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Autore: Helen_Book    14/03/2021    0 recensioni
Eileen ha perso la voce e la capacità di trasformarsi. Sente di non aver nulla da offrire al proprio branco. L'incontro inaspettato con un lupo randagio cambierà totalmente la sua esistenza e la porterà ad addentrarsi nei più oscuri ricordi del suo passato.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Un momento di intimità con Arthur era tutto ciò che Eileen aveva sempre desiderato da quando era partita. Vederlo vivo e vegeto al processo, le aveva fatto tirare un sospiro di sollievo.

Ma non le bastava: voleva di più.

Prima però c’erano diverse questioni ancora in sospeso tra loro da risolvere.

Mentre camminavano verso una destinazione a lei sconosciuta, Arthur si girò un paio di volte per accertarsi che lo stesse seguendo. Per il resto del tempo, mantennero le distanze, in silenzio.

Le strade erano perlopiù deserte, la possibilità di essere scoperti non era un rischio che correvano.

Lo scroscio di un ruscello giunse alle sue orecchie. Le mancava avventurarsi per la foresta e da quando era arrivata lì, non ne aveva avuto l’occasione.

“Ci siamo” le disse, indicando una fessura tra gli alberi. Una volta entrati, si ritrovarono in una piccola radura, contornata da un ruscello.

Eccolo, a quanto pare il mio udito non funziona così male.

Arthur si sedette per terra, sull’erba, invitandola a fare la stessa cosa, al suo fianco.

“Qui, dubito che ci troveranno. È un posto che conosco solo io” le sorrise per rassicurarla.

Eileen rimase in piedi, seria, comunicandogli la sua scelta di non sedersi.

“Va bene, non voglio costringerti a fare qualcosa che non vuoi” le rispose gentilmente, mantenendo la calma.

Lo aveva visto in azione, sapeva essere diplomatico in situazioni delicate come quella. Lei, invece, era sul punto di scoppiare.
Tutte le emozioni negative vissute in quei giorni stavano ritornando a galla e aveva voglia di riversarle su di lui. Era cosciente di essersi invischiata in tutto ciò senza che lui glielo avesse chiesto, ma alcune sue azioni l’avevano ferita, più di qualunque altra cosa.

La spaventava constatare quanto potere aveva su di lei. Sull’onda di tutto quel malessere, rispose a tono.

Invece interpretare le mie parole a tuo piacimento non è una forma di costrizione, giusto? Come ti permetti di decidere al posto mio?

La velocità con cui mosse le mani, le lasciò i muscoli delle braccia e delle mani intorpiditi. Il sorriso sul viso di Arthur sparì, lasciando il posto ad uno sguardo truce. Non si aspettava tutta quella aggressività.

Le tue azioni mi hanno ferita più di tutti i segni che porto sul corpo!

Non appena concluse la frase, si rese conto di quanto fosse vera, ma allo stesso tempo, pensata con l’intento di ferirlo.

L’espressione di stupore misto a dolore che comparve sul volto di Arthur, le fece venir voglia di rimangiarsi tutto. Si impose di rimanere salda nella sua posizione. Non poteva cedere ora.

Dopo una manciata di secondi, si alzò in piedi e con voce profonda disse: “Posso spiegarti le mie ragioni? Non ho intenzione di giustificarmi, ma devi conoscere la mia versione dei fatti.”

Certo, Arthur. Dovrai anche spiegarmi come mai hai cambiato nome.

Ripartì in picchiata, non risparmiandogli nessuna stoccata.

I muscoli della mascella scattarono, e i pugni si chiusero, assorbendo il colpo.

Eileen sentiva l’adrenalina scorrerle nelle vene. Voleva ottenere da lui una reazione e ci stava riuscendo. Odiava essere l’unica sommersa dalle proprie emozioni, era il momento che anche lui facesse i conti con le sue.

“Sto cercando di rimanere calmo, ma mi stai rendendo tutto più difficile” affermò, incrociando le braccia.

Aveva già riacquistato il controllo di sé, attivando la modalità ‘pacere’.

Frustrata, lo incitò a continuare.

Sto aspettando le tue giustificazioni. Spero per te che siano credibili.

Con un sorriso strafottente, Arthur si godeva la sua impazienza.

“Non conoscevo questo tuo lato. Sei piena di sorprese” non utilizzò un tono sarcastico, ma la frase la irritò lo stesso.

La cosa è reciproca. Sto ancora aspettando. Non abbiamo tutto il tempo del mondo.

Incrociò le braccia e sospirò, rafforzando il concetto.

Arthur alzò i palmi delle mani: “Va bene, tregua. Inizio a parlare solo se ci sediamo e sotterriamo l’ascia di guerra, che ne dici?”

Voleva cancellargli quel sorriso dal volto, ma, alla fine, a malincuore, accettò di sedersi, mantenendo le distanze.

Se si avvicina, al diavolo la mia determinazione, pensò, mordendosi l’interno della guancia per il nervosismo.  

Se la sua freddezza lo infastidì, non lo diede a vedere. Con molta probabilità, comprendeva la complessità di quella situazione e non vedeva l’ora di sbrogliare i nodi.

“Mi hai accusato di aver interpretato erroneamente le tue parole. L’ho fatto per difenderti. So che ti sembrerà una bugia, ma mentire al mio branco, non ti sarebbe servito. Sarebbe stato controproducente” gesticolò animatamente, guardandola dritta negli occhi.

Non era una tua scelta, sono io l’unica responsabile delle mie parole. A te toccava semplicemente riferirle.

“Conosco il Consiglio, non ti avrebbero mai perdonata se avessero scoperto che stavi mentendo. Sto cercando di tenerti al sicuro, ma non posso se mi remi contro” le spiegò in tono concitato.

Sai che significa non poter parlare e vedere ostruito l’unico canale per comunicare con gli altri?

Per un momento, Arthur distolse lo sguardo, avvicinando la mano al mento. Non aveva valutato la situazione da quel punto di vista.

“Hai ragione, non ho pensato minimamente a come questa cosa poteva farti sentire. Tenerti al sicuro è diventata la mia priorità, ho tralasciato tutto il resto” parlava tra sé, guardando i ciuffi d’erba ai loro piedi.

“Ferirti è l’ultima cosa che voglio” l’intensità del suo sguardo e la sincerità che impregnava quelle parole, le fecero rizzare i peli.
La rabbia e la frustrazione iniziavano ad affievolirsi.

“Tuttavia, rifarei le stesse cose se ciò significasse proteggerti” emerse una risolutezza nuova nella sua voce “In più, non puoi promettere al Consiglio di fare tutto ciò che vogliono, è un suicidio. Capisco le condizioni tragiche di Mala, ma non puoi vendere te stessa” aggiunse, rimproverandola di ciò che aveva detto durante il processo.

Come una bambina colta in flagrante, le guance iniziarono a bruciarle.

Sapeva che non aveva tutti i torti. Eppure, ammetterlo le era così difficile. Preferì rimanere in silenzio, non potendo difendersi in alcun modo.

“E comunque, non ti ho mentito. Il mio vero nome è Roman” aggiunse, cambiando discorso.

E come mai qui tutti ti chiamano Arthur?  Ritornò sul piede di guerra, forse la credeva una stupida.

“Perché è il nome che mi hanno dato i miei attuali genitori. Sono stato adottato” l’ultima frase fu pronunciata a bassa voce, perdendosi nello scroscio del ruscello.

La rivelazione la ammutolì. Aveva avuto difficoltà ad abituarsi al nuovo nome e ora doveva ritornare sui suoi passi.

In più, Roman aveva perso i suoi veri genitori.

Pensare alla sua sofferenza le causò un buco allo stomaco. Mentre il senso di colpa per aver dubitato della sua parola iniziò a divorarla.

Scusami…I-io non lo sapevo, distolse lo sguardo e si concentrò sull’acqua che scorreva.

Si era preparata per litigare nuovamente, per far valere la sua opinione. La sua confessione l’aveva smorzata.

Si vergognava della sua reazione. Aveva agito d’istinto, senza pensare che dietro ci potesse essere una valida ragione. Si era lasciata trasportare dalle sue emozioni.

Di nuovo.  

“Come potevi saperlo?” le rispose lui con un sorriso gentile.

Ne approfittò di quel momento di debolezza, per avvicinarsi a lei di qualche centimetro.

“Volevo che mi conoscessi con il mio vero nome. Senza filtri, tralasciando tutto il resto” continuò la sua spiegazione, cercando di catturare il suo sguardo.

Con la coda dell’occhio, notò la sua vicinanza. Non le dava fastidio come credeva, anzi.

Roman, Roman, Roman, ripeté nella sua testa, come un mantra. Dentro di sé, aveva sempre pensato che quel nome gli si addicesse di più.

Quindi Ziki e Genny non sono tuoi parenti di sangue?

Chiese, ritornando su un terreno più sicuro.

“Genny è mia sorella biologica. Ziki è figlio dei miei attuali genitori. Giuro che un giorno ti racconterò questa storia, la mia storia” appoggiò la mano destra sul petto “ora però non abbiamo molto tempo, dobbiamo chiarire altre questioni.”

Sebbene fosse curiosa di saperne di più, annuì. C’erano problemi più urgenti di cui parlare.

“Quando ti ho visto al processo, in quelle condizioni, ho pensato che qualcuno mi stesse mettendo alla prova. Ero sul punto di perdere il controllo” lo sguardo tormentato, perso nelle sensazioni di quel ricordo. Le mani tremavano impercettibilmente.

“Ho sempre pensato di avere un ottimo autocontrollo, sono famoso per questo, ma ho dovuto ricredermi” aggiunse con amarezza “non so cosa mi abbia fermato. Forse la paura delle conseguenze, di metterti in pericolo. Vederti indossare la cordicella che ti ho regalato mi ha fatto sperare che fossi lì per me” gli occhi color miele speranzosi cercavano una conferma negli occhi verdi della ragazza.

Era scontato che fosse lì per lui, ma voleva sentirselo dire.

Appariva così vulnerabile, aveva voglia di abbracciarlo e dirgli che sarebbe andato tutto bene.

Sebbene non fece nulla di tutto ciò, arrivò ad una conclusione: era stanca di nascondersi, di reprimere le sue emozioni. Era giusto che scoprisse le carte e che ne affrontasse le conseguenze. Lo doveva a se stessa e a Roman.

Sono qui per te, segnò lentamente, prendendosi più tempo del previsto.

Mai parole furono più vere di quelle.

Dopo averlo ammesso, si sentì più leggera, in pace. Come se i pezzi del puzzle fossero ritornati al loro posto.

Però, non aveva ancora il coraggio di guardarlo. L’intensità dei suoi sentimenti minacciava di far scoppiare il cuore da un momento all’altro.

E se ciò che provava lui non era altrettanto profondo?  

Roman si avvicinò ulteriormente a lei, con calma, per paura di spaventarla come si fa con un animale ferito.

I muscoli non rispondevano ai suoi comandi, aspettava che fosse lui a fare la prima mossa. Quando le loro ginocchia si toccarono, due dita sotto il mento, la costrinsero ad alzare lo sguardo verso l’alto.

“Non sai quanto questo mi renda felice” affermò, facendole aumentare i battiti cardiaci. Riusciva a percepire il calore del suo corpo. Tutte le difficoltà e il dolore che aveva provato in quei giorni scomparvero, lasciando spazio ad un turbine di emozioni che la travolse.

Abbassò gli occhi sulle sue labbra. Pochi centimetri li dividevano. Se si fosse sporta in avanti, avrebbe scoperto il suo sapore.
Forse questo è il momento giusto per agire, pensò con il respiro corto.

Quando finalmente fu sul punto di farlo, Roman spezzò l’incantesimo, interrompendo il contatto.

L’imbarazzo le tinse le guance di rosso, l’umiliazione era scottante. D’istinto abbassò gli occhi. Voleva scappare il più lontano possibile.

“Eileen, i-io…Non possiamo. Se ti bacio, avrò difficoltà a fermarmi” disse balbettando. Non era più il Roman convinto e sicuro di sé.  

“In più, se lo facciamo, tutti sentiranno il mio odore su di te e viceversa. Non possiamo rischiare” spiegò rammaricato.

Non ci aveva pensato. Come faceva a rimanere così lucido? Era lei l’unica a perdere la testa.

Hai ragione. Riesci ad approcciarti a tutto con un certo distacco. Ti invidio.

Sorrise delle sue debolezze.

“Tu credi?” le prese la mano e la poggiò sul suo petto, in direzione del cuore.

Sorpresa, Eileen fissò la propria mano, appoggiata sul torace muscoloso. Sebbene la sua carnagione non fosse chiara come quella di Mala, il colore della pelle spiccava sul maglione nero.

Il cuore di Roman batteva all’impazzata, come un uccellino in gabbia.

Allora non sono l’unica a provare certi sentimenti, constatò quando i battiti aumentarono.

Sentì l’adrenalina scorrerle nelle vene. La consapevolezza di non essergli indifferente, la portò ad osare. Dal petto, la mano risalì fino al collo, accarezzandogli la nuca con le dita.

Lo vide chiudere gli occhi e inspirare profondamente.

Prese coraggio e continuò la sua esplorazione. Le dita sfiorarono la guancia, il mento, la barba di qualche giorno le pizzicò i polpastrelli. Risalì verso gli occhi e con delicatezza sfiorò le occhiaie scure.

Chissà da quanto tempo non dorme.

In questo erano molto simili. Entrambi erano sommersi dagli impegni e pesavano sulle loro spalle enormi responsabilità.
Una buona dormita era quello che ci voleva. Sia per lui che per lei.

Con lentezza, si spostò verso il basso e indugiò sulle labbra. Con la punta della lingua, le leccò il pollice, facendole ritrarre la mano.

Roman la intercettò, mantenendo ancora gli occhi chiusi e disse: “Scusami, giuro che farò il bravo. Ti prego, continua” il tono supplichevole, la convinse a non arrendersi.

Cambiò posizione, facendo leva sulle ginocchia. Questa volta partì dalle mani. Toccò le dita affusolate, le venature sul dorso e i piccoli calli sui palmi.

Avrà costruito lui i letti improvvisati nella scuola.

Era un uomo dalle mille risorse, non si perdeva d’animo. Lo ammirava per questo.

Continuò ad osservare le sue mani. Dava molto importanza a questa parte del corpo. Lei poteva comunicare solo grazie a loro. Se l’essere umano non fosse stato dotato di mani, lei, come tanti altri, sarebbero stati spacciati.

Avvicinò il palmo al suo viso e lo baciò. Non c’era un briciolo di razionalità in quel gesto, aveva semplicemente seguito l’istinto. Sentiva una parte di sé risvegliarsi, dopo essere rimasta assopita per molto tempo.

Si lasciò trasportare da quella sensazione, finché non incontrò gli occhi felini di Roman che la fissavano con un’intensità tale da sembrare che si stesse per trasformare.

Tu non sei un lupo.

Quel pensiero la travolse come una doccia fredda. 




Buonasera a tutti! 

Come ogni domenica, rieccoci con un nuovo aggiornamento. Come vi avevo riferito la scorsa settimana, ho diviso questo capitolo abbastanza lungo in due parti. L'ho letto e riletto migliaia di volte, lasciandomi sempre insoddisfatta. Ho cercato di renderlo il più perfetto possibile. Spero che questa prima parte vi sia piaciuta e che non vediate l'ora di leggere la seconda ;)

Stay tuned!

Helen

 

  
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