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Autore: Brume    27/03/2021    2 recensioni
Si sono incontrati per caso, Ryo e Kaori, sei anni dopo la morte di Hideyuki; durante un brevissimo incontro in un bar riemergono ricordi dai Kaori fugge mentre lui vorrebbe capire: capire perchè anni prima è andata via, capire cosa è quella sensazione che prova pensando e stando insieme a lei, l' unica in grado di avergli dato un pò di pace. E' il seguito di "Una -quasi- favola natalizia".
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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RYO 

Ce ne hai messo del tempo. 

Kaibara mi accoglie così appena metto piede nella hall del grattacielo che, a quanto vedo,  è diventata la sua sede operativa.      È seduto su un divano chiaro, uno dei tanti disseminati in quel grande spazio dalle mani sapienti di qualche arredatore che avrà pagato una barca di soldi; mi guarda. Accavalla la gamba sana su quella posticcia,  allarga le braccia lungo lo schienale della seduta, proprio dove i cuscini finiscono. Pare quel tale in croce, non fosse che Shin Kaibara è l’ essenza del male.               

Non sorride; è pensieroso: i suoi occhi mi indagano e, stranamente, non vedo nessuno venirmi incontro a perquisirmi; ad eccezione di due guardie del corpo poco distanti,  siamo soli. 

“...ora che sono qui, libera Kaori. Non è quello che volevi?” 

Sono diretto. 

Non ho voglia di giocare.  

Kaori...Chissà quando – e se- la rivedrò. 

Cerco di mandare via questo pensiero e di mantenere il sangue freddo. Kaibara sorride, mi fissa. Ancora. 

 

“…non così in fretta" dice, e non capisco perché voglia ancora prendere tempo. Mi avvicino e prendo posto nella poltrona dinnanzi a  lui; sfilo la giacca zuppa di acqua e poi, con un gesto rapido, toglo anche  la fondina e la appoggio sul tavolino li accanto. 

“…non ti ho chiesto questo... “ dice indicandomi l’ arma ma so che apprezza il gesto.È un segno di resa.  Lo sa: sogghigna, non si è mosso di un millimetro. 

Per un attimo il silenzio, un silenzio privo di qualsiasi sfumatura, metallico, si insinua tra noi; i nostri sguardi si incrociano e come calamite si attraggono, c’è qualcosa che vuole dirmi,  le sue barriere sembrano cadere.                   

 Forse  c’è ancora un barlume di umanità in lui? Mi chiedo. No, è tutta una illusione. Lui non è un uomo. Non più!  mi rispondo. 

“Bene” dice. Stanco di questa tensione si alza e aspetta che io faccia lo stesso, quindi  lo seguo senza battere ciglio...non so cosa succederà ora ma cerco di affrontare il destino con tutta la forza che mi è rimasta in corpo e nell’ anima. Mentre cammino alzo gli occhi, tu sei qui, da qualche parte, lo so; vorrei tanto vederti ma non sono così sprovveduto da chiedere a Kaibara questo semplice gesto di pietà. Infilo le mani in tasca e , poco dopo, mi ritrovo nella stanza dei bottoni insieme al pazzo che un tempo fu mio padre. 

“Da qui posso tenere d’ occhio l’ intera città “ mi dice tronfio aprendo le braccia e indicandomi il contenuto di quella stanza; il mio sguardo vaga e noto enormi server, computers, un pannello sul quale passano ininterrotte le immagini della città ed in cui ogni singola persona è praticamente schedata. 

Non può aver fatto tutto da solo...ma perché? Perché questo? Mi chiedo .  Non gli rispondo, mi avvicino agli uomini ed alle apparecchiature, osservo uomini e macchine interagire senza sosta. Brividi percorrono il mio corpo. 

“Signor Hakamoto, le presento mio figlio Ryo. Farà parte della squadra” dice ad un certo punto quando arriviamo alle spalle di un uomo, seduto ad una scrivania ed intento a controllare plichi e plichi di fogli sui quali sono riportate innumerevoli stringhe di numeri, codici; costui si gira appena, mi osserva di sottecchi. Gli occhiali piccoli, a metà naso, gli danno un’ aria arcigna. 

“Vedo che finalmente si è deciso” dice con una voce stridula, mentre continua ad osservarmi con il suo sguardo da ratto.  

Non rispondo. Fremo di rabbia e brividi, ancora. Devo controllarmi. Spero che questa farsa finisca presto e si arrivi al dunque perché potrei perdere la testa e la lucidità. 

Mio padre i trascina, nel giro di un’ ora, in alcune stanze al piano terra del palazzo ed io lo seguo come un cagnolino; devo dire che si è davvero organizzato bene. Chissà dove sei, Kaori, chissà se hai già sentito la mia presenza...Io non resisto, devo sapere dove sei, devo capire cosa fare...ma per  ora...ho  le mani legate. 

Kaibara nota il mio sguardo perso. Credo mi stia parlando da dieci minuti buoni ma io non l’ ho minimamente ascoltato, cercando di captare la tua aura ed il tuo profumo e tornando indietro a quel giorno, al parco...il giorno del nostro incontro. 

Ryo” mi dice, con voce grave. Torno da lui e gli regalo lo sguardo più rabbioso che abbia mai rivolto a qualcuno. 

“ Questo un giorno sarà tuo” dice. Un sorriso sghembo appare sul mio viso.  

“...Io non voglio tutto questo. Ascolta, ora sono qui con te, hai ottenuto ciò che volevi. Fai di me ciò che vuoi e libera Kaori! ”  esclamo; lui mi fa cenno di uscire dall’ ennesima stanza e ci troviamo, soli, nel lungo corridoio.  

“...non avere fretta, figlio mio. Potrai vederla, prima che io la liberi. Potrai vederla e dirle addio, perché la tua vita cambierà radicalmente”. 

Sono parole che mi aspettavo di sentire ma il suo tono, quella punta di sadismo...mi fa male; cerco di essere forte perché sento che qualcosa dentro di me inizia piano piano a sfaldarsi. 

“Si, certo.”  

E’ l’ iunica cosa che riesco a dire, sono le uniche parole che escono dalla mia bocca; lui mi cinge le spalle con il suo braccio  e mi dice “andiamo!”conducendomi fino ad una porta blindata, alla nostra destra, poco più in là. 

“Riposati. Dentro questa stanza, la tua stanza, c’è tutto ciò che può servirti; se senti la mancanza di una donna, posso fartene avere una. Ti farò avere anche la tua pistola”. 

Ho un conato di vomito, giuroSei un grande, immenso bastardo. 

“Ti aspetto tra tre ore. Verrò a prenderti e saliremo insieme all’ undicesimo piano. Poi andremo dagli altri per definire alcune questioni.” 

Eh già, il figliol prodigo è tornato...vuoi esibire il tuo trofeo penso; vengo distolto dal beep della porta che si sta aprendo grazie ad una tessera metallica. La stanza che si apre ai miei occhi è in realtà una sorta di piccolo appartamento. L’ arredamento è di buona fattura che in confronto casa mia, che è grande il quadruplo,  pare una bettola di quinta categoria. Un televisore  gigantesco troneggia  alla mia destra sulla parete ed accanto  sono piazzate in bella vista una serie di armi di cui conosco a memoria ogni caratteristica, colore, calibro. 

 Muovo alcuni passi li dentro; è tutto asettico  e privo di qualsiasi umanità e calore...non mi stupisco, ma devo ammettere a me stesso che in fatto di gusti quel pazzo sia migliorato. Getto la giacca sulla spalliera di una sedia ed inizio a guardarmi intorno, a camminare: trovo una stanza, un bagno.  Le mie mani iniziano ad aprire qualsiasi porta, porticina si metta ancora sul mio cammino ed infine  trovo anche la camera- Sul letto è sistemata, in bella vista, una divisa. 

“...Dovrai indossarla, RyoE’ la divisa della nostra organizzazione” dice una voce che mi fa sobbalzare. Cerco una filodiffusione o delle telecamere ma ad occhio nudo non vedo niente...posso immaginare, però, di essere tenuto costantemente sotto controllo e sotto tiro. 

Mi siedo sul letto, distante dalla divisa e dagli anfibi scuri. Prendo la mia testa tra le mani e trattengo a malapena un urlo; sono stremato, è notte ormai. Mi lascio andare sulla seta che ricopre il giaciglio e chiudo gli occhi, almeno per un istante. Il mio sonno dura un gran poco, forse una mezz’ora...poi riprendo il mio vagare; mi spoglio, infilo quella maledetta divisa ed aspetto. Sussurro il tuo nome, poi lo urlo.  

Ti cerco, ti chiamo. 

Ti sento! 

 
 

 

KAORI 

Che ore sono? Mi chiedo appena apro gli occhi. Allungo la mano credendo come ogni notte di essere a casa nostra e ti cerco, cerco un corpo caldo che ora non c’è 

Mi metto a sedere, appoggio i piedi sul marmo gelido del pavimento. 

Tutto questo è un incubo penso; poi mi alzo e vado in bagno, ho  bisogno di rinfrescarmi. Quando sollevo  la testa dal lavandino, mi guardo allo specchio e vedo occhiaie profonde ,occhi spenti...come potrebbe essere, altrimenti?  Sono stanca, sto male, non so dove sia finito Ryo e desidero che, in un modo o nell’ altro, tutto questo finisca alla svelta. Mi allontano dal lavandino e mi raggomitolo in un angolo abbracciando le ginocchia.  

Mi sento male. Sono uno straccio. Non mangio, vomito ogni giorno, forse ho anche un po' di febbre; per un istante penso al fatto che possa aspettare un figlio, anche se...no, non va bene, non ci vorrebbe proprio in questo momento! Mi trovo a pensare. Ma che sto facendo? Un figlio mio e di Ryo...!!!  Credo di aver perso quasi del tutto la mia obiettivitàinoltre...sento anche una voce. 

E’ una allucinazione?  

Sto già perdendo la ragione?  

Come una molla, balzo in piedi. Nel buio vado a sbattere contro lo spigolo della vasca da bagno e avanzo, imprecando. Ancora una voce, ascoltano le mie orecchie. 

 La tua voce,  flebile, dolce. 

“Dove sei, Ryo?” urlo come una disperata mentre torno di la; mi guardo intorno, ti cerco ovunque. 

“So che sei qui, Kaori. Mi manchi, ti amo” dici, ancora. 

 Inizio a tremare e poi ancora quella sensazione, ancora conati di vomito che cerco di trattenere.La paura che mi devasta si è impossessata di ogni mio singolo muscolo...il terrore mi attraversa ...attraversa il mio corpo come un insieme di punte acuminate ed ho fitte, fitte ovunque.  

Poi la luce che si accende da sola, come se qualcuno la comandasse da una cabina di regia ; la tv, pure, si accende...e ti vedo. 

 Sei in una stanza, è simile a questa. Faccio pochi passi e mi metto seduta sul divano; ti osservo mentre i tuoi occhi cercano un appiglio, una telecamera. 

Ryo, sono qui!” dico come se tu potessi sentirmi, ci spero: ed è così, infatti. Il tuo bellissimo volto si gira di scatto verso la telecamera, i tuoi occhi si accendono. 

“Non so dove tu sia ma...stai tranquilla, Kaori.Tra non molto tempo arriverò...insieme a Kaibara. Sarai libera: fai tutto ciò che ti viene detto, non commettere sciocchezze, amore mio” mi dici. 

La tua vita al posto della mia ; ecco che pensiero produce la mia mente. I miei occhi cercano i tuoi, come se tu fossi davvero davanti a me; vorrei parlarti  ma dalla mia gola non esce nemmeno un filo di voce e,  all’ improvviso, mi trovo inginocchiata davanti allo schermo.  

Due secondi, e torna tutto nero. 

Torna il silenzio.  

Dove sei?  Cosa hai intenzione di fare, Ryo? Io e te...non possiamo separarci: ti prego, non fare scherzi. Dimmi che quello che ho pensato non è vero!   

Ma tu non ci sei.  

Sei andato via. 

D’ istinto mi muovo, avanzo e  spingo con tutte le mie forze lo schermo appoggiato sul  tavolo basso; urlo, mi sento male.  

Ancora.  

Sento uno spasmo: il contenuto del mio stomaco finisce sul pavimento e poi...tutto diventa nero. 

 

RYO 

Kaibara ed i suoi sono arrivati a prelevarmi circa tre ore dopo, precisi come orologi svizzeri; io ero già pronto, appoggiato al muro accanto alla porta, con le braccia incrociate sul petto e conciato come uno dei suoi mille burattini. Quando ho aperto la porta dopo aver sentito i loro passi, mi sono trovato davanti lui ed il tale di prima, quel tipo con gli occhi da topo. Un paio di persone dietro di noi, con gli auricolari nelle orecchie.  

“E’ ora, RyoAndiamo”  dice la persona che un tempo chiamavo padre; esco dalla stanza e lo seguo. Tutto è silenzioso e si sente solo il ronzare delle luci. Ci rechiamo verso l’ ascensore. 

Kaibara si gira, mi fissa. Gli occhi sono due fessure. 

“Ti darò una decina di minuti, poi lo scambio sarà fatto” mi dice con una voce fredda, atòna.  

 

Dieci minuti.  

Dieci infiniti minuti per poter guardare i tuoi occhi , belli come pietre preziose.  

Dieci minuti per stringerti a me e dirti che va tutto bene e che in qualche modo ce la faremo.  

Dieci minuti per pensare che forse, quel giorno, sarebbe stato decisamente meglio non esserci incontrati.... 

Dieci minuti per dirti che ti amo e per chiederti perdono. 

 

Ryo, andiamo. Non ho tempo da perdere”. La sua voce mi riporta alla realtà; prendo un respiro e lo seguo, maledicendolo ad ogni singolo passo. Mentre cammino osservo i marmi chiari e lucenti di questo posto, i quadri di valore che lui ha sempre amato collezionare , disposti ordinatamente alle pareti. Guardo vasi di fiori enormi poggiati su preziosi mobili... E’ proprio vero : quando una persona è marcia dentro, cerca la bellezza fuori...ha sempre fatto così. E’ sempre stato così. 

Il suono di un campanello mi distoglie dai pensieri; l’ uomo-topo estrae una chiave dalla tasca del camice e la infila in una fessura accanto ad una porta e subito dopo questa scompare all’ interno del muro. Un ascensore, come dire, riservato: entriamo , silenziosi.                                                                                                                                                                            Appoggio le spalle alla parete, in modo da guardare in faccia questi due animali; serro la bocca in una morsa talmente forte che presto tutti i muscoli del viso mi fanno male , alzo la testa a guardare il soffitto. Non sopporto i loro visi ed i loro sguardi. 

“Siamo arrivati” .   

Kaibara è fermo, immobile, mentre la porta scorrevole si apre mostrandomi   l’ ennesimo corridoio. 

“La terza porta alla tua sinistra. Dieci minuti, non uno di più;  ci rivedremo quando uscirai.  

Mi avvio verso la porta...Non mi giro, non lo guardo in faccia. 

Terza porta a sinistra. 

 Allungo la mano ma non ci sono maniglie; sento uno scatto e poi la vedo aprirsi, leggermente.  

Entro. 

Sei li, stesa per terra poco distante dalla tv andata in frantumi e  sembra quasi  tu stia dormendo; corro da te e ti prendo tra le braccia. 

“Kaori, amore mio” ti sussurro all’ orecchio mentre ti stringo forte sollevandoti un po'; il tuo viso, appoggiato al mio petto, sembra quasi riprendere vita e  finalmente vedo i tuoi occhi che si aprono, lentamente.        E’ una poesia, ciò che vedo... il tuo sguardo velato improvvisamente si fa vivo e mi sorridi. Siamo qui, insieme, amore mio... 

Ryo” esclami a bassa voce. 

Ryo!” continui a i ripetere, come  una cantilena. 

Ti bacio i capelli, la fronte. Torno a guardarti e penso al ticchettare dell’ orologio. E’ troppo dura tornare alla realtà ma devo farlo. 

 I minuti passano. 

“Abbiamo pochissimo tempo... forza Kaori, preparati. Devi andare” ti dico; come un automa ti muovi e cerchi di alzarti, aggrappata a me. 

“Siamo liberi?” mi chiedi, sorridendo, speranzosa e  felice. Ti aiuto a rimetterti in piedi. 

Prendo fiato. 

“NO. Tu...TU sei libera. IO...io devo restare” dico con la morte nel cuore.  

Guardo l’ orologio: abbiamo ancora quattro minuti. 

“Ascolta amore mio...devi essere forte” dico accarezzandoti il viso; le tua mani tremano, si appoggiano a me, a stento riesco a non abbracciarti: non posso farlo, rischierei di non lasciarti andare. Fai alcuni passi indietro, torni più pallida di prima. 

Le  tue mani ora sono stese lungo i fianchi. Non mi guardi: osservi il pavimento. Sento le lacrime salire e strizzo le palpebre per ricacciarle indietro. 

“...co....cosa significa?” domandi con voce tremante, appena percettibile; il mio cuore si sta spezzando, ancora una volta:  ne sento il rumore. Deglutisco, cerco l’ aria che comincia a mancarmi, allento un po' la morsa del colletto di questa divisa. 

Mancano due minuti. 

“...E’ uno scambio, Kaori. Io resto, tu vai”  dico senza girarci intorno e cercando di mantenere la mia lucidità, dosando il fiato, sempre più corto. 

Ri mani in silenzio, rimaniamo così , distanti, mentre il tempo prezioso passa poi...ti getti tra le mie braccia. No, non dovevi farlo...così, rendi tutto più difficile. Non parli; mi stringi forte tanto da farmi male.  

Il mio viso si abbassa, infilo in naso tra i tuoi capelli, voglio godermi per qualche attimo il tuo profumo poi le mie mani prendono il tuo viso, ti bacio e mi sforzo di imprimere nella mia testa il sapore delle tue labbra.  

18 secondi. 

“E’ ora di andare” dico quando le mie labbra si staccano dalle tue e la mia anima è definitivamente persa; mi giro e rimango fermo perchè non voglio vederti mentre vai via.  

Sento i tuoi passi, ti stai muovendo;la voce della guardia che segue Kaibara di prega di seguirlo e di stare tranquilla.  

   
 
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