a morire prima che io ti possa ritrovare!”
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Dicono “Sì!” donne salvate da Sam e Dean quando erano poco più che ragazzine e che, oggi, sono spose e madri.
Dicono “Sì!” madri alle quali i Winchester hanno salvato i figli. Se lo ricordano ogni volta che li guardano dormire e, socchiudendo la porta, ringraziano il coraggio di quei due, finti agenti dell’FBI!
Dicono “Sì!” uomini che si sono riscoperti migliori dopo averli conosciuti, comprendendo che la vita è preziosa e non va barattata.
Dicono “Sì!” coloro che hanno perso qualcuno d’importante, al quale hanno dovuto trovare il modo di dir addio, donandogli la pace. E lo hanno fatto grazie ai Winchester.

Jack sente il potere crescere, man mano che quei “Sì” aumentano diventa sempre più difficile resistere, contenere quell’energia. Apre a malapena gli occhi “Castiel…aiutami…è una forza…una forza insostenibile!”
Castiel è esterrefatto! Il piano di Jack sta funzionando!

“Sam…stanno dando un frammento della propria anima…chi avete aiutato…c’è chi sta pronunciando quel !” conferma Castiel, commosso! Sam si mette una mano sul viso, incredulo, mentre vede Cas unirsi a Jack, attingendo alla sua grazia per supportarlo.
Ma anche Castiel è stato aiutato dai Winchester e, scrutando Sam con affetto, pronuncia anch’egli il suo “Sì, amico mio!” e la luce accumulata da Jack diventa quasi abbagliante!
Sam deglutisce, ha gli occhi pieni…manca lui all’appello. Manca il suo “Sì”.

“Sì” per quel fratello che ha cominciato a proteggerlo dalle fiamme quando era un fagotto urlante, trattenendolo a sé, stringendolo in braccia ancora troppo corte, rese salde dalla disperazione. Da allora, non ha fatto altro. Per Sam ci sono state altre fiamme ancor più intense e terrificanti.

Ci sono state notti senz’anima quando avrebbe scambiato la vita di Dean per stanare un covo di vampiri.
 Notti di confessioni sofferte, di decisioni all’ultimo istante e di angeli caduti come una pioggia di stelle…notti di visioni tanto reali da spaccarlo in due, impedendogli di chiudere occhio.
Notti di un nero senza ritorno. Ma Dean non lo ha mai lasciato in quel buio. Lo ha sempre stretto a sé con quelle braccia diventate forti, sicure ma ancora mosse dalla stessa disperazione infantile quando, nelle tenebre, temendo di perderlo, invoca il suo nome.

Dean non ha mai rinunciato a lui. Che fosse la sua parte più corrotta, il sangue di demone, il ricordo della Gabbia…la morte stessa ad inghiottirlo, Dean c’era. Lo ha salvato sempre. In tutti i modi possibili. Mettendolo al primo posto, fino ad annullare se stesso.

Ma per una volta Sam può scegliere da solo e il “Sì” che pronuncerà non gli servirà per diventare l’abito nuovo di un Arcangelo, per chiudere le porte dell’Inferno o salvare il Mondo. Quel “Sì” sarà il tassello, forse il più importante, di una luce capace di sconfiggere il nero senza ritorno, al quale Dean si è condannato. Respira un paio di volte, a bocca aperta, stringe gli occhi dalla commozione: “Per te Dean, per te fratello…Sì!”

 E Jack sente crescere ancora di più il potere come se, quel pezzo di anima di Sam, fosse il completamento di tutto. Il sangue di famiglia che lega una famiglia “non di sangue”, eppure così importante!

Jack è sfinito, Castiel stremato ma ancora abbastanza lucido per impartire ordini e fare in modo di non vanificare tutto. “E’…è abbastanza Jack…aggiungerò ancora un po’ della mia grazia e poi…poi userai la tua magia per trasportarla da Dean…ok…?” ansima.
Jack annuisce e, un attimo dopo, quel vortice incandescente si frappone tra un esausto Dean e un gongolante Michele. L’Arcangelo non ha il tempo di rendersi conto di ciò che sta succedendo e, del resto, neppure Dean! Avverte un’energia enorme avvolgerlo, a fatica riesce a controllarla, senza esserne sopraffatto. All’improvviso, sa cosa deve fare. “Esci dal mio corpo, grandissimo figlio di puttana!” grida con tutta la voce che ha ritrovato e che, fino a un attimo prima, gli era ferma in gola, bloccata dalla stretta di Michele.

 “Noo…tu non puoi…tu misero essere…tu…!” esala Michele. Ma si ritrova espulso dal corpo di Dean e, un attimo dopo, esplode in miliardi di frammenti azzurrini, insieme alla cassa di cui restano solo minuscole particelle ferrose. Dean è libero! Dean è libero da Michele e non è più in quella specie di bara angelica!
Ma è un uomo, in fondo al mare. Non è più un tramite. E non ha il tempo di esultare che l’aria gli manca in modo prepotente! Annaspa ma non vede luce…è uscito da un abisso per ritrovarsi in un altro, atrocemente concreto e profondo! Rivive la sensazione di quando Michele, possedendolo, lo faceva annegare lentamente, impedendogli di riemergere. Come allora non ha la forza di raggiungere la superficie. E’ tragicamente, beffardamente lontana. Realtà e incubo s’incastrano come in un quadro perfetto, nella sua ineluttabilità.

Jack si accascia a terra, in preda a convulsioni violente e Sam accorre verso di lui, rivolgendosi a Castiel
“Cas!”
Castiel guarda Jack con apprensione ma il ragazzo non demorde e fra un tremito e l’altro sussurra “Dobbiamo…dobbiamo tirarlo fuori…” e in quel momento dona la propria magia a Castiel, poco prima di perdere i sensi. “Jack… Jack cosa hai fatto!?! sibila Sam.
Anche l’amico angelo sta cedendo. “Penseremo…penseremo dopo a lui…non so quanta anima, quanta magia gli resti…ma…Sam io sono debole…molto debole…grazie a Jack potrò… ma sarà l’ultima cosa…poi…-
“Ho capito…ho capito! Ok, ok…presto Castiel!”

Castiel va in fondo all’oceano e, esattamente come quando estrasse Dean dall’Inferno, lasciandogli la sua impronta sulla spalla, ora lo afferra facendolo riaffiorare da quell’Inferno d’acqua.
Quando Dean è sul pontile ha il volto pallido, le labbra viola e il suo cuore è fermo. Castiel riesce a mormorare uno stentato “Mi dispiace Sam…” prima di cadere, esanime, vicino a Jack.

Ora Sam è davvero solo. Nessuna magia, nessuna grazia salvifica, nessun incantesimo o un demone degli incroci da raggiungere velocemente con l’Impala.

“Ok Dean…ok…non puoi farmi questo! Non dopo tutti quelli che si sono mossi per salvarti il culo!!” impreca ma poi il tono si fa subito sommesso “Dean, ti prego!”

Comincia, febbrile, le manovre per rianimarlo. Lo fa con colpi decisi, continui, disperati. Sente persino un cenno di “rottura” sotto le sue mani di gigante impazzito. Ma non si ferma. Suda freddo e resta senza fiato ma non smette di infierire su quel torace, mentre continua a pronunciare un Dean gracchiante e la vista gli si annebbia, tra una compressione e l’altra.

Una tosse violenta, l’acqua mista a saliva e sangue che, come lo spruzzo di una fontanella appena aperta, colpisce il suo braccio in tensione…e…il respiro di Dean che torna!  Sam esce dalla “sua” apnea.

“Sa …” biascica Dean
“ …Non parlare…è tutto a posto, respira Dean!!” e Sam quasi lo supplica di non sprecare neanche un secondo di quel soffio ritrovato.
Ma Dean non può tacere perché e pronto a fermare egli stesso il suo cuore.
Non vuole sorprese, non vuole tornare se, il riportarlo in vita, ha avuto un prezzo da pagare.

Guarda i corpi afflosciati di Cas e Jack. Sam legge il terrore in quello sguardo “Dean…si riprenderanno, ci vorrà tempo ma vedrai, aggiusteremo le cose…nessun patto…” e vedendo quegli occhi atterriti indugiare su di lui, precisa “Nemmeno io…nessun patto Dean!” lo tranquillizza.
“Le persone…le persone che abbiamo salvato…loro sono state il…patto…stavolta è arrivato…è arrivato il nostro momento di riscuotere!” e Sam si scopre quasi a ridere tra le lacrime annunciando e prendendo coscienza di una verità tanto straordinaria!

Dean continua a non capire ma è…è vivo e, a quanto pare, senza conseguenze per altri! Avverte una fame d’aria continua e sente un dolore atroce al petto ma… è vivo, è con Sammy e Michele è esploso! Lascia andare il capo a terra, chiude gli occhi e ride. E non sta recitando.
E’ una risata vera, sincera, liberatoria.
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Qualche minuto dopo Sam riacquista lucidità e il suo obiettivo è raggiungere la terra ferma. Pensa a un letto d’ospedale per Dean, a un incantesimo di Rowena per Jack e, nel frattempo, spera che Castiel si riprenda.

Sam guarda Dean con sollievo. Poteva essere annientato per un “Sì” pronunciato con coraggio e avventatezza ma altri “Sì”, mossi da gratitudine e amore, lo hanno liberato da quella prigione che si era costruito, lamiera dopo lamiera. Sam ogni tanto l’osserva con aria preoccupata, trasalendo ad ogni gemito di sofferenza. Ma Dean sembra aver voglia di scherzare e di rinfrancarlo.

“Ehi, sto bene, davvero…anche se ci sei andato pesante per essere un nerd…credo di avere una costola rotta…” ipotizza, fingendo tono di rimprovero.
Sam deglutisce. “Mi dispiace Dean…non respiravi…Castiel era fuori uso e io…”
“Sto scherzando Sammy! Va tutto bene…mi hai salvato…e senza patti…non avrei saputo fare di meglio!” e, mentre parla, tenta di non contrarre i muscoli dello sterno. Poi prende un respiro più ampio, lottando contro lo spasimo che ne consegue “Davvero mi hanno aiutato le persone che abbiamo salvato?” domanda dubbioso.

“Sì Dean, non so quanti o chi…ma è così. Jack ha pronunciato una sorta di appello-formula per salvarti, chiedendo di donare un frammento della propria anima e, se sei qui, vuol dire che molti lo hanno fatto, hanno risposto con un !” esclama Sam, ancora stupito da quella riconoscenza inattesa!
Dean avverte gli occhi farsi lucidi. “Un pezzo di anima per salvarmi…wow! E’…è bello sapere che non resteranno solo le nostre iniziali intagliate…”

“Già…è così Dean…è cosi…” e Sam ritorna, con la mente, alla riflessione balenategli poche ore prima quando, anche lui, credeva rimanessero giusto quei segni sul legno…” Ora però riposati Dean, per favore…” implora, con un sorriso stentato.

Dean fa un cenno di assenso e non insiste nello sforzarsi a parlare e chiedere chiarimenti. Riconosce ciò che ha provato Sam.

 Da quella sera, in piedi, accanto all’Impala, quando lo ha stretto a sè, poco dopo avergli tirato un pugno…da allora Sammy non ha fatto che proporgli alternative per evitare di rinchiuderlo in quella cassa. Ma lui è stato più testardo. Pur sapendo che Sam si sarebbe spezzato irrimediabilmente, subendo anch’egli una tortura senza fine. Lui recluso con Michele, sconfitto per aver compiuto il suo destino e Sam libero, salvo, però tormentato dal senso di colpa per avergli permesso di piegarsi a quel…destino.

Non doveva arrendersi…Sam non meritava quella punizione. Prima che i suoi occhi, vinti dalla fatica di mesi difficili passati a tenere a bada Michele, si chiudano, sopraffatti, deve chiedergli perdono.

“Ehi, Sammy…vieni qui…” mormora.
Sam gli si avvicina con ansia. Le pupille simili a due fessure, la fronte corrugata, il labbro leggermente increspato palesano tutta la tensione che ha vissuto e ancora vive. E Dean la coglie con l’intenzione di quietarla.

“Perdonami…non ti lascio più, Sammy” esclama a bassa voce, iniziando, da quell’accortezza, a impegnarsi per mantenere quell’affermazione che pare un’azzardata promessa. Sam lo guarda con riconoscenza, annuendo, aprendosi in un paio di smorfie commosse. Deglutisce scampato pericolo e voglia di crederci.

Ci sarà tempo per le spiegazioni, per stimare i danni su Jack…ma quel folle, generoso nephilim ha combattuto contro il… “destino”. Nutrire fiducia, avere in sè lo slancio di un bambino, permettono di confidare in un mondo diverso, possibile, colmo di buona volontà, di fantasia, di speranza.

Sam risponde con un’allegria ritrovata “Certo che non mi lascerai più, puoi scommetterci! Io non insegnerò il senso della battuta a Jack! Appena si riprenderà, sarà affar tuo! Preferirei fronteggiare un Arcangelo! Dopotutto che ci vuole?!” rincara malizioso.

Dean vorrebbe ribattere ma sa che quella scheggia d’osso che percepisce all’interno, potrebbe agire come un’improvvisata lama angelica. Per una volta tanto, non farà il “solito Dean”. Eviterà qualsiasi imprudenza o brusco movimento e centellinerà ogni parola. Lo deve a Sam, a Jack, a Cas e a tutti quelli che, con quel gesto di gratitudine, hanno dato valore alla sua miserabile vita. Un frammento di anima non è roba da poco!
 Abbozza un sorriso a Sam, prima che le palpebre pesanti abbiano la meglio. Deve recuperare le forze, per la sua famiglia e per coloro che, dicendo “Sì”, hanno deciso di farne parte.

Dorme Dean, ed è il sonno di chi è appena uscito da un incubo, con la voglia di concedersi di restare sveglio.  Il respiro è corto ma ostinato.

Dorme Castiel, sfiancato, privo della sua grazia ed è il sonno di chi riesce ad essere creatura straordinariamente leale, magnanima e serafica, anche se il divino lascia sempre più spazio all’umano.
Ma l’Uomo è espressione di Dio.

Dorme Jack, con il viso disteso, in pace. Ed è forse il sonno eterno di chi ha scelto di donare ogni molecola di sé. Non si può scegliere il “punto” della propria origine ma, ognuno di noi, è libero di disegnare la linea che conduce all’Infinito.

Jack ha tracciato la sua.
   
 
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