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Autore: Panterah    17/03/2021    0 recensioni
[L\\\'Allieva]
Questo testo si colloca nella prima stagione della fiction, alla fine del quinto episodio ("Per sempre bella"). È un periodo pesante per Alice: all'Istituto nessuno sembra prenderla sul serio, Arthur l'ha inaspettatamente abbandonata in aeroporto dopo soli tre minuti e Claudio, senza preavviso, l'ha baciata. Ho notato che Alice tiene spesso per sé i propri pensieri e sentimenti, li imbottiglia come un messaggio da lanciare in mare, dietro il suo sorriso di sempre. Ho quindi immaginato qui cosa può aver pensato, quel giorno, una volta sola e libera di sfogarsi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Inconsapevole bellezza.
È così che tu mi conosci, Arthur.
Io… io però forse non ci credo fino in fondo, a quella bellezza.
Insomma, guardami. Guardaci.
Tu mi ami per quella che sono. L’Alice Allevi che tutti conoscono.
L’“evidenziatore”, il “latte macchiato”, l’assassina di ben quindici Calliphora Vomitoria… un colorato insieme di difetti pieni di vitalità, frullati insieme come la mia colazione, che la mattina dimentico e finisce sempre per esplodere nei miei soliti disastri.
Mi conosci per la ragazza determinata a perseguire la strada che si è scelta a Medicina Legale, nonostante un intero Istituto le si sia messo contro fin dall’inizio… e, allo stesso tempo, sono l’Alice che non sopporta il dolore. Che non ce la fa a vedere gli altri soffrire, senza chiedersi in tutti i modi COME poterli aiutare…
Sono l’Alice che ti ha visto partire, e ti ha lasciato andare.
L’entusiasmo nei tuoi occhi quando mi hai detto che sono stata proprio io l’ispirazione che ti ha mosso a lasciare tutto, qui, per seguire il tuo sogno… non era altro che una richiesta di aiuto. Che io ti stia vicino (anche se non fisicamente), felice per te, con lo stesso sorridente supporto che cerco di dare a tutti coloro che me lo chiedono, nella vita.
E, anche se all’inizio me ne sono andata da quella che era casa tua, come avrei potuto non tornare?
Non meriti qualcuno di così egoista da legarti ad una sedia, hai il diritto di cercare anche tu un sentiero, da qualche parte nel mondo, che ti renda felice… fino a poco tempo fa sapevo bene anche io come ci si sente a non averlo ancora trovato. Non si è davvero felici.
Arthur, meriti tutto l’amore del mondo, e io sono follemente innamorata di te.
Ho solo paura.
Pura, semplice paura di restare da sola con me stessa, di nuovo.
Quando sono con te, ogni dubbio ed incertezza svaniscono, non mi pesa essere me stessa, perché tu mi accetti e mi ami così, per come sono. Sorridi, mi abbracci forte come solo tu sai fare e mi sollevi in aria, i piedi staccati dalla terra, facendomi sentire leggera, libera. Inconsapevole bellezza.
Poi, però, te ne vai, e io mi chiedo se ne valgo davvero la pena.
Dentro di me, sono spaventata… come puoi amare Alice così tanto, se nemmeno lei per prima riesce ad amare se stessa? Se, sotto sotto, è tremendamente stufa di dover sempre subire la pesantezza delle sue incapacità; se è stanca da morire di sentir pronunciare da tutti il suo nome, “signorina Allevi”, come se fosse una pasticca male inghiottita; se vuole solo essere qualcun’altra, bellissima e competente, perfetta e irreprensibile, come la signorina Ambra, per esempio.
Come puoi amare una Alice che non ha nemmeno il coraggio di arrabbiarsi con te ed urlarti in faccia con tutta la sua voce che sì, ti vuole vicino a lei ogni giorno della sua vita, non importa il resto del mondo, io e te, noi, bastiamo… e che non lo fa, perché sa di non valerne la pena.
COME?
E poi, vengo in aeroporto. Tu resti tre minuti. Riparti. Di nuovo. Voglio solo piangere.
Sai, Arthur, è lì che credo si sia incrinato qualcosa… la boccia di vetro in cui tengo imbottigliato tutto, sempre, costantemente, per non riversarlo sugli altri e farli soffrire inutilmente per me, si è crepata. E tu dopo non hai visto sgorgare le lacrime, da quella frattura.
Se è vero che mi chiamo Alice, magari potrei rimpicciolirmi talmente tanto da entrare in quella boccetta di vetro e, persa nel mare salato del pianto, chissà, potrei arrivare nel Paese delle Meraviglie.
Sarebbe bello.
Ma, invece di ubriacarmi di una pozione magica, mi sono bevuta direttamente il cervello.
Claudio mi ha baciata.
E io mi sono sentita bella.
Consapevolmente bella.
Per qualche attimo sospeso nel nulla, sapere che le sue labbra di stronzo selettivo non stavano incontrando quelle di Ambra o di un’altra ragazza perfetta, ma le mie, mi ha fatto dimenticare di essere il disastro di sempre. In quel bacio, ho scordato di essere la me stessa che mi pesa addosso ogni giorno... l’Alice che tu ami, e che ti ama.
E, forse, il problema è proprio questo: da qualche parte, in Alice, c’è un’inconsapevole bellezza la quale, sola e abbandonata a se stessa, sente affiorare il bisogno e il desiderio di rendersi consapevole.
Ci sarai per questa rivelazione, quando sarà il momento?
 
Nota dell’autrice: sto seguendo L’Allieva per la prima volta e ho scritto questa one-shot “a caldo”, dopo l’episodio, riportando le riflessioni che ha scaturito in me. Non so quindi ancora come evolveranno gli eventi ma, per quello che ho visto finora, spero davvero di aver colto qualcosa di veritiero!
 
   
 
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