Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: elelcomplains    19/03/2021    0 recensioni
Guido Mista si trova alla stazione, in attesa del treno che lo riporterà a Napoli. Durante le lunghe ore avrà l'occasione di conoscere qualcuno. spoiler free
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Giorno Giovanna, Guido Mista
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Mamma? Il treno è in ritardo. N- al momento tre ore. Non so a che ora ritorno. Se faccio tanto tardi mi fermo in pizzeria con qualche altro ragazzo. Ciao. Ciao». Guido chiuse la chiamata e sbuffò, passandosi una mano tra i capelli ricci. "Non bastavano i trenta gradi ad aprile, pure il treno in ritardo!" pensò. Si guardò in giro, alla ricerca di una panchina per riposarsi. Aveva corso dalla facoltà alla stazione, insieme ai suoi amici pendolari, convinto persino di essere in ritardo. E invece loro erano in viaggio verso casa, comodi e al fresco, mentre lui era rimasto in piedi, ad aspettare l'ennesimo treno ritardatario. Si lasciò cadere su di una panchina poco distante, e cominciò a guardare il telefono.

«Scusa, posso sedermi qui?». Alzò lo sguardo. La voce apparteneva a un ragazzo, più o meno della sua età, o appena più piccolo. I suoi capelli biondi erano legati in quella che la mattina era sicuramente stata una treccia, mentre le lunghe ciocche davanti gli ricadevano costantemente sugli occhi verdi, sfuggendo alle forcine. Era una vera bellezza. «Certo, siediti pure» rispose, sperando di non aver sgranato troppo gli occhi alla vista del ragazzo. Lo osservò tentare di sistemarsi i capelli usando lo schermo del telefono appoggiato sulle ginocchia come specchio, e con le forcine tra le labbra. «Serve aiuto?» chiese, divertito. Il ragazzo appuntò le forcine sulla maglia prima di rispondere. «Potresti per favore tenermi il telefono a quest'altezza?» chiese, tenendo il cellulare davanti al viso. Dopo che le mani di Guido ebbero sostituito le sue il ragazzo riuscì a sistemarsi in fretta. Lo ringraziò. «È in ritardo anche il tuo treno?» chiese Mista per attaccare bottone. «Sì. Di tre ore, quando ho controllato cinque minuti fa. Di questo passo non riuscirò a tornare a Napoli neanche per l'ora di cena». Lo sguardo di Guido si illuminò. «Sei di Napoli? Non ti ho mai visto in giro. Pendolare anche tu?» «Dall'anno prossimo sì. Oggi sono solo venuto per l'orientamento» «Non fai il classico, vero? Uno carino come te in giro per la scuola me lo ricorderei». Il ragazzo rise appena. «No, vado allo scientifico» «E vorresti prendere…?» «Biologia. Tu invece fai lettere, immagino» «Esatto. Secondo anno con un paio di esami arretrati».

«Ti va un caffè? Offro io» disse Guido dopo un po', dal nulla. «Davvero gentile» rispose lui, con un sorriso. Si sedettero a un bar poco lontano, ognuno con il proprio caffè davanti. «Non mi hai ancora detto come ti chiami, comunque» disse Guido, sporgendosi in avanti, le guance sui palmi delle mani. «Giorno» rispose il ragazzo. «Guido». Si strinsero la mano. «Hai un bel nome, sai?» disse Guido, sorridendo, e Giorno sorrise di rimando. «Grazie. Sei il primo che me lo dice. Di solito quando mi presento mi dicono cose del tipo "lo so che è giorno"» «E credono anche di essere simpatici? Una cosa del genere forse faceva ridere in prima elementare» «Già. Ma ormai ci sono abituato». Giorno poggiò la mano sul tavolino, proprio davanti alla mano di Guido, al punto da riuscire a sfiorare le sue dita. «Durante il viaggio di ritorno potrei restare con te? Se non ti disturba. Sono da solo» chiese il biondo. Era in imbarazzo, anche se non voleva darlo a vedere. Guido lo guardò, stupito. «Non è venuto nessuno dei tuoi compagni all'orientamento? Qualche amico? Qualcuno che aveva voglia di saltare un giorno di scuola?» «La verità è che non conosco molta gente. Ad essere sincero, non ho mai neanche avuto qualcuno paragonabile a un amico». Il suo telefono squillò. «Perdonami, è mio padre» gli disse, poi avvicinò il cellulare all'orecchio. «Papà? Sì, sto bene. Sono in stazione, il treno è in ritardo. Scusa, mi sono messo a parlare con un ragazzo e ho dimenticato di chiamarti. Ti richiamo io stasera. Ciao».

Guido rimase in silenzio, pensando alle parole del suo interlocutore. Lui aveva sempre avuto il gruppetto di ragazzi del quartiere al suo fianco, si erano persi di vista solo ora che frequentavano l'università. L'idea di essere solo, come il ragazzo che aveva di fronte, gli era inconcepibile. Eppure a lui non sembrava importare poi molto. O meglio, voleva far sembrare che non gli importasse poi molto. Il suo sguardo si era intristito. «Potremmo diventare amici» propose Guido, con un sorriso radioso stampato sulle labbra. La reazione del ragazzo gli scaldò il cuore. I suoi occhi azzurri brillavano di gioia, e sul suo viso spuntò un timido sorriso. Era passata appena un'ora da quando si erano conosciuti, eppure si sentivano a loro agio, come se si conoscessero da sempre. Le dita di Guido avanzarono, andando a coprire la mano di Giorno. «Dopo ti va di fermarti in pizzeria con me? Sempre se ci arriviamo a Napoli» propose. «Volentieri». Rimasero per circa un'altra ora seduti al tavolino, parlando dei loro interessi, Guido chiese a Giorno come gli fosse sembrata la facoltà, e lui rispose, aggiungendo curiosità che aveva imparato quel giorno, si raccontarono aneddoti, qualunque cosa venisse loro in mente per passare il tempo.

Finalmente la voce robotica dello speaker annunciò che il loro treno era in arrivo. Si diressero verso il binario e trovarono un posto a sedere in una carrozza. Come previsto c'erano molti altri universitari, sfiniti sia dal caldo che dall'attesa estenuante. Poco dopo le palpebre di Giorno cominciarono a farsi pesanti. «Dammi il tuo biglietto» suggerì Guido. «Così se passa il controllore e stai dormendo non c'è bisogno che ti svegli». «È un'ottima idea. Dammi il tuo numero per favore». Il più grande sbatté le palpebre per un paio di volte: credeva di non aver capito bene. «C-come "il numero"?». «Se vuoi puoi anche darmi l'indirizzo mail. Ho fatto il biglietto online, e non ho potuto stamparlo. Se mi dai un contatto ti mando la foto» «Oh, certamente!». Giorno inviò la foto alla mail ragazzo, poi poggiò la testa sullo schienale del sedile e in pochi istanti si addormentò. Guido guardò il suo nuovo amico. Era abbastanza pallido, la struttura del corpo era più esile e delicata della sua, le mani erano curate nonostante le unghie del pollice e la pelle intorno ad esse fossero mangiucchiate. Aveva un viso bellissimo, di una bellezza classica degna delle migliori statue greche, perfetto se non fosse stato per quelle piccole cicatrici quasi invisibili sulla pelle candida sparse qua e là, sul bordo del labbro inferiore, sul mento, vicino alle sopracciglia. E anche sui polsi e sulle braccia e sulle orecchie. Guido sospettava che non si trattasse di semplici incidenti che capitavano più o meno di frequente da bambini, ma che fossero i segni lasciati da percosse. Anche lui aveva cicatrici causate da cadute dalla bici, scivoloni sull'asfalto, le sue gambe ne erano piene, ma quelle di Giorno sembravano tutte causate dallo stesso oggetto, e probabilmente le ferite originali erano state inferte nel tempo, non era di certo successo una sola volta. Come si poteva far del male a un ragazzo così mite? Non riusciva ad immaginare come fosse possibile anche solo pensare una cosa del genere.

Guardò fuori dal finestrino, osservando per un po' il paesaggio che sfrecciava sotto ai suoi occhi. Anche lui cominciava a sentire le palpebre farsi pesanti. «Biglietto prego» disse il controllore, scuotendo la spalla di Giorno. «Questo è il mio biglietto e questo quello del ragazzo» si affrettò a rispondere Guido porgendo all'uomo il biglietto e il telefono. Il più piccolo si strofinò gli occhi mentre il controllore se ne andava. «Perdonami, mi sono distratto un attimo ed è arrivato, non mi ha neanche dato il tempo di dirgli di lasciarti stare» «Non preoccuparti, mi sentivo già in colpa a lasciarti solo» «No ma dormi pure tranquillo davvero, non me la prendo, tanto mi metto a studiare». Giorno si era intestardito a restare sveglio, ma dopo un paio di minuti crollò, e Guido si mise a studiare. Giorno si svegliò appena prima che il treno arrivasse alla stazione di Napoli. Aveva i capelli in disordine, gran parte delle forcine sbucava penzoloni dai riccioli, e anche la bella e ordinata treccia del primo pomeriggio era solo un lontano ricordo. Sì portò una mano alla testa, e sospirò quando sentì che l'acconciatura era ridotta in quello stato. «Scusa se mi intrometto, non faresti prima a scioglierli?» intervenne Guido, che aveva riposto il libro nello zaino. «Sì, forse hai ragione» rispose Giorno, aprendo il suo zaino e iniziando a mettere a posto le forcine. Quando ebbe finito e disfatto anche la treccia si spazzolò i capelli. Se possibile così stava ancora meglio.

Scesero dal treno, e Guido condusse Giorno in una pizzeria non molto distante, gestita dalla famiglia di un suo amico d'infanzia, nonché punto di ritrovo degli sciagurati che molto spesso arrivavano di sera a causa del treno in ritardo. Arrivò l'amico di Guido a servirli, i due iniziarono a scherzare finché il padre del ragazzo non lo richiamò dalla cucina. «Ti dispiace se mando un messaggio a mio padre prima di iniziare a mangiare?» chiese Giorno. Guido gli rispose che non c'era alcun problema, poi iniziarono a mangiare. «A che ora passa a prenderti tuo padre?» chiese a un certo punto. «Verso le dieci, non voglio farlo stare troppo in pensiero» «Va bene, allora lo aspetto con te. Tanto abito a neanche cinquecento metri da qui, cinque minuti e arrivo a casa». Dopo un po' di silenzio Guido ricominciò a parlare. «Quando non sono in sessione potremmo vederci ogni tanto. Se sei stato bene oggi ovviamente» «Perché no? Sono stato bene oggi». Arrivò il cameriere con il conto. Entrambi misero mano al portafogli. «Oh no, non penso proprio. Io ti ho invitato e io offro» disse Guido. «Non credo. Io ti sono venuto dietro e offro io» ribatté Giorno. Andarono avanti per un bel po', finché non fu in cameriere ad intromettersi. «Non per mettervi fretta ma ho dei clienti che aspettano il tavolo, che ne dite di dividere a metà?» suggerì, e tutti e due i ragazzi furono d'accordo.

Uscirono dalla pizzeria, fianco a fianco. Guido non se la sentiva di lasciarlo solo di notte. In fondo il padre di Giorno stava arrivando, e casa sua era vicina. «Grazie della bella giornata, Guido. Sono in debito con te» «Figurati, per così poco. Mi piace la tua compagnia, potremmo uscire ogni tanto». Giorno sorrise. Poi guardò Guido, gli si avvicinò, e gli lasciò un bacio fugace sulle labbra. «Scrivimi» disse, e nel mentre gli mise tra le mani un foglietto ripiegato più volte. Allo stesso tempo arrivò suo padre, Giorno salì in macchina, salutò il ragazzo con la mano e il veicolo ripartì. Guido sarebbe potuto rimanere lì, a fissare il vuoto, imbambolato, per ore, ma spiegò il foglietto, che si rivelò essere un intero foglio A4. Dietro c'era scritto a penna un numero di telefono, con sopra scritto "Giorno Giovanna". Guido lo voltò. Era il biglietto del treno di ritorno.

Angolo autore

Ebbene sì dopo mesi e mesi di inattività sono tornato con un'altra storia, spero vi sia piaciuta. Alla prossima

   
 
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