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Autore: Europa91    21/03/2021    1 recensioni
[Demons & Exorcist AU]
[Chuuya-centric]
[Soukoku]
“Era abituato ad avere quel fastidioso idiota sempre intorno, la sua voce che disturbava e accompagnava ogni suo passo.
Da quando Dazai era scomparso aveva lasciato dietro di sé solo un’assordante silenzio. Era questa la parte più difficile di tutto, la parte con cui Chuuya si trovava quotidianamente a dover fare i conti.”

Piccola missing moment incentrata sui pensieri di Chuuya dopo l’abbandono di Dazai.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sisters and Demons'
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Cow-t 11 – Settima settimana – M4

Prompt: Ti seguirò all’inferno

Fandom: Bungou Stray Dogs

Rating: SAFE (c’è sempre Angst io avviso)

Numero Parole: 3631

Note: una parte di me aveva detto nemmeno 24h fa: “ok, adesso però basta con i demoni”, poi sono usciti i prompt e niente, a quanto pare l’universo vuole che scriva ancora qualcosina su di loro. Questa parte è una sorta di missing moment, cioè sono i pensieri di Chuuya per Dazai durante i quattro anni che stanno separati.

 

 

 

 

 

Era trascorso un anno da quando Dazai se n’era andato. C’erano giorni in cui stentava a crederlo. Aveva provato ad ascoltare il consiglio di Arthur e si era dedicato all’Ordine, a completare gli studi da novizio e al suo addestramento. Una parte di Chuuya però, sapeva che ormai quella non poteva più essere la strada giusta per lui. Si era innamorato. Non era certo un peccato e non sarebbe finito all’inferno per quello. Lui però si era innamorato di un demone, e questo gli avrebbe sicuramente fatto guadagnare un biglietto di sola andata per la dannazione eterna.

Se ci ripensava, il rosso non poteva fare a meno di scoppiare a ridere e sentirsi un completo idiota. Più cercava di dimenticare il vuoto che l’abbandono di Dazai aveva lasciato, più finiva con il soffrire e ripercorrere con la mente i giorni trascorsi insieme. Anche il quel preciso momento, dopo un’estenuante sessione di allenamento, si era ritrovato a indugiare col pensiero su quell’idiota di un demone. Gli mancava terribilmente. Gli mancavano le sue frecciatine, le sue provocazioni. Quel suo sorriso da perenne presa in giro che però sapeva anche mutarsi in qualcosa di dolce, solo riservato a lui. Chuuya, aveva avuto modo di conoscere Dazai sotto molteplici aspetti ed era finito senza volerlo con l’innamorarsi di ciascuno di essi. All’inizio, la scoperta della sua natura demoniaca lo aveva turbato e non poco. Si era sentito tradito oltre che preso in giro. C’era voluto del tempo, aveva avuto bisogno di riflettere, fare il punto della situazione ed era arrivato ad una sola e possibile conclusione: lui amava Dazai. Non poteva farci nulla.

Passata la rabbia e la frustrazione per essere rimasto all’oscuro di quel piccolo particolare, era rimasto solo quel sentimento a cui, per lungo tempo, aveva faticato di dare un nome. Come nel mito di Pandora, quando tutto il male era fuoriuscito dal vaso, al suo interno era rimasta solo la speranza. Chuuya voleva e doveva aggrapparsi a quello, o non avrebbe trovato la forza per andare avanti. Doveva imparare a fare i conti con la realtà per quanto dura e spiacevole potesse essere.

Si passò uno straccio intorno al collo, asciugandosi il sudore. Nella sua mente, poteva ancora udire chiaramente in sottofondo, i commenti ironici di Dazai, magari accompagnati da qualche battuta sulla sua scarsa altezza o sulla sua massa muscolare. Forse era questa una delle cose che gli mancavano di più. Era abituato ad avere quel fastidioso idiota sempre intorno, la sua voce che disturbava e accompagnava ogni suo passo. Da quando Dazai era scomparso aveva lasciato dietro di sé solo un’assordante silenzio. Era questa la parte più difficile di tutto, la parte con cui Chuuya si trovava quotidianamente a dover fare i conti. Il silenzio.

Quel demone se n’era semplicemente andato, nel cuore della notte, senza fornirgli nessuna spiegazione. Il rosso non aveva idea di dove fosse, aveva supposto che l’altro fosse tornato all’Inferno ma non ne poteva avere l’assoluta certezza. Dazai era l’essere più imprevedibile che avesse mai avuto la fortuna/sfortuna d’incontrare. Non riusciva mai a capire cosa gli passasse per la testa e per un po' di tempo, ricordava di come questa cosa lo avesse infastidito.

Molti degli strambi atteggiamenti e comportamenti di Dazai però, avevano acquistato un senso e una logica, una volta appreso della sua natura demoniaca. Chuuya ancora stentava a crederci e una parte di lui si rifiutava di farlo. L’idea che quel lavativo fosse un demone ma non solo, uno di classe superiore, aveva ancora dopo un anno, il potere di lasciarlo attonito ed incredulo. Oltre che provocargli una fastidiosa sensazione all’altezza dello stomaco sulla quale preferiva non indagare.

Non si erano lasciati nel migliore dei modi, anzi non lo avevano fatto. Il rosso aveva scoperto per caso il segreto di Dazai e se n’era andato per primo, correndo via per lo shock e sconvolto dal peso di quella verità, travolto dalle sue stesse emozioni. Quell’idiota però non lo aveva inseguito. Non aveva fatto nulla per trattenerlo. Chuuya credeva o per meglio dire sperava, che Dazai quella notte si presentasse fuori dal convento. Che cercasse di rimediare alla situazione, che in qualche modo combattesse per lui, per quel qualcosa che avevano costruito.

Aveva atteso invano un chiarimento che alla fine non c’era stato.

L’idea che al demone non fosse mai importato nulla della loro relazione lo aveva sfiorato più di una volta. Si era sentito solo usato Chuuya, e poi gettato come un giocattolo rotto. Eppure era convinto che non fosse così. Semplicemente non poteva esserlo. Quando Dazai lo guardava negli occhi non vedeva questo, ma il riflesso un sentimento diverso. Doveva essere successo per forza qualcosa per giustificare le azioni del demone; quell’abbandono insensato.

Appartenevano a fazioni opposte ma questo Dazai, contrariamente a lui, lo aveva sempre saputo. Il demone ne era a conoscenza sin dal primo momento in cui si erano incontrati. Eppure lo aveva corteggiato. Si era appiccicato a Chuuya come una cozza e gli aveva dato il tormento fino a quando il rosso novizio non aveva accettato di uscire con lui. Con quella folle idea di renderlo sua moglie.

Ogni volta che ripensava a quei giorni spensierati, Chuuya veniva travolto da una strana ondata di malinconia. Erano passati tre no anzi ormai quattro anni dal loro primo disastroso appuntamento. Finì di asciugarsi il sudore e si diresse verso l’unica vasca disponibile, aprì distrattamente il getto d’acqua, finendo di spogliarsi, pensando a come in quel momento avesse solo bisogno di un bagno caldo per rilassarsi e schiarirsi le idee. Le immagini di quella loro prima uscita insieme però non ne volevano sapere di abbandonarlo. Immerse la testa sotto il livello dell’acqua lasciando scorrere il flusso dei ricordi. Fermarli sarebbe stato comunque impossibile.


Qualche anno prima…

Chuuya quella volta non poteva davvero incolpare nessuno, solo se stesso per aver accettato l’invito di quell’idiota bendato di Dazai. Non voleva riflettere troppo sul perché avesse finito col cedere a quell’insolita proposta, forse semplicemente sperava che una volta ottenuto quello che voleva, l’altro lo avrebbe finalmente lasciato in pace.

«Ci vediamo al solito posto. Passo a prenderti alle otto»

Più ripensava a quelle parole e più Chuuya si sentiva una cavolo di ragazzina. Lui era un futuro esorcista non doveva perdere tempo con questo genere di cose. Una volta presi i voti avrebbe accettato anche il celibato. Immediatamente, il ricordo dei baci che Dazai gli aveva rubato a tradimento lo fecero avvampare. Era sempre colpa di quel idiota bendato. Si appuntò mentalmente anche di chiedergli a cosa servissero tutti quegli strati di stoffa, in fondo un po' era curioso di sapere cosa nascondessero.

Se ci pensava, il moro era un completo mistero. Era un ragazzo bizzarro che con sole poche frasi aveva il potere di fargli saltare i nervi. Eppure non solo gli aveva rubato ben due baci, ma aveva accettato l’invito ad uscire con lui. Doveva essere impazzito. Fu solo lieto che Arthur non fosse lì e non potesse vederlo. Una magra consolazione.

Chuuya era talmente nervoso dell’avvicinarsi dell’orario stabilito, che aveva finito con il recarsi sul luogo dell’incontro quasi un’ora prima. Era da poco passata l’alba. Con non poca sorpresa, Dazai era già lì ad attenderlo, con il solito sorriso sulle labbra che si ampliò alla sua vista. Giurò di non averlo mai trovato così radioso ed irritante.

Chuuya si avvicinò a lui fingendo disinteresse, quando il moro lo sorprese porgendogli un mazzo di fiori. Erano delle camelie rosse.

«Le ho viste e non ho potuto fare altro che pensare a te, cioè a noi. Trovo che ci rappresentino» furono le sue uniche parole, velate da un sottile strato d’imbarazzo.

Chuuya le aveva afferrate leggermente confuso prima di rispondere un seccato:

«Non c’è nessun noi»

«Bé non ancora. Però hai accettato di essere qui oggi. Lo ritengo già un piccolo successo personale» non aveva smesso per un secondo di sorridere, era nervoso ma cercava di non darlo a vedere;

«Pensala come ti pare» non aveva potuto fare a meno di essere il solito, irritante, sé stesso.

«Però ti piacciono?»

«Cosa?»

«I fiori» Chuuya aveva abbassato lo sguardo sul bouquet incriminato, erano piuttosto belli in effetti, ma non gli avrebbe mai dato una tale soddisfazione. Aveva una reputazione scontrosa da mantenere.

«Non sono male, quando torno li metterò ad adornare uno degli altari» Dazai aveva storto il naso.

«Vuoi davvero usare il mio regalo per quello?» chiese fintamente offeso, scuotendo la testa con fare melodrammatico;

«Che dovrei farci secondo te?» l’altro rispose senza esitazione,

«Magari metterli in un vaso. Così tutte le volte che li vedrai penserai a me»

«Come se mi servissero dei fiori per pensare a te» il rosso si accorse troppo tardi di ciò che aveva detto. Lo sguardo di Dazai aveva assunto un luccichio preoccupante.

«Oh Chibi lo sapevo che in fondo ti piaccio» e provò ad abbracciarlo. Chuuya fu più veloce e sfuggì alla presa;

«Non darti troppe arie idiota. Ti penso semplicemente perché non passa giorno senza che non veda spuntare da qualche parte quella tua brutta faccia da schiaffi»

«Eppure molte ragazze del villaggio mi trovano piuttosto attraente» Chuuya aveva teso l’orecchio; non gli piaceva molto quell’affermazione.

«Allora dovesti uscire con qualcuna di loro non credi?»

«Sei per caso geloso?» il rosso aveva distolto lo sguardo cercando di non avvampare;

«Comunque tranquillo, ho ricevuto solo un paio di inviti ma mi sono trovato costretto a declinare, dopotutto ho già una moglie» a quel punto, Chuuya era esploso ed avevano iniziato a litigare.

L’appuntamento nonostante tutto era proseguito. Non avevano fatto nulla di particolarmente diverso dal solito. Avevano passeggiato per il villaggio e si erano fermati in una locanda per pranzare. Non sembrava un’uscita romantica ma quasi una replica di quanto successo un paio di giorni prima, quando Dazai si era offerto di accompagnare Chuuya per le sue commissioni.

Il rosso era sorpreso. In fondo la presenza dell’altro non era male come credeva, o forse era lui che si era semplicemente abituato ad averlo intorno. Togliendo il piccolo diverbio iniziale, avevano trascorso una bella giornata, anche se mai lo avrebbe ammesso ad alta voce. Senza che potesse accorgersene erano di nuovo davanti alle porte del convento e il sole stava tramontando. Avevano praticamente trascorso tutto il giorno insieme. Chuuya sapeva cosa stava per accadere, si aspettava l’ennesimo attacco con bacio del moro che però stranamente non arrivò. Si guardò per un attimo intorno confuso.

«Grazie Chibi ci vediamo domani» provò a salutarlo Dazai, agitando la mano. Il rosso non poteva accettarlo. Quella giornata non sarebbe finita in quel modo.

«Che stai facendo?» gli chiese dopo averlo afferrato per un polso. Si fissarono per qualche istante.

«Non capisco Chuuya» il novizio alzò gli occhi al cielo. Non voleva dirlo ad alta voce, non poteva, il suo orgoglio ancora non glielo permetteva.

«Di solito arrivati a questo punto ecco… lo sai» Dazai lo guardò fingendo di non capire, ma le sue labbra si piegarono in un equivocabile sorriso. Il più piccolo stava facendo il possibile per non incrociare il suo sguardo. Era nervoso e imbarazzato. Lo trovò adorabile.

«So cosa?» si divertì a provocarlo

«Non fare l’idiota»

«Ti giuro che non so davvero di cosa tu stia parl…»

Prima che potesse finire la frase Chuuya si era alzato sulle punte, aveva stretto la presa attorno al suo polso e l’aveva baciato. Il demone ne era rimasto sorpreso, non se lo sarebbe mai aspettato. Non l’aveva previsto. Era convinto sarebbe toccato a lui fare la prima mossa, come sempre. Superato lo shock iniziale, decise di osare di più e provò ad allungare la lingua chiedendo un muto permesso che non tardò ad arrivare. Il rosso non stava capendo nulla, si limitò ad aprire le labbra per accogliere l’altro. Aveva la mente completamente annebbiata da quel primo vero bacio che si stavano scambiando, si sentiva invaso da una serie di emozioni sconosciute e mai provate prima.

Quando si staccarono, qualche minuto dopo, Chuuya si rese improvvisamente conto di cosa aveva fatto. Questa volta non poteva davvero incolpare Dazai era stato lui il primo a farsi avanti. A volerlo. Anche se ora avrebbe solo voluto sprofondare nel terreno per la vergogna. Provò ad allontanarsi ma questa volta fu il demone ad acciuffarlo;

«Dove pensi di andare?» chiese divertito, stringendolo tra le braccia.

«Si è fatto tardi. Devo rientrare» continuava ad evitare il suo sguardo, era troppo imbarazzato.

«Pensi che ti lascerò tornare da loro?» un brivido percorse la schiena del rosso. Il tono di voce utilizzato da Dazai era diverso dal solito o forse era semplicemente la sua immaginazione. Sembrava quello di un predatore pronto a accanirsi sulla sua preda. Provò inutilmente a divincolarsi dalla presa ferrea in cui era imprigionato.

«Se ti do un altro bacio mi lascerai andare?» non sapeva nemmeno lui come gli fosse venuta un’idea simile ma voleva fare il possibile per scappare da quella situazione così imbarazzante. Dazai non rispose. Con una mano risalì fino a raggiungere il mento del novizio e lo alzò quel tanto che bastava perché le loro labbra potessero tornare ad incontrarsi. Esattamente come qualche minuto prima la mente di Chuuya venne travolta da un mare di emozioni. Baciare Dazai era meglio di quanto avesse mai potuto aspettarsi.

 

***

 

Il rosso riemerse da quel mare di dolci ricordi. Era davvero un masochista. Fantasticare sui primi baci che si erano scambiati mentre, dopo un anno, stava ancora soffrendo per quell’addio. Si toccò distrattamente le labbra mentre una lacrima silenziosa gli rigava la guancia mescolandosi alle gocce d’acqua che cadevano dai suoi capelli. Non avrebbe mai smesso di amare Dazai, per quanto ci stesse provando, non riusciva davvero.

Nel frattempo, erano aumentati i casi di suicidi sospetti e l’Ordine aveva deciso di affiancare Chuuya ad Arthur nelle indagini. Il cacciatore si era opposto con veemenza sostenendo come il suo discepolo fosse ancora troppo giovane per seguirlo in missione. Non poteva certo rivelare al Vaticano l’esistenza di un legame tra Chuuya e Dazai. Alla fine si era semplicemente rassegnato e aveva chinato il capo, doveva agire per il bene del nipote. Sapeva che nonostante fosse passato quasi un anno, il rosso internamente stava ancora soffrendo. Lo vedeva spegnersi giorno dopo giorno davanti ai suoi occhi. Come sapeva che era solo questione di tempo, una volta che Chuuya avrebbe fatto chiarezza dentro di sé e messo ordine tra i suoi pensieri sarebbe partito alla ricerca di quel demone.

Arrivati a quel punto l’esorcista sapeva che potevano verificarsi solo due situazioni: o Chuuya avrebbe accettato quel sentimento che lo legava a Dazai o sarebbe finito con l’ucciderlo. C’era una linea sottile che divideva l’amore dall’odio, l’esorcista lo sapeva bene. Qualsiasi sarebbe stata la scelta finale del ragazzo, però si era detto pronto a supportarlo.

Il rosso si era dedicato anima e corpo al lavoro. Aveva accompagnato il cacciatore in ogni missione agendo sempre con estrema professionalità e distacco.

Così era trascorso un altro anno e si avvicinava il ventesimo compleanno di Chuuya. Il secondo senza Dazai.

Non sapeva nemmeno lui perché fosse tornato in quel luogo, la casetta nel bosco dove lui e quel demone avevano vissuto insieme per un mese, lontani da tutto e tutti, prima che la realtà venisse a domandare loro il conto. Era ancora tutto come lo aveva lasciato un paio di anni prima, sul tavolo della cucina c’erano ancora i piatti della colazione che non avevano finito di consumare. Fece una breve ispezione della casa, non era cambiato nulla. Indugiò qualche secondo sul letto sfatto e ormai impolverato, ricordando come fosse bello svegliarsi tra le braccia di Dazai e ascoltare i battiti del suo cuore. Prima di farsi prendere dall’ennesimo attacco di nostalgia, decise di dare una ripulita. Ci mise una settimana ma alla fine riuscì a riportare quella casa all’aspetto che aveva quando l’aveva lasciata. Sarebbe stato bello risvegliarsi in quel letto e scoprire che gli ultimi due anni erano stati solo un brutto sogno. Perdersi tra le braccia di Dazai e fare l’amore con lui. Gli mancavano i suoi baci le sue carezze. Preso dalla stanchezza e turbato da quei ricordi finì con l’addormentarsi a letto.

 

***

 

Dazai aveva deciso di non tornare sulla Terra. O almeno questo era stato il suo proposito iniziale una volta ritornato negli inferi. Sentiva che Mori stava tramando qualcosa, avvertiva gli occhi delle sue spie su di sé e trovava la cosa parecchio seccante. Però non riusciva a non essere in pensiero per Chuuya. Non gli aveva nemmeno detto addio. Sapeva che era stato meglio così o non sarebbe mai riuscito a lasciarlo. Quella piccola furia rossa gli aveva rubato il cuore come nessuno, nemmeno Odasaku era riuscito a fare, per questo lo avrebbe protetto.

Alla fine decise che sarebbe tornato sulla Terra solo per un giorno all’anno e per poche ore. Solo per controllare il suo novizio. Fu sorpreso di non trovarlo al convento, era il primo posto dove si era recato. Si era appostato al solito albero e aveva atteso di scorgere quella familiare testa rossa.

«Non è qui» all’inizio non aveva fatto caso a quella voce. Non si aspettava che qualcuno si potesse rivolgere proprio a lui. Poi aveva abbassato lo sguardo. Arthur Rimbaud lo osservava dal basso, appoggiato al tronco della pianta sul quale il demone era salito.

«Non so di cosa tu stia parlando esorcista» l’uomo aveva sbuffato con fare annoiato. Odiava quegli atteggiamenti infantili, soprattutto quando ad averli era un essere millenario.

«Non so perché tu sia tornato e non mi interessa. Ti lascio un piccolo avvertimento, se farai ancora soffrire Chuuya…»

«Non è mai stata mia intenzione» lo interruppe;

«Allora perché te ne sei andato?»

«Dovevo farlo»

«Non credo a nessuna delle tue parole, dammi solo una buona ragione per non ammazzarti subito assassino» Dazai assottigliò lo sguardo, assumendo un’espressione severa e diversa dal solito,

«Non le ho uccise io, quelle ragazze e le altre donne. Qualcuno mi sta emulando, sto ancora cercando di capirne il motivo» Arthur non aveva detto nulla, anche Paul era arrivato ad una conclusione simile,

«Puoi dubitare delle mie parole ma su una cosa non potrei mai mentire; sappi che non farei mai nulla che possa ferire Chuuya. Non è mai stato nelle mie intenzioni»

«È alla casa nel bosco. Lo troverai lì» era tutto ciò che il cacciatore era stato in grado di rispondere. Dazai non aveva perso tempo e si era subito recato là. Una folata di vento aveva scompigliato i capelli dell’esorcista.

«Il premio genitore dell’anno va a...»

«Non iniziare Paul, se si chiariscono sarà meglio per tutti. Non sopporto vedere Chuuya soffrire in quel modo, per quanto quel demone dei suicidi sia irritante»

«Anche più di me?» aveva chiesto avvicinandosi divertito,

«Decisamente più di te»

 

***

 

Quando Dazai era arrivato nella casa nel bosco aveva trovato Chuuya addormentato nel loro letto. Fu colto da un’improvvisa sensazione di déjà-vu, tutto in quel luogo era rimasto identico al giorno in cui se n’era andato. Era come se gli ultimi due anni non fossero trascorsi. Cercò di avvicinarsi senza far rumore. Il respiro di Chuuya era lento e rassicurante, ripensò a quanto era bello stringere quel corpo tra le sue braccia. Non sembrava essere cresciuto, era rimasto lo stesso piccolo irascibile che aveva abbandonato. Non sapeva bene come comportarsi Dazai, una parte di lui avrebbe solo voluto svegliarlo per poi baciarlo e fare l’amore per tutta la notte, ma la sua parte più razionale gli suggeriva di andarsene prima che l’altro potesse accorgersi della sua presenza.

 

Era la decisione migliore. Non poteva ancora stare insieme a Chuuya, prima desiderava far luce sul piano di Mori e cosa stava realmente accadendo all’Inferno. Il rosso sarebbe stato al sicuro sulla Terra, anche se significava doversi separare ancora da lui. In quel momento l’altro si mosse tra le coperte andando ad afferrare il lenzuolo;

 

«Dazai dove sei...» erano le sole parole che erano uscite dalle labbra del novizio ancora profondamente addormentato. Il demone si chinò quel tanto che bastava per lasciargli un veloce bacio sulle labbra.

 

Chuuya si svegliò qualche ora dopo con una strana sensazione, per un attimo, nel sonno gli era parso di sentire la presenza di Dazai accanto a sé. Doveva esserselo immaginato.

 

***

 

Ci aveva messo quattro anni, ma alla fine, Chuuya aveva fatto la sua scelta: sarebbe andato fino all’Inferno, avrebbe trovato quel idiota di un demone e avrebbe accettato la sua proposta di matrimonio.

Aveva avuto bisogno di tempo per maturare quella decisione e le conseguenze alle quali sarebbe andato incontro. Ora però il rosso si sentiva pronto, non era più un ragazzino. I suoi sentimenti gli erano chiari già da un po’. Sarebbe disceso fino all’inferno solo per ricongiungersi a Dazai, sembrava davvero la trama di un melenso romanzo d’amore.

Aveva realizzato che non c’era alcun futuro per lui sulla Terra. Non sarebbe mai potuto diventare un esorcista come Rimbaud, aveva provato inutilmente a convincersi del contrario ma il sentimento che dopo anni lo legava a quel demone non si era affievolito anzi, forse era pure aumentato contro qualsiasi logica e previsione.

Da lì in poi ci sarebbe stato solo Dazai, sarebbero tornati ad essere una cosa sola. Se lo sarebbe ripreso.

Chuuya non poteva sapere che quella che credeva fosse la fine si sarebbe rivelata essere l’inizio di tutto. Una serie di eventi molto più grandi di loro erano in moto e la sua decisione aveva contribuito con l’innescarli.

 

 

  
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