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Autore: OrderMade96    26/03/2021    1 recensioni
Lance ha un piano infallibile per conquistare Allura, la ragazza di cui si è preso una cotta all'università.
Non si aspetta che coinvolgere Keith e Shiro in questo piano, cambierà per sempre la sua relazione con i due ragazzi.
Genere: Angst, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome
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COWT-11 SETTIMA SETTIMANA - M8

PROMPT: La storia deve iniziare dal suo finale e poi ripercorrere gli eventi fino al finale stesso.

NUMERO PAROLE: 18310

RATING: Arancione

WARNING: Relazione polyamorosa/Angst

NOTE: Alternative Universe

 
FIDANZATI, MA PER FINTA... O QUASI.

 

“Lance! Ci sono ancora i piatti da lavare!” Urla Keith dalla cucina.

“Lo so, non ho avuto tempo. Li farò più tardi.” Promette l’altro, uscendo dalla camera da letto. 

“Sono lì da tre giorni.” Ringhia il moro, incrociando le braccia al petto. 

Lance rotea gli occhi. “Ora non esagerare. Sono lì solo da ieri sera.”

“Veramente sono lì da martedì.” Chiarisce Shiro, sistemandosi la cravatta. 

“Appunto, ieri sera.” Ribadisce il cubano.

“Lance, è venerdì.” Rende noto Keith, sospirando rassegnato. 

Lance fissa i due compagni a bocca aperta. “Che significa che è venerdì?!” Strilla.

Keith alza gli occhi al cielo e Shiro ride piano. “Forse dovresti prenderti una pausa dalle maratone televisive.” Commenta l’avvocato, baciando Keith sulle labbra prima di avvicinarsi all’altro per fare lo stesso. “Ci vediamo per cena.” Promette, sollevando la valigetta contenente i fascicoli. 

“Buon lavoro!” Lo salutano entrambi, guardandolo uscire dalla porta. 

“C’è del caffè?” Chiede poi Lance osservando sognante la tazza stretta tra le mani di Keith, sfoggiando un caloroso sorriso. 

“Non per te. Almeno finchè non fai i piatti.” Rimprovera severamente il ragazzo.

“Stronzo.” Brontola il brunetto, rassegnandosi ad andare al lavandino per lavare le pentole e caricare la lavastoviglie. 

“Vado a fare la spesa.” Comunica Keith, posando la tazza nel lavandino con un ghigno. Lance lo schizza con acqua saponata per ripicca. 

Keith gli passa dietro, schivando agilmente i suoi attacchi. “Ci vediamo più tardi.”

“Ricordati di prendere i cereali!” Saluta Lance, notando la tazza di caffè fumante che Keith aveva lasciato per lui sul bancone. 

Sorride, ripensando a come fossero arrivati a questo punto.

 

Era iniziato tutto qualche anno prima.

“Andiamo Keith, per favoooore.” Lo aveva pregato per l'ennesima volta Lance.

“Lance, per l'ultima volta. NO.” Ribatté serio Keith guardandolo storto.

Tornando dall'università, Lance aveva varcato la soglia dell’appartamento che condivideva con Keith con impeto, sbattendo la porta come se fosse l'uragano Katrina.

KEITH. Ho un favore da chiederti.” Aveva cominciato con quella frase il teatrino che si era poi protratto per ore. “Fingi di essere il mio ragazzo.” Aveva aggiunto, con conseguente quasi infarto del suo povero coinquilino. 

“Sei impazzito?!” Aveva esclamato il texano in evidente stato di shock misto a malcelato imbarazzo. 

“Sono serio! Vedi, c'è questa ragazza al mio corso di Francese…” Lance si era seduto sul divano di fianco a lui ed aveva iniziato a spiegare la ragione di quella strampalata richiesta. “Si chiama Allura. È BELLISSIMA. Ma non posso avvicinarmi a lei. NESSUN RAGAZZO PUÒ. Sembra respingere chiunque ci provi. O almeno, chiunque sia etero e con palesi intenzioni.”

“E questo come dovrebbe riguardarmi?” Aveva chiesto l'altro, ancor più confuso da quell'inutile spiegazione. 

Lance si era limitato a sbuffare per il suo tono e lo aveva squadrato con un sopracciglio alzato, proseguendo il discorso. 

“C'entra, perché se lei pensasse che io non sono etero, o almeno, che non sono “libero”, allora potrei quantomeno presentarmi. E forse, riuscire a diventare anche suo amico e poi magari qualcosa di più~.”

“E perché non lo chiedi a Pidge allora? Lei è una ragazza almeno. Sarebbe più credibile.” Gli aveva fatto notare di rimando, chiudendo un enorme libro di sociologia. 

“Perché lei si farebbe pagare.” Aveva risposto con ovvietà il brunetto, accompagnato da un sospiro concorde di Keith. 

“Il tuo piano non ha senso… e poi, sono fidanzato, Lance.” 

“Non preoccuparti! Lo spiegherò anche a Shiro per correttezza. Dopotutto non dobbiamo fare nulla. È solo finzione.” Keith non sapeva se a dargli più fastidio fosse stata la menzione su Shiro, oppure il ribadire che non avrebbero davvero dovuto fare un certo genere di cose. 

Perché per lui era OVVIO che non avrebbero fatto nulla.

“Non se ne parla.” Aveva così chiuso il discorso, o sperava di averlo fatto. 

“Por favor!” Ma Lance non aveva voluto saperne di gettar la spugna e aveva continuato a tormentarlo per ore. 

“E VA BENE.” Finì per arrendersi Keith con esasperazione, cedendo alle sue suppliche e sguardi da cane abbandonato sull’autostrada. “Ma ho delle condizioni.”

Qualsiasi condizione avesse posto, Lance l'avrebbe accettata. Tutto pur di riuscire ad attaccar bottone con la ragazza che da mesi gli stava facendo perdere la testa. “Spara!”

“Primo…” Keith iniziò ad elencare tutte le condizioni del ‘patto’ , manco fossero le clausole di un contratto prematrimoniale. “A Shiro lo diremo insieme. Non voglio si faccia strane idee... E SIA CHIARO. Se non accetterà questo assurdo… bhe, chiamalo come ti pare... allora ritireremo l'accordo.”

“Mi sembra giusto.” Concordante, il suo amico si era seduto su uno dei pianali della cucina, seguendo il discorso mentre l'altro preparava la cena. 

“Secondo. Tra me e te non accadrà nulla di fisico. Niente baci. Niente coccole. E SOPRATTUTTO niente sesso.”

“Por el amor de Dios, non voglio fare sesso con te! ” L'occhiataccia di Keith fu immediata e bastò per zittirlo. 

“Terzo. Hai un mese per portare a termine la tua missione.”

“Un mese?! MA È POCHISSIMO.”

“Prendere o lasciare.” Il tono del corvino era serio.

“Va bene, ci sto.” Lance allungò la mano per sottoscrivere l'accordo. 

Meglio di niente. Stava pensando, mentre Keith accostava la mano alla sua, fermandosi un secondo prima di stringerla. 

“E voglio casa libera ogni qual volta te lo chiederò in questo lasso di tempo.” Quella era una quarta postilla decisamente irritante.

“Non ti sembra di startene approfittando un po’?” Sogghignò il cubano, mantenendo la mano tesa. 

“Per niente.” Rispose Keith con un mezzo ghigno complice. 

Finalmente i due ragazzi si strinsero la mano. E il contratto fu suggellato. 

 

Convincere Shiro fu più facile del previsto. 

Quando i due giovani lo raggiunsero il giorno dopo nel suo ufficio, approfittando di una delle poche pause che l'avvocato riusciva a concedersi tra una causa e un'altra, al maggiore dei tre bastò un’occhiata per accertarsi della sincerità delle loro parole e così dare la sua benedizione all'accordo, nonostante anche per lui fosse alquanto bizzarra come idea, oltre che irrealistica. 

Non volendo però ferire i sentimenti di Lance, si era astenuto dal fare qualsiasi commento.

Conoscendolo, sarebbe stato meglio lasciargli sbattere la testa contro il problema da solo. 

Superato quello step, il primo passo per far si che la loro finta relazione fosse credibile, fu quello di creare delle prove. 

Quale scelta migliore se non una piccola raccolta di foto da vera coppietta innamorata?

Il problema? La reticenza di Keith nel sorride anche solo una dannata volta.

“Mio dio, sembri appena stato a un funerale.”

Aveva commentato Lance, controllando tutta la serie di selfie che aveva tentato di scattarsi con lui. 

“Accontentati.” Aveva grugnito offeso l'altro, incrociando le braccia al petto, tornando a sentire la musica con il suo mp3.

Le foto scattate non erano esattamente l'emblema di una coppia romantica, ma avrebbero superato quantomeno un primo esame. 

“Ora devo solo trovare il coraggio di parlarle…” Aveva quasi detto tra sé Lance, perso nei suoi pensieri. Una semplice pacca sulla spalla del suo migliore amico lo riportò alla realtà, facendolo sorridere e infondendogli la giusta sicurezza che gli mancava.

Il giorno dopo era carico, deciso, pronto a fronteggiare qualsiasi ostacolo. 

“È libero?” Due occhi cristallini e curiosi si erano alzati per incrociare i suoi in risposta alla sua domanda. 

Dopo un attimo di esitazione, che al povero ragazzo parve interminabile, la ragazza dai lunghi capelli canditi aveva sorriso, abbozzando un cortese ‘Prego’.

“Grazie!” La parola gli era sfuggita con un po’ troppa enfasi, facendogli guadagnare una risata divertita da parte dell'altra e un paio di sguardi omicidi di due compagni di corso.

Lance si affrettò a sedersi al banco, poggiando lo zaino per tirare fuori i libri di testo. 

Quella mattina aveva deciso di tentare la fortuna e provare a sedersi vicino ad Allura durante l'unica ora di corso che condividevano.

“Il professore sembra in ritardo…” Il suo era un tentativo di attaccar bottone molto semplice. Sperava la sua spiccata spontaneità gli avrebbe giovato una volta tanto. 

“Come sempre.” La voce della ragazza pareva infastidita mentre i suoi occhi si spostavano rapidi inseguendo le parole del piccolo libro che stringeva tra le mani.

Con una rapida e fugace occhiata, Lance aveva potuto constatare che si trattava di un libro completamente scritto in francese. La ragazza sembrava non avere il minimo problema mentre voltava una pagina dopo l’altra. 

“Non sempre. Ogni tanto ci stupisce non venendo affatto.” Tentò sarcasticamente di proseguire il dialogo.

La battuta funzionò, facendogli guadagnare l'attenzione dell'avvenente fanciulla.

“È quasi più facile imparare qualcosa quando non c'è, che durante le sue lezioni.” Allura si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, facendo sfarfallare il cuore del ragazzo con quel semplice piccolo gesto. “Ha un accento terribile!”

Lance rimase incantato dal sorriso pettegolo della sua compagna di banco.

Si riscosse solo quando una piccola mano scura si sporse verso di lui. 

“Mi chiamo Allura Altea.” 

Al ragazzo gli ci volle qualche istante per realizzare che quella era una presentazione in piena regola. 

“Lance.” Restò stupito dalla stretta salda e decisa di quella mano all'apparenza fragile e minuta.  

“E hai anche un cognome, Lance?” Domandò con un pizzico di divertimento la giovane studentessa, lasciandogli la mano. 

Il ragazzo ridacchiò di nervoso imbarazzo. “Mcclain.”

Non poteva crederci. Stava parlando con Allura. ALLURA, la ragazza più popolare dell'università. Certo, si erano solo presentati e lui già conosceva il suo nome, ma era un inizio. Almeno non era stato malamente respinto come il resto dei ragazzi. Dire che fosse euforico per quel traguardo, seppur infinitesimale, era dir poco. 

A bruciare sul nascere ogni sua aspettativa di continuare la conversazione, fu l'arrivo del docente. I due studenti furono costretti a seguire la lezione, fingendosi interessati. Allura non si astenne dal fare commenti a mezza bocca quando la pronuncia del professore commetteva qualche scivolone.

“Come fai ad accorgerti di tutti questi errori?” Chiese a un certo punto Lance, incuriosito. 

“Sono di origini francesi. Ho vissuto a Parigi fino a qualche anno fa.” Spiegò la ragazza, girando un'altra pagina del suo libro.

Aveva nascosto il piccolo romanzo dietro il grande libro di testo, così da non poter essere scoperta mentre continuava la lettura.

“Ma… perché allora stai seguendo questo corso? Sei praticamente madrelingua…” Gli occhi azzurri del ragazzo la guardarono ancor più curiosi e confusi.

“Perché in questo modo sono sicura di passare almeno una materia agli esami e ciò mi garantisce più tempo per studiare le restanti materie.” 

Lance trovò quella risposta semplicemente geniale. 

“Avrei dovuto fare lo stesso e scegliere spagnolo tra i miei corsi…” Brontolò, poggiando il mento su una mano. La ragazza rise di gusto, attirando un'occhiataccia e l'interesse del loro professore.

L'ometto stempiato si sistemò gli occhialetti sul naso stretto e aquilino.

“Miss Altea, può continuare la lettura del testo da dove ci siamo interrotti?” 

La provocazione non scalfì minimamente il sorriso dell'allieva.

“Certamente.” Rispose la giovane alzandosi in piedi, sostenendo la tensione dei vari sguardi della platea fissi su di lei. 

Lance non aveva idea di come avesse fatto, ma era riuscita a non perdere il filo della lezione e ora stava proseguendo la lettura del testo scolastico, con uno squisito accento per giunta, che gli stava facendo venire le farfalline nello stomaco.

“Basta così… molto bene.” Concesse il professore, malcelando l’irritazione nell'essere stato battuto in quel confronto. 

Qualche ragazzo nell'aula rise prendendosi gioco di lui. 

Sconfitto, il pover'uomo tornò a spiegare alcune terminologie complesse alla lavagna, scarabocchiandole col gessetto.

“Wow. Sei stata fantastica.” Si complimentó il brunetto quando la sua compagna si risiedette, vittoriosa. 

Allura abbozzò un occhiolino, posandosi un dito sulle labbra come ammonimento.

“Cerchiamo di non farci beccare di nuovo.” 

Lance annuì con complicità.

“Anche perché io non so leggere a quel modo e non ho la minima idea di dove siamo arrivati.”

“Qui.”Gli si poggiò piano contro il braccio, indicando un punto sulla pagina del libro. 

Il cuore del ragazzo accelerò fino a tamburellargli nelle orecchie, frenetico, mentre le sue guance andavano a fuoco in risposta. Era così vicina che poteva sentire il suo profumo. C'era una nota floreale, mista a un pizzico di cannella. Il contatto durò meno di qualche secondo, ma bastò per fargli credere di avere davvero delle speranze. 

Finita la lezione, il giovane raccolse tutto il suo coraggio, invitandola a condividere la pausa pranzo.

“Lance…” La ragazza sospirò quasi con delusione, riponendo i libri in una graziosa borsetta floreale rosa.

“Che c'è, le francesi non pranzano?” La buttò sul ridere lui, morendo lentamente dentro perché già aveva compreso a cosa avrebbe condotto quel sospiro. 

Allura alzò un sopracciglio, fissandolo. “Voglio essere onesta, perché mi sembri un bravo ragazzo.” 

Ecco, ci siamo.

“Se ci stai provando, la risposta è no. Voglio concentrarmi nello studio, non sono in cerca di una relazione al momento.” Ed era giunto il momento di sfoderare la sua carta vincente. 

Nonostante l'imbarazzo e una nota di delusione, Lance si costrinse a sorridere come se nulla fosse.

“Veramente… sarei fidanzato.”

Allura sostenne punto, scettica. Lance sfoderò il cellulare, mostrandogli una foto nella sua galleria immagini.

“Keith.” Indicò il ragazzo moro seduto di fianco a lui sul divano nella foto, porgendole il cellulare. “Il mio ragazzo.”

“Oh.” Si lasciò scappare con stupore la ragazza, prendendo in mano il telefono per studiare i due ragazzi sullo schermo.

Lance teneva un braccio sulle spalle di Keith, il quale lo guardava con quello che sembrava uno sguardo imbarazzato… o assassino. Non avrebbe saputo dirlo con esattezza. 

“Perciò non devi preoccuparti. Non ho ‘strane intenzioni.’ ” Assicurò il giovanotto, ovviamente mentendo. Ma questo lei non poteva saperlo.

La compagna di corso gli restituì il cellulare, sorridendogli imbarazzata.

“Scusami. Non volevo essere scortese.” Chiarì subito. “È solo che da quando ho iniziato i corsi non ho fatto altro che ricevere avance. Ogni giorno. Ad un certo punto è diventato frustrante.” 

I due uscirono insieme dall'aula, venendo circondati dal vociare della vita universitaria. 

Allura aveva accettato di fargli compagnia a pranzo e a Lance sembrava di camminare a tre metri da terra e poter toccare il cielo con un dito. Si sentiva un leone.

 

Quando quel pomeriggio Keith lo vide tornare a casa, sapeva già dall’espressione gongolante del ragazzo che doveva essergli successo indiscutibilmente qualcosa di meraviglioso. 

Stravaccato come suo solito sul divano, le cuffie nelle orecchie e un libro di scuola che faceva finta di capire poggiato sulle gambe, cercò di ignorare per quasi venti minuti i versetti idioti di Lance provenire dalla sua camera, prima di lasciare che la curiosità avesse la meglio. Non che la vita del suo coinquilino e migliore amico fosse affar suo, ma se la sua improvvisa gioia fosse da imputare al loro nuovo tipo di “rapporto”, pensava quantomeno di doverne essere tenuto al corrente.

“Allora?” Domandò soltanto, poggiandosi a braccia incrociate allo stipite della porta della stanza dell’amico.

Il giovane innamorato era sdraiato sul letto e sembrava messaggiare al cellulare, un sorriso idiota perennemente stampato sulle labbra.

Keith tossì per attirare la sua attenzione, infastidito dall’essere stato completamente ignorato. 

“Cosa?!” Finalmente l’altro lo degnò di uno sguardo, nascondendo istintivamente il cellulare e arrossendo leggermente quando si accorse dell’amico fermo sulla porta.

Il texano ghignò divertito per la sua reazione. 

Bene bene…

Non dirmelo, il piccolo Lancey è riuscito nella sua missione.” Lo canzonò, cogliendo l’occasione per punzecchiarlo, aspettandosi la solita occhiata scocciata che però tardò ad arrivare.

Al contrario, Lance gli sorrise con fierezza. “Te lo avevo detto che era un buon piano.” 

L’altro gli restituì uno sguardo sbalordito. “Non ci credo…” Riuscì solo ad aggiungere, affermando la sua incredulità. 

Per tutta risposta il cubano sfoderò davanti alla sua faccia scettica il cellulare. La schermata di whatsapp aveva una chat aperta e il nome in sovrimpressione era nientepopodimeno che quello di Allura.

“Deve essere un incubo…” Esalò quasi con disgusto il moretto.

 Questo voleva dire che la ragazza si era bevuta la balla della loro relazione. Qualcuno aveva davvero creduto che lui e quel loverboy di Lance potessero stare insieme. 

“Invece mio caro…” Il suo pseudo fidanzato gli tolse di mano il cellulare per stringerlo al petto come fosse il più grande dei tesori. “E’ un sogno che si realizza!” Cinguettò scuoricinando, lasciandosi ricadere sul letto e rotolando sulle coperte. Keith era nauseato. 

“Non ne voglio sapere niente.” Sbuffò, andandosene.

Keith avrebbe davvero voluto non saperne niente, ma Lance sembrò non riuscire a trattenersi dal raccontargli tutto a cena.

Restò in silenzio ad ascoltare il racconto, sperando che prima o poi l'altro ne avrebbe avuto abbastanza del suo mutismo. Ma Lance andò avanti imperterrito. 

Allura di qua, Allura di là, blablabla, era quello che captavano le orecchie del frustrato ragazzo mentre cercava di mantenere la calma e non uccidere l'amico.

“Lance. Per l'amor di dio. È la terza volta che mi parli del modo in cui Allura tiene la forchetta!” Sbraitò a un certo punto, perdendo quell'ultima briciola di pazienza che gli era rimasta. “Ho afferrato il concetto.”

Il brunetto lo guardò storto, mettendo il muso. “Non l'ho ripetuto tre volte…”

“Hai ragione. Credo fossero quattro.” Ribatté sarcastico l'altro, alzando gli occhi al cielo. “Senti, sul serio. Ho capito che ti piace. E credimi, sono contento che il tuo piano funzioni. Però per favore, non voglio che la cena si trasformi in una telenovela a puntate della tua vita amorosa.”

“Ancora non capisco cosa ci trovi Shiro in te.” Sbuffò Lance, incrociando le braccia al petto.

“Potrei dire lo stesso della tua bella. Da come la descrivi, sembra decisamente di un altro pianeta.” 

“È per questo che non voglio lasciarmela scappare, Keith.” Sospirò. “È speciale…” Aggiunse con voce sognante.

I due ragazzi si scambiarono uno sguardo complice. In realtà, Keith lo capiva. Shiro aveva lo stesso effetto su di lui. Sbuffò, massaggiandosi il collo.

“Quindi, cos'hai intenzione di fare di concreto, a parte messaggiare con lei su whatsapp?”

Lance sorrise, rincuorato dall'interesse nascosto in quella domanda.

“L'ho invitata ad uscire.” 

“Oh.” Keith lo guardò stupito. “Audace. E ha accettato?”

“Si bhe… mi ha detto che doveva andare al cinema con un'amica e potrei aver proposto un genere di uscita a cui non avrebbe potuto dire di no…” La risposta dell’amico lo rese subito sospettoso.

“Lance.” Il cubano distolse lo sguardo, evasivo. “Che genere di uscita hai proposto?”

Lance sussurrò una risposta farfugliata praticamente incomprensibile. 

“Lance.” Intimò Keith con occhi fiammeggianti. 

“...un'uscita a coppie.”

“TU COSA?!” Sbottò allibito, sbattendo le mani sul tavolo. 

“Sorpresa~” Lance sorrise innocentemente nel tentativo di rabbonirlo. 

Quello non era decisamente nell'accordo. 

 

Lance riuscì a convincere Keith che l'appuntamento rispettava il loro patto.

Nessuna delle regole sarebbe stata infranta, lui doveva solo limitarsi ad accompagnarlo. Poi avrebbe anche potuto fare scena muta e tenere il suo solito cruccio imbronciato, dopotutto era come chiedergli di comportarsi naturalmente.

Fu mentre scendeva dalla sua moto che Keith si convinse che avrebbe dovuto porre molte più condizioni al loro accordo. 

Si tolse con frustrazione il casco rosso decorato da alcune fiamme stilizzate, sospirando pesantemente mentre scuoteva la testa per sistemare i capelli corvini leggermente arruffati. 

Dietro di lui, Lance fu veloce a scendere con un balzo e abbandonargli tra le braccia il casco blu su cui spiccavano delle piccole stelline, così da sistemarsi delle pieghe invisibili sui vestiti.

Shiro aveva insistito per regalare quel casco al ragazzo dopo averlo visto mezza volta salire sulla moto di Keith senza protezione. A nulla era valsa la spiegazione che avevano solo fatto i cento metri dalla fermata del bus fino a casa, non aveva voluto sentire ragioni. L'avvocato si era presentato il giorno dopo con un regalo per lui. Ovviamente, non risparmiando al suo fidanzato una bella lavata di capo. Lance, d’altrocanto, era stato entusiasta di quel gesto.

Shiro era diventato una sorta di eroe per lui da quando l’aveva conosciuto. Era tutto ciò che sarebbe voluto diventare in un prossimo futuro. Per lui era l'incarnazione dell'uomo perfetto. Avvenente, di ottima compagnia e uomo in carriera. Quel genere di persone che ti fanno pensare che la vita in realtà non è così dura e che con il giusto impegno saresti riuscito a realizzare ogni tuo sogno.

Non era stupito infatti che stesse con Keith. Anche lui era speciale, seppur a modo suo. Tralasciando il fisico, per cui il texano non aveva nulla da invidiare ai ragazzi della sua età o a uomini anche più maturi, il suo amico era una delle persone più vere che conoscesse. 

Armato di ferrea testardaggine, seguiva la sua strada correndo a cento all’ora per raggiungere qualsiasi obiettivo si fosse posto, senza mai voltarsi indietro. E una volta che lo si imparava a conoscere, si riusciva anche a passar sopra al suo caratteraccio e ai suoi difetti. Magari finendo anche per amarli.

Mentre lui era… bhe, era Lance. Uno studente universitario mediocre dal fisico un po’ allampanato, senza nessuna dote particolare, se non l’accento spagnolo e una mira infallibile al tiro a segno. Non biasimava le ragazze per non trovare nulla di attraente in lui. 

Un pugno leggero di Keith sul braccio lo distolse dai suoi pensieri. 

“Smettila di torturare quella camicia.” Gli intimò accigliato, per poi addolcire la sua espressione in un sorriso comprensivo. “Stai bene.”

Quel semplice complimento riuscì a ringalluzzire il cubano che tornò rapidamente di buon umore. “Grazie. Ma il cinema non te lo offro comunque~” 

Keith roteò gli occhi. “Chi me lo ha fatto fare…” Continuò a brontolare, smucinando nella tasca della giacca di pelle in cerca di una sigaretta.

“Io. E siccome mi vuoi taaaanto bene, hai accettato.” Lo canzonò Lance, aggrottando la fronte quando lo vide estrarre il pacchetto di sigarette per portarne una alla bocca. Si affrettò a strappargliela dalle labbra prima che potesse accenderla. “Che hai intenzione di fare?” 

Il texano ringhiò infastidito. “Fumare?” 

“Non mi farò intossicare e impuzzolentire dal tuo fumo.” Dichiarò irremovibile il brunetto, sventolando la paglia davanti ai suoi occhi. “E poi, Shiro lo sa che hai ricominciato?” 

“Non ho ripreso. Ne fumo una ogni tanto.” Tentò di controbattere l'altro, mettendosi sulla difensiva. “Ho comprato il pacchetto solo ieri…” E quella era la prima che aveva avuto la tentazione di fumare. Il pacchetto immacolato che stringeva nella mano ne era la prova.

Lance lo guardò con scetticismo e disapprovazione, tenendo la sigaretta sospesa tra loro due.

“Avevi promesso a Shiro di smettere.” Keith sembrò farsi quasi più piccolo appoggiato contro la propria moto. 

A volte il suo migliore amico sapeva davvero dove colpire con le parole.

Un sospiro rassegnato e sconfitto si dischiuse sulle sue labbra mentre recuperava la sigaretta e remissivo la posava assieme alle compagne. “Ti odio.” 

Lance sorrise fieramente, soddisfatto. 

1 a 0 per Cuba. Gongolò mentalmente. “Sappiamo entrambi che non è così~” 

“Oh, ne sei così sicuro?” Uno dei sopraccigli scuri e naturalmente perfetti del texano si alzò sulla sua fronte e un ghigno di sfida gli curvò le labbra mentre si raddrizzava e lo fronteggiava ironico. “E se ti lasciassi?”

Un lieve rossore si sparse sulle guance bronzee dell'amico. 

Keith godette di quella reazione inaspettata fino all'ultimo secondo, quando furono interrotti da un colpo di tosse.

“Emh… Lance? Tutto ok?” Una bella ragazza dai lunghi capelli argentei e la pelle di cioccolato li stava fissando preoccupata. Al suo fianco, una ragazza forse della stessa età o poco più giovane, dai lunghi capelli biondi raccolti in due code, digitava alla velocità della luce sul touchscreen del proprio cellulare, ignorandoli.

“Allura!” Lance strillò con voce stridula, lanciando uno sguardo complice a Keith prima di affrettarsi a chiarire la situazione alla ragazza. “Si, tutto ok. Stavo solo rimproverando il mio ragazzo prima che potesse riprendere a fumare.”

Keith grugnì disapprovante all’appellativo ma non aggiunse nulla. 

“Oh… capisco.” La ragazza sembrò tranquillizarsi e accennò un sorriso gentile verso di lui, allungando una mano per presentarsi. “Piacere, io sono Allura.”

“Keith.” Rispose il ragazzo, monotono come sempre. 

“Lei invece è Romelle.” Allura presentò l'amica, senza ricevere reazione da quest’ultima. “Romelle?” 

“Hm?” Finalmente la ragazza sollevò lo sguardo dallo schermo. “Ah, si, piacere.” Salutò velocemente, prima di ritornare alle sue cose, facendo alzare gli occhi al cielo ad Allura e stizzire Keith.

“Bene, presentazioni fatte.” Lance attirò l'attenzione del gruppo, preparandosi a dirigere l'operazione centro commerciale. “Andiamo, il centro commerciale, i saldi e il cinema ci aspettano!” 

Keith aveva preso il cellulare per inviare un messaggio al suo vero ragazzo.

Ti prego, uccidimi.

Shiro non poté che sorride quando controlló l'sms ricevuto.

Posò la penna stilografica con cui correggeva solitamente le bozze degli atti e si tolse gli occhiali da lettura dal viso. A volte Keith sapeva essere davvero melodrammatico.

Seduto alla scrivania del suo studio legale dall'altra parte della città, l'avvocato decise di potersi concedere qualche minuto di pausa tra un fascicolo e un altro, così da poter rispondere a quello che sembrava un sos disperato. 

È solo un'uscita al centro commerciale. Puoi farcela.

Il display del suo cellulare non fece in tempo a spegnersi che un messaggio di risposta spuntò tra le notifiche. 

È sabato, Shiro. 

Il pover'uomo scosse la testa, ridendo tra sé. 

Lo so. E so quanto odi la folla e le urla dei bambini. 

Il ragazzo rispose con un emoticon corrucciata, senza dubbio identica all'espressione che doveva aver stampata in viso in quel momento.

Resisti fino a stasera. Ti passo a prendere alle 8. Aggiunse Shiro, cercando di rabbonirlo. Puoi fermarti a dormire da me, se vuoi. Domani non lavoro. 

Questo si che è un miracolo. Sembrò canzonarlo in risposta il texano nell'sms seguente.

Ah-ah divertente. Il legale sbuffò, sapendo già quale sarebbe stato il prossimo messaggio che avrebbe ricevuto. 

Tu lavori troppo. Eccolo lì, prevedibile e scontato.

Me lo dici ogni volta. Gli fece notare, alzando gli occhi al cielo con un pizzico di esasperazione. 

Passarono circa cinque minuti prima che ricevesse un nuovo messaggio. 

Ancora non capisco perché tu abbia accettato questo “piano”. Pochi secondi dopo, un secondo messaggio si accodó, aggiungendosi a quell'affermazione. O perché lo abbia accettato io. 

Shiro non ebbe dubbi sulla risposta da digitare. Perché gli vogliamo bene. 

Keith alzò lo sguardo dal telefonino per lanciare una fugace occhiata a Lance. Il ragazzo stava discutendo animatamente di maschere per il viso e prodotti per capelli insieme alle due ragazze. Era riuscito a coinvolgere anche Romelle alla fine, ma di questo Keith non ne era stupito. Lance era capace di un magnetismo particolare, quasi magico.

Il suo pollice si mosse automaticamente sulla tastiera, accompagnato da un sorriso che gli distese le labbra.

Già

“Ti stai annoiando?” Keith trasalì compostamente. 

Romelle accennò un piccolo ghigno divertito, facendolo sentire un idiota per non averla sentita avvicinarglisi alle spalle. 

Il ragazzo fece spallucce, mantenendosi sulla difensiva, come faceva sempre con le persone con cui non aveva confidenza. “Non sono un tipo da centro commerciale.” 

“Ah si? Chi lo avrebbe detto.” Rispose con evidente sarcasmo la ragazza, mettendosi a spulciare tra gli scaffali di libri davanti a cui il giovane si era come imbambolato, ricercando qualcosa che potesse interessarle. 

Con un’espressione schifata, scartò l’ennesimo romanzo impegnato di autori morti da secoli o quasi, concedendo invece la sua attenzione a un libro sulla cui copertina spuntava in bella mostra una maschera nera di pizzo. 

“Non a tutti piace passare il sabato a scegliere libri di dubbio gusto.” Lanciò lì per lì una frecciata Keith, infastidito, alzando un sopracciglio.

“Non sei nella posizione giusta per giudicare.” Rincarò la ragazza, chiudendo con un piccolo tonfo il volume tra le proprie mani, decidendo mentalmente di acquistarlo. “Tu sei qui solo per il tuo ragazzo, o sbaglio?” 

“Anche se fosse?” Borbottò lui, cercando con lo sguardo il soggetto della conversazione. 

Lance era tre scaffali più avanti, perennemente incollato ad Allura.

Fermi davanti la sezione di libri in lingua originale, stavano discutendo su un libro che la ragazza sembrava star consigliando all’altro. O almeno, era quello che gli sembrava da quel poco che riusciva a recepire delle loro parole. 

Romelle seguì il suo sguardo, aggrottando la fronte. “Il tuo fidanzato sembra davvero molto interessato alla mia amica.”

Keith sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Merda.

La ragazza era meno stupida di quanto sembrasse e ci vedeva lungo, forse sarebbe stato meglio se avesse fatto qualcosa, prima che l’appuntamento fosse andato a monte. Inoltre, non voleva tornare a casa con un Lance in lacrime e così rinunciare al suo weekend col suo vero fidanzato.

“Lance è fatto così.” Cominciò a recitare con maestria, tenendo d’occhio le reazioni della ragazza. Si sentiva al pari di una cavia da laboratorio mentre gli occhi indaco dell’altra lo studiavano con interesse. Poteva vedere nitidamente il dubbio nel suo sguardo mentre cercava le parole giuste per continuare il discorso. “E’ molto espansivo. E logorroico. Soprattutto se gli si da corda.” 

“Mhm… capisco.” Dal tono con cui aveva risposto, la ragazza non gli parve per nulla convinta. 

Avrebbe voluto aggiungere qualcosa per salvare la situazione, che probabilmente aveva solo aiutato a peggiorare, ma fu interrotto da un sorridente cubano che gli poggiò il braccio sulle spalle. 

“Ragazzi, avete fame?” Domandò solare Lance, reggendo sotto il braccio il libro che Allura lo aveva alla fine convinto ad acquistare. 

Non che si fosse dovuta impegnare molto. Per come era cotto il ragazzo al momento, alla ragazza sarebbe bastata una parola per fargli fare tutto ciò che avrebbe voluto. Ma questo lei non poteva immaginarlo.

“Lance mi stava dicendo che hanno aperto una pasticceria francese al secondo piano.” Si aggiunse alla conversazione Allura, dando una spiegazione alla domanda. “Sono curiosa di assaggiare i loro macarons. Non ne mangio di decenti da quando non abito più in Francia.” 

“Fidati di me, señorita. Questi macarons ti faranno ricredere.” Il brunetto le fece l’occhiolino, guadagnandosi un grugnito da Keith, perennemente infastidito dai suoi modi di fare così flirtanti.

Il corvino si scrollò di dosso il suo braccio. “Cosa sono i macarons?”

Lance si girò verso di lui, strabuzzando gli occhi. “Keith, non dirai sul serio!” 

Allura lo stava folgorando con uno sguardo indignato e anche Romelle sembrava scioccata dalla sua ignoranza. Il texano incassò la testa tra le spalle come una tartaruga.

“Scusate tanto se non me ne intendo di dolci.”  

“Così non va bene.” Il suo pseudo fidanzato gli poggiò una mano sulla spalla, continuando con tono solenne. “Devi assolutamente provarli, Keith. Vedrai che mi ringrazierai.”

Keith sbuffò sonoramente.

Detto fatto, pagarono velocemente i loro acquisti e in meno di dieci minuti furono seduti ad un tavolino con davanti a loro un vassoio con diversi tipi di macarons.

Keith li osservava scettico, ingobbito sulla sedia, non capendo ancora cosa ci fosse di così attraente o speciale in quelli che a lui non sembravano altro che dei ringo un po’ più gonfi e colorati. 

“Sembrano dei semplici biscotti ripieni…” Brontolò come un bambino piccolo al quale la madre stava cercando di rifilare un piatto pieno di verdure. 

Lance alzò teatralmente gli occhi al cielo. “Zitto e assaggiane uno.” Senza pensarci, il brunetto afferrò un macaron rosso dal vassoio e glielo portò alla bocca. 

Keith lo accettò seppur con reticenza, restando però piacevolmente sorpreso dal suo sapore. 

“Non è male.” Concesse, facendo sorridere di soddisfazione l’altro. 

Il suono di risatine soffocate li fecero voltare verso le loro compagne di tavolino.

Ci fu un attimo di confusione in cui i due ragazzi si guardarono, frizzandosi quando una fredda realizzazione li investì solo qualche istante più tardi. Quella doveva essere sembrata proprio una classica scenetta romantica. 

I visi di entrambi si accesero di porpora e per il resto della giornata, nessuno dei due riuscì a sostenere lo sguardo dell’altro a causa dell’imbarazzo. 

 

“Allora Lance, come sta andando l'operazione?” Chiese Shiro con curiosità mentre passava posate e bicchieri al ragazzo. 

Il mese concordato tra i tre ragazzi era quasi giunto al termine ormai. Lance aveva fatto dei grossi passi avanti con Allura, riuscendo a stringere un bel legame d’amicizia con la ragazza in poche settimane. 

“Penso di essere sulla strada giusta~” Rispose il ragazzo con fare civettuolo. 

Quel mercoledì l'avvocato era stato invitato a cena dai due ragazzi. Ogni tanto Keith trovava una scusa per riuscire a passare del tempo con il suo impegnatissimo fidanzato, oppure alle volte era Lance a fornirgliene una, da bravo amico. 

Così, con l'uscita della nuova stagione della loro serie tv preferita, di cui anche Shiro si era appassionato, i due ragazzi avevano invitato il legale ad unirsi a loro per cena così da fare maratona.

Lance era stato più che persuasivo, premendo le corde giuste per impedire che Shiro rifiutasse, ricordando all'uomo che era ancora abbastanza giovane da riuscire a resistere a una maratona e qualche ora di sonno in meno. 

Alla menzione dell'età, Shiro aveva subito accettato, volendo quasi dimostrare a se stesso di non essere ancora pronto per andare in pensione con la vita sociale. 

“Ti prego, Shiro. Non voglio sentir parlare di Allura anche stasera.” Alzò gli occhi al cielo Keith, mentre tagliuzzava delle verdure. 

“Non ne parlo così tanto…” Brontolò Lance mentre finiva di apparecchiare la tavola.

Shiro rise dolcemente.

“Lascialo perdere Lance, sai come è fatto.” Il suo fidanzato gli scoccò un'occhiataccia all'allusione. 

“Eccome se lo so.” Ribatté con tono drammaticamente teatrale il cubano, appoggiandosi con le braccia alla penisola della cucina. 

“Un altro commento e qualcuno resterà senza cena.” Minacciò il cuoco, sistemandosi il ciuffo di capelli che aveva stretto dietro la nuca con l'elastico. Il grembiule a fiorellini che indossava, gentilmente offerto da Lance per non fargli sporcare i vestiti, completava il quadretto comico, ledendo la credibilità della minaccia.

“Ok mamma.” Lo canzonarono in coro gli altri due, facendolo grugnire esasperato. 

“Non so chi mi dia la pazienza di sopportarvi.” 

“Dici così, ma ci adori~” Cinguettò il brunetto, mentre Shiro posava un bacio sulla tempia del fidanzato in segno di riappacificazione. 

“Non ci giurerei…” Mugugnò ancora Keith, sorridendo però. 

Un'ora più tardi, dopo aver gustato una deliziosa cena preparata dal più inaspettato degli chef, il trio era seduto sul divano, pronto alla maratona.

Al quarto episodio, durante la sigla, Lance lanciò un'occhiata furtiva alla coppia. 

Shiro aveva avvolto un braccio intorno alla vita di Keith, tenendolo stretto contro il proprio petto e quest'ultimo sembrava perfettamente a suo agio in quella posizione, sfoggiando un raro sorriso che era riservato a quei pochi momenti di intimità tra loro. 

Il brunetto si sentì stringere il cuore. Provava un pizzico di invidia per loro, per quell'affinitá che i due condividevano. Quella sensazione di completezza che dava lo stare con qualcuno che ti faceva sentire al posto giusto nel mondo. 

Era un ragazzo incurabilmente romantico. Credeva nell'amore, nel destino e nelle anime gemelle. Ma non aveva ancora sperimentato quell'amore bruciante e disarmante che ti faceva capire di aver trovato la persona giusta. Certo, ora che aveva conosciuto meglio Allura poteva dire di esserne davvero innamorato. Ma sarebbe stata davvero quella giusta? Non stavano neanche insieme e lei nemmeno era a conoscenza dei suoi sentimenti, chi poteva dirlo… era solo un suo amico e forse, si era costretto in quel ruolo per sempre con le sue stesse mani.

Un sospiro sconsolato trapelò dalle sue labbra.

“Tutto ok?” Domandò Shiro, appoggiandogli una mano sulla spalla. 

Lance si riscosse dai suoi pensieri, voltandosi verso i due amici che lo stavano fissando preoccupati. 

“Si… solo qualche pensiero.” Il ragazzo distolse lo sguardo, massaggiandosi il collo in imbarazzo.

I due fidanzati si scambiarono uno sguardo silenzioso. Conoscevano il loro amico e sapevano riconoscere quando entrava in uno dei suoi loop fatti di ragionamenti senza nè capo nè coda, poca autostima e rimuginazioni. 

Per quanto Lance non volesse darlo a vedere, era una persona particolarmente insicura che nascondeva profondamente questo lato di sé dietro uno sfavillante sorriso e un carattere sfacciato. 

“Lance.”  La voce di Shiro lo chiamò dolcemente, rassicurante.

Il brunetto alzò lo sguardo su di lui.

Sapeva che entrambi avevano capito che qualcosa non andava, non erano stupidi e lo conoscevano bene. Diamine, erano forse le uniche due persone al mondo a conoscerlo meglio di se stesso. 

Dopo sua madre. La mamma batteva tutti. 

“É solo…” Sospirò profondamente, cercando le parole giuste per esprimere il concetto che aveva in testa. “Vorrei avere qualcuno. Qualcuno di importante come te con Keith.” Un piccolo rossore di timida vergogna fece capolino sulle sue guance. 

“Oh Lancey…” Cominciò a rispondere l'avvocato, venendo interrotto dal proprio compagno.

“Arriverà.” Keith lo fissò con uno sguardo carico di convinzione. 

I suoi occhi viola non lasciavano spazio al dubbio e colpirono fin nel profondo le insicurezze di Lance, annientandole.

“Grazie.” Sussurrò grato il più giovane del trio, mentre il suo migliore amico gli stringeva un braccio intorno alle spalle come rassicurazione. 

Shiro si unì a loro con un gesto di conforto, scompigliandogli i capelli bonariamente.

Nessuno aggiunse nulla al discorso e il trio tornò a seguire la tv. 

Lance non era sicuro se avrebbe trovato l'amore o meno, ma in quel momento, grazie alla vicinanza dei suoi due amici, alle loro parole di conforto e al bene che gli stavano dimostrando di volergli, si sentiva al posto giusto. 

 

[TheBigGoodGuy]

Ehi buddy, come va? 

Lance sorrise al messaggio.

[Loverboy]

HUUUUUNK ~ amico mio, non ti sentivo da MESI. Ti davo per disperso in Europa. 

[TheBigGoodGuy]

I ritmi dello stage sono infernali… scusa amico. 

 

Hunk era un amico di vecchia data di Lance. I due ragazzi avevano frequentato insieme lo stesso liceo, sostenendosi a vicenda durante i periodi più oscuri dell'adolescenza, combattendo insieme l'acne, le prime cotte e i primi rifiuti, fino ad arrivare a considerarsi come due fratelli. Le loro strade si erano poi separate poco dopo il diploma, quando Hunk aveva deciso di intraprendere un percorso di studi completamente opposto al suo. 

Il ragazzo infatti aveva da sempre avuto il sogno di diventare un cuoco famoso e di certo le capacità non gli mancavano. A detta di Lance, anche un vecchio scarpone consunto sarebbe diventato commestibile dopo essere passato tra le abili mani del promettente cuoco. Prova delle sue capacità, era come fosse migliorata la cucina di Keith, che non sapeva nemmeno cucinare un uovo sodo, dopo appena un paio di lezioni impartitegli durante le scorse vacanze estive, nelle quali Hunk era venuto a far loro visita.

 

[Loverboy]

Lo capisco amico. Cerca di non morire, sentirei la mancanza dei tuoi manicaretti. 

[TheBigGoodGuy]

Dei manicaretti… 

[Loverboy]

Anche di te. Ma i manicaretti per primi. 

[TheBigGoodGuy]

Sei incorreggibile. Allora, che mi racconti? 

[Loverboy]

Solite cose. L'universitá è pesante, ma gli esami stanno andando bene. Il lavoro part-time è stancante, però pagano regolari. Mi manchi. Stavolta dico sul serio. Keith è il soluto musone asociale e ha stinto una delle mie magliette preferite. Continua a ripetere che non è colpa sua se la maglia sia finita tra i suoi panni sporchi. Siamo in guerra ora. E mi sono innamorato…

[TheBigGoodGuy]

Wowowo frena amico! Innamorato? 

 

Lance sogghignò rivolto allo schermo del cellulare. Sapeva come catturare la sua attenzione.

 

[Loverboy]

Già ~ 

[TheBigGoodGuy]

È fantastico. Chi è? Ti sei già dichiarato?

[Loverboy]

Si chiama Allura, è una ragazza del mio corso di Francese. E no… Non ancora… per ora siamo amici. È già stato difficile farle credere che non ci stessi provando come tutti quelli che ha precedentemente respinto.

 

Da quel messaggio, Lance partì con un'accurata descrizione di tutta la situazione e del suo geniale piano per conquistare Allura.

 

[TheBigGoodGuy]

Lance… lo sai che ti voglio bene come un fratello. Ma non credo che questo “piano geniale” porterà a nulla di buono...

[Loverboy]

Sei il solito disfattista. 

[TheBigGoodGuy]

Realista. 

[Loverboy]

Quello che ti pare… ma per ora sembra andare bene. Siamo buoni amici.

[TheBigGoodGuy]

Lei ti crede fidanzato. Con un ragazzo. Lance… pensa se scoprisse tutto questo. 

[Loverboy]

Perché dovrebbe scoprirlo?!

 

Hunk rinunciò a dissuaderlo, limitandosi a qualche raccomandazione, poi i due amici tornarono a parlare del più e del meno, salutandosi diversi messaggi dopo con la promessa di sentirsi appena possibile. 

Lance scoprì quanto potesse essere concreta la preoccupazione del suo amico qualche giorno più tardi.

 

“Ti devo parlare.” Esordì Keith cupo appena l'altro rientrò in casa dal lavoro. 

“Keith… non possiamo rimandare? Sono stanco…” Aveva piagnucolato il cubano appendendo la giacca verde al muro, per poi crollare scompostamente sul divano. 

La giornata era stata lunga e pesante, tra università la mattina, un test a sorpresa, i mezzi pubblici che non passavano e poi il turno in caffetteria fino alle 18:00, non sapeva con quali forze era riuscito a trascinarsi fino a casa. 

“Prima ne parleremo meglio sarà.” Asserì serio l’altro, incrociando le braccia sulla maglietta nera col logo di una qualche band musicale metal/punk.

“È così urgente?”

“Riguarda Allura.” Alla menzione della ragazza il giovane innamorato si rizzò a sedere.

“Che c'entra Allura?” 

Keith sbuffò roteando gli occhi, sedendosi al suo fianco. “L'ho incontrata questo pomeriggio mentre era in giro a fare compere e… ecco…” 

“Keith… giuro, se l'hai toccata anche solo con un dito…” 

Il ragazzo lo fissò sgranando gli occhi, scioccato. “Per l'amor di Dio, Lance, no!”

“E allora cosa?! Non girarci intorno, mi stai facendo venire l'ansia!” Lance si portò le mani ai capelli afferrandoli con esasperazione.

“Non ero da solo quando l'ho incontrata.”

Una pesante realizzazione colpì il cubano, facendo crollare rovinosamente il castello di carta in cui si era illuso di poter vivere nell'ultimo mese.

“Ha visto Shiro.” L'amico si limitò ad annuire. “È finita. Non mi rivolgerà più la parola. Mi odierà per sempre per averla presa in giro. Rovinerò anche la nostra amicizia. Sono stato un IDIOTA.” Lance prese a dondolarsi convulsamente sul posto, frignando.

“Lance.” Keith cercò di fermare il suo delirio, prendendogli le spalle con decisione. “Ha visto Shiro, ma non credo sospetti qualcosa. Per il momento.”

“Che vuoi dire?” 

Keith gli spiegò di come aveva incontrato Allura. Shiro aveva dovuto lasciare la macchina dal meccanico per un controllo, così aveva chiesto al compagno il favore di passarlo a prendere al tribunale dopo una causa per poi accompagnarlo in studio, poichè non sarebbe riuscito a muoversi da solo per la città a causa di uno sciopero dei trasporti pubblici. Stava dando un passaggio a Shiro, quando la ragazza lo aveva riconosciuto davanti allo studio e si era fermata per salutarlo. Shiro fortunatamente era stato rapido nel comprendere la situazione una volta sentito il nome Allura e le si era presentato come il fratello di Keith.

“Shiro è il mio eroe. Ricordami di dargli un bacio di ringraziamento.” Un pizzicotto da parte di Keith lo fece sobbalzare e imprecare di dolore. “Scherzavo! Forse...” 

“Vedi di prendere seriamente il discorso.” Lo ammonì aggrottando la fronte. “La situazione si sta facendo complicata. Ne ho fin sopra i capelli di questa idiozia. Finirà male se non le dici la verità al più presto.” 

“Ma… Keith. Se le dico la verità, non vorrà più parlarmi. Perderò anche la sua amicizia...” 

Il texano sospirò frustrato. Era abbastanza deluso dal constatare che l'altro non riuscisse ad afferrare il nocciolo della questione. 

“Allora inventati qualcosa.” Chiuse la discussione lì, andandosene in camera propria e lasciandolo a rimuginare sul da farsi. 

Un'ora più tardi, Lance gli piombò in camera con entusiasmo. 

“Noi due dobbiamo lasciarci.”

Keith sollevò lo sguardo dal suo libro inarcando un sopracciglio, fissandolo con scetticismo. “Come prego?”

“Ti spiego.” Il cubano si catapultò a sedere sul letto, facendo sobbalzare l'amico. “Se noi fingessimo un litigio e ci lasciassimo, io sarei libero di corteggiare in futuro Allura, giusto? E magari lei mi consolerebbe anche per la perdita.”

“E, di grazia, questo come risolverebbe il problema di Shiro?” Domandò il suo coinquilino, cercando la pazienza di star dietro al suo discorso. 

Il brunetto sorrise furbo.

“Poniamo il caso che io scopra un tuo tradimento. Magari con una persona che hai cercato di far passare per tuo fratello…” 

Keith contraccambió il suo sorriso con una smorfia quando comprese a cosa il tutto avrebbe portato. “Questo mi farebbe passare come una merda umana.” 

“Scusa tanto se non ho idee migliori.” Brontolò, rubandogli un cuscino per stringerlo al petto. 

Nella sua testa filava tutto liscio come l'olio. O quasi. 

Con questo ulteriore piccolo sotterfugio sarebbero riusciti ad uscire dai problemi creati da quelle sfortunate coincidenze e Keith e Shiro sarebbero stati liberi dal patto. A suo parere era geniale. Ma del resto, anche l'idea di quella farsa gli era sembrata geniale all'inizio. Ora invece, iniziava ad avere qualche dubbio. Anzi, ne era totalmente pentito, anche se si rifiutava di ammetterlo.

“Ok.” Lance fissò con stupore il suo amico.

“Come?” 

Forse aveva sentito male. 

“Ho detto che per me va bene.” Chiarì Keith, mettendosi seduto. “Però, Lance. Sarò sincero… non credo che tutte queste bugie porteranno a una relazione. Almeno non una in cui saresti felice.” 

Lance si morse un labbro abbassando lo sguardo, ferito dalle sue parole, ma anche conscio di quanto rispecchiassero la verità. 

Sapeva di aver trascinato già troppo avanti quella farsa conveniente. Ma non sapeva come darci un taglio. O meglio, lo sapeva, ma non voleva davvero farlo.

Il ragazzo affondò la faccia nel cuscino.

“Che dovrei fare?” 

“Dille la verità.” Ripropose Keith, questa volta più comprensivo. “Non essere un bugiardo o un codardo. Tu sei migliore di questo.” 

Un mezzo singhiozzò scappò dal cuscino. 

Si fidava così tanto di lui nonostante i guai che ogni volta gli procurava, nonostante questo piano idiota che aveva ideato coinvolgendo anche Shiro e che entrambi avevano accettato, assecondandolo solo perché gli volevano bene. 

“Mi dispiace… ho fatto un casino.” Piagnucolò in colpa, sentendo gli occhi pizzicare terribilmente. 

“L'importante è averlo capito e cercare di rimediare.” Sembrò volerlo rassicurare Keith, stringendolo in un abbraccio impacciato. 

Era giunto il momento di rimboccarsi le maniche e scacciare via per sempre quella parte di sé carica di insicurezze e farsi carico dei propri errori. 

Se l'amore rende ciechi, stupidi e irrazionali, un’amicizia sincera può schiarire le idee e riportarti alla realtà. 

Tu sei migliore di questo.

Lance lo avrebbe dimostrato a tutti, compreso se stesso. 

 

Keith stava facendo la doccia quando sentì qualcuno suonare al suo citofono. O meglio, si sarebbe potuto dire aggredire il citofono.

“Lance!” Urlò dal bagno, cercando di scuotere l'amico che si era rinchiuso in camera da ieri sera. “LANCE.”

Nessuna risposta. 

Imprecando coloritamente, maledisse qualsiasi forza cosmica lo avesse preso a cuore. 

Si sciacquò velocemente e con giusto l'accappatoio addosso andò a rispondere all'insistente molestatore. 

“Chi è?!” Ringhiò al citofono. Ma l’apparecchio non cessò di trillare. “Smettila di suonare!”

“Finalmente!” Rispose dall'altro capo una voce femminile familiare. Il suono di qualcosa che veniva sbloccato accompagnò la risposta. 

“Pidge.” Il ragazzo si massaggiò le tempie, sentendo già sopraggiungere i sintomi di un tremendo mal di testa.

“Scusa Keith. Si era incastrato il tasto e non trovavo il mio cacciavite.” Spiegò come se nulla fosse la ragazzina, armeggiando per sistemare i suoi attrezzi del mestiere nello zaino. 

“Sali. Io vado a vestirmi.” Con un tocco al tasto di sblocco, Keith le aprì il portone, lasciandole la porta socchiusa mentre correva a vestirsi. 

Lui avrebbe solo voluto farsi una doccia in santa pace prima di andare a lavoro, cosa aveva fatto di male? 

Il rumore della porta che si chiudeva lo informò che la ragazza era entrata. Si affrettò a ricomporsi, indossando quantomeno mutande e pantaloni, per poi raggiungerla in salotto con un asciugamano sulle spalle. 

La ragazza dagli enormi occhiali rotondi aveva abbandonato lo zaino su una sedia e si era impossessata del divano. Era talmente abituata ormai a far visita ai due amici a qualsiasi ora e per i più disparati motivi, da comportarsi come se fosse a casa propria. 

“Lance non risponde al telefono.” Alzò lo sguardo verso l'amico quando questo la raggiunse, gli occhi nocciola rabbuiati dalla preoccupazione. “Avevamo appuntamento in sala giochi due ore fa.” 

“È chiuso in camera da ieri sera.” Si limitò a riferire Keith, strofinandosi i capelli con l'asciugamano rosso. “Non voleva darti buca.”

“Non sono arrabbiata, Keith.” La ragazza liquidò il discorso con un gesto della mano. “Oh meglio. Lo sono. Ma vorrei solo capire cosa sta succedendo.” 

Il padrone di casa sospirò, aprendo il frigorifero per recuperare due succhi di frutta, lanciandone al volo uno alla sua ospite. “L'ho convinto a dire la verita ad Allura.”

“Alla buon'ora.” Sembrò quasi festeggiare la ragazza, pugnalando con la cannuccia il piccolo cartone tra le mani quasi fosse un nemico da uccidere. “Quest'idea non aveva senso o possibilità di riuscita a priori.” 

Keith concordò con una scrollata di spalle. “Era un piano ‘alla Lance’.” Minimizzò, per nulla voglioso di riaprire il discorso.

“Di solito i piani ‘alla Lance’ hanno un fondo di... geniale pazzia.” Pidge prese a torturare con i denti la cannuccia di plastica. “Non di pazzia e basta.” Aggiunse sussurrando, finendo di bere. 

Entrambi sapevano qual era la motivazione del suo comportamento. 

L'amore poteva cambiare le persone o far fare vere e proprie cavolate. Il loro era solo un momentaneo sfogo, portato dalla frustrazione e la preoccupazione per l'amico.

Pidge si alzò dopo aver prosciugato tutto il contenuto del piccolo brick, cestinando il cartone vuoto nei bidoncini della raccolta differenziata.

“Meglio che vada. Sono la persona meno indicata quando si tratta di consolare qualcuno.” Keith sorrise all’amica. Anche lei a volte aveva il vizio di sminuirsi. “Digli di chiamarmi appena decide di uscire dal suo rifugio. E che mi deve un frappuccino per la buca di oggi.”

“Roger.” Il ragazzo rise, facendo il saluto militare prima di accompagnarla alla porta. “Saluta Matt se lo senti. Digli di passare appena torna in città.”

“Sarà fatto.” 

Rimasto solo, Keith finì di prepararsi. 

Prima di uscire, provò a bussare alla porta della camera di Lance. Sospirando pesantemente quando non ricevette risposta, gli scrisse un bigliettino, facendolo scivolare sotto la porta. 

La cena è in frigo. Devi un frappuccino a Pidge. Ci vediamo più tardi.

Lo sbattere della porta d'ingresso convinse finalmente il ragazzo ad alzarsi dal letto. Non aveva perso neanche una parola del discorso intercorso tra i suoi amici. Sollevò il foglietto da terra e lo lesse con occhi stanchi, abbozzando un sorriso. 

Facendosi forza, prese il cellulare e digitò un breve messaggio. 

 

Lance si accordò con Allura per vedersi il pomeriggio seguente in una comoda caffetteria in centro a pochi passi dall’università.

Non le aveva fornito una motivazione particolare per quell'improvviso invito, limitandosi a dirle di doverle parlare di una cosa importante. Per sua fortuna, lei aveva accettato senza fare domande. 

Si sentiva uno straccio mentre aspettava l’arrivo della ragazza. Aveva dormito si e no tre ore in due giorni. Con due vistose occhiaie sul viso e una persistente sensazione di nausea, conseguenza dello stress che stava accumulando e che minacciava di ucciderlo da un momento all'altro, era finito per arrivare in anticipo all'appuntamento. 

Divorato dall'ansia, continuava a masticare compulsivamente un chewing-gum ormai insapore, ripetendo mentalmente il discorso che si era preparato, pregando qualsiasi entità superiore fosse esistita affinché l’amica potesse perdonarlo. 

“Lance!” Il ragazzo sobbalzò sul posto, voltandosi.

Allura era dall'altro lato della strada, bellissima come sempre.

I lunghi capelli diafani erano raccolti in una treccia che le ricadeva morbida sulla spalla, contrastante con la vivace camicetta colorata. Lo stava salutando con un sorriso, aspettando che il semaforo pedonale scattasse per concederle di oltrepassare il pericoloso incrocio. 

Coraggio Lance. È ora

Tutto ciò che successe dopo quel pensiero avvenne come in slow motion. 

Di fianco ad Allura, sull'altro ciglio della strada, anche una madre stava attendendo di attraversare con il figlioletto. 

La donna, distratta dal cellulare, aveva perso la stretta sulla mano del figlio, un ragazzino di poco più di tre anni, che con innocenza si era fiondato in mezzo alla strada, probabilmente stanco di aspettare la precedenza, per nulla conscio del pericolo che così stava correndo. 

Esclamazioni di stupore e grida si fusero in una cacofonica agitazione generale mentre le macchine non accennavano a rallentare e la tragedia si preannunciava imminente. 

Ci fu qualcuno che si mosse per intervenire e Lance riuscì solo a realizzare di chi si trattasse, prima di lanciarsi a sua volta verso il punto in cui il ragazzino si era bloccato tra le due corsie, richiamato dall’urlo terrorizzato della madre. 

“Allura attenta!” 

Fu un attimo. Qualcosa di pesante lo colpì, scaraventandolo sull'asfalto insieme al tesoro che stava proteggendo tra le braccia.

Un fischio assordante accompagnò gli attimi seguenti l’impatto mentre giaceva inerme a terra, la vista che si faceva via via più sfocata e qualcosa di caldo e denso gli colava sul viso. Avrebbe giurato che qualcuno stesse chiamando il suo nome mentre piombava nel buio assoluto, ma non avrebbe saputo dire chi.

Keith era in camera sua a preparare un esame quando ricevette la notizia dell’incidente. 

Il telefono prese a vibrare sulla scrivania e il display si illuminò mostrando un selfie idiota del suo migliore amico. 

Sapeva che quel pomeriggio si sarebbe incontrato con Allura per dirle la verità dietro l’inizio della loro amicizia, perciò si affrettò a rispondere, preparandosi al peggio.

“Lance. Tutto ok?” 

Un singhiozzo femminile lo sorprese dall’altro capo della chiamata. “Keith…” 

“Allura?” Chiese con confusione. “Allura, perchè mi stai chiamando con il telefono di Lance?” 

“Oh Keith…” La ragazza sembrò tirare su col naso. “S-siamo in ospedale… Lance ha avuto un incidente. Non... sapevo chi chiamare.” 

“Allura, calmati.” Cercò di tranquillizzarla con tono fermo, mentre mentalmente cercava di mantenere la calma e pensare razionalmente a cosa fare. “In che ospedale siete?” 

Rapido, si mosse per la stanza alla ricerca delle chiavi della moto, infilandosi al volo gli stivali mentre reggeva il cellulare tra la spalla e la guancia.  

“All’Atlas General Hospital.” Riferì Allura con voce rotta. 

“Sarò lì tra poco.” Promise il ragazzo, uscendo di casa. 

“Ok...” La giovane sembrava esausta mentre rispondeva a monosillabi.

“Non preoccuparti, Lance è un ragazzo forte. Se la caverà.” 

Non sapeva se quell’ultima rassicurazione prima di chiudere la chiamata fosse più per lei o per se stesso.

Sfrecciò oltre il limite di velocità, zigzagando nel traffico, fregandosene di qualsiasi infrazione stesse commettendo. 

Mandò un messaggio veloce a Shiro quando raggiunse il parcheggio dell’ospedale, correndo per raggiungere il pronto soccorso dove trovò Allura, seduta nella sala d’attesa, mentre attendeva novità dal medico che stava visitando l’amico ferito.

“Allura.” Le si avvicinò, posandole una mano sulla spalla con cautela, quasi avesse paura che sarebbe andata in pezzi sotto i suoi occhi. 

La ragazza alzò lo sguardo lucido su di lui, gettandosi tra le sue braccia in cerca di conforto. “Keith! Mi dispiace tanto... Non mi dicono ancora nulla. E’ lì dentro da mezz’ora.” 

Il ragazzo la avvolse in un impacciato abbraccio, condividendo la sua apprensione. 

“Lasciamogli fare il loro lavoro.” La fece sedere, notando le macchie di sangue sparse qua e là sui suoi vestiti.

Lei non sembrava avere ferite evidenti a parte qualche graffio e un enorme cerotto su una guancia, perciò l’unica spiegazione era che quel sangue appartenesse a qualcun altro, probabilmente a Lance. 

Deglutì pesantemente, ripetendosi che non era il momento giusto per fare ipotesi. 

“Vuoi dirmi cos’è successo?” 

Ancora sotto evidente shock, la ragazza gli descrisse l’accaduto, raccontandogli di come Lance si fosse gettato eroicamente a fare da scudo a lei e al bambino, mentre un camion li raggiungeva a una velocità superiore al limite stradale. 

Il conducente era stato preso in consegna dalla polizia quando i soccorsi erano sopraggiunti sul luogo mentre i feriti venivano trasportati in fretta e furia all’ospedale più vicino.

Sia lei che il ragazzino avevano miracolosamente riportato solo qualche graffio o livido ed erano stati medicati in pochi minuti una volta raggiunto il pronto soccorso. Mentre Lance, al contrario, era ancora in osservazione. 

Da quel poco che aveva afferrato dai paramedici dell’ambulanza, sembrava aver riportato un grave trauma cranico e due costole rotte. A preoccupare i medici sembrava essere lo stato d’incoscienza del ragazzo. 

Il medico uscì finalmente dalla sala della terapia intensiva, seguito da due infermieri che spingevano un lettino sul quale era adagiato il ferito, bendato intorno alla testa e il busto, ancora incosciente. 

Keith non ci pensò due volte a placcare il medico per ricevere maggiori informazioni sulle condizioni dell’amico. 

“La ferita alla testa era solo un brutto taglio che abbiamo provveduto a suturare. Ha due costole rotte, ma gli basterà stare a riposo e indossare un bustino per qualche tempo finchè non si saranno completamente saldate. Ora è stabile, ma dovremo aspettare che riprenda i sensi per poterci esprimere sui danni causati dal trauma cranico.” 

Lo trasferirono su al reparto di traumatologia, in attesa che si svegliasse. 

“Possiamo vederlo?” Chiese speranzosa Allura. 

“Al momento ha bisogno di assoluto riposo. Posso concedere la visita solo ai parenti prossimi o eventuali coniugi...” 

Keith non ci pensò due volte a mentire. “Io sono il suo ragazzo.” 

Il medico alzò un sopracciglio, soppesando la situazione. “Dieci minuti.” Concesse, per poi andarsene.

“Salgo su da lui.” Allura annuì comprensiva, ma dispiaciuta al tempo stesso di non poter fare altrettanto. 

Keith non aveva mai visto Lance così pallido. 

Il ragazzo era collegato a un macchinario di monitoraggio che emetteva regolari beep, scandendo il ritmo del battito del suo cuore. Sembrava dormire come se nulla fosse, la fronte leggermente aggrottata in un’espressione imbronciata. 

Gli si sedette al fianco, prendendo posto su una sedia, lasciandosi scappare un sospiro frustrato ed esausto. 

“Mi farai morire di paura un giorno o l’altro.” Sussurrò, restando in silenzio per i restanti minuti della visita. 

Pregò, non sapendo bene a chi rivolgersi, che Lance riaprisse gli occhi, che non insorgessero complicazioni. 

Un’infermiera lo avvertì quando i dieci minuti furono passati e lui lasciò la stanza, sfinito e ubbidiente. Sarebbe tornato più tardi, dopo aver avvertito a lavoro che si sarebbe preso qualche giorno di riposo. Avrebbe dovuto avvertire anche la famiglia di Lance per informarli delle sue condizioni.

Prese l’ascensore e, mentre tornava all’ingresso, incontrò Shiro. 

Allura, come gli riferì l’avvocato, era uscita per contattare e tranquillizzare Coran, il suo tutore, prima che avesse un embolo non vedendola tornare a casa. 

“Ehi. Come sta?” Chiese Shiro preoccupato, abbracciandolo.

“Stabile.” Scrollò le spalle con sufficienza, iniziando a sentire gli occhi pizzicare. “Non ha ancora ripreso conoscenza.” Aggiunse cupamente quando si scostò dal suo petto, abbassando lo sguardo. 

“Ci vuole del tempo in questi casi.” Cercò di rincuorarlo Shiro, accarezzandogli i capelli. 

“Ha la testa dura.” Ironizzò Keith, cercando di abbozzare un piccolo sorriso, facendo sorridere a sua volta il compagno. 

“Puoi dirlo forte.” Concordò con lui, accarezzandogli le guance.

I due si avvicinarono per un fugace bacio, quando Allura tornò, reggendo in mano una bottiglietta d’acqua.

Keith spinse via Shiro, allarmandosi.

“Allura… non è come pensi… stavamo solo-”

“Lo so.” Fermò le sue scuse sul nascere la ragazza, gesticolando con una mano. “Tu e Lance non state insieme, siete solo migliori amici. E Shiro non è tuo fratello.” Il ragazzo la fissò confuso. “Shiro mi ha detto tutto mentre aspettavamo.”

“Shiro!” Il moretto si girò di scatto verso il fidanzato, allibito. 

L’avvocato sospirò, alzando le mani. “Arrivati a questo punto era meglio dirle tutta la verità.” Cercò di discolparsi. “Abbiamo anche noi le nostre colpe per aver assecondato la sua strampalata idea, dopotutto.”

Il compagno sbuffò, annuendo concorde seppur riluttante.

“Avrei preferito sentirmelo dire dal diretto interessato, ma vista e considerata la situazione… va bene così. Avrò tempo per parlare con lui in seguito.” La ragazza sembrava averla presa stranamente bene. “Sia ben chiaro. Sono TREMENDAMENTE arrabbiata con lui per avermi mentito.” Ok, forse non così bene. “Ma so che non è un cattivo ragazzo. Certo, ha fatto una cosa davvero stupida… ma forse è anche colpa mia.” 

I due ragazzi si guardarono, sorpresi da quell’ultima frase della giovane studentessa. 

“Forse dovrei smetterla di respingere qualsiasi essere di sesso maschile dalla mia vita.” Allura fece spallucce, sospirando. “Inoltre, credo di starmi precludendo molte belle amicizie in questo modo. Come mi ha fatto gentilmente notare Shiro, quando abbiamo parlato poco fa.” 

Il piccolo gruppo si scambiò un sorriso. 

“Lance sarà felice di sapere che non rischia la vita per mano tua almeno.” Commentò Keith, sollevato dal grosso peso di quella bugia che scivolava via dalle sue spalle.

“Posso sempre ucciderlo quando si sarà ripreso.” Scherzò la ragazza, riuscendo finalmente a sorridere serena, dandogli una leggera gomitata d’intesa.

Poco dopo il piccolo gruppo si separò. 

Coran venne a prendere Allura per riportarla a casa, facendo un gran chiasso quando vide lo stato in cui era ridotta la sua protetta, minacciando di querelare chiunque fosse il responsabile. 

Shiro sbrigò tutte le pratiche del caso, ospedaliere o meno, assumendo la posizione di legale di Lance. Si fece carico anche di contattare la famiglia del ragazzo, sgravando del compito Keith.

Mentre Keith tornò a casa per recuperare dei cambi di vestiti puliti per l’amico da usare durante il ricovero. 

Il ragazzo tornò quindi in ospedale, tentando di farsi riaccettare nella camera dello pseudo fidanzato e, dopo forse la decima richiesta, ci riuscì. Restò a vegliare su di lui in attesa di un miglioramento per tutta la notte finché la stanchezza non ebbe la meglio e lo costrinse a chiudere gli occhi.

 

Lance ci mise un bel po’ a carburare e realizzare dove si trovasse. La testa gli esplodeva e i suoi ultimi ricordi erano confusi.

Ricordava di star aspettando Allura davanti la caffetteria, ma non per quale motivo. Poi ricordava perfettamente la ragazza che si gettava in mezzo alla strada e il proprio corpo che si muoveva in automatico per raggiungerla. Subito dopo, c'era stato l'impatto col veicolo. Ma il resto era buio totale. La prima cosa familiare che vide Lance al suo risveglio fu una scompigliata zazzera di capelli corvini. 

Keith si era addormentato sul letto con le braccia incrociate sotto la testa. 

Lance si mise ad osservarlo. 

La sua espressione corrucciata non lo abbandonava nemmeno nel sonno. Doveva averlo fatto preoccupare davvero molto se il ragazzo era finito per addormentarsi mentre aspettava che lui si svegliasse. Sorrise, spostando con fatica una mano ad accarezzargli i capelli. Lo sentì fare quelle che sembravano delle fusa leggere prima che aprisse gli occhi, incrociando i suoi.

Un sorriso carico di sollievo gli distese le labbra, facendo sfarfallare qualcosa nello stomaco di Lance. “Sei sveglio.” Si strofinò gli occhi, sbadigliando. 

“Amico, hai un aspetto orribile.” Lo prese in giro il brunetto, strappandogli una risata.

“Senti chi parla.” Se Lance riusciva a scherzare voleva dire che non doveva stare così male. Il peggio poteva dirsi passato.

“Ho dormito molto?” Chiese poco dopo il cubano, tentando di mettersi a sedere, rinunciando subito a causa di svariate fitte di dolore. 

“Non muoverti. Hai due costole rotte.” L'amico lo aiutò a mettersi in una posizione migliore, sollevando con una leva il materasso per poi sistemargli il cuscino dietro la testa. “Hai dormito un giorno intero.” 

Un fischio scivolò dalle labbra dell'altro. “Ho battuto tutti i miei record precedenti.” Stava cercando di sdrammatizzare, ma Keith non sembrava propriamente in vena.

“Vedi di non riprovarci.” Lo ammonì, minacciandolo con lo sguardo. 

Non aveva mai visto il suo migliore amico così preoccupato. Era una sorpresa. Una piacevole sorpresa che gli stava facendo tamburellare il cuore in maniera sospetta, anche se al momento non era in grado di prestargli ascolto. Lance gli strinse la mano, cercando di essergli di conforto.

“Eri preoccupato per me?” Cercò di stuzzicarlo per alleggerire la tensione, ma la risposta che ricevette lo spiazzò completamente.

“Si.” Lance sentì qualcosa scaldarsi il petto. 

Gli sorrise dolcemente. “Mi spiace.”

Il suo migliore amico sembrò arrossire. “A-anche Shiro era preoccupato. Per non parlare di Allura.” Il ragazzo notò subito la preoccupazione farsi largo nello sguardo dell'altro e si affrettò a rassicurarlo sulle condizioni della ragazza. Prese un respiro profondo, poi lo informò anche di come Shiro aveva rivelato tutto sul loro accordo e sulla bugia, mentre i due erano rimasti in attesa che tornasse dal fargli visita. 

“Sembra averla presa bene. Più o meno.” Concluse il resoconto, facendo spallucce.

“Voglio morire.” Gemette con sofferenza il ragazzo, passandosi la mano sul viso. “Almeno vuole essere ancora mia amica… giusto?”

“Credo di si.” Il moretto gli indicò un mazzo di fiori sul comodino. “Quelli li ha portati lei.” 

Il cubano fissò i fiori con un sorriso idiota dipinto sul viso. Keith storse il naso, infastidito. 

“Meglio che vada a chiamare il dottore ora.” Brontolò prima di recuperare la giacca e appropinquarsi alla porta.

“Keith…” 

Il ragazzo si fermò con la mano sulla maniglia. “Hm?” 

“Devo fare pipì.” Lance arrossì violentemente, abbassando lo sguardo. “Ma non riesco ad alzarmi dal letto…” 

“E?” Il ricoverato indicò uno strumento medico sul tavolo dall'altro lato della stanza. “Oh.” era un pappagallo. 

“Non voglio dover chiedere ad un'infermiera… o infermiere.”

Questa era forse la cosa più strana e imbarazzante che gli avessero mai chiesto. 

“Non se ne parla.”

“Keith.” Il ragazzo gli fece labbrino. “Per favore.” C'era urgente disperazione in quella supplica. Probabilmente a causa del bisogno impellente.

Nonostante le proteste, Keith lo aiutò.

Recuperò il contenitore e lo inserì sotto le coperte, reggendolo tra le sue gambe, mentre Lance faceva quello che doveva con movimenti impacciati dovuti ai dolori delle costole rotte.

“Non una parola con nessuno sull'argomento.” Minacciò il moretto a disagio, non riuscendo a sostenere il suo sguardo mentre svuotava il contenuto giallognolo nel bagno e l'altro si risistemava il camice. 

“Tranquillo.” Il brunetto ghignò malizioso nonostante l'imbarazzo. “Non dirò a Shiro quanto siamo in intimità.” 

Keith ringhiò esasperato, sbattendo la porta. 

Lance avrebbe giurato che il suo viso fosse completamente bordeaux mentre usciva. Rise di gusto per la sua reazione, intenerito. 

Era sempre piacevole imbarazzarlo a quel modo. 

 

Shiro riuscì a tornare in ospedale solo all’ora di pranzo del giorno dopo il risveglio di Lance. 

Destreggiarsi tra lo studio legale, le cause in tribunale e gli impegni personali non era mai facile. Il lavoro era una porzione importante della sua vita ed era stato spesso causa di litigi e problemi, soprattutto in ambito sentimentale. Ne era la prova il suo precedente e anche abbastanza recente divorzio.

Persino con Keith era un argomento delicato, nonostante il ragazzo non prendesse mai seriamente posizione al riguardo.

Anche se a volte una parte di lui, quella esausta dei ritmi frenetici delle sue giornate, avrebbe voluto dargli ragione, l’avvocato continuava imperterrito per la sua strada, seguendo gli ideali che lo avevano spinto a intraprendere quel mestiere. 

A volte il suo fidanzato o i suoi amici lo prendevano in giro dicendogli che il giorno che si sarebbe fermato per una vacanza, sarebbe morto per la noia. 

Sembrava una prospettiva quasi realistica. 

“Shiro!” Venne accolto calorosamente dal sorriso di Lance quando entrò nella sua stanza. 

Keith lo stava aiutando ad indossare dei vestiti puliti al posto del camice che aveva indosso da quando era stato ricoverato. Sembrava essersi votato a sua infermiera personale. O forse era stato costretto, chi poteva dirlo.

“Lancey.” Lo salutò l’avvocato, scompigliandogli i capelli. “Sono contento di vedere che tu stia meglio.” 

“Anche troppo bene. Ha già ricominciato a tormentarmi la vita.” Si lamentò il texano, bofonchiando sommessamente tra sé.

“E’ lui che mi sta tormentando!” Lo accusò di rimando l’altro scoccandogli un’occhiataccia. “Shiro, ti prego, convincilo ad andare a casa. Non ce la faccio più ad averlo incollato al culo.” 

“Non sei ancora andato a casa?” Shiro lanciò uno sguardo preoccupato verso il compagno, notando che aveva ancora indosso i vestiti di due giorni prima. 

“No. E’ rimasto qui nonostante gli abbia detto di non aver bisogno di lui. Anche il medico gli ha detto che sono fuori pericolo, ma non ha voluto sentir ragioni.” Lance incrociò le braccia al petto, giudicando Keith con lo sguardo. 

Il ragazzo infossò la testa tra le spalle, brontolando, girandosi evasivo di spalle con la scusa di sistemare gli effetti personali di Lance nell’armadio. 

Il brunetto tirò l’avvocato per un braccio, abbassando la voce.

“Convincilo a farsi una dormita come si deve, per favore.” Lo pregò preoccupato, guardando di sottecchi il suo migliore amico. 

Lance era un ragazzo gentile e non perdeva mai occasione per preoccuparsi degli altri. Soprattutto se questi altri erano i suoi amici o la sua famiglia. 

Si scambiarono uno sguardo complice. “Lascia fare a me.”

L’avvocato raggiunse il suo fidanzato, avvolgendogli un braccio intorno alla vita. 

“Keith…” Iniziò, chiamandolo dolcemente, persuasivo. “Dovresti tornare a casa a riposare. Resto io qui con Lance per ora.”

“Più tardi dovrai tornare a lavoro…” Cercò di controbattere l’altro, passandosi una mano nei capelli, sospirando uno sbadiglio. 

“Mi prendo il pomeriggio libero se prometti di farti una bella dormita.” Il compromesso sembrò attirare l’attenzione del ragazzo. “E poi più tardi dovrebbero arrivare anche la madre di Lance e sua sorella Veronica.” 

“Dios mìo, me ne ero dimenticato.” Si lamentò dal letto l’altro ragazzo, strappando una risata ad entrambi. 

“Va bene. Avete vinto.” Finse di sbuffare il moretto, massaggiandosi il collo indolenzito. “Non posso oppormi se anche Mr. stacanovista decide di prendersi un pomeriggio di riposo.” 

Shiro finse un broncio, scatenando le loro risate. 

Prima di andarsene, Keith si raccomandò con entrambi di chiamarlo se ci fossero stati problemi.

Basta fare la mammina. Fila a casa, sciò.” Lo scacciò con la mano dal letto l’amico, ghignando. 

I due si salutarono col pugno e una volta che il ragazzo fu uscito, Lance poté concedersi di lasciarsi andare a un sospiro sollevato. “Che testardo.” 

Shiro rise amorevole, sedendosi di fianco a lui. “Cerca di capirlo. Saperti incosciente in ospedale dopo un incidente lo ha mandato in tilt. Sai come è morto suo padre…” 

“Lo so…” Il brunetto si morse il labbro, abbassando lo sguardo.

Il padre di Keith era morto in un incidente stradale quando il ragazzo andava alle superiori e, anche se il giovane non voleva darlo a vedere, quando aveva ricevuto la notizia dell’incidente da Allura aveva subito pensato al peggio. Per questo ora sembrava entrato in modalità iperprotettiva. 

“Ci tiene molto a te, più di quello che credi.” 

E anche io. Aggiunse mentalmente l’avvocato, accarezzandogli sovrappensiero la guancia.

Il cuore del ragazzo prese a tamburellargli nel petto, impazzito. 

Che diamine aveva di sbagliato il suo cuore ultimamente? 

“Lo so bene, señor.” Lance lo canzonò, cercando di ignorare le strane emozioni che gli si agitavano nel petto.

“Ehi, non sono così vecchio da essere un señor.” Brontolò l’altro, imbronciato.

“Ma neanche così giovane da essere un chico.” Sghignazzo divertito.

“Questa me la lego al dito.” Promise con un sopracciglio alzato Shiro, sogghignando.

“Sai, credo di doverti ringraziare.” Confessò tra le risate Lance, grattandosi in imbarazzo con un dito la guancia abbronzata. “Sia per avermi appoggiato insieme a Keith con il mio stupido piano, che per aver parlato con Allura mentre ero incosciente.” 

“Non serve che mi ringrazi.” Minimizzò l’altro, poggiando il mento su una mano. “Spero tu abbia imparato qualcosa da questa situazione.”

Il brunetto sospirò, annuendo. “Mentire non è mai la scelta giusta, soprattutto se coinvolgi persone che ti vogliono bene.” Si grattò la testa con fare pensoso, sembrando deluso da se stesso. “E l’amore rende idioti.” 

L’avvocato rise di cuore. “Più idioti del solito, già. Lo so bene.” 

Lance sentì qualcosa annodarglisi nello stomaco al suono della risata trasparente di Shiro. Iniziava a pensare che quelle nuove e strane sensazioni che stava avvertendo fossero dovute agli antidolorifici. 

“Ma c’è anche un’altra cosa che non hai citato.” Sembrò ricordarsi il legale, assottigliando lo sguardo. 

“Che cosa?” Al ragazzo sembrava di aver detto tutto ciò che avrebbe potuto apprendere da quella lezione di vita. 

L’avvocato gli puntò un dito contro il petto, guardandolo serio. “Che non hai bisogno di una bugia dietro cui nasconderti per cercare di conquistare qualcuno.” 

“Non sei il primo a dirmelo…” Esalò in imbarazzo, arrossendo. 

“Allora sarà vero, no? Inoltre, credo tu meriti qualcuno che possa amarti per quello che sei, non per come vorresti apparire. ” 

Lance si prese qualche secondo per soppesare le sue parole prima di annuire. “Devo solo mettermelo in testa.” 

“Finchè non ci riuscirai conta pure su di me per ripetertelo.” Propose con un occhiolino. “Sono sicuro che anche Keith farà lo stesso, a modo suo.”

Lance sorrise, riscaldato dall’affetto nascosto in quelle dichiarazioni. 

“Come farei senza di voi.” 

 

Lance ebbe l’occasione di chiarire con Allura il terzo giorno dal suo ricovero. 

La ragazza andò a trovarlo in ospedale dopo l’università, portandogli gli appunti di francese e dei macarons presi nella loro pasticceria preferita come regalo di pronta guarigione. 

Forse non avrebbe dovuto essere così gentile con qualcuno che le aveva mentito per un mese intero, basando la loro amicizia su menzogne votate a secondi fini, ma non riusciva ad avercela con lui. Soprattutto dopo il gesto eroico che le aveva ampiamente dimostrato il buon cuore del ragazzo. Dovevano però discutere della faccenda a quattr’occhi prima che potesse perdonarlo e lasciarsi alle spalle quella spiacevole vicenda. 

“E’ permesso?” Domandò gentilmente la ragazza, aprendo la porta trovata accostata. 

“Allura!” Lance la salutò con agitazione, avvampando fino alle orecchie quando riconobbe l’ospite.

Due paia di occhi estranei la fissarono curiosi. Nella stanza, c’erano anche due donne che sembravano assomigliare moltissimo al ragazzo. Probabilmente due parenti, forse la madre e la sorella? 

“Ciao.” Lo salutò timidamente la ragazza, richiudendo la porta. 

Era la prima volta che si vedevano dopo l’incidente, si sentiva un po’ nervosa.

Lance notò che Allura sembrava aver riportato solo qualche graffio dallo scontro. A lui era andata decisamente peggio, ma di questo era orgogliosamente contento. Non avrebbe potuto perdonarsi se Allura si fosse ferita gravemente sotto i suoi occhi.

Si schiarì la voce con un colpo di tosse, scacciando l’imbarazzo momentaneo per procedere alle presentazioni. 

“Mamà, lei è Allura. E’ una mia amica, frequentiamo lo stesso corso di francese all’università. Allura, questa è mia madre.” L’altra donna dal caschetto bruno e ondulato tossì, infastidita per non essere stata presentata. “Ah già. Lei è Veronica, mia sorella.” 

“Sei sempre così carino, hermanito.” La giovane donna gli tirò un orecchio, facendolo piagnucolare. 

“Vera, lasciami!” 

La studentessa finì per ridere alla scenetta comica. “Piacere di conoscervi.” 

Due strette di mano dopo, stava porgendo i suoi doni al povero ferito. 

“Ti ho portato gli appunti di francese. E dei macarons.”

Le guance del ragazzo minacciarono di eruttare per quanto divennero rosse. “G-grazie, sei stata gentilissima.”

Non poteva credere che Allura, oltre ad essere venuta a trovarlo, gli avesse anche portato i macarons della sua pasticceria preferita. Forse stava sognando. O era in preda ad un’allucinazione da farmaci. Non aveva importanza il motivo, si sentiva al settimo cielo e lo si poteva evincere dall’espressione ebete con cui stava guardando la scatola di pasticcini. 

Le due donne cubane si scambiarono un sorriso d’intesa ridendo sotto i baffi. Il ragazzo le fulminò con lo sguardo, sbuffando.

“Mà. Veronica. Proteste… lasciarci soli per un po’?” 

“Oh, ma certo mi amor. Ti lasciamo nelle mani de tu novia.” Cinguettò sua madre, facendogli un occhiolino cospiratorio. 

“MA’, ELLA NO ES MI NOVIA.” Sbraitò il figlio, sentendosi morire dentro dall’imbarazzo.

Le due donne li lasciarono soli, andandosene in uno sciame di risate eccitate. 

“Sarò sincera. Non ho capito nulla di quello che vi siete detti.” Confessò Allura, avvicinandosi al letto per occupare una delle due sedie lì accostate. 

Lance tossì una risata. “E’ ironico... pensano tu sia la mia ragazza.”

“Ah.” La ragazza incrociò le braccia al petto, alzando un sopracciglio candido. “Hai mentito anche a loro?” Andò dritto al punto, aprendo così lo spinoso discorso. 

Quella frase ebbe la capacità d’impatto di una cannonata. 

Colpito e affondato. 

“No. Hanno solo supposto lo fossi, perché sai… una bella ragazza che viene a trovarti in ospedale, che ti porta dei regali…” Gesticolò, cercando un’ancora di salvezza. “Non mentirei mai alla mia famiglia!” Un’occhiata glaciale stroncò il suo farneticare insensato. 

Il cubano sospirò, abbassando lo sguardo. “Credo di doverti delle scuse.” 

“Puoi ben dirlo.” Concordò la studentessa, rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita. 

“Mi dispiace. Dico sul serio. Io volevo solo… avere una possibilità di parlarti.” Spiegò avvilito. “Ti ho notata dalla prima lezione del corso.” Il ragazzo fissò lo sguardo in quegli occhi del colore di uno splendito cielo terso. “Sei entrata in aula con sicurezza, prendendo posto senza timore nelle prime file dei banchi. Indossavi una canottiera bianca con sopra una camicetta trasparente a fiori annodata sul petto e avevi i capelli sciolti, che ricadevano come onde candite ad incorniciarti il viso. Non so come spiegarlo, ma una scarica elettrica mi ha attraversato lungo la spina dorsale appena ho posato lo sguardo su di te e credo di aver perso la testa in quell’istante.” 

Allura fu davvero sorpresa. 

Non si sarebbe mai aspettata una tale confessione accompagnata da una così accurata e lodante descrizione di se stessa. I dettagli sembravano così nitidi che poteva quasi vedersi, seduta nell’aula il suo primo giorno di corso.

“Lance… non so cosa dire.” 

“Fammi finire.” Lance la interruppe, alzando le mani. “Dopo aver compreso di essermi preso una cotta per te, ho rimuginato su come dichiararmi nel modo più appropriato. Ci ho talmente rimuginato, che nel frattempo uno stuolo di corteggiatori si era fatto avanti e veniva rifiutato, uno dopo l’altro, distruggendo le mie già vane speranze. E’ stato demotivante e avvilente. Ero quasi sicuro di non avere più nessunissima possibilità nemmeno di poter scambiare una parola con te. Se avevi scartato così tanti buoni partiti, di certo non ti saresti innamorata di questo qua.” Sospirò, affondando con le spalle nel cuscino. “Finchè un giorno non ho avuto quella stupida idea di fingere di essere fidanzato con un ragazzo. Non voglio giustificarmi dicendo che ero disperato e cotto, ma è così.” Sentiva gli occhi bruciare leggermente, ma non avrebbe pianto davanti a lei.

La mano di Allura gli si posò sul braccio, attirando la sua attenzione. “Mi dispiace di averti ferito con i miei modi di fare.” Il ragazzo la guardò a bocca aperta, stupito. 

Delle scuse da parte sua erano l’ultima cosa che si sarebbe immaginato di ricevere durante quella discussione.

“Credo di non essermi mai posta il cruccio di pensare alle conseguenze di tutti i miei rifiuti.” Ammise dispiaciuta lei, mordicchiandosi un labbro bruno. “Ho finito per autoisolarmi, finendo col domandarmi spesso per quale motivo sia ragazzi che ragazze facessero così fatica a parlarmi e fare amicizia con me. Senza realizzare che ero io la causa del problema.” Si lasciò andare ad un sospiro sollevato dopo quella liberatoria confessione.

Il ragazzo le prese la mano tra le sue, sorridendole gentile. “Abbiamo imparato entrambi una bella lezione da questa storia.”

Gli sorrise, annuendo. “Tu ne hai ricavato anche due costole rotte e un trauma cranico.” 

Lance rise, rianimato dalla battuta. 

“Siamo ancora amici?” Domandò poi, sorridendole speranzoso. 

La compagna finse di tergiversare sulla risposta. 

“Si, siamo ancora amici.” Il sorriso del ragazzo si allargò da guancia a guancia. “Almeno fino alla prossima idea stupida.” Lo avvertì in aggiunta, ridacchiando per il suo conseguente sbuffo. 

“Credimi. Ho chiuso con le idee. Soprattutto quelle stupide.” Assicurò il cubano, incrociando a X le mani davanti a sé.

“Peccato…” Le labbra ipnotiche dell’amica si mossero in un ghigno enigmatico. “Mi ero quasi convinta a concederti un appuntamento.” 

Il convalescente quasi rischiò di avere un infarto. “DAVVERO?!” 

Allura assentì, ridacchiando. “Quando ti sarai ripreso e avremo metabolizzato questa storia.” Il suo cellulare squillò, costringendola a rispondere. 

“Devo andare. Mio zio Coran è venuto a prendermi.” Roteò gli occhi, infastidita. 

“Deve essere preoccupato per te a causa dell’incidente. Lo sarei anche io al suo posto.” Commentò Lance.

La ragazza si imbronciò. “Non sono una bambina.” 

Si salutarono, promettendosi di vedersi nei prossimi giorni e Lance fu lasciato solo con l’adrenalina che gli scorreva nelle vene.

Doveva dare a qualcuno la notizia prima di impazzire. 

Afferrò il cellulare e, prima che sua madre e Veronica tornassero a tormentarlo con scomode domande, scrisse nella chat online ai suoi amici.

 

[Loverboy]

Ragazzi çAç

[TheBigGoodGuy]

Che succede Lance? Stai bene?! D: 

[Loverboy]

ALLURA MI HA DATO UNA SECONDA POSSIBILITA’.

[TheBigGoodGuy]

Oh! Grande!

[TheGremlin]

Vedi di sprecare anche questa.

[Loverboy]

Grazie Pidge, sei sempre confortante :’) 

[GrumpyWolf]

Pidge ha ragione. Questa volta lascia perdere le idee “geniali”. 

[Loverboy]

Tranquillo. Alla peggio se riceverò un due di picche potrò sempre ripiegare su un amorevole fidanzato, no? <3 

[GrumpyWolf]

Il nostro accordo è scaduto, Lance.

[Loverboy]

Vorrà dire che la prossima volta chiederò a Shiro di essere il mio ragazzo. 

[GrumpyWolf]

=_= 

[SpaceDaddy]

Perchè no. 

[Loverboy]

Shiro, ti amo. Sei il mio eroe ~ 

[TheGremlin]

Leccaculo.

[GrumpyWolf]

Shiro, non fomentarlo…

[SpaceDaddy]

Che c’è? Non ci vedo nulla di male in una relazione poliamorosa. 

[TheGremlin]

Concordo, certi taboo sono superati ormai.

[TheBigGoodGuy]

L’amore è bello in tutte le sue forme.

[GrumpyWolf]

Sopporto già a fatica un fidanzato. Figuratevi due... 

[Loverboy]

Shiro, se mi scoprirò bisessuale o gay, sarai sicuramente la mia prima scelta ;)

[TheGremlin]

Non sareste male come trio sentimentale.

[GrumpyWolf]

COSA?!

[SpaceDaddy]

Ne sono lusingato. Ora devo scappare. Mi stanno chiamando in aula. Sono davvero contento per te Lance.

[TheBigGoodGuy]

Vado anche io. Il mio turno inizia tra poco e ho una telefonata da fare. Buona giornata ragazzi! Guarisci presto Lance! 

[GrumpyWolf]

Lance, noi due facciamo i conti più tardi. 

[Loverboy]

Non puoi picchiarmi, sono ferito! D: 

[TheGremlin]

Keith, puoi sempre farla passare come morte naturale legata a complicazioni a seguito dell’incidente.

[Loverboy]

Pidge, dovresti smetterla di vedere Top Crime. 

[GrumpyWolf]

Grazie del consiglio Pidge. Ci vediamo tra poco, Lance.

[TheGremlin]

Dovere ;) Devo andare, ho trovato un nuovo gioco in sconto al gamestop e voglio platinarlo entro domani. In bocca al lupo Lance.

[Loverboy]

Non puoi abbandonarmi dopo aver consigliato a Keith come uccidermi!  

[TheGremlin]

:P 

 

Lance rise, stringendo il telefono al petto. Aveva degli idioti come amici, ma erano gli amici migliori del mondo. 

 

Lance fu dimesso pochi giorni dopo. Il ragazzo era contento di lasciare finalmente l'ospedale e poter tornare alla sua solita routine quotidiana, seppur questa comprendesse il dover recuperare lo studio arretrato e sostenere due imminenti esami. Più di ogni altra cosa, era sollevato di non dover più mangiare cibi lessi, pappette o minestrine. 

“Ho una voglia matta di hamburger e patatine fritte.” Si lasciò scappare mentre saliva nella macchina di Shiro. 

L'auto dell'avvocato era… massiccia. Un suv nero con rifiniture perlacee e dorate, dotato di tutti gli optional possibili e immaginabili, che il proprietario soleva chiamare Black con affetto.

Lo stomaco di Shiro brontolò sonoramente mentre si allacciava la cintura. 

“Non è un'idea malvagia. Forse potremmo fermarci a mangiare un boccone mentre ti accompagno a casa.” Propose con un colpo di tosse imbarazzato, mettendo in moto.

Il cubano lo guardò di traverso, divertito. 

“Sicuro di potertelo permettere alla tua età?” Lo punzecchiò, cercando di sistemarsi meglio sul sedile.

Non era ancora abituato al bustino che gli stringeva e comprimeva le costole rotte, perciò riuscire a stare dritto e composto non era un vero piacere.

“Ho solo sette anni più di te.” Borbottò l'altro, punto sul vivo. 

“Sicuro?” Se c'era un passatempo preferito da Lance, era quello di punzecciare amici e parenti, soprattutto se come Shiro, o in alternativa come Keith, questi finissero per farlo morire dal ridere con le loro reazioni inaspettate. “Non è che con la scusa di esser nato il 29 Febbraio menti sull'età?” 

Shiro era nato durante un anno bisestile e, come molte volte finiva anche lui stesso per scherzare sull'argomento, avrebbe teoricamente dovuto festeggiare il proprio compleanno ogni quattro anni.

“Se così fosse, a quest'ora sarei già con un piede nella fossa.” Roteò gli occhi, accelerando per sorpassare una macchina che stava cercando parcheggio. 

Black fece le fusa sotto i tocchi esperti del suo padrone che scalava le marce una dietro l'altra, destreggiandosi abilmente nel traffico urbano. 

Contro ogni aspettativa, Shiro era un amante della guida sportiva (ma sicura). Sapeva tenere la strada così bene che avrebbe potuto far invidia a veri piloti da circuito. 

“Un giorno dovrai darmi qualche lezione di guida.” Propose il ragazzo, complimentandosi implicitamente con lui.

“Ancora problemi con l'esame pratico per la patente?” 

“Già. Finisco sempre per fare errori stupidi secondo il mio istruttore.” Brontolò il brunetto, facendo labbrino mentre imboccavano l'entrata del McDonald. 

“Possiamo vedere di incastrare qualche lezione nel weekend, se vuoi.”

Gli occhi azzurri del giovane brillarono di gioia e aspettativa. “Davvero?” Shiro annuì, sorridendo caloroso. “Non ti creerà problemi con Keith? Cioè… non vorrei rubargli tempo che potrebbe passare con te, visto già quanto sia esiguo.” 

Il legale si lasciò scappare uno sbuffo. 

“Già, se ne lamenta spesso.” Esalò, passandosi la mano nei capelli neri, tirando indietro il bianco ciuffo folto. 

“Veramente, si lamenta che non ti riposi abbastanza.” Lo corresse l'amico, attirando la sua attenzione. “Credo sia più preoccupato per te e la tua salute, che per la mancanza di tempo che trascorrete insieme.” 

Le sue non erano solo supposizioni.

Keith, in uno dei suoi rari quanto sinceri momenti di apertura, si era confidato con l'amico di essere spesso preoccupato per il compagno che, a detta sua, cercava di svolgere il lavoro di un esercito tutto da solo. 

“Tu dici?” Chiese Shiro, titubante, seguendo assorto con lo sguardo le persone che entravano e uscivano dal fast food. 

“Vi conosco entrambi abbastanza bene per essere sicuro di quello che dico.” Dichiarò serio, toccandogli la spalla. 

“È solo che… non voglio nuovamente essere messo davanti a una scelta.” 

Shiro sembrava improvvisamente così fragile mentre evitava il suo sguardo, inseguendo qualche pensiero fugace mentre appoggiava la fronte al finestrino. 

Lance gli prese la mano, sussurrando con voce dolce. 

“Shiro, Keith non è il tuo ex. Lui non ti metterebbe MAI davanti a una scelta.”

Lance aveva ragione. Keith non era Adam. 

E anche se ogni tanto lo spettro della sua precedente relazione finiva ancora per farsi vivo e tormentarlo, Shiro amava Keith, più di quanto avesse mai amato Adam. Era per questo che aveva il terrore di perderlo, ma ancor più, di farlo soffrire. Non si sarebbe mai perdonato se lo avesse ferito. 

“Ehi… se Keith dovesse decidere di lasciarti, io sono ancora libero.” Il cubano tentò di sdrammatizzare, facendogli gomitino accompagnato da un occhiolino scherzoso. 

“È la seconda proposta che mi fai nel giro di pochi giorni. Lance, devo iniziare a preoccuparmi?” 

“Per ora no, ma non si sa mai.~” 

“Latin lover.” 

“Letteralmente.” 

I due esplosero a ridere finché i loro stomaci non ricordarono loro il vero scopo per cui erano lì.

FORSE dovremmo scendere a mangiare.”

“Dici?” Ridacchiò Shiro, scuotendo la testa. “Lance… grazie.” 

Il brunetto sorrise gentile, mentre il suo cuore saltellava contento nel petto. 

“Quando vuoi amico.” 

 

“Keith~ ti abbiamo portato un happy meal.” 

Il ragazzo alzò gli occhi dai libri, squadrando entrambi. Era talmente immerso nello studio che non li aveva sentiti entrare in camera ed arrivargli alle spalle. 

Lance agitò piano la busta d'asporto, sorridendo. 

Ora che ci pensava, aveva finito per saltare il pranzo pur di non perdere concentrazione.

“Grazie.” Ringraziò sottotono Keith, concedendosi con reticenza una pausa per mangiare.

Il mal di testa lo stava uccidendo da quando si era alzato e studiare stava peggiorando solo la sua condizione. I momenti pre-esame erano i peggiori della vita universitaria. 

“Tutto ok?” Chiese Shiro, accarezzandogli la spalla, mentre Lance si accomodava sul letto.

“Mal di testa…”

“Troppo studio?” Shiro si mise a massaggiargli lentamente la schiena.

“Probabile, ho un esame a breve.”

“Lo passerai sicuramente.” Si intromise Lance, facendo pollicioni. 

Il texano abbozzò un piccolo sorriso, lanciandogli poi la sorpresa del menù.

“Tu piuttosto. Devi metterti a studiare. Hai due esami a breve.” Gli fece notare, facendogli alzare gli occhi al cielo mentre scartava la piccola statuetta plasticosa di un pokèmon. 

“Dammi tregua…” 

Shiro ridacchiò, posando un bacio leggero sulla tempia del fidanzato. 

“Vedete entrambi di non strafare.”

“Da che pulpito…” Rinfacciò il moretto con una vena di divertimento. 

Il cerca persone di Shiro squillò, strappandogli  un sospiro sofferto.

“Il dovere chiama.”

“E l'avvocato Shirogane risponde.” Lo canzonarono con complicità i due universitari.

“Ti accompagno.” Propose Keith prendendolo per mano, sorridendo con leggera malizia.

“Io non ho forze per alzarmi e venire con voi.” Li informò il brunetto, spiaggiato sul letto. Aveva trovato una posizione davvero comoda e non era intenzionato a perderla. “Fatti dare un bacio in più da parte mia. Possibilmente con la lingua.”

“LANCE.” Protestò veementemente Keith.

“Era palese fosse quello il tuo scopo.” Lo accusò l'altro, ridendo sotto i baffi.

“Non è vero.”

“Bugiardo.” Tossì a mezzavoce Shiro, beccandosi una gomitata nel fianco. 

Nonostante il piccolo muso che Keith si ostinò a mantenere fino alla porta, l'avvocato riuscì a strappargli un bacio e un piccolo sorriso prima di congedarsi.

“Allora? Hai usato la lingua?” Lo stuzzicò con un ghigno Lance quando lo vide ricomparire sulla porta.

Una cuscinata lo colpì in pieno viso, azzittendolo.

Sembrava tutto finalmente tornato alla normalità. 

 

Lance e Allura provarono ad uscire non appena il ragazzo si rimise completamente dall’incidente e i loro esami furono passati. Entrambi riuscirono a superarli con ottimi voti, così decisero festeggiare insieme il successo.

Andarono ad un primo appuntamento e fu tutto fantastico. 

Lance scelse un bel ristorante italiano a cui portare la ragazza e mangiarono il piatto di lasagne più buono della loro vita. Fecero poi una lunga passeggiata al parco di notte, Allura gli prese la mano nella sua mentre camminavano cercando di distinguere le costellazioni nel cielo e videro anche un piccolo sciame di brillanti lucciole ronzare tra gli alberi. Quando si salutarono, Lance riuscì a stampare un bacio sulla guancia alla ragazza senza che lei lo respingesse. 

Più tardi la ragazza gli aveva scritto che si era divertita molto e lo aveva invitato al bowling due giorni dopo per un altro appuntamento.

Sembrava tutto meravigliosamente perfetto. O almeno così il ragazzo aveva pensato. 

La realtà dei fatti era che dopo il bowling, ci furono altri appuntamenti per circa un mese, altrettanto belli e il loro rapporto crebbe, ma la scintilla giusta che avrebbe fatto scattare una relazione non sembrò mai arrivare. 

Quando finalmente si baciarono, quando Lance era andato a trovare la ragazza per studiare insieme, Allura si era allontanata con un sorriso malinconico. “Mi dispiace, Lance. Tu mi piaci davvero. È solo che…” Aveva sospirato, evitando il suo sguardo mentre torturava nervosamente uno dei braccialetti che portava al polso. 

“Non sono quello giusto.” Aveva concluso per lei tristemente il ragazzo. “Lo capisco.”

Aveva avuto da tempo il sospetto di essere l’unico davvero coinvolto nella loro relazione e quando l’aveva baciata sperando di cogliere il momento giusto e lei aveva risposto restando rigida contro le sue labbra, il dubbio si era consolidato in certezza. 

Ne avevano parlato e insieme avevano concordato che sarebbe stato meglio restare solo amici.

Provavano un profondo affetto l’uno per l’altra, ma funzionavano meglio come tali. 

Quella sera Lance era tornato a casa e si era addormentato piangendo tra le braccia di Keith. 

 

Lo sbattere improvviso di una porta fece sobbalzare i due ragazzi aggrovigliati sul divano.

Il più giovane dei due si affrettò a ricomporsi, sistemandosi i vestiti, mentre l’altro cercava di riallacciare in fretta e furia i propri pantaloni.

Nella penombra del corridoio si palesò una sagoma familiare. 

“Oh, ciao. Io… ecco… spero di non aver interrotto nulla.” Blaterò impacciato Lance, cercando di non soffermare la propria attenzione sui capelli arruffati di Keith o sulle labbra gonfie di Shiro. 

I due fidanzati, colti in flagrante, si scambiarono uno sguardo di complice imbarazzo, arrossendo. 

“Tranquillo Lance, non hai interrotto nulla.” Tentò di mentire l’avvocato, cercando di salvare un minimo la faccia. “Ci eravamo solo addormentati vedendo un film.”

“Mhm, certo. E quello sul collo non è un succhiotto.” Ghignò Lance, indicando con un dito la porzione di pelle arrossata sul suo collo.

“Non eri ad una festa?” Chiese con scontrosità il suo coinquilino, infastidito per essere stato interrotto sul più bello della serata. “Non sono nemmeno le due.” Notò, lanciando un’occhiata furtiva all’orologio sulla parete. 

Il ragazzo sembrò sobbalzare sul posto a quella notazione, distogliendo lo sguardo con ritrosia. 

“Non mi piaceva la festa.” Si limitò a rispondere, laconico. “Vi lascio continuare quello… qualsiasi cosa stavate facendo. Non importa. Buonanotte.” 

I due fidanzati lo guardarono andarsene, allibiti. Un silenzio pesante calò nel salone.

“Qualcosa non va.” Shiro diede voce ai pensieri di entrambi, aggrottando preoccupato la fronte in direzione della porta chiusa della camera del giovane.

Il compagno sbuffò, lasciandosi ricadere a peso morto contro di lui. “Così sembra.”

“Da come ha reagito prima deve essere successo qualcosa alla festa.”  Keith annuì, concordante. “Che genere di festa era, te lo ha detto?” 

“Il solito party universitario organizzato da qualche figlio di papà.” Tagliò corto l’altro, facendo spallucce. 

Il genere di evento a cui Keith non sarebbe mai andato nemmeno sotto tortura, ma a cui Lance non avrebbe per nulla al mondo rinunciato perchè non avrebbe rifiutato mai dell’alcool gratis o una possibilità di rimorchiare. 

“Mhm…” L’avvocato si prese qualche momento per rimuginare sul problema. “Andare a parlargli ora sarebbe inutile. Aspettiamo domattina e vediamo come evolverà la situazione.” Sospirò rassegnato, giochicchiando con i setosi capelli corvini del fidanzato. 

Il ragazzo si mosse tra le sue braccia per sistemarsi meglio contro il suo petto, mugugnando qualcosa come ‘stupido Lance’ a mezzavoce. 

Shiro si chinò con un sorriso a baciargli la fronte, cercando di rabbonirlo. 

“Keith…” Lo chiamò dolcemente, sollevandogli il mento per incontrare le sue labbra in un invito a riprendere da dove avevano interrotto. 

“Stai cercando di distrarmi?” Sogghignò il moretto, inclinando la testa di lato per lasciargli libero accesso al collo quando la sua bocca abile si spostò a mordicchiargli la pelle morbida e invitante. 

“Probabile.” Ammise il compagno con un sorriso furbo. 

Il ragazzo lo guardò storto. Sapeva a quale gioco stava giocando. 

“Non qui.”  Rispose Keith con un piccolo ringhio, intercettando le mani di Shiro che iniziavano a muoversi alla ricerca di pelle sotto i vestiti. “Se vuoi essere la mia distrazione fino a domani mattina, quando potremo entrambi cercare di capire cosa non va con quell’idiota, è meglio se continuiamo questo in camera da letto.” 

“Il piano era quello.” Sorrise sornione l’altro.

Il più giovane sbuffò, roteando gli occhi. 

Nel frattempo, nella propria camera da letto, Lance stringeva sul viso il cuscino.

“Dimentica. Dimenticati tutto. Non è successo nulla. E’ tutto ok.” Ripeteva a se stesso in quello che pareva un esorcismo contro i numerosi pensieri che lo stavano angustiando. 

Gli ci volle più di un’ora per addormentarsi. 

Il mattino seguente venne svegliato da un deciso bussare accompagnato dal piacevole odore di paste appena sfornate. 

“Lance?” Sentì chiamare, riconoscendo la voce di Shiro.

Il ragazzo si rigirò nelle coperte, abbracciando il cuscino. 

“Ancora cinque minuti…” Brontolò con voce impastata.

Shiro rise dall’altro capo della porta. “Ho preso i cornetti caldi per colazione.” 

Alcuni passi frettolosi seguiti da diversi tonfi lo informarono che la sua esca aveva funzionato. Poco dopo un Lance assonnato e sbadigliante nel suo pigiama blu notte apparve sulla porta.

“Buongiorno.” Lo salutò con un sorriso solare l’avvocato.

“‘Giorno.” Cercò di ricambiare il sorriso tra gli sbadigli l’altro, seguendolo poi in cucina dove trovò Keith intento a preparare il caffè. 

“Ehi mullet.” Il moretto ricambiò il saluto con un ordinario buongiorno, passandogli una tazza ricolma della fumante bevanda. 

L’attenzione del ragazzo fu subito catturata dal vassoio di paste sul tavolino. Ce n’erano per ogni fantasia, partendo dai cornetti semplici finendo a quelli ripieni o bigusto. Il brunetto si avventò vorace sul suo preferito, ripieno di crema pasticcera. 

“Shiro, sei da sposare.” Commentò tra un boccone e l’altro, in estasi. 

“Sentito Keith? Dovresti iniziare a pensarci, oppure Lance potrebbe batterti sul tempo.” 

Il compagno roteò gli occhi, sedendoglisi a fianco con le loro due tazze. “Prego Lance, tutto tuo.” 

“Ehi, come sarebbe a dire?” Mise il broncio l’avvocato, guardandolo storto mentre l’altro sogghignava sotto i baffi. 

Lance sorrise seguendo la piccola scenetta comica che continuò in un battibecco scherzoso tra i due fidanzati. 

Momenti come quello lo rendevano leggermente geloso della loro complicità, anche se lo rendevano anche felice vedendo come stessero bene insieme.

I tre continuarono a fare colazione e a conversare del più e del meno nel mentre, rilassandosi in quella tarda mattinata domenicale priva di impegni.

“Com’era la festa?” Finse di chiedere con nonchalance Keith, alzandosi per prendere altro caffè.

“Come il resto delle feste che odi e a cui ti rifiuti di andare. Musica, alcool e tanta gente. TANTISSIMA gente. La casa era DAVVERO figa, credo di non averla nemmeno vista tutta. Avreste dovuto esserci cavolo, c’era una piscina IN SALOTTO.” 

Shiro fischiò sorpreso. “Deve essere qualcuno di davvero benestante per avere una casa del genere.”

“Da quel poco che so, la sua famiglia gestisce una grossa multinazionale di biotecnologia.” Lance fece spallucce, versando un goccio di latte nel caffè rimanente nella tazza.

“Ma almeno lo conosci il tizio che ha organizzato la festa?” Domandò diffidente Keith, cercando di carpire quante più informazioni possibili riguardo alla serata fintanto che Lance fosse rimasto così loquace.

“Lotor.” Lance parve arrossire leggermente nel pronunciare il nome del ragazzo, ma forse fu solo una loro impressione. “Si chiama Lotor. Abbiamo un corso in comune all’università, ma non credo di averci mai davvero parlato. Alla festa era invitata praticamente tutta l’Uni. C’era anche Allura, siamo stati insieme per la maggior parte della serata.” 

“Sei rientrato abbastanza presto però.” Lo incalzò Keith, facendo notare il fatto.

“Si bhe… non mi stavo più divertendo.” Sbuffò infastidito l’altro in risposta, abbassando la testa.

“Lance.” Una mano grande e gentile gli si posò sulla spalla, richiamando la sua attenzione.

Il ragazzo alzò titubante lo sguardo verso gli occhi grigi di Shiro, venendone catturato. “Che è successo?” Chiese dolcemente l’amico, guardandolo con preoccupazione.

“E’… è imbarazzante. Non so nemmeno da dove iniziare.” Confessò con una risata nervosa, stringendo le mani intorno alla propria tazza.

“Dal principio?” Shiro ammonì con un’occhiata Keith di stare in silenzio.

“Non ti giudicheremo qualsiasi cosa ci dirai.” Promise, accarezzandogli la schiena con l’intento di tranquillizzarlo. 

Il ragazzo annuì, mordendosi un labbro. “Ho… baciato un ragazzo.” La confessione gli scivolò fuori dalle labbra quasi in un sussurro, accompagnata da un acceso rossore che si sparse su tutto il viso. 

“Oh.” Gli fecero eco entrambi, sorpresi. 

“Si insomma… lui ha baciato me, ma fa lo stesso.” Ci tenne a chiarire, prendendo a gesticolare mentre spiegava l’accaduto. “Stavo cercando un bagno quando sono finito per entrare nella stanza sbagliata e l’ho trovato lì, da solo, mezzo riverso su un divano. Mi sono avvicinato per assicurarmi che stesse bene e chiedere dove fosse il bagno, perchè sai, chi meglio del padrone di casa poteva sapere dove fosse. Poi non ho ben capito cosa sia successo... ma mi ha baciato. Credo fosse ubriaco e non del tutto in sé.” 

“Wowo, frena. Di chi stai parlando?” Keith si sporse sul tavolo, guardandolo con le sopracciglia aggrottate. 

“Di Lotor.” Chiarì Lance.

Per poco a Keith non cadde la mascella. 

“Essere ubriachi però non è una giustificazione per andare in giro a baciare il primo che ti capita a tiro.” Sospirò contrariato Shiro, incrociando le braccia al petto. 

Il pensiero di Lance che veniva molestato da un ubriaco non andava a genio né a lui, né tantomeno a Keith, visto il ringhio basso di sottofondo che stava emettendo. 

“Prima di andarsene dalla stanza credo si sia reso conto di aver fatto una cavolata e mi ha chiesto scusa. Sembrava realmente dispiaciuto. Ma non è questo il punto...” Lance abbossò lo sguardo, borbottando. 

“Qual è allora?” Soffiò tra i denti il suo coinquilino, meditando già vendetta verso lo sconosciuto. 

“Che mi è piaciuto.” Confessò il ragazzo.

I due ragazzi sgranarono gli occhi, restando senza parole.

“In che senso ti è piaciuto?” Chiese Keith, sorpreso. 

“Per tutte le stelle, Keith! Ho avuto un’erezione. OK?!” Sbraitò Lance in risposta.

“Oh.” Un’illuminazione sembrò colpire in pieno il ragazzo. 

“Esatto, OH. Quindi ora non so se sia stato tutto dovuto a una semplice casualità, questione di chimica, alcool o qualsiasi altro motivo che possa venirvi in mente, oppure se davvero sono bisessuale e per tutta la mia vita io non me ne sia mai reso conto! Sto impazzendo.” Sospirò lamentosamente il brunetto.

Poteva sembrare strano che lo stesso ragazzo che qualche mese prima aveva proposto di fingere con il suo assurdo piano di essere bisessuale, fosse ora spaventato all’idea di esserlo davvero. Ma un discorso era la finzione, il calarsi in un ruolo fittizio e doverlo interpretare, un altro era la realtà, quella con cui avresti dovuto convivere tutti i giorni, pro e contro. 

“Lance, respira.” Shiro gli prese le mani tra le proprie per cercare di calmarlo quando notò i suoi occhi farsi liquidi. “Sarebbe così tragico se scoprissi di esserlo?” 

“Non lo so, Shiro. Non so nemmeno come rendermene conto.” Ammise con un singhiozzo il ragazzo, cercando di trattenere le lacrime che stavano minacciando di sgorgare inesorabili. 

“Ascoltami ora.” Shiro lasciò una delle sue mani per accarezzargli una guancia ed asciugare le prime lacrime salate dal suo viso. “Anche per me non fu facile all’inizio quando iniziai a capire che mi piacevano i ragazzi, ma non cercai un qualche metodo per giungere alla possibile conclusione che fossi gay. Lasciai che le cose accadessero. Se provavo attrazione o dei sentimenti per qualcuno, uomo o donna che fosse, mi lasciavo guidare da questi, senza star troppo a domandarmi che tipo di etichetta dovesse caratterizzarmi in futuro. In questo modo sono riuscito ad affrontare questa parentesi di vita in maniera abbastanza naturale e tranquilla, senza soffermarmi a farmi domande che mi avrebbero solo ostacolato nell’essere felice.”

“Shiro ha ragione.” Keith sembrò risvegliarsi dal suo shock per intervenire a sostegno delle sue parole. “Non importa cosa ti piaccia, basta che ti renda felice.” 

Forse per la dolcezza con cui quelle parole vennero dette o forse per la loro veridicità, il nodo nel petto di Lance e tutti i suoi dubbi e incertezze si sciolsero, scivolando via con le successive lacrime liberatorie. 

“Grazie.” Sorrise, tirando su col naso, venendo circondato da un paio di braccia amorevoli mentre una mano gentile gli accarezzava i capelli. “Credo di aver fatto di un sassolino una montagna.”

“Pensi sempre troppo.” Sembrò canzonarlo Keith, senza cattiveria. 

“Keith.” Lo rimproverò bonariamente Shiro, sorridendo.

“Che ho fatto ora?!” Finse di protestare con una teatrale alzata d’occhi al cielo, facendo ridere Lance.

I due lo seguirono a ruota, contagiati e sollevati nel vederlo nuovamente tranquillo.

“Ehi, Keith?” Si interruppe dal ridere il cubano, guardandolo con uno strano sorriso. 

“Hm?” Il moretto lo osservò sospettoso, presagendo nulla di buono. 

“Visto che molto probabilmente mi piacciono anche i ragazzi… ora posso davvero chiedere a Shiro di sposarmi?” Sorrise innocente, avvolgendo le braccia intorno al collo robusto dell’avvocato, facendolo arrossire per il gesto inaspettato. 

Ovviamente stava scherzando ma lo sguardo infuocato che Keith gli riservò fu impagabile. 

“Lance. Vedi di togliere quelle braccia prima che le stacchi dal resto del tuo corpo.” 

“Mi dispiace Shiro, il nostro resterà un amore impossibile.” Recitò teatralmente il giovane, sciogliendo le braccia.

“Riprova tra qualche tempo, magari Keith cambierà idea.” Stette al gioco Shiro, facendogli l’occhiolino.

“SHIRO. Ma che problemi avete voi due?!” Sbraitò il moretto, allontanandosi con uno sbuffo.

“Nessuno. E’ solo molto divertente farti incazzare.” Lo punzecchiò direttamente il brunetto, tra le risate. 

 

Il discorso con i due amici tranquillizzò talmente tanto Lance da fargli decidere di accettare l’invito ad uscire che due settimane dopo un suo compagno di corso gli porse. 

Il ragazzo era gentile, aveva un bel sorriso, uno strano senso dell’umorismo che faceva contorcere Lance dalle risate ad ogni battuta e braccia forti che il ragazzo finì per immaginare strette intorno a lui quando tornò quella sera a casa. Uscirono insieme a ballare, si baciarono sulla pista mezzi ubriachi e sudati e più tardi Lance si ritrovò a seguirlo fiduciosamente a casa. 

Quella sera ebbe la conferma che gli piacevano anche i ragazzi. 

Lui e Edward non ebbero un rapporto completo, ma dal modo in cui il suo cazzo reagì quando si baciarono, mentre l’altro lo sdraiava sul letto sussurrandogli promesse su come lo avrebbe fatto sentire bene, afferrando il suo membro per masturbarlo, confermò che era evidentemente attratto anche dal genere maschile. Aveva ricambiato il lavoro manuale, seppur impacciato dalla propria inesperienza e un evidente imbarazzo, poi si era fermato lì a dormire. 

Lui e Edward si erano frequentati per due mesi, finché l’ex del ragazzo non tornò in città in congedo dal servizio militare e Edward decise di tornare con lui.

“Lo amo, Lance. Scusami.” Gli disse Edward, quando chiuse con lui. 

Lance era stato triste, ma non arrabbiato. Aveva capito, perché Edward gli aveva raccontato di come lui e Michael si erano conosciuti e che l’unico ostacolo tra loro era stato l’esercito. Ma ora che il ragazzo aveva deciso di tornare per lui, non c’era più nessun muro che potesse dividerli. 

Ciò che accadde dopo la sua ennesima delusione amorosa, sconvolse la sua vita e quella di Keith e Shiro per sempre. 

Per tirarlo su di morale, Keith aveva comprato una bottiglia di whisky e se l’erano divisa come premio per essere sopravvissuti ad un altro anno scolastico. L’avevano scolata rapidamente, facendo quello stupido gioco di ‘never have I ever’. Non contenti, quando l’avevano finita avevano poi preso d’assalto la cassa di birre nel frigorifero. Il mattino dopo si erano risvegliati nudi e attorcigliati nel letto. 

“Oh merda. Nonono, non lo abbiamo fatto!” Urlò Lance rosso in viso, cercando di alzarsi dal letto, sentendo una familiare fitta di dolore diramarsi dal fondoschiena, che non lasciava adito a dubbi. 

Keith non parlava, sembrava troppo traumatizzato per riuscire ad articolare una frase. 

Quando era uscito dalla sua trance, si era gettato fuori dalla porta della camera per chiudersi in bagno. 

“Keith! Andiamo amico. Dobbiamo parlarne.” Implorò Lance, battendo col pugno sul legno della porta. “Possiamo fare finta che non sia mai successo, lo prometto.” Mentì, mordendosi il labbro. 

“Non posso fare finta che non sia successo!” Urlò Keith dall’interno del bagno. “Tu non capisci.” Aveva aggiunto, chiudendosi poi in un ostinato mutismo.

Lance era stato costretto a chiamare Shiro e raccontargli tutto quello che era successo perché Keith si rifiutava di uscire dalla stanza anche dopo ore e lui era davvero preoccupato. Oltre ad aver bisogno di fare pipì e una doccia, tra le varie cose. 

Shiro era riuscito a convincere il suo ragazzo ad uscire dal bagno, seppur con fatica. 

“Perchè non sei arrabbiato?” Aveva piagnucolato Keith, quando le braccia dell’avvocato lo avevano stretto forte al petto. 

Shiro sorrise, baciandogli affettuosamente la fronte. “Perchè lo avevo visto arrivare.” Ammise, trascinandolo al divano dove Lance era già seduto. 

Lance non aveva mai visto Keith più distrutto che in quel momento e si era sentito tremendamente colpevole per quello che era successo. 

“Keith. Capisco se ora mi odi…” Aveva tentato di scusarsi, venendo prontamente fermato dall’altro.

“Non ti odio.” Si era affrettato a chiarire Keith, sospirando. “Non mi hai costretto a fare nulla che in parte non volessi.”

Lance lo aveva guardato a bocca aperta. “In che senso?” Chiese.

Fu Shiro quello a chiarire tutta la situazione. Parlò di come si era accorto dell’attrazione repressa di Keith verso Lance, di come anche Lance fosse attratto inconsciamente dall’amico, dimostrandolo con alcuni atteggiamenti di cui non era cosciente, poi di come si stesse avvicinando a lui nell’ultimo periodo, dopo aver realizzato la propria attrazione per i ragazzi. Confessò anche di aver più volte rimuginato su una possibile relazione poliamorosa tra loro tre, visto il loro feeling generale, accantonando però l’idea perchè Lance non sembrava davvero interessato oltre al semplice flirtare con lui e Keith non aveva mai palesato il suo interesse in essa. 

Lance e Keith si erano guardati per un lungo momento, poi Lance aveva timidamente chiesto. “Cosa comporterebbe una relazione poliamorosa?”

 

Cosa tira cosa, era passato un anno ed eccoli qui, a vivere una storia d’amore iniziata in un modo alquanto non convenzionale.

C’erano stati alti e bassi, in cui avevano dovuto superare momenti difficili e capire come incastrare i pezzi di tre vite e cuori, perché anche se Shiro sembrava abbastanza ferrato a livello teorico sull’argomento ed era stato quello ad accorgersi di dove la loro relazione stava virando, a livello pratico era inesperto quanto gli altri due. Ci avevano messo un po’ ad assestarsi, ma alla fine ora erano più felici che mai.

“A cosa stai pensando?” Chiede Shiro, accarezzando la pelle ambrata della schiena nuda di Lance.

“A come tutto questo è iniziato.” Ammette il ragazzo, raggomitolandosi meglio contro Keith nel letto. 

Il letto a una piazza e mezza della stanza di Keith non è abbastanza grande da contenere tre uomini adulti ma loro sembrano incastrarcisi alla perfezione. 

“Si può dire che sia tutto nato dal mio geniale piano per conquistare Allura in cui vi ho coinvolto.” Spiega Lance, palesando i pensieri su cui aveva rimuginato per tutta la giornata.

Keith sbuffa tra le sue braccia. “Stai cercando di prenderti il merito della nostra relazione?” 

“No.” Dichiara il cubano, storcendo il naso. Non è quella la sua intenzione, ha accettato da tempo che quel piano era stata una pessima idea. “Mi chiedevo semplicemente se le cose fossero andate diversamente, se saremmo finiti insieme lo stesso.” 

Shiro gli bacia la spalla, stringendoli entrambi. “Ne sono sicuro.” Afferma con amorevole convinzione. 

Keith concorda con un verso assonnato, sistemandosi meglio sotto le coperte. 

Lance chiude gli occhi felice, sentendosi finalmente al suo posto nel mondo. 



Note dell'autrice: Prova prova *tap tap sul microfono* (?) Forse qualcuno si ricorderà di questa storia, anni fa ne avevo pubblicata una parte, poi avevo deciso di toglierla perché non mi convinceva per nulla. Ebbene, il COWT fa magia e finalmente è stata conclusa e ho trovato la voglia di postarla. 
Non è nulla di eccezionalmente inventivo, ma sono felice di aver finalmente scritto qualcosa riguardo una delle mie OT3 preferite e un Au carico di momenti dolci, incertezze e attimi di disagio. 
Se sei arivato fin qui a leggere, ti ringrazio e mando un abbraccio <3 
















 
   
 
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