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Autore: Harleen    31/03/2021    1 recensioni
“È perché sei ancora innamorato di me?”
[...]
Me ne vado,” ripete con una nota di isteria nella voce, sovrastando qualsiasi obiezione, “Prima che possano essere inavvertitamente sparati dei colpi in qualche testa a caso. Buonanotte, Ed.”
[Nygmobblepot post 5x11! Madonna che orrore il nome della ship! Ma questo è e questo ci teniamo!]
Sono arrugginita da far paura. Ce la potrò mai fare a sgranchirmi le dita in maniera dignitosa? Oh well.
Genere: Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Edward Nygma, Oswald Cobblepot
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: 'Cause baby I am your David (and you're my Goliath)

Disclaimer: Tutte menzogne, ça va sans dire. Possiamo però escludere tassativamente che sia accaduto tutto ciò? Discuss.
(sì. sì, possiamo escluderlo perché a me la vita è male e le gioie nei pairing manco a piangere.)

Pairing(s)/Personaggi: Nygmobblepot – che come nome è brutto come la fame nel Terzo Mondo e potremmo magari chiamarla... Penygma? Parliamone.
O magari no.
COMUNQUE!
Ci sono Pinguino e l'Enigmista che fanno cose, dove “cose” = essere due imbecilli in denial, ok, but still.

Parole: 2382 [FDP]

Note: Scritta per il prompt del COWT#11 “They can take everything from me. My hope, my legacy, my life. But God help them the day they come for you.”, chiaramente io mi sveglio l'ultimo giorno dell'ultima settimana ergo più umarell di me non ho idea di chi potrebbe esserci.
Titolo preso da “I wanna be your slave” dei Måneskin – che considerato che stavo come al solito virando verso la follia di Umberto Tozzi è un grandissimo risultatone. Yay!

 

010. They can take everything from me.
My hope, my legacy, my life.
But God help them the day they come for you.
 

«I can't be bought,
but I can be stolen with a glance.
I'm worthless to one, but priceless to two.
What am I?»
[Gotham 3x04]

 

***

 

“Una stretta di mano?”

“Per favore. Siamo fratelli. Un abbraccio.”

“E sia.”

Edward lo ammette con sé stesso in quel momento.

La presa di Oswald è rigida e controllata, e come un fulmine gli balena in mente il ricordo di quel primo abbraccio goffo e incerto, quando non sapendo come gestire quello slancio improvviso Ed si era limitato a sfiorargli le spalle e Oz lo aveva stretto a sé come se fosse stato la sua unica speranza, come un naufrago che si vede lanciare un salvagente nella tempesta.

Si respirano a vicenda, un misto di dopobarba e polvere da sparo e qualcosa che significa in maniera inequivocabile casa, ed Edward è il primo ad ammorbidire la presa sul coltello e a stringere a sé Pinguino.

Lo può sentire esalare un rantolo di sollievo e all'improvviso la stretta è quella di sempre, la mano con cui gli massaggia le spalle e il naso che gli sfrega delicatamente nell'incavo della spalla.

Ed, come detto, viene colto dalla consapevolezza come un'onda di gelo e fuoco insieme.

Sente il cervello paralizzarsi e qualcosa di molto più intimo e profondo accendersi in una maniera che non pensava fosse più possibile dai tempi di Isabella.

(dai tempi delle allucinazioni)

C'è un fruscio metallico contro la stoffa della propria giacca – oh, tu quoque, Pinguino? – e la presa sulle sue spalle si ammorbidisce fino a sparire.

Oswald è il primo che si ritrae, ed Edward riconosce la morsa allo stomaco e il freddo che lo assale senza alcuna motivazione logica.

Oh, è totalmente fottuto.

Fa sparire il coltello con lo stesso movimento fluido con cui Oswald fa sparire il suo, e quello che rimane nella stanza è una cappa di silenzio e imbarazzo e, lo può vedere negli occhi azzurri dell'uomo di fronte a sé, sollievo.

Non si uccideranno a vicenda.

Non questa sera.

“Oswald...” inizia Edward con tono pacato. Pinguino gli ha già dato le spalle e sta versandosi un altro drink, ma con un mugolio lieve lo invita a continuare a parlare. “Non ti ho più ringraziato per la granata.”

Pinguino butta giù il whiskey e scuote la testa con quel sorriso che sembra dedicare solo a lui – e al cane, ok, ma alla fine sempre di un Edward si parla. “Non dirlo nemmeno. Te l'ho detto, è il minimo-”

Edward parla senza nemmeno rifletterci.

“È perché sei ancora innamorato di me?”

Oswald cambia qualcosa come sette tonalità diverse nell'arco di pochi istanti. “Ma questo cosa- Ed,” lo richiama con una risata nervosa, “come ti viene...? È- dio, Ed, ti ho appena definito mio fratello.”

“È un sì o un no?”

“Oh mio dio, è un 'tu stai male'.”

“Quindi no?”

“Non intendevo-”

“Quindi sì?”

L'espressione sul volto di Oswald è impagabile, e se Edward non fosse di fronte a un'empasse per cui richiede immediata assistenza, si metterebbe a ridere. Peccato che al momento la prospettiva di un sì o un no siano sufficienti a mandarlo in confusione – indipendentemente dal risultato.

“Edward Nygma, ascoltami bene: questa cosa non c'entra assolutamente nulla con quella maledetta gra-”

“C'entra. Rispondimi: mi ami o no?”

“Non ti risponderò.” Replica con uno scatto nervoso mentre poggia il bicchiere con tale enfasi che è un miracolo che non vada in frantumi. Gli tremano le mani, Ed lo nota distrattamente. “Anzi, sai cosa ti dico? Me ne vado.”

“Oz...”

Me ne vado,” ripete con una nota di isteria nella voce, sovrastando qualsiasi obiezione, “Prima che possano essere inavvertitamente sparati dei colpi in qualche testa a caso. Buonanotte, Ed.”

Ed lo afferra per il collo della giacca e lo tira indietro. Oswald squittisce in un misto di sorpresa e oltraggio e prova a tirargli un pugno. Edward gli tiene una mano sulla fronte e approfitta della differenza di altezza per tenerlo a distanza, e nel complesso non sembrano due dei più efferati criminali di Gotham bensì due ragazzini del doposcuola che si fanno i dispetti a vicenda.

Tanto più che Oswald gli pesta un piede con quanta forza ha in corpo e gli tira una ginocchiata al naso non appena Edward si abbassa per il dolore.

Edward rantola un'imprecazione e, quando sente l'equilibrio sfuggirgli del tutto, afferra un piede di Oswald e tira.

Oswald dà in un grido soffocato e gli rovina addosso in maniera tutt'altro che elegante e discreta – è pesante, e goffo, un pinguino imbranato che vive il proprio corpo come se fosse l'ingombro più sgradevole da gestire e da portare in giro e che invece Edward trova così incredibilmente... grazioso – e pochi istanti dopo l'Enigmista si trova un coltello comparso da non si sa dove contro la gola.

“Non provare mai più, mai più!,” e il secondo è più il preludio a un raptus di furia cieca che altro, “a trattenermi contro la mia volontà.”

Edward non capisce come, ma se prima ne aveva solo il sospetto, in quel momento ne ha la certezza definitiva. C'è qualcosa nelle parole di Pinguino, un senso di ingiustizia e frustrazione, qualcosa che grida 'io a te queste cose non le avrei fatte' e che fa venire voglia a Edward di sorridere.

“Oswald,” lo chiama con la voce infinitamente più morbida – soprattutto in confronto alla violenza con cui Pinguino sputa fuori ogni parola, “sei ancora innamorato di me.”

Pinguino diventa a chiazze.

C'è del pallore attorno ai suoi occhi, che sembrano più infossati e folli che mai, e le guance sono delle esplosioni paonazze che sembrano estendersi ben oltre il collo della camicia. Una vena in fronte gli sporge in maniera inquietante – negli anni Edward è arrivato a ribattezzarla la vena della pazzia, e di solito precede uno scoppio d'ira particolarmente sanguinolento – e le labbra sono ridotte a un filo a malapena intuibile che tremola tutto.

Il primo pugno gli arriva alla bocca dello stomaco, ed Edward non se lo aspettava. Sente il diaframma accartocciarsi e uno spasmo che gli fa contrarre tutta la gabbia toracica, lasciandolo incapace di pensare per qualche istante.

Pinguino – che al momento è Signor Pinguino, non Oswald né tantomento Oz, è un'entita terrificante che Edward non era particolarmente smanioso di reincontrare nel breve termine – gli porta la mano con cui lo ha colpito sulla nuca e gli tira i capelli fino a fargli piegare la testa all'angolo che reputa più consono per guardarlo dritto negli occhi. “Tu non parlerai mai più di questa cosa.” gli intima con un sibilo.

Edward sorride con una tenerezza surreale perfino per loro due e alza il mento, offrendogli il collo alla lama del coltello che ancora gli punta contro la trachea.

“Non puoi comprarmi,” inizia con voce strozzata, e può sentire la lama lacerargli la pelle, “ma puoi rubarmi con uno sguardo.”

Il grande rammarico di Oswald Cobblepot, a questo punto, è di non avere abbastanza mani. “Zitto!” strilla con la voce venata dall'isteria che non riesce a controllare, la presa sulla nuca tanto feroce da strappargli un po' di capelli a ogni movimento inconsulto dell'uomo sotto di sé. “Sta' zitto. Sta' zitto, Ed, o è la volta che ti ammazzo per davvero.” E vorrebbe davvero che suonasse come un ordine, ma sembra più una supplica, e non può farci nulla.

“Non ho valore per uno,” Ed sospira e socchiude gli occhi, e sente un'ondata di adrenalina raggiungergli il cervello nel sentire il colletto della propria camicia inumidirsi di sangue. Oswald non lo sta ferendo volontariamente, ma parlare con una lama puntata al collo comporta una certa frizione, e di conseguenza qualche graffio. “Ma per due-” A giudicare dall'occhiata che si rivolgono, non sembra che la cosa importi a nessuno dei due.

Oswald non lo fa finire.

Con un verso che sa di sconfitta e rabbia, si china e lo bacia.

È un contatto breve e incerto, a malapena un appoggiare la bocca sulla sua, ma le labbra di Oswald tremano – al diavolo, tutto Oswald trema come una foglia – ed Edward si trova a sporgersi per averne ancora. Pinguino lo guarda come se lo vedesse per la prima volta e prova di nuovo a piegarsi su di lui, in attesa che sia lui a decidere se baciarlo o meno. Non gli si preme contro, rimane a un soffio di distanza. Se Edward volesse voltare la testa potrebbe farlo in ogni momento, Oz lo farebbe andare via ed è certo che non ne farebbero mai più parola.

Il punto è che non vuole.

Si sporge e sente la lama graffiargli ancora di più la pelle, e da quella distanza – senza smettere di fissarlo negli occhi – gli accarezza le labbra con la propria lingua in un contatto lento e delicato.

L'istante successivo Oswald è su di lui e gli mangia la bocca come un assetato nel deserto potrebbe bere dell'acqua, dando di quando in quando in qualche mugolio soffocato che sembra quasi una preghiera.

Edward si rende conto di aver fantasticato su questa cosa per anni solo quando il cervello riprende a funzionargli, e si trova ad aver intrappolato Oswald sotto di sé, il coltello lanciato chissà dove nel processo.

Oh, i black out non gli mancavano di certo.

Ma questa è la prima volta in cui il risveglio è così piacevole.

“Ed...” è un sussurro sulle sue labbra, gli occhi chiusi e le mani che vagano tra le sue spalle e le sue braccia in qualcosa che non si capisce se è un tentativo di allontanarlo o tenerlo vicino. “Non... non farlo.”

“Ti sei preso una granata per me.” Gli ricorda Edward senza schiodarsi di un centimetro. Anzi, stringendogli un fianco, quasi un piccolo esperimento da cui ricava un gemitino stridulo. Oh, gli piace.

Pinguino esala un rantolo. È stanco, e provato, la ferita gli fa male e quel che è peggio è che non gli fa abbastanza male da distrarlo dal pulsare sordo che sente all'inguine.

“Te l'ho detto, è il minimo-”

Perché, Oswald.”

Per anni è stato in grado di ignorare quella sensazione.

Aveva ricacciato quei pensieri e quelle pulsioni in un angolo oscuro del proprio cervello, una di quelle zone dove non andare mai più nemmeno per errore, ricordi sui quali non avrebbe mai più voluto nemmeno inciampare.

Peccato che poi Edward fosse tornato, e lo avesse fatto precipitare in quel pozzo nero di testa.

Prima era stata l'accusa dell'attentato. E Oswald aveva dovuto cedere pezzi del proprio impero – come se già non gli fosse stato fatto a brandelli davanti. Come se non fosse stato abbastanza umiliante dover negoziare con Jim Gordon, un uomo che avrebbe dovuto tenere in pugno fin dal suo arrivo a Gotham e che avrebbe ormai solo voluto schiacciare.

Ma aveva sopportato. Per salvare Ed.

Poi era stato il sottomarino, e Penn, e tutta la girandola di follia che Barbara era in grado di portare con sé.

Poi Gotham intera.

E Oswald era rimasto, pur di sapere Edward lontano e al sicuro.

Poi avevano provato a portargli via Ed, e Oswald era impazzito.

“Mi hanno portato via tutto.” Sussurra con la voce che trema di rabbia. “Tutto, Ed. Il potere, i soldi, il mio cane,” aggiunge con un singhiozzo isterico, “ma non potevano- non potevo- non te.”

Edward gli accarezza una guancia, e Oswald va in pezzi.

Lo guarda con gli occhi più sgranati e limpidi che mai, incapace di aggiungere altro, ed Edward riempie il silenzio con un bacio, e poi un altro, e poi un singulto improvviso sulla sua bocca quando Oswald prova sperimentalmente a spingere i fianchi contro i suoi e la frizione gli manda una scarica lungo la spina dorsale.

È qualcosa di totalmente diverso rispetto a quanto fosse abituato. Il corpo femminile è morbido – e per alcuni versi anche fragile –, e questa consapevolezza ha sempre avuto il potere di incutere su di Ed una sorta di timore sacrale, un misto di venerazione e paura; fianchi morbidi da stringere, e una stretta calda dove sprofondare fino a perdere la cognizione di dove si inizia e dove si finisce fino a diventare un tutto.

Oswald, invece.

Oswald, beh.

Oswald non è morbido.

È ossuto, può sentire la cassa toracica premere contro la sua dove a memoria si sarebbe trovato il piacevolissimo ingombro del seno, e poi.

C'è qualcosa di incredibilmente poco morbido contro cui si sta strusciando, e il semplice pensiero di cosa sia gli fa girare la testa.

Pinguino ha lo sguardo appannato dall'eccitazione e da qualcosa di molto più animalesco e feroce per poter essere descritto a parole, ed Edward rabbrividisce.

“Scusa. È solo che- è nuovo.”

Pinguino si contorce con una smorfia sofferente – e di nuovo quella frizione, di nuovo quella scossetta lungo la schiena e alla base dell'inguine e quella voglia incredibile di non smettere, non smettere mai – e prova a spingerlo via. “Ed... non farlo. Ti prego Ed, non serve, non-”

“Oz.” Lo richiama in un soffio. Gli troneggia sopra e gli accarezza i capelli in punta di dita, e può sentire le sicurezze di Pinguino che si sbriciolano a ogni bacio che gli lascia sulle labbra socchiuse. Sono manovre goffe, Edward è sempre stato abituato a seguire il gioco più che a comandarlo, e può sentire una morsa dolorosa annodargli lo stomaco ogni qualvolta la lingua di Oswald sfiora la sua. “Non ho valore per uno, ma sono inestimabile per due.” Gli soffia sulla bocca, e Oswald capisce senza bisogno di aggiungere altro, e il singhiozzo che gli sfugge sa di sollievo e sconfitta e finalmente, e ti prego, e vittoria e umiliazione tutto insieme.

(Perché sì, sono ancora così, lui è ancora così, dopo anni ad aspettare che Edward gli desse qualche briciola, pronto a leccare il pavimento per non perdersene nemmeno una, un sentimento tanto ingombrante e accecante da non riuscire a eclissarlo ma costretto a fingere che non esistesse fino a quel momento, fino a.)

Con un ringhio e uno scatto improvviso, Oswald gli è sopra.

Edward sobbalza e sgrana gli occhi. “Ma come-”

“Sono io quello forte, Ed.” Cantilena con tono morbido, tutto d'un tratto più lucido di quanto non fosse fino a qualche istante prima. Gli affferra la cravatta e strattona e gli invade la bocca, una mano a tenerlo per la nuca vicino, più vicino che mai, e l'altra che si sporca di sangue mentre gli massaggia la gola e stringe, a mo' di esperimento, solo per strappargli un gemito soffocato. “Oh,” ride deliziato sulle sue labbra, facendogli succhiare le dita sporche subito dopo. Edward, docile come non mai, obbedisce. “Oh dio, Ed. Quanto mi divertirò, con te.”

fin.

   
 
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