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Autore: _ilGamerXD_    11/03/2021    1 recensioni
Tratto dal libro:
«Non sono il Tobias inno-ocente e gentile che credevi. Io s-sono Ticci Toby, un killer che potrebbe ucci-iderti da un momento all'altro e che non p-prova dolore. E già, non provo d-dolore fisico, quindi non puoi f-far nulla per fermarmi. Puoi solo stare ai m-miei ordini, e pregare che la mia pazzia non t-ti porti alla morte. Ci siamo intesi b-bambolina?»
Legenda:
(T/n) = tuo nome
(C/o) = colore occhi
(C/c) = colore capelli
(L/c) = lunghezza capelli
(N/a)= nome amica
(C/p)= colore pelle
PS: Scritto volontariamente in prima persona.
Genere: Dark, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Slenderman, Ticci Toby
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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(T/N)'s pov

Le vacanze estive erano ormai giunte al termine, e una nuova giornata scolastica era alle porte. Detestavo la scuola. L' unico motivo che mi dava la forza di svegliarmi è la mia amica: ogni mattina non vedevo l'ora di rivederla.
Quando finì di prepararmi, salutai i miei genitori, e mi incamminai verso la fermata dell'autobus.

Appena arrivai a scuola, la campanella suonò. Entrai in classe, e mi sedetti vicino la mia amica, che mi stava tenendo un posto. «Buongiorno (N/a)!» dissi abbracciandola, e lei ricambiò. «Buongiorno! Pronta a iniziare un nuovo anno scolastico insieme?» disse con il suo solito sorriso splendente e contagioso. «Certo, non vedo l'ora di finire questo terzo anno! Insomma, prima arriveremo al quinto, prima ce ne andremo da qui.» risposi ridacchiando «Comunque, all'entrata di scuola, alcune nostre compagne, stavano discutendo sul fatto che in classe avremo un nuovo compagno. Sai chi è?» «Si, dovrebbe chiamarsi Randy Evans. Dicono sia stato bocciato nella sua precedente scuola, e che abbia deciso di trasferirsi qui.» mi disse (N/a). «Speriamo che non sia un tipo fastidio come gli altri, che disturbano la lezione» sospirai.

Io e (N/a) parlammo per un pò, finché non entrò in classe la professoressa di matematica, nonché materia che odiavo di più, a presentarci Randy: era alto, aveva i capelli neri spettinati, e dagli sguardi che assumeva non sembrava una persona studiosa e garbata. Ma l'apparenza spesso inganna, no? Quindi evitai di saltare a conclusioni affrettate. Le prime lezioni, essendo il primo giorno, passarono velocemente, e arrivò l'intervallo. Io e (N/a) non amavamo andare in giro per i corridoi della scuola: li c'era solo caos. Caos creato dai bulli e alimentato dagli studenti che volevano assistere alle risse e litigate. Preferivo di gran lunga rimanere in classe a disegnare, insieme a (N/a) che invece amava leggere e scrivere.

Mentre stavo ripassando col pennarello un mio disegno che feci la sera prima, qualcuno me lo strisciò via, facendomi sbagliare e rovinare la mia opera. «Ehi!» dissi arrabbiata mentre alzai lo sguardo verso la persona che mi rubò il disegno, ovvero Randy «Ridammi immediatamente il mio disegno.» dissi con tono autoritario. «Certo, ma prima voglio vedere cosa stavi disegnando» Randy osservò il foglio, e scoppiò a ridere, attirando l'attenzione degli altri presenti in classe, che a loro volta ridacchiarono tra loro. «Spiegami cos'hai da ridere» mi arrabbiai, alzandomi e stringendo i pugni sui fianchi: odiavo quando qualcuno prendeva le mie cose senza permesso, figuriamoci quando deridevano qualche mia creazione. «Non dirmi che vai ancora dietro a queste bambinate» Randy riprese a ridere, facendomi infuriare ancora più di quanto non lo fossi già. (N/a) lo notò, e mi fece cenno di non perdere la calma, ma fu inutile. Presi dalle mani di Randy il mio disegno, strappando involontariamente un bordo, ma non me ne preoccupai: ormai l'aveva rovinato sottraendomelo. «Randy, senti. Io non sono una persona che ama litigare. Quindi farò finta che ciò non sia mai successo nulla. E ora levati dalla mia vista.» dissi voltando il viso da un'altra parte, con la voce più calma che riuscì a mantenere. «Come vuoi. Voi ragazze... siete così deboli, hai liquidato subito la conversazione nonostante fossi furiosa con me. Non sapete difendervi come si deve, noi maschi siamo più forti di natura.» Randy stava per andarsene, ma ero troppo incazzata dopo le sue parole. Lestamente mi alzai, e gli diedi uno schiaffo potente in guancia, lasciando l'impronta rossastra della mia mano. Potevo passare sulle offese riguardo i miei disegni, ma non potevo tollerare che venissero offese le donne da chi si sentiva e credeva superiore al nostro genere. La campanella suonò e l'intervallo finì.
«Per oggi la passi liscia, ma presto mi vendicherò» Randy se ne tornò al suo posto guardandomi con la coda nell'occhio. Non ero intimorita dalle sue parole, dopotutto, oltre un'altra litigata, non sarebbe accaduto nulla di grave. E in caso contrario, avrei saputo difendermi in qualche modo. «(T/N) stai attenta a lui, non metterti contro...» disse  (N/a) preoccupata per me, ma la tranquillizzai.

Anche le ultime ore passarono in un batter d'occhio, e io e (N/a) ci dirigemmo alla fermata dell'autobus. Il suo arrivò prima del mio, che arrivava sempre mezz'ora dopo, e rimasi ad aspettare. Appena l'autobus che prese (N/a) ripartì, vidi Randy avvicinarsi, che guardai con disprezzo e distacco. «Senti (T/N)...» iniziò a dire, ma lo ignorai. «Lo so che dopo stamattina mi odi, ma volevo solamente scusarmi con te. Faccio difficilmente amicizia, mi viene istintivo agire così per farmi notare» Randy mi osservò, ma vedendo il mio sguardo altrove, guardò per terra rattristito. Pensai a ciò che aveva detto, da un lato lo capivo benissimo: anche io ebbi difficoltà a fare amicizia negli anni delle scuole medie. Forse Randy era davvero una brava persona. Lo guardai: dall'espressione che aveva in volto, dedussi che era davvero dispiaciuto. «Va bene Randy, ti perdono» dissi porgendogli la mano, mentre lui mi osservò con speranza «Pace?» «Pace» rispose stringendomi la mano. «Ti va di fare una breve passeggiata al parco qui vicino? Per il mio autobus manca un'ora» disse. «Perché no, per il mio mancano ancora trenta minuti. Possiamo fare amicizia se vuoi» risposi.

Giungemmo al parco, che si trovava molto vicino alla fermata e alla scuola. Randy rallentò il passo, finendo dietro di me. Istintivamente mi voltai a vedere cosa non andasse, ma il ragazzo mi diede un calcio in pancia, facendomi sbattere contro un muretto «Perché l'hai fatto!» dissi tossendo e guardando infuriatissima Randy, che man mano si avvicinava, divertito alla scena. «Mia piccola (T/N), te l' avevo detto oggi che non l'avresti passata liscia. Credevi che anche la persona peggiore potesse cambiare? Ti sbagli. Dandomi quello schiaffo mi hai umiliato davanti a tutti. E ora ne pagherai le conseguenze» Randy si avvicinò sempre di più. Mi rialzai con tutte le forze che avevo in corpo, e corsi contro di lui pronta a tirargli un pugno, ma fu più agile di me e mi blocco i polsi. Senza pensarci due volte, gli tirai un calcio nelle sue parti intime, facendolo cadere dolorante a terra per un istante. Né approfittai per scappare, ma altri due ragazzi, probabilmente suoi complici, mi bloccarono, riportandomi indietro e tenendomi ferma. «Ottimo lavoro amici» disse rivolgendosi ai due individui, mentre si alzò con fatica. «E ora, tu soffrirai» Randy mi accarezzò la guancia. Gli morsi la mano, facendolo indietreggiare. «Bastardo, non osare toccarmi» Urlai facendo uscire da me tutta la rabbia che avevo in corpo. «Davvero credevi che sarebbe bastato un semplice morso a fermarmi? Guardati: sei bloccata, non puoi sfuggirmi.» Cercai di dimenarmi, ma Randy mi diede un pugno sulla guancia talmente forte, da lasciarmi un grandissimo livido violaceo. Continuò a darmi dei calci in pancia e sulle gambe, finché i suoi amici, vedendomi indifesa e sofferente, mi lasciarono la presa dalle braccia, ormai doloranti, e caddi a terra. Ora erano in tre a picchiarmi. Sentivo le forze abbandonarmi, mentre il dolore si fece più inteso, finché non vidi Randy cadere a terra senza sensi, e gli altri due suoi amici scappare, spaventati da qualcosa. Ripresi fiato prima di alzare lo sguardo: c'era un ragazzo davanti a me, indossava una felpa nera tenendo il cappuccio in testa, con su in viso una specie di cerotto vicino la bocca. Guardai la sua mano: teneva un ramo abbastanza grande e rigido. Collegai il tutto, e capì che fu lui a colpire Randy e salvarmi. Rimasi a fissarlo, cercando d'intravedere i tratti del suo viso coperti però dall'ombra del cappuccio e dai capelli castani che gli cadevano in fronte, finché il ragazzo non si voltò iniziando ad andarsene.

«Aspetta!» dissi provando ad alzarmi, nonostante l'atroce dolore «Grazie per avermi salvata.» il ragazzo si voltò per poi rispondere con un semplice "prego". Stava per riandarsene, ma mi sentii in debito con lui, così lo richiamai «Posso sapere il tuo nome» «Tobias. Non p-posso dirti altro.» rispose senza voltarsi. «Ti devo la vita Tobias. Probabilmente se non fossi arrivato tu sarei finita in ospedale» dissi ridacchiando «Sono in debito con te».
Il ragazzo stette qualche secondo in silenzio, per poi voltarsi e guardarmi «Non c'è bisogno. A-anche io venivo picchiato dai bulli, quindi prendi ciò c-come un semplice aiuto tra amici.» Tobias se ne andò. Forse quella ferita in viso gliel'aveva procurata uno dei bulli che ha menzionato. Però non sembra un ragazzo della mia età, ovvero sedicenne, sembra più grande. Vidi Randy che si stava riprendendo, cosi tornai velocemente alla fermata del bus, che fortunatamente arrivò dopo cinque minuti dal mio arrivo.

Una volta a casa, mia madre mi venne incontro preoccupata e spaventata, per il violaceo livido che mi ritrovavo sulla guancia. «(T/N) cos'è successo alla tua guancia? Ti sei fatta male? Ti hanno fatto male?» «Tranquilla mamma, sono solo caduta dalle scale a scuola e ho sbattuto di guancia, ma sto bene» le risposi grattandomi la nuca. Non avevo intenzione di dirle di Randy. Già in passato ho avuto problemi per via dei bulli, e lei si è fatta in quattro per aiutarmi, non volevo farla preoccupare ancora. Tra l'altro, ero sicurissima che eventi del genere non sarebbero mai più capitati, se mi fossi tenuta alla larga da lui. Andai in bagno a farmi una doccia per pulirmi dalla polvere che avevo preso quando mi accasciai a terra. Mi spogliai e scorsi lividi giganti sulla pancia e sulle gambe. Alcuni facevano molto male.
Una volta asciutta, spalmai un po' di crema su essi, e misi un cerotto sulla guancia, per coprire il livido. Andai a riposarmi sul letto, pensando ancora a quel ragazzo, Tobias. Di solito gli sconosciuti non tendono spesso ad aiutarti in situazioni del genere, per paura di finire nei guai, mentre lui, invece, l'ha fatto. Ha fatto addirittura perdere i sensi a Randy. Mi piacerebbe rincontrarlo un giorno, e sdebitarmi con lui come si deve. Tra un pensiero e l'altro mi addormentai.

Tobias's pov

Quando vidi quella ragazza in difficoltà, non ci pensai due volte ad aiutarla. Vedendo quella scena, vedendo lei accasciata a terra e quei ragazzi che la picchiavano, fece rivivere nella mia mente i ricordi di quando andavo a scuola. Avevo, e ho tutt'ora, la sindrome di Tourette, ovvero tic nervosi. In classe infatti, mi deridevano per questo, e i bulli mi picchiavano. Per me era difficilissimo andare avanti ogni giorno e integrarmi tra gli altri. L'unica cosa positiva di tutto ciò, e che soffro anche della CIPA, ovvero l'insensibilità congenita al dolore. In breve, subisco danni fisici, ma non sento nulla.

Il mio capo, lo Slenderman, mi diede il compito di pedinare Randy, in modo tale da capire dove abitasse, per poi ucciderlo durante la notte. Per questo motivo mi trovavo lì al parco. Adesso sono costretto a seguirlo anche domani, dato che non so se mi abbia visto i vestiti e il volto.

Dopo un'ora di camminata, finalmente arrivai nella foresta. La mia abitazione, se così si poteva chiamare, era lì: una casa abbandonata. Anni fa uccisi i proprietari, per poi appropriarmi di essa. Non era di chissà quale lusso, ma a me bastava per rifugiarmi dalle forze dell'ordine. In città mi conoscono con il nome di Ticci Toby, uno dei tanti killer più spietati degli ultimi tempi. Però non ero io che decidevo le mie vittime. Era lo Slenderman. Io ero un suo proxy, uno dei suoi servitori. Dovevo stare ai suoi ordini, altrimenti lui trovava modi atroci per punirmi, anche se non provo dolore fisico. A essere sincero, non avevo motivi per disubbidire. Era stato lui a salvarmi dalla mia vecchia vita.

Bevvi un sorso d'acqua e poi mi sdraiai sul letto. Tra un pensiero e l'altro, mi ricordai di mia sorella maggiore, Lyra. Da quando morì, sentii moltissimo la sua mancanza, anche se ora ho solamente qualche memoria annebbiata su di lei. Ricordo solamente che era una ragazza allegra, gentile con tutti, e sempre col sorriso sul volto. Nonostante i problemi che avevamo in famiglia, era l'unica che per vedermi felice manteneva il sorriso, anche nei momenti più tristi e peggiori. Insieme a mia madre, era l'unica che mi voleva davvero bene. Se non fosse stato per lei, che mi fece ragionare nei momenti di nervosismo e pazzia, mi sarei suicidato tempo fa.

Mi rigirai nel letto. Alcune volte, era come se Lyra fosse qui con me. Nella mia mente e nel mio cuore. Ciò mi faceva sentire meno solo, è più felice, nonostante la mia vita fosse tutt'altro.

Mi manchi sorellona...

   
 
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