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Autore: Ms_Hellion    16/03/2021    1 recensioni
[“Ne, ne, hai sentito?”
“Sentito cosa?”
“Non hai visto la foto?”
“Quale foto?”
“Chi l’avrebbe mai detto che Orihara Izaya…”
“Orihara Izaya?”
“…che Orihara Izaya fosse gay.”]
Storiella in cui c’è una foto incriminante in giro per la Raijin, gli adorati umani di Izaya si stanno prendendo un po’ troppe libertà, e Shizuo non ha intenzione di ammettere i suoi sentimenti nemmeno sotto tortura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Izaya Orihara, Kyohei Kadota, Shinra Kishitani, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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4.


 

Gli occhi di Shiki scorsero rapidi sui fogli, esaminando a una a una le pagine dello spesso fascicolo. Izaya si trovò quasi impressionato dal fatto che, nella penombra della stanza appena rischiarata dalla luce di due lampade a gas, l’uomo della yakuza fosse in grado di decifrare con tale rapidità le stringhe di simboli stampati con una grafia minuta, senza manifestare in alcun modo segni di disagio.

Ma Shiki Haruya era da tempo abituato all’oscurità, e in meno di dieci minuti l’uomo terminò di analizzare il lavoro che Izaya aveva svolto in due settimane, due settimane piene di ricerche sul web, appostamenti e notti sacrificate per sistematizzare i dati raccolti, al punto che sentiva gli occhi bruciare dalla stanchezza.

Non che una cosuccia insignificante come il sonno avesse qualche speranza di ostacolare il giovane informatore.

“È un buon lavoro”, decretò Shiki infine, posando il fascicolo al suo fianco sul divano di pelle. “Hai persino aggiunto più informazioni di quelle che ti erano state richieste.”

“Consideralo un piccolo omaggio”, replicò il corvino compiaciuto. “Offerto dalla casa, naturalmente.”

L’uomo assentì. “Molto bene. Ancora una volta, i tuoi servigi sono stati apprezzati, informatore”, disse, e il corvino non poté impedire a un sorrisetto di graziare le sue labbra nel sentirsi definire in quel modo. “Riceverai il tuo compenso come al solito…”

I muscoli delle gambe di Izaya si tesero come questi, soddisfatto, si preparò a porgere i propri saluti e a congedarsi.

“…Tuttavia, c’è un’altra questione che vorrei discutere con te.”

“Oh?”, fece Izaya. Nascose rapidamente la sua sorpresa dietro a uno strato di neutralità. “Di cosa si tratta, Shiki-san?”

“Recentemente mi è capitato di sentire alcune voci sul tuo conto, Orihara… e sebbene non mi sia preso la briga di indagarle io stesso, è bene che tu sappia che tale voci stanno girando e che non sono apprezzate.” Gli occhi dell’uomo scintillarono, più freddi e duri di punte di spade, attraversando il corvino fino a che questi non avvertì quello sguardo come una lama conficcata nel suo cranio.

“Sicuramente sei consapevole della fermezza con cui la yakuza sostiene i valori più tradizionali. Per il tempo che trascorrerai a lavorare con noi, sarebbe saggio se tu ti astenessi dal portare avanti determinate condotte.”

Il tono dell’uomo si sarebbe detto casuale se non fosse per il modo in cui le sue parole stavano assolutamente gelando Izaya.

“Sono stato chiaro, Orihara?”

Izaya si umettò le labbra secche. “Cristallino, Shiki-san.”

Shiki annuì, accettando la sua risposta.

“Molto bene”, ripeté. “In tal caso, mi piacerebbe discutere il tuo nuovo incarico…”

A Izaya non rimase che acconsentire.

Quando lasciò la sede della yakuza, la luce era calata drasticamente e il cielo coperto aveva iniziato a borbottare minaccioso. Rispetto a quando era arrivato, Izaya si era alleggerito del peso del fascicolo – in compenso, il senso di gelo dentro di lui era quasi paragonabile al freddo della stagione.

Non era certo di come esattamente quell’informazione fosse passata dalla Raijin alla mafia – e tuttavia, ciò che lo stupiva di più era il fatto di non averlo predetto. Ovviamente la yakuza avrebbe tenuto un occhio aperto sulle attività del suo nuovo informatore; cos’altro si era aspettato?

Stupido, stupido, stupido.

No! Lui era il grande Orihara Izaya! Non era un idiota.

Eppure, aveva commesso un errore.

D’ora in poi, avrebbe dovuto fare attenzione – molta più attenzione.

La sua frustrazione crebbe soltanto quando, non contento di vederlo impegnato con ben altre preoccupazioni, il suo stomaco decise di gorgogliare in quello che pareva a Izaya un tentativo di commettere auto-cannibalismo.

Con un sospiro, diresse i suoi passi in direzione del Russia Sushi, decidendo che, se proprio doveva fornire nutrimento al suo corpo ahimè mortale, tanto valeva comprare un pasto decente per lui e per le bestiole fameliche che lo aspettavano a casa.

Sventuratamente, l’inevitabile susseguirsi di eventi determinati dal caso che domina la vita sembrava avere piani diversi per lui.

Il Russia Sushi era lì, in fondo alla strada. Izaya accelerò il passo, desideroso di raggiungere il ristorante il prima possibile, e-

“Bene, bene. Guardate un po’ chi abbiamo qui.”

Starai scherzando.

Izaya si voltò in direzione della voce per fronteggiare una serie di volti – una dozzina circa – molto familiari… e la familiarità non era, sfortunatamente, dovuta al suo naturale talento a imprimersi in memoria nomi e facce.

“Shimoda-kun”, trillò con falsa allegria. “E la tua banda di allegre teste pelate”, aggiunse, strizzando l’occhio agli altri ragazzi, i cui capi rasati li identificavano come membri del club sportivo.

Club ‘Manca di Rispetto al Tuo Dio’, piuttosto… Qual adorabile combriccola di umani.

Izaya era piuttosto sicuro che, nei giorni passati, ognuno di loro gli avesse lanciato almeno un insulto, la metà aveva pensato bene di fargli scherzi che spaziavano dal mettere puntine nelle sue scarpe da ginnastica a coprire il banco di scritte oscene, e almeno un paio lo avevano toccato in modo inappropriato.

Andava a testimonianza dell’infinito amore nutrito dal corvino nei confronti dell’umanità il fatto che nessuno di loro si fosse ancora ritrovato senza un arto o due.

I miei umani sono incorreggibili~.

“Che ci fai in giro, Orihara, vai a cercarti un altro frocio a cui ficcare la lingua in gola?”, lo provocò uno di essi.

“Checca”, fece un secondo tra finti colpi di tosse, strappando agli altri grugniti di risate.

Izaya forzò il sorriso sulle sue labbra ad allargarsi ulteriormente. “Chissà~? Forse qualcuno di voi si vuole offrire?”, domandò con un occhiolino.

Ne fu valsa la pena solo per vedere le espressioni sulle loro facce. Izaya scoppiò a ridere.

“Scherzavo, scherzavo~. Per mia fortuna non sono così disperato da dovermi rivolgere a voialtri”, commentò, allargando le braccia. “Ah, ma non rimaneteci male”, disse alle facce irritate dai ragazzi. “Prima o poi troverete qualcuno che non scappi alla vista dei vostri brutti musi… dico bene, Shimoda-kun~?”

Se c’era qualcosa che si poteva dire su Izaya, oltre alla sua ovvia passione per gli esseri umani, i discorsi da megalomane e il suo altrettanto ovvio odio per un certo bruto biondo, era che non si tirava mai indietro da una situazione pericolosa. Oh no – dove c’era pericolo, lui vi sguazzava, e dove non ce n’era, trovava il modo di crearlo. Non era che volesse farlo – okay, di tanto in tanto era per lui una sorta di sfizio – ma più che altro non poteva farne a meno.

Persino mentre punzecchiava i suoi umani con la consapevolezza dell’ostilità che andava rafforzandosi nell’atmosfera, continuava a provare quel brivido che lo sballava meglio di qualsiasi droga.

Certo, Izaya disponeva anche di un istinto di autoconservazione piuttosto sviluppato, ragione per cui Shizu-chan non era ancora riuscito a spiaccicarlo sotto uno di quei suoi proiettili improvvisati; sarebbe stato più efficiente, però, se fosse entrato in azione alla vista del fumo, e non quando il fuoco era già stato appiccato ed era sul punto di scottarlo.

“Be’, ragazzi, lo avete sentito. La checca qui non ha ben chiara la situazione… Penso sia ora di dargli una lezione di umiltà.”

Un paio di ragazzi si scrocchiarono le nocche in un gesto di assenso, mentre altri si fecero avanti minacciosamente. Trovandosi di fronte una dozzina di sportivi molto incazzati e molto atletici, Izaya scelse in fretta la sua strategia d’azione. Se la diede a gambe.

Il suo umore si inasprì considerevolmente come fu costretto a scappare da un manipolo di esseri umani. D’altro canto, neppure lui era così folle da tentare di battere quelle montagne di muscoli per conto proprio, armato soltanto di un coltello a serramanico.

Davvero non era giornata.

Certo che ultimamente ne stava avendo parecchie di non-giornate, eh?

Sfrecciò sulle strade, inseguito da grida e minacce e il rimbombo di suole contro l’asfalto – che presto diminuì d’intensità come il corvino volò attraverso la città, leggero e inafferrabile quanto era sempre stato. Inevitabilmente le grida si trasformarono in respiri affannati, le minacce in imprecazioni frustrate. I suoi piccoli umani si credevano così spaventosi… ma avevano dimenticato che Izaya era solito giocare con un vero mostro.

Li indugiò per un po’, dando loro l’illusione di poterlo raggiungere soltanto per demolirla lentamente, quindi li seminò in un dedalo di viuzze, seguendo un percorso che aveva mandato a memoria molto tempo prima, in previsione di un’eventualità simile.

Riuscì, non visto, a imboccare una strada laterale, e si appiattì contro il muro, attendendo con il fiato sospeso che i suoi inseguitori gli passassero accanto. Finalmente, il rumore dei passi tanto quanto l’eco delle loro voci svanì in lontananza.

Izaya esalò a fondo, rilasciando insieme aria e adrenalina. Si posò una mano sul petto, dove sentiva il cuore battergli forte, nonostante sapesse che il manipolo di idioti non era un pericolo per lui, né mai lo era stato.

Considerò per un breve istante se forse invece non dovesse iniziare a considerarli una minaccia, solo per scartare rapidamente l’idea. Certo, stava diventando alquanto irritante andare a scuola con loro, ma a parte mettere colla sulla sua sedia e minacciarlo di riempirlo di botte, che cosa potevano fare?

Niente. Il grande Orihara Izaya non correva alcun pericolo. Perciò, invece di preoccuparsi di loro, avrebbe riso dei loro comportamenti, accettando pazientemente qualunque cosa gli umani avessero da offrirgli, per poi continuare la sua vita nel solito modo.

Proprio mentre era nell’atto di liberarsi dei pensieri su Shimoda e la sua banda con una scrollata di capo, il corvino sentì qualcosa di freddo sfiorargli la guancia.

Si immobilizzò sul posto. Al primo tocco di gelo, ne seguì un altro, e poi un altro ancora. Contemporaneamente, aloni scuri comparvero sull’asfalto, e un soffice ticchettio raggiunse le sue orecchie, rotto solo dal frastuono di un tuono in lontananza.

Grugnì un po’ tra sé. Staccatosi dal muro, iniziò ad avviarsi verso casa, sperando di riuscire a raggiungerla prima di essere del tutto fradicio.

La pioggia aveva appena iniziato ad appesantirsi e il corvino stava giusto rimpiangendo di non avere con sé un ombrello, o per lo meno una giacca con il cappuccio, quando udì il telefono squillare dalla tasca dei jeans.

Lo recuperò prontamente, esitando con il dito sopra al pulsante di risposta giusto per il tempo necessario a leggere il nome del mittente della chiamata sullo schermo…

…e le sue labbra si stirarono in qualcosa di spaventosamente simile a un sorriso genuino.

Tutto d’un tratto, la pioggia cessò di dargli fastidio, e Izaya saltellò allegramente da una pozzanghera all’altra come portò il telefono all’orecchio, accettando la chiamata.

“Ko~ta~chan~”, cantilenò, salutando con un enorme ghigno quello che era recentemente diventato uno dei suoi umani preferiti. “A cosa devo il piacere?”

“Yo, Izaya. Mi hai chiamato?”

Izaya sbatté le palpebre, sorpreso dalla domanda. Aveva chiamato Kota-chan? Tornò rapidamente indietro con la memoria, e analizzò la settimana trascorsa tra quando lui e Kota-chan si erano scambiati numeri di telefono in quel locale e il momento attuale.

Aveva in effetti tentato di contattare l’altro il giorno successivo al loro incontro, ma Kota-chan aveva mancato di rispondere, e Izaya era stato troppo impegnato per dedicarvi più di un pensiero.

“Ah, sì!”, esclamò. La sua voce si abbassò di un’ottava, assumendo un tono seduttivo. “Stavo pensando alla nostra serata insieme e, be’… mi è venuta voglia di sentirti.”

“Ah, capisco”, rispose l’altro ragazzo.

Per un momento Izaya ebbe quasi l’impressione di percepire una nota annoiata nella sua voce – ma si liberò presto dell’assurda idea. Se c’era una cosa di cui era sicuro, era che Kota-chan non si era annoiato con lui. E tuttavia… forse era tempo di ravvivare la fiamma?

“Ne”, iniziò in un mormorio sensuale. “Voglio vederti.”

“Sì?”

“Mmh-mmh. Non ho più smesso di pensare a te dopo il nostro incontro, lo sai? Ci siamo divertiti così tanto… Ricordi quanto te l’ho succhiato come se fosse un lecca-lecca?”

Se Kota-chan fosse stato nei paraggi, il corvino avrebbe sfruttato il modo in cui la pioggia faceva aderire i vestiti alla pelle, esponendo la forma sottile del suo corpo. Stando le cose diversamente, si limitò a intridere la sua voce di una nota suadente.

“Kota-chan… voglio divertirmi ancora con te. Ci sono così tante cose che possiamo provare stavolta~!”

Una specie di sospiro risuonò dall’altro capo della linea, e un sorrisetto si formò sulle labbra di Izaya. Ottimo, l’altro ragazzo era interessato – eccitato, probabilmente. Ora doveva solo-

“Oi, tesoro. Apprezzo l’entusiasmo, ma tu lo sai che quello che abbiamo fatto insieme non significava niente, vero?”

Hah?

“Hah?”

Izaya sbatté le palpebre come un idiota.

Dal capo opposto della linea risuonò uno sbuffo di risata. “Cos’è, credevi che stessimo insieme adesso o qualcosa del genere?”

“Cosa- no.” Il corvino produsse una risata. “Affatto~! Ti stavo solo prendendo un po’ in giro.”

“Senti, non ho niente contro di te personalmente. È stato divertente- diamine, è stato molto divertente. Un culo come il tuo non si vede tutti i giorni”, commentò Kota. “Però io ho una ragazza, perciò-”

“Oh, ma davvero?”, fece il corvino. “Una ragazza?”, ripeté.

“Esatto. Perciò senti, non mi posso permettere grattacapi. La mia ragazza mi lascerebbe e i miei genitori mi caccerebbero di casa se scoprissero che mi sono visto con un altro uomo.”

“Chiaro, chiaro~.”

“Quindi non devi farne parola con nessuno, intesi?”

“Le mie labbra sono cucite”, gli assicurò Izaya. “Buona fortuna~!”

Kota suonava sollevato. “Lieto che ci siamo chiariti.”

E con quelle parole, il ragazzo più grande chiuse la telefonata.

Lentamente, Izaya abbassò il braccio, e rimise il telefono in tasca.

Durante la conversazione, la pioggia aveva preso a battere con più insistenza. Il suono sordo prodotto dalla cortina d’acqua che cadeva contro vetro, plastica e cemento riempiva le sue orecchie, coprendo quasi il frastuono di automobili in corsa proveniente da qualche strada celata dagli edifici.

Era solo, notò distrattamente. Nella sua fuga era finito in un vicolo stretto tra due costruzioni, deserto eccetto che per un paio di ratti e l’occasionale scarafaggio. Solo con la pioggia. Trovò curioso come non se non fosse accorto prima.

Diversi minuti trascorsero, e Izaya non si mosse, né parlò.

Solo in mezzo al vicolo, lasciò che la pioggia lo infradiciasse fin nel midollo, mostrando a malapena segni di disagio – ma dove il suo corpo era inattivo, altrettanto non si poteva dire della sua mente.

Per chi lo avesse osservato dall’esterno, la sua espressione sarebbe stata del tutto illeggibile. Ma dentro di sé, l’informatore indossava un ghigno folle.

Perché in quel locale di Ni-chome c’erano delle telecamere. Perché quel giovane di straordinario talento sapeva come hackerarle.

Perché una coppia di genitori e una ragazza avrebbero ricevuto una sorpresa prima della fine della settimana.

È stato divertente giocare con te, Kota-chan. Come ti ho detto… buona fortuna~.

Il suo corpo fu scosso da un fremito, e Izaya fu quasi stupito quando una risata isterica non proruppe dalle sue labbra.

Quando le sue membra tremarono nuovamente, fu per il freddo. Abbassò lo sguardo sui propri vestiti, affascinato dal modo in cui si incollavano alla sua figura.

Dovrei muovermi, considerò distrattamente.

Subito dopo, qualcosa si mosse davvero. Ma non era lui.

Attraverso la cortina della frangia corvina, distinse un’ombra scura agitarsi alla periferia del suo campo visivo. E poi – una parola che immediatamente catturò la sua attenzione.

“Izaya?”

Sussultò lievemente, e sollevò lo sguardo per incrociare un paio di familiari occhi marroni.

Shizu-chan.

Che cosa ci faceva lì il biondo?

E perché lo stava guardando in quel modo?

In presenza della bestia, i pensieri di Izaya si focalizzarono di nuovo sul qui e ora, riacquisendo in pochi istanti il loro acume come una corrente di adrenalina lo attraversò in una potente scarica. Il suo corpo si tese d’istinto, preparandosi alla battaglia.

Qualcosa per cui non avrebbe mai potuto prepararsi, però, erano le parole che invece uscirono dalla bocca del biondo.

“Stai bene?”

Le sopracciglia di Izaya si sollevarono così in alto che per poco non scomparvero sotto i suoi capelli.

Davvero, Shizu-chan… tu e il tuo istinto bestiale… come al solito, mi causi solo guai.

Non importa. Non posso immaginare cosa stia passando nella tua testa protozoica per farti comportare da gentiluomo con me, ma sappiamo entrambi che non durerà. Perciò sbrigati… falla finita con questa farsa…

Già, perché Izaya era abbastanza saggio da non aspettarsi umanità né gentilezza da Shizuo. Non verso di lui, la persona che più odiava.

Perciò, quando Shizuo mosse il braccio che sosteneva l’ombrello, il corvino si preparò alla fuga, certo che l’altro stesse per scagliare l’arma improvvisata contro di lui.

Invece, il biondo gli tese l’ombrello in un gesto d’offerta.

“Vuoi un passaggio?”


 

. . .


 

Tensione, così spessa che avrebbe potuto tagliarla con un coltello.

Non c’era altro termine per descrivere l’atmosfera che permeava la situazione, sebbene atroce disagio fosse un valido contendente.

L’ombrello, che pure a prima vista sarebbe parso piuttosto largo, si era rivelato essere decisamente troppo piccolo per i gusti di Izaya. Lui e il mostro biondo erano vicini in un modo che non avrebbe mai ritenuto possibile senza che ne conseguisse la morte, o per lo meno la violenta menomazione, di uno di loro. Eppure, eccoli lì – vicini a sufficienza perché i loro gomiti si sfiorassero più di una volta, fino a che Izaya non si era ficcato le mani in tasta, stringendosi nelle spalle il più possibile nel tentativo di occupare meno spazio, mentre da parte sua Shizu-chan aveva sacrificato metà del suo corpo alla pioggia pur di mettere qualche centimetro in più di distanza tra di loro.

Lungo l’intero tragitto, nessuno di loro pronunciò parola, con la sola eccezione delle laconiche istruzioni di Izaya su quale strada avrebbero dovuto imboccare di volta in volta.

Come diamine abbiamo fatto a finire così?

La parte del corvino che non stava soffocando nel nervosismo e nel disagio per poco non scoppiò a ridere di fronte all’assurdità della situazione.

Heiwajima Shizuo lo stava accompagnando a casa.

Heiwajima Shizuo, alias Shizu-chan, alias la sua fottuta nemesi.

C’era da chiedersi se non fosse finito in un universo alternativo.

Ne Shizu-chan, ti ricordi che siamo rivali, vero?, voleva chiedere. Si astenne dal farlo, poiché esisteva una piccola possibilità che il biondo potesse improvvisamente recuperare il senno e abbandonare tutte le pretese di gentilezza per tornare a tentare di ucciderlo.

D’altro canto, lo stesso valeva per lui, suppose. L’ultima volta che Shizuo aveva cercato di… aiutarlo, aveva comunicato vivamente la sua disapprovazione. Com’era giusto che fosse, in quanto Izaya non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno, e men che meno dell’aiuto di un mostro, di una bestia che, se aveva scelto di mettere da parte l’odio bruciante nei suoi confronti, era stato solo per pietà – pietà!

Come se Izaya fosse un qualsiasi umano indifeso. Tsk.

Eppure, eccolo lì… sotto l’ombrello di Shizuo, dopo aver accettato, grato, la sua offerta di accompagnarlo a casa.

Forse il protozoo non è l’unico ad avere perso la ragione, meditò in silenzio, scoccando un’occhiata di soppiatto al biondo.

Da parte sua, Shizu-chan evitò non solo di parlare, ma compì anche quanti meno movimenti possibili durante il tragitto, quasi temesse che un gesto brusco avrebbe potuto far scappare via Izaya, oppure farlo attaccare, come un gatto randagio che, messo alle strette, opta immediatamente per snudare gli artigli.

Possibilità che Izaya effettivamente considerò quando Shizuo tirò fuori dalla sua tasca un pacchetto di sigarette.

Izaya storse il naso come il biondo esalò la prima boccata di fumo.

E comunque, da quando fuma il protozoo?

A volte Izaya non poteva fare a meno di domandarsi se le decisioni di Shizuo fossero prese con lo scopo specifico di irritarlo.

Stupido bruto.

Per fortuna, la sua capacità di sopportazione non fu messa a lungo alla prova.

“Siamo qui”, annunciò il corvino, fermandosi bruscamente davanti alla propria abitazione.

Gettata un’occhiata al posto, Shizuo emise un basso fischio. “Avrei dovuto immaginarlo che un pidocchio arrogante come te fosse ricco sfondato”, commentò. “Bel posto.”

“Mh-mh. Ma non illuderti che ti lasci entrare in casa mia mentre fumi come una ciminiera.”

Shizuo sbatté le palpebre. “Tu… vuoi farmi entrare in casa tua?”

Izaya roteò gli occhi con così tanta forza alla faccia da sogliola del biondo da vedere il nero all’interno dell’orbita. “Con la velocità con cui il tempo sta peggiorando, tanto vale che tu stia dentro finché non migliora. Se però preferisci sfidare la tempesta e rischiare di essere colpito da un fulmine, prego, fai pure”, gli disse. Quindi gli voltò le spalle, avviandosi lungo il vialetto che conduceva alla porta d’ingresso.

Non ricevette alcuna risposta – ma non fu necessario. Dopo appena una manciata di secondi risuonò alle sue spalle uno schiaffare di piedi dentro a pozzanghere fangose, informandolo della decisione del biondo. A sua volta, Izaya l’accettò senza un commento.

Trafficò con la serratura per un momento, quindi, quella scattò, e la porta si aprì con uno stridulo cigolio del tutto simile a un gemito. Izaya si annotò mentalmente di oliarne i cardini, prima o poi… non che in genere a casa Orihara ci fosse un’abbondanza di ospiti che avrebbero potuto essere infastiditi dal rumore.

Solo uno, a quanto pareva.

Si fece da parte in un silenzioso gesto d’invito, che Shizuo accettò senza commentare.

Izaya lo seguì a ruota all’interno dell’abitazione, dove lo salutò un familiare, lungo corridoio buio, e un silenzio infranto soltanto dalle note attutite della sigla di Pokémon.

Accanto a lui, Shizuo aggrottò la fronte. “C’è nessuno in casa?”, domandò in una specie di sussurro, quasi intimorito dall’atmosfera densa dell’abitazione.

“Solo le mie sorelle”, replicò Izaya togliendosi le scarpe, imitato a ruota dal biondo.

Gli venne in mente che avrebbe dovuto comprare del cibo d’asporto per la cena di quella sera, e soffocò un sospiro. A sua difesa, non era del tutto colpa sua se il suo tentativo di procurarsi del sushi era andato in fumo.

“Frena un momento- tu hai sorelle?”, fece Shizuo, stupito.

La risposta alla sua domanda si presentò da sola quando una porta si socchiuse in fondo al corridoio, gettando sul pavimento una lama di luce pallida proveniente da un televisore nell’altra stanza, e un paio di testoline arruffate si stagliarono, sbirciando, contro la lieve luminosità.

“Aspetta qui”, gli disse Izaya.

L’altro annuì, incrociando le braccia e gettando un’occhiata attorno, vagamente a disagio. Una volta assicuratosi che gli avrebbe dato retta, il corvino si diresse lungo il corridoio, frapponendosi tra l’alta sagoma del biondo all’ingresso e gli occhietti vispi e curiosi delle due bambine.

“Chi è quello, Iza-nii?”, domandò Mairu, inclinando la testa di lato nello stesso momento in cui la gemella compì lo stesso movimento.

“Nessuno che vi debba interessare”, rispose prontamente Izaya. “Guardate la televisione o quello che vi pare, ma non disturbateci. Saremo nella mia stanza per un po’.”

“Amico?”, bisbigliò Kururi, al che Izaya sbuffò una risata.

Nemmeno per sbaglio.

Comandò alle gemelle di prepararsi del ramen in scatola per cena, ricevendo in cambio una taciturna occhiata delusa da parte di una e insulti sfacciati dall’altra, quindi le bambine gli diedero le spalle e trotterellarono di nuovo verso lo schermo colorato della televisione.

Izaya ritornò dal biondo, il quale si stava ancora guardando intorno come se si aspettasse che un fantasma sarebbe sbucato da un muro per attaccarlo da un momento all’altro.

“Paura del buio?”, lo prese in giro, prima di premere un interruttore per inondare di luce il corridoio.

Tuttavia, Shizuo non si rilassò, giungendo addirittura a rabbrividire.

“Fa più freddo qui che fuori”, grugnì scontento.

Izaya roteò gli occhi. “Non essere drammatico. Almeno qui dentro non piove.” Iniziò a camminare verso la sua stanza, seguito a ruota dal biondo e dai suoi borbotti infelici. “In camera mia fa più caldo”, offrì senza nessun motivo in particolare.

“I tuoi genitori non ci sono?”

Izaya fece spallucce. Fu l’unica risposta che Shizuo ricevette.

La camera del corvino era per l’appunto più calda, sebbene non di molto; giusto abbastanza perché Izaya non gelasse per le poche ore che ci spendeva in una giornata. L’arredamento stesso della stanza era improntato a garantire il minimo comfort necessario per quelle ore: c’erano un letto, un armadio, una scrivania e una libreria. Un ambiente semplice e ordinato che svolgeva le funzioni a cui serviva, proprio come piaceva a Izaya; e se non era l’ambiente più ospitale al mondo, be’… Izaya si era detto che non importava. Non era come se avesse mai avuto qualcuno da ospitare, in ogni caso.

Il ragazzo si liberò della giacca intrisa d’acqua, gettandola sul letto prima di fare lo stesso con il proprio corpo – ancora più fradicio.

Sollevò lo sguardo al biondo, esitante sulla soglia della sua stanza, e per un attimo si fermò a meravigliarsi dinanzi alla paradossalità della situazione. Se avesse saputo che un giorno avrebbe invitato la bestia nel suo spazio privato…

“Accomodati dove ti pare”, disse, accennando alla stanza con un gesto della mano.

Shizuo si schiarì la gola. “Ah, ehm- okay. Grazie.”

Si guardò attorno, chiaramente cercando di decidere dove sedersi – e Izaya inarcò un sopracciglio quando il biondo scelse il bordo del letto, di fianco a lui. Le sopracciglia inarcate divennero due quando quegli occhi color caffè percorsero la sua figura da capo a piedi.

“Vedi qualcosa che ti piace, protozoo?”, chiese con un sorrisetto.

Invece di replicare, Shizu-chan mosse improvvisamente un braccio nella sua direzione.

Izaya si irrigidì d’istinto. Nel tempo di un battito, il suo corpo entrò in modalità attacco-fuga per reagire a quello che era certo fosse un tentativo di agguantarlo o colpirlo, o entrambi. La sua mano scivolò sotto il cuscino, dove teneva sempre un coltello di scorta…

E si arrestò, trattenendo bruscamente il fiato come le dita calde di Shizuo sfiorarono con delicatezza il suo fianco. Una presa a pinza di strinse attorno a un lembo della maglia rossa, alzandolo appena.

Shizuo corrugò la fronte. “Fradicio”, borbottò tra sé, scontento. “Dovresti farti una doccia. Ti ammalerai, stupida pulce…”

Izaya si schiarì rumorosamente la voce.

“Shizu-chan?”

Shizuo sbatté le palpebre, e sollevò lo sguardo per incrociare il suo.

“Cosa?”

“È un tentativo di farmi spogliare, per caso?”

“Hah?!” Shizuo abbassò lo sguardo sulla propria mano, rendendosi improvvisamente conto di cosa stesse facendo, e si ritrasse come se si fosse scottato. Un rosso violento tinse le sue guance. “N-no. Taci, stupido pidocchio, oppure ti farò tacere io.”

Izaya ridacchiò al ringhio aggressivo del protozoo. In circostanze diverse, si sarebbe divertito a prendersi gioco di lui, ma siccome ci teneva ai mobili della sua stanza…

“Scherzavo, scherzavo~”, lo placò, alzando le mani in un giocoso gesto di resa. “Ah, Shizu-chan deve davvero imparare a controllare le proprie reazioni.”

Il rosso nelle guance del biondo si fece ancora più intenso, e Shizuo borbottò qualcosa di inintelligibile. Izaya sbuffò una risata come gli parve di distinguere un dannata pulce.

Giudicando di non essere in immediato pericolo, consentì al proprio peso di cadere all’indietro contro il letto, e incrociò le dita sul petto, guardando all’insù verso il soffitto della stanza. Accanto a lui, il biondo si quietò a sua volta.

Restarono così per alcuni minuti, immersi in un silenzio interrotto soltanto dal ticchettio della pioggia contro la finestra, mentre gli abiti di Izaya iniziavano pian piano ad asciugarsi sul suo corpo, con le coperte sotto di lui come uniche vittime. Il corvino notò l’altro agitarsi un po’ a lato della sua visuale, a disagio di fronte alla densa atmosfera. Sorrise un po’ tra sé, godendosi l’imbarazzo dell’altro, affatto intenzionato a tentare di porvi rimedio.

No, no- se voleva interagire con lui, questa volta sarebbe toccato a Shizu-chan fare la prima mossa.

Infine, fu proprio quello che successe – solo, in un modo che aveva mancato di prevedere.

“Quindi ti piacciono i ragazzi?”, sbottò Shizuo tutto d’un tratto, lo sguardo ancora fisso davanti a sé.

Izaya arcuò un sopracciglio.

“Eh, che domanda strana, Shizu-chan”, commentò. “È il tuo modo rozzo di chiedermi di uscire?”

Seguì un ringhio.

“Rispondi alla domanda, pulce.”

Izaya lo studiò in silenzio per qualche istante ancora, quindi fece spallucce. “Certo. Perché no? Il mio interesse abbraccia tutti gli umani. E sebbene si tratti in genere di un amore superiore al mero piacere della carne, non vedo perché io non possa- aprirmi a nuove prospettive, di tanto in tanto.”

Shizuo grugnì. “Suona strano. Tu sei strano.”

Izaya scrollò le spalle e non rispose. Tuttavia, un sorrisetto amaro comparve sulle sue labbra, non visto.

Ovviamente la penseresti così, Shizu-chan.

“Izaya…”

“Mmh?”

Shizuo esitò, lo sguardo basso, indirizzato verso le mani che stava momentaneamente torturando.

“Sei…” Fece una smorfia. “Sei innamorato di quel ragazzo?”

Il corvino sbatté le palpebre.

Chi?

Ci impiegò un attimo ad arrivarci, e fu solo perché Shizuo aggiunse: “Quello nella foto.”

Le labbra di Izaya formarono una perfetta ‘o’– quindi si tesero sui denti candidi come il corvino scoppiò a ridere.

Shizu-chan gli scoccò un’occhiata assassina. “Non è una battuta, pulce cretina!”, sbottò, ma la pulce in questione si limitò a ridere ancora più forte, stringendosi le braccia attorno allo stomaco.

“In-innamorato di… di Kota-chan?”, riuscì ad ansimare tra le risate. “Io, innamorato di quell’umano?”

“Che cosa ne so!?”, abbaiò Shizuo. “Nella foto di certo sembravate parecchio intimi e- oi, smettila di ridere!

Izaya fece uno sforzo immenso per controllare la sua ilarità, se non altro perché, tra i pugni serrati e le vene gonfie sulle tempie, Shizu-chan sembrava a tanto così dal perdere le staffe e gonfiarlo di botte.

“Va bene, va bene~”, fece, ottenendo in cambio uno sbuffo. Quindi spiegò, a vantaggio del biondo: “C’è una differenza tra divertirsi un po’ con qualcuno ed esserne innamorati. Soltanto perché io e Kota-chan eravamo ‘intimi’ quella sera non significa che ci fossero chissà quali sentimenti dietro… né che lo saremo di nuovo”, aggiunse con una nota di amarezza.

Oh, be’.

La bocca del corvino si allargò in un ghigno malizioso.

“Per esempio, io e te potremmo diventare ‘intimi’ proprio in questo momento e ti garantisco che non significherebbe niente”, cantilenò. Aggiunse un occhiolino per buona misura, cedendo all’irresistibile tentazione di osservare la reazione furiosa e imbarazzata di Shizuo.

Che però non venne.

Shizu-chan era… distratto. Per dirla tutta, non lo stava nemmeno guardando.

Tra le sopracciglia di Izaya apparvero pieghe profonde.

Non apprezzava di essere ignorato.

Intanto, sembrava che Shizuo stesse lottando contro qualsiasi cosa stava accadendo nella sua testa. La pelle ai lati della sua bocca si increspò, mentre i suoi pugni si stringevano ritmicamente.

“Però…”

La voce del biondo ruppe il silenzio in un mormorio, per poi subito interrompersi.

“Cosa?”, fece il corvino, piuttosto secco.

“Però… hai aggiunto ‘chan’ al suo nome.”

Stavolta, neppure una pistola puntata alla testa sarebbe riuscita a tenere a bada le risate pressoché isteriche di Izaya.

Shizuo grugnì, nascondendosi la faccia cremisi tra le mani.

“Sta’ zitto.”

Oh, neanche per sogno, Shizu-chan, pensò Izaya, denti scoperti in un ghigno da Stregatto. Ne era valsa la pena di essersi sottoposto agli innumerevoli fastidi che quella giornata aveva portato con sé, ne era valsa la pena di aver tollerato la presenza del protozoo… solo per quello.

Tutto d’un tratto, la risata si interruppe.

Sorpreso dall’improvviso silenzio, Shizuo si voltò – e il respiro gli si arrestò in gola come scoprì la faccia del corvino a un palmo dalla sua.

Abbandonata la precedete posizione distesa, il corvino era balzato a carponi sul letto, le dita allargate contro le lenzuola, l’intero corpo inclinato verso il protozoo, di colpo languido e sornione come un felino che adocchia la preda.

Shizuo sobbalzò nel trovarselo in faccia all’improvviso, ritraendosi d’istinto prima di poter arrestare la propria ritirata, e Izaya avvertì il proprio ghigno allargarsi incontrollabilmente. Osservò divertito il calare di un pesante cipiglio sui bei tratti del biondo come Shizu-chan irrigidì i muscoli, quasi a voler rendere chiaro il suo rifiuto di indietreggiare di un altro millimetro.

Quindi, la feroce curva delle sue labbra svanì d’un tratto, ritornando a essere una linea soffice, quasi gentile.

“Ne… sei geloso?”

Puro oltraggio lampeggiò sul volto di Shizuo, che aprì la bocca per ribattere. Dopo un secondo di imbarazzante silenzio, cambiò idea e la richiuse, per poi deglutire.

“Shizu-chan… lo sai che non significa nulla, vero? Tu sarai sempre l’unico davvero meritevole di un ‘chan’ per me” disse Izaya, con un sorriso gentile e occhi scintillanti d’ilarità a malapena repressa, che, se considerati, avrebbero tradito all’istante la presa in giro. Eccetto che l’attenzione di Shizu-chan era ben lontana dai suoi occhi in quel momento.

La scarica di adrenalina che investì Izaya era forte, e la domanda che nacque nella sua mente era una e una soltanto.

Quanto più in là mi posso spingere?

Nella prigione della gabbia toracica, il suo cuore batté come se si trovasse in bilico sull’orlo di un precipizio. Dietro di lui, giaceva la sicurezza di un territorio conosciuto; sotto di lui, solamente onde increspate d’oro.

“Ne, Shizu-chan…”

Quanto più in là?

Lo sguardo di Shizuo non si staccò per un istante dalle sue labbra, seguendone in movimento.

“Sì?”, fu la roca risposta del biondo.

Quanto…?

“Vuoi un bacio?”

Shizu-chan si strozzò sul suo stesso respiro.

“I-I… Iza…”

“Lo vuoi, Shizu-chan?”, ripeté il corvino.

La punta del suo naso sfiorò come una piuma il viso di Shizu-chan, e quando questi sollevò finalmente lo sguardo verso quello di Izaya, qualsiasi cosa vi lesse fece scurire il rosso sulle sue guance.

Non ci fu risposta alla domanda, con l’eccezione di una specie di mugolio. Non ci fu tentativo di ritrarsi, eccetto che per un breve tremito che percorse il corpo del biondo.

Sul fondo dello strapiombo, le onde spumeggiarono, e alcun gocce d’oro atterrarono delicate sulla sua pelle, come le ali di una farfalla in primavera.

Izaya si chinò in avanti-

E la sua testa sbatté violentemente contro il muro come le mani di Shizuo scattarono per spingerlo lontano da sé.

“Levati di dosso!”

Izaya scivolò al suolo, annaspando per il dolore del duro impatto, e per alcuni secondi punti di luce colorati riempirono la sua visuale.

Quando riuscì a mettere nuovamente a fuoco la stanza, era rimasto solo. Shizu-chan era scomparso, fuggito con una sveltezza e una furtività ammirevoli per un mostro della sua taglia.

Gli angoli della sua bocca si curvarono all’insù.

Andarsene mentre sta ancora piovendo… stupido protozoo.

Ridacchiò debolmente, senza fare alcun tentativo di alzarsi. Invece, consentì alla propria testa di fare nuovamente contatto con il muro, sibilando un po’ come un lampo di dolore lo attraversò.

Shizu-chan, sempre così brusco con me. Sospirò. Ah, immagino che non si potesse evitare… Ecco cosa si ottiene a invitare il nemico in casa propria.

Peccato.

La sua gola vibrò come una melodia iniziò a diffondersi dalle sue labbra serrate. Si trattava di una sciocca melodia ascoltata in un locale, una canzoncina sdolcinata che parlava d’amore e di fiori di ciliegio.

…patetico, davvero.

Specialmente quando il mondo è così freddo, pensò con un brivido, stringendosi nei vestiti infradiciati da una crudele pioggia di fine autunno.

Ma suppose che, di tanto in tanto, agli umani è concesso sognare.

Il suono di soffici passi sul legno del pavimento interruppe la sua melodia. Senza muovere un muscolo, il corvino fece scivolare lo sguardo verso la soglia della stanza, dove sostava, silenziosa, una figura minuta.

“Che cosa vuoi, Kururi?”

La bambina inclinò appena il capo di lato.

“…speciale?”

Il sussurro giunse chiaro e inequivocabile alle orecchie del corvino. Gli strappò una risata acuta, rapidamente soffocata come la sua testa pulsò in protesta.

Kururi non sbatté neanche le ciglia, affatto impressionata. Continuò a fissarlo con quei suoi occhi colmi di una quieta curiosità, e Izaya non poté frenare un sorriso.

Occhi vermigli indugiarono sul letto, sull’impronta nel materasso che, fino a poco prima, era stata riempita da una forma solida e calda.

“Già. Lui è molto speciale.”


 

 

   
 
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