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Autore: ElenCelebrindal    04/04/2021    0 recensioni
I Cavalieri d'Oro giocano a fuck, marry, kill.
Le cose vanno tanto bene quanto si possa immaginare.
Contiene accenni all'universo di Dietro il Mito e Oltre i Cavalieri, ma può anche essere letta come una one-shot standalone.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fuck. Marry. Kill. 

 

Ambientazione: post serie classica, Hades, e Soul of Gold. Non prende in considerazione "Le Porte del Paradiso"
Fascia temporale: XXI secolo
Headcanon principale: tutti i guerrieri degli dei sono tornati in vita, e Saga è il Gran Sacerdote al posto di Shion
Tecnicamente parte di Dietro il Mito e Oltre i Cavalieri, ma nata più come una standalone con accenni ai due
Purtroppo scrivo senza un beta, eventuali errori sono mie sviste che non ho individuato e corretto.
Rating: giallo
Personaggi: tutti i Gold tranne Saga, più Shion

 

Tra tutti gli sciocchi passatempi che Dohko avrebbe mai potuto suggerire per rendere più attiva la serata, nessuno si sarebbe mai aspettato ciò che ascoltarono dalla sua bocca. Dohko, il vecchio maestro, l’uomo ch’era rimasto per più di due secoli a sorvegliare e meditare in un guscio da anziano, avrebbe dovuto essere un modello da seguire.
Stravagante, e un po’ buontempone, ma mai così… sfacciato, forse, era una buona parola per descriverlo.
Invece, seduto con un’espressione tronfia in viso, a gambe incrociate come un ragazzino, li stava guardando tutti in attesa di ricevere una risposta.
 
Alla fine fu Mur, che pure poteva dire di aver molta confidenza con Dohko – in particolar modo attraverso Shion, o la sua vicinanza a Shion – a ripetere la sua proposta: «Vuoi davvero giocare a fuck, marry, kill? Onestamente, Dohko, è scioccante».
 
 
 
Shion alzò gli occhi al cielo: «È scioccante che non l’abbia chiesto prima», commentò, ben abituato al comportamento poco ortodosso di Dohko. Non si era per nulla acquietato, neppure dopo duecento anni e rotti. Ancora identico a com’era quando la leggerezza della giovinezza si posava ancora delicata sulle sue spalle.
 
 
 
Colto alla sprovvista dall’interferenza del suo maestro, Mur si schiarì la gola – forse per alleggerire un po’ la tensione causata dallo stupore – e annuì, sconfitto: «Va bene. Chi comincia?».
Intenzionalmente, quando si guardò intorno, evitò del tutto di guardare sia Dohko che Shion; permettere loro di scegliere per primi a chi chiedere e soprattutto cosa chiedere… l’esito sarebbe stato disastroso. E Mur era piuttosto sicuro che Saga, nonostante avesse concesso loro di accamparsi nella sua villa alla cittadella, li avrebbe scaraventati fuori di casa a calci in caso di danni ingenti alla sua dimora.
 
 
 
Volontario, anche se sorprendendo un po’ tutti, si offrì Aiolos.
Il ronzio della sua voce, mentre decideva il suo bersaglio – Ioria sarebbe stata una scelta troppo semplice, sebbene divertente – riempì la stanza. Chiedere a Milo era fuori questione, almeno per il momento, non dopo aver visto l’espressione di Camus indurirsi impercettibilmente. Aphrodite poteva essere un buon bersaglio, ma il gioco era appena cominciato.
Alla fine, l’attenzione di Aiolos si soffermò su chi, fra loro, avrebbe avuto una reazione certamente più comica degli altri. Probabilmente l’unico che non aveva mai avuto alcun tipo di pensiero riguardo gli abitanti del Grande Tempio, o del Santuario stesso.
In poche parole, un gigante gentile dall’indole troppo romantica per abbassarsi a tali pettegolezzi.
«Aldebaran, direi proprio di chiedere a te per primo».
 
L’interpellato, che stava bevendo in tutta tranquillità un bicchiere di birra scura, per poco non si strozzò con la bevanda. Cosa che, ovviamente, suscitò ilarità in tutti i presenti. Aldebaran, nonostante fosse una gioviale compagnia sempre pronta allo scherzo, era anche una persona molto difficile da cogliere alla sprovvista.
«Dimmi, Dohko… vuoi che la domanda riguardi solo noi, o anche altri?».
 
 
 
Il maestro dei Cinque Picchi si grattò il mento, pensando, poi diede una scrollata di spalle: «Chiunque, purché sia in qualche modo legato ad una divinità. Per il bene di tutti, eviterei di tirare in ballo Sirya».
Nessuno, dopotutto, voleva dover fronteggiare l’ira del dio dei mari, se avesse mai appreso che il suo meraviglioso compagno fosse stato trascinato in quel gioco. Dohko meno di tutti.
E lui era arrivato ad inginocchiarsi perfino di fronte al sommo Ade.
 
 
 
«Mh, va bene».
Tuttavia, Aiolos si rese conto di essersi imboscato un vicolo cieco con le sue stesse mani. Cosa mai avrebbe chiesto ad Aldebaran??? Tra tutti i Cavalieri d’Oro, era l’unico ad aver interesse solamente per le donne! E quasi tutti i guerrieri degli dei erano uomini. Le reclute, per decisione che sicuramente sarebbe stata unanime, non contavano.
Il Sagittario avrebbe voluto schiaffeggiarsi da solo. Con gli altri era molto più semplice, molti fra loro avevano interesse in entrambe le direzioni, Shura non si curava affatto di cose tanto futili come il genere di una persona, e tutti gli altri si curavano solo di prestare attenzione agli uomini.
Mur e Camus, dai loro gradini solitari, avevano l’uno nessun interesse in alcuna relazione, e l’altro interesse solo per Milo.
 
Aldebaran, invece… con un sospiro, che sperò di essere riuscito a nascondere ai suoi compagni, si rese conto di aver scelto la persona più complicata con cui cominciare.
Alla fine, mise insieme i pochi nomi che aveva a disposizione, e li presentò al Toro: «Castalia, Tisifone, Tethis».
 
 
 
Aldebaran ringraziò la sua decisione di aver messo giù il bicchiere, o si sarebbe strozzato un’altra volta. A dir la verità, tanto sorpreso non era; dopotutto, la scelta era molto limitata e Aiolos non si sarebbe mai permesso di presentargli altro. Tuttavia…
Cosa mai poteva rispondere????
 
Quando vide che tutti lo stavano fissando pieni di aspettative, e già pronti a ridere senz’altro, diede un sospiro sconsolato. Non si era certo tirato indietro!
Ci pensò, sperò che nessuno della corte di Poseidone fosse in ascolto, e decise: «Fuck, marry, kill, nell’ordine: Tisifone, Castalia, Tethis».
Tutto considerato, il carattere inavvicinabile di Tisifone non la rendeva tanto molesta quanto l’abitudine di Tethis a canticchiare per far addormentare le persone e prenderle poi per i fondelli.
Non che Aldebaran avesse mai considerato una qualsiasi di loro, ma aveva rubato ai suoi compagni un paio di strabuzzate d’occhi, quindi si ritenne soddisfatto.
 
«Ora tocca a me scegliere, dunque».
Fece vagare lo sguardo per un po’, cercando un assenso da parte di Mur di proposito – non si sarebbe mai sognato di trascinarlo in quel gioco senza riceverlo – e lo fermò su qualcuno che avrebbe senz’altro dato una prima svolta alla serata.
Sorrise, quasi come un delinquente ma senza cattive intenzioni, o almeno non troppe, e guardò fisso Shaka: «Ioria, Mur, Saga».
 
 
 
Fu il turno di Ioria di strozzarsi.
Shaka, dal canto suo, si sforzò di mantenersi impassibile, anche se la domanda gli era giunta del tutto inaspettata. Avrebbe dovuto pensarci, Aldebaran era uno dei pochi che avrebbe osato porre quel quesito a lui. Molti altri non si sarebbero permessi, anche solo per timore di perdere tutti e cinque i sensi.
Non aveva mai trascorso troppo tempo assieme al brasiliano, ma non era affatto una cattiva compagnia. Tutt’altro, piuttosto.
A sentire il Leone tossire lì accanto gli angoli delle sue labbra di sollevarono in un sorriso appena accennato, ma non avrebbe rinunciato di certo a rispondere. Lui, il più vicino agli dei, il più potente Cavaliere d’Oro della generazione presente, non si sarebbe tirato indietro.
Neppure di fronte ad un simile imbarazzo.
 
Piuttosto, non sarebbe stato male socchiudere un po’ gli occhi, anche solo per vedere le reazioni dei suoi parigrado. Shaka era sempre stato un uomo riservato e poco incline alla compagnia, tutti lo sapevano. La sua Casa era stata visitata solo di rado, spesso per necessità più che per amicizia.
In aggiunta, Shaka davvero non provava alcun tipo di sentimento per i suoi compagni che non fosse amicizia, fatta eccezione per Ioria. E forse per Deathmask, anche se nel suo caso la relazione tendeva a disfarsi, più che rafforzarsi.
Tuttavia, con una scelta tirata in ballo con tanta meticolosità – ché Aldebaran era stato cauto nell’elencare quei nomi – non era poi troppo difficile rispondere.
Ioria era il suo corrente compagno, Mur uno dei suoi più cari amici e confidenti, e Saga… la relazione che lo univa a Saga era più altalenante, e forse persino meno amichevole, ma restava un Cavaliere con cui aveva trascorso molto più tempo che con altri.
 
«Arguzia senza pari, Aldebaran. Ti faccio i miei complimenti», commentò, con un sorriso appena più visibile.
Per marry, la scelta era ovvia, quindi scelse Ioria. A costo di farlo arrossire tanto da poterlo percepire perfino da dov’era seduto, anche se fu il suo borbottio imbarazzato a dare via una reazione riconoscibile. La voce di Aiolos fu la prima a trillare con una risata.
Per le altre due, Shaka dovette pensarci un po’ su.
Non avrebbe voluto mettere Mur su quel piatto, ma se Aldebaran lo aveva incluso nel gioco allora la sua volontà di partecipare non era stata soppressa.
Prese la sua decisione. Per kill, scelse – a dispetto dell’ospitalità – Saga, e per fuck la sua scelta cadde su Mur.
 
Che, dal lato opposto, si fece sfuggire un suono a metà tra un animale soffocato ed un colpo di tosse. Com’era ovvio, l’intero gruppo di Cavalieri scoppiò a ridere senza contegno, mentre Shaka poteva benissimo immaginare l’espressione stupefatta che Ioria gli stava senz’altro rivolgendo.
Divertito, tese una mano e gli diede una leggera pacca sulla coscia, come a dirgli “sai che non lo farei mai”. Quello parve rassicurarlo, ma il suo indomito spirito leonino ruggiva ancora d’indignazione. Cosa che divertì Shaka ancora di più.
«Siccome è stato chiamato in ballo, facciamolo ballare», disse poi, e chiamò proprio Ioria.
 
 
 
Ioria, che aveva avuto l’ardire di prendere un altro sorso dal suo bicchiere.
Ovviamente, si strozzò anche con quello.
Che calunnia, messo nel sacco dal suo stesso fidanzato! Ma era un leone, e come tale doveva comportarsi. Ricomponendosi, accettò la sfida e aspettò di sentire la sua condanna. Shaka, pur fedele com’era, non gli avrebbe mai presentato il suo nome su un piatto d’argento.
E difatti, dopo aver sorriso furbamente, anche se solo per un istante, gli presentò i nomi di Shura, Milo, e Castalia.
 
A sentire il nome di Milo, a Ioria si gelò il sangue nelle vene. Memorie di quell’unica, disperata notte gli balenarono negli occhi, minuti interminabili di sangue e lacrime che avrebbe voluto seppellire nella più profonda delle tombe.
E anche Shura… Shura, che era stato perdonato appieno da Ioria solo dopo lunghe tribolazioni, sebbene avessero avuto una pressoché pacifica riunione ad Asgard.
Shaka non li aveva scelti a caso. Lo stava mettendo alla prova. Non era solo un gioco per lui, come nulla d’altronde.
Ioria pensò seriamente di fare un passo indietro.
Anche suo fratello, che gli sedeva di fronte, sembrava essersi adombrato in volto. Fu quello a distogliere Ioria dai suoi cupi pensieri; stavano giocando, e lui avrebbe giocato, senza appesantire la serata con le sue rimuginazioni sul passato.
 
Castalia era un nome che non si era aspettato, perché mai aveva dimostrato più che amicizia nei suoi confronti, ma doveva fare i conti con ciò che aveva in mano. E ciò che aveva in mano era estremamente pericoloso.
 
Impiegò più tempo di Shaka e Aldebaran per decidere chi assegnare a cosa, pensando e ripensando, e finendo poi per affidare tutto al suo istinto: «In ordine di fuck, marry, kill, quello che posso dire è Milo, Shura, Castalia».
Camus gli sferrò un’occhiata così gelida da farlo rabbrividire, e vide Milo deglutire a vuoto, ma se gli avesse affibbiato una delle altre due etichette… Ioria aveva ancora a cuore la vita, grazie mille. Shura sbuffò una risata, mormorando qualcosa del tipo “la cerimonia è a tue spese”, e fortunatamente Castalia non era lì a mostrare la sua delusione per i grandi Cavalieri d’Oro e i loro passatempi.
 
«Aiolos, che ne dici?».
 
 
 
«Prima o poi doveva succedere. Avanti!».
Sicuro di sé, Aiolos mostrò un’espressione risoluta al fratello e spazzò via tutta la tensione residua rimasta nella stanza.
Almeno finché Ioria non gli disse i suoi nomi, e il Sagittario arrossì fino alle punte dei capelli. Di ritrovarsi invischiato in una scelta fra Shura, Saga e, e…
«Come sarebbe a dire “Shion”!?».
Ioria aveva davvero inquadrato l’uomo che al tempo era Gran Sacerdote nella sua sfida?! Il leoncino frequentava troppe cattive compagnie, ormai ne era certo.
 
 
 
«Come se tu avresti giocato pulito con me», reiterò Ioria, incrociando le braccia. «Rispondi o no?».
 
 
 
«E se non volessi rispondere?».
 
 
 
«Saresti il primo a perdere, nobile fratello mio».
 
 
 
Aiolos incassò la presa in giro senza protestare. Ioria aveva ragione, come poteva lui, il più rigoroso e nobile Cavaliere d’Oro del suo tempo, rinunciare e perdere per così poco?
Insomma, non aveva certo affrontato gli dei solo per farsi vincere dall’imbarazzo!
In più, Shion non sembrava essere stato toccato troppo dall’esser diventato parte di quel gioco in quel modo, anche se Aiolos non sapeva se prendere la cosa come un’offesa, un complimento, o una presa di posizione per difendere la loro nobiltà d’animo.
Sapeva solo che Saga doveva finire immediatamente sotto l’etichetta kill, e lo disse all’istante. Beccandosi un’occhiata non troppo amichevole da Kanon, anche perché erano due volte che il suo lunatico gemello veniva gettato via in quel modo.
Non che Aiolos tentò una qualche giustificazione, comunque. E poi, se avesse affibbiato a Saga un’altra delle due scelte, non sarebbe stato forse più imbarazzante? Dopotutto, erano stati fidanzati in passato. E dati i trascorsi, Aiolos non poteva certo pronunciare le parole kill e Shion insieme, tantomeno fuck e Saga in coppia.
 
Chissà che pensieri ne sarebbero usciti…
 
Sospirando, dovette dare a suo fidanzato il privilegio di essere materiale sposabile – e di nuovo, i suoi mormorii sul pagare la cerimonia si fecero sentire, dopotutto ormai doveva sposarsi per ben due volte – e tra i denti affibbiò a Shion l’onore di ricevere l’etichetta fuck.
Anche se la cosa lo fece rabbrividire dalla testa ai piedi. Nonostante Shion fosse ormai tornato giovane, nel fiore degli anni e notevolmente attraente, i ricordi che Aiolos aveva di lui erano quelli di un placido e gentile Gran Sacerdote con un’infinita pazienza e molti anni sulle spalle. Lo aveva conosciuto con lunghi capelli bianchi ed uno sguardo contornato di stanchezza, anche se ora lo vedeva con una chioma di capelli smeraldini e occhi brillanti.
 
Che razza di colpo basso.
E tutti risero i conseguenza, Deathmask più di tutti. Il suo sghignazzare, però, fu inaspettatamente fermato da Mur.
 
 
 
«Aiolos ha già chiesto, quindi è fuori discussione che lo faccia ancora. Date le circostanze, Deathmask, mi permetto di darti i nomi Mur, Sirio, e Kanon».
Detto in tono così calmo e compassato, l’appello di Mur venne accolto da un silenzio tombale. O meglio, da un silenzio tombale da parte di Deathmask, e da uno pieno di aspettative da parte degli altri.
Mur si era messo in prima linea, e la cosa aveva scioccato non pochi, ma non aveva scelto nomi a caso. Aveva scelto nomi che Deathmask, pur non odiandoli, vedeva legati a storie d’incredibile fastidio. E poi aveva aggiunto il suo.
«Sono davvero curioso di sapere cosa dirai adesso».
 
 
 
Spiazzato, Deathmask impiegò un po’ per riprendersi, appena in tempo per schivare una scarpa volata dritta nella sua direzione. Non aveva visto il colpevole, ma certo non era difficile individuarlo in Aphrodite. Non tanto dalla scarpa in sé – Aphrodite non era l’unico a cercare bellezza e qualità in ciò che indossava – ma dall’intento omicida che l’aveva spedita dritta verso la sua faccia.
Cazzo, non era colpa sua se la pecora si era intromessa così all’improvviso!
Tuttavia, si trattenne dal dirlo ad alta voce, lungi dal farsi sbattere fuori di casa un’altra volta.
 
Si grattò la testa, perplesso, e cercò di ignorare le occhiate penetranti che sentiva bruciargli la nuca; mettere in mezzo Sirio in quel modo era stato un colpo dritto sotto la cintura, perché se anche Deathmask avrebbe potuto facilmente relegare a lui la scelta kill, il fatto di averlo davvero quasi ucciso nel corso della guerra civile rendeva tutto una matassa inestricabile. Offese sarebbero volate, senz’altro, specialmente da Dohko.
Che, per l’appunto, aveva aggiunto ad Aphrodite il suo malcelato intento omicida. Anche se non lo dava a vedere.
 
Dovette pensarci più del dovuto, tanto che Kanon gli abbaiò di darsi una mossa, e l’unica ragione per cui un litigio non si fece presente fu lo sguardo intimidatorio che Shion rivolse a tutti. Un’altra capra di montagna da aggiungere al gruppo, ma una capra ostinata e che li aveva cresciuti non poco.
Perfino Deathmask dovette rinunciare all’idea di prendere a schiaffi l’anguilla affogata ch’era il gemelli.
 
Chiuso il suo  corso di pensieri, il suo fuck, marry, kill fu Mur, Sirio, e Kanon. Anzi, piuttosto che annunciare come avrebbe volentieri affogato Kanon in una ciotola per cani, lo mandò direttamente a quel paese.
Se Milo non lo avesse fermato, gli sarebbe saltato addosso pronto a strangolarlo.
 
 
 
 
 
Ci volle un po’ per calmare gli animi, abbastanza perché quelli fra loro non impegnati a sbranarsi a vicenda mandassero giù un altro giro di bevande. Deathmask, che comunque continuava a guardar storto Kanon, osservò i presenti e decise di prendere Shura come sua vittima.
E decise anche di azzoppare Kanon ancora un po’.
«Ti piacerà chi ho per te», ghignò, mostrando una chiostra di denti bianchissimi.
 
 
 
Shura aveva il sospetto, invece, che non gli sarebbe piaciuto affatto.
E quando disse i nomi, a indignarsi fu Kanon.
 
 
 
«Come cazzo ti permetti di tirare in ballo Rhadamanthys, ti ficco quella fottuta testa così a fondo dove non batte il sole che da granchio ti faccio diventare paguro!».
Sapendo che Deathmask stava provocando lui, non Shura, urlò così forte che la villa sembrava voler venire giù tutto attorno a loro. Provò a scagliarsi su di lui, anche solo per riempire di calci quella faccia da schiaffi, ma si ritrovò bloccato sul posto dalla ferrea presa di Milo, che gli aveva avvolto le braccia attorno al torace e lottava per tenerlo fermo.
Nonostante si divincolasse, però, non riuscì a liberarsi dalla stretta. Furioso com’era, dimenticò perfino di utilizzare il cosmo per spingerlo via.
 
 
 
Milo lanciò un’occhiata a Camus, tacitamente implorando il suo aiuto, e nel giro di pochi istanti Kanon si ritrovò con le gambe bloccate dal ghiaccio. Non una soluzione permanente, ma almeno abbastanza da permettere allo scorpione di riprendere fiato.
«Datti una calmata, razza di idiota», gli diede una manata sulla schiena, anche se la sua intenzione era stata inizialmente uno schiaffo dritto sulla nuca. «È un gioco, se tutti reagissero come te ci saremmo già ammazzati a vicenda».
 
 
 
«Dovrei sopportare le sue provocazioni?!».
 
 
 
A quella, lo schiaffo sulla nuca glielo diede davvero, facendogli scattare la testa all’ingiù per l’impatto: «Deathmask è un coglione, vuoi abbassarti al suo livello?!».
 
 
 
«Coglione a chi, ahò!».
 
 
 
«Fuck Surt, marry Camus, kill Rhadamanthys».
La voce di Shura, nonostante fosse calma, si fece sentire al di sopra del litigio e zittì tutti. «E Milo ha ragione, Angelo. Sei proprio un coglione».
Dargli quei nomi… era una condanna a morte bella e buona. Camus, almeno sembrava non essersene curato troppo, impegnato com’era a reclamare Milo e guardare in cagnesco gli altri litiganti. Ma Surt… non aveva avuto molta scelta se non metterlo lì, anche se mai e poi mai avrebbe tentato di avvicinarsi al guerriero di Asgard un’altra volta.
Cavaliere o no, quella per mano sua era stata una morte che si era incisa troppo a fondo.
E quanto a Rhadamanthys, il suo era stato un escamotage bello e buono; una sottigliezza che nessuno avrebbe notato, ma che aveva messo a tacere Kanon e la sua voglia di versare sangue italiano. La morte, per uno Specter, non era nulla dopotutto.
 
«Tocca a me scegliere, dunque? Mh… Aphrodite».
 
 
 
Giusto a pennello, perché Aphrodite aveva già pronta una rosa fra i denti, con un biglietto di sola andata per il fondoschiena di Deathmask.
 
 
 
A quel punto, perché non movimentare la serata ancora di più?
«Eris, Shun, Angelo».
 
 
 
Un’impercettibile velo di terrore passò sul volto di tutti i presenti alla menzione di Shun. Se lui o Ikki lo fossero venuti a sapere… altro che ira degli dei, si sarebbero bruciati con i fuochi dell’inferno e della volta celeste come intrappolati in una fornace senza fondo.
Aphrodite non era conosciuto per la sua codardia, però, quindi diede un malizioso sorriso e scrollò le spalle: «Rispettivamente? Shun, Angelo, ed Eris». Il nome del Cavaliere d’Argento gli scivolò sulla lingua come un qualche veleno disgustoso, ovviamente avrebbe scelto di ucciderlo. Nonostante l’avesse addestrato per un po’, quell’uomo era quanto di più irritante e irriverente esistesse al Santuario. La sua ossessione per la bellezza come potere aveva fatto saltare i nervi di Aphrodite più del dovuto, in passato.
 
 
 
Aiolos sbuffò una risata divertita: «Non credevo avresti davvero deciso per Deathmask di occupare lo spazio del matrimonio».
 
 
 
Senza guardarlo, gli occhi fissi sui petali sanguigni della sua rosa, Aphrodite sorrise: «Non sceglierei mai nessun altro per quello».
Poi, prima che qualcuno potesse realizzare ciò che aveva appena detto, spostò il suo sguardo brillante su Dohko: «È il turno di chi ha suggerito questo disastro, no? Ho dei nomi interessanti per te».
Davvero interessanti, stavolta. Non malevoli.
Quando li pronunciò, perfino Shion strabuzzò gli occhi.
Kagaho. Albafica. Aldebaran.  
Deliberatamente, non aveva specificato quale Aldebaran, se il loro contemporaneo o il Cavaliere che lo aveva preceduto. Dohko avrebbe potuto decidere da sé.
 
 
 
Non si aspettava un ritorno al passato. Né si aspettava di veder tirato nella questione un uomo come Albafica, con cui Dohko non aveva mai avuto davvero dei contatti. Era Shion quello più vicino a lui, forse si era perfino infatuato del bel Cavaliere di Pesci da giovane.
Tuttavia, doveva ammettere che sì, erano dei nomi interessanti. Forse anche di più.
Anche se si sentì in colpa a dirlo, escluse Albafica a priori dal novero dei due che avrebbero visto la luce. Lo conosceva meno, poco, troppo poco. Non voleva fare lo stesso gioco di Shura e scartare lo Specter, oltretutto. Troppo semplice.
Marry e fuck. Kagaho e Aldebaran.
Contro il suo giudizio più assennato, li pronunciò esattamente in quell’ordine, e Aldebaran si strozzò per la seconda volta. Fortunatamente per tutti, l’accesso di risa tornò a riempire la grande sala dov’erano riuniti. Quando Aldebaran lo guardò ad occhi spalancati, Dohko si limitò a ridere, ma non gli disse a chi dei due si riferiva.
 
«Stiamo arrivando ai punti cruciali! Adesso sì che ci si diverte», esclamò, fregandosi le mani come un mercante che aveva appena imbrogliato un gruppo di ignari viaggiatori. Finalmente, toccava a Kanon! E Dohko, dopo aver scambiato una rapida occhiata con Shion, mostrò un sorriso che fece rabbrividire un po’ tutti.
Era ora di giocare, ma anche di smascherare!
 
«Abadir. Valentine. E… - ghignò ancora più largamente - Saga».
 
 
 
«...».
 
 
«T-tu…?».
 
 
«Cosa…!?»
 
 
«Dohko???!!?»
 
 
Sull’intera stanza cadde un silenzio pregno di tensione e, largamente, incredulità. Dohko aveva appena dato a Kanon il nome di suo fratello?!?
Era un trucco, vero? Un banale trucco per mettere Saga fra i kill un’altra volta, e ridere alle sue spalle. Doveva essere così.
 
Ma Kanon, ch’era rimasto pietrificato dallo shock, sapeva che Dohko aveva agito con molta più scaltrezza. Che aveva un’altra motivazione.
D’improvviso, Kanon si pentì di aver causato una scenata simile, poco prima. Avrebbe dovuto parlargli, dopo quella sera. Chiedere perdono magari, o dare spiegazioni che lui stesso non era mai riuscito a trovare, non per davvero.
E con uno Specter di mezzo, con Valentine di mezzo, non poteva scegliere a cuor leggero chi avrebbe voluto uccidere, e chi no.
Da una parte l’oltraggio a Rhadamanthys, dall’altra quello a suo fratello.
L’unico che davvero era disposto ad etichettare come kill era proprio Abadir, di cui aveva smesso di curarsi tempo addietro.
 
Ma così facendo…
 
«No. Accetto la sconfitta», scosse la testa. «Il prossimo è Shion».
 
 
 
In cuor suo, Shion non si aspettava una risposta. E neppure Dohko.
Annuì, agitando una mano, e sorrise amabilmente: «Sono tutt’orecchi».
 
 
 
«Albafica, Asmita, Saga».
 
 
 
Asmita????
Kanon aveva una vista molto più acuta di quanto si aspettasse. Vero che Shion aveva avuto una – infantile – cotta per l’allora Cavaliere di Virgo, ma era stata quando ancora vestiva l’argento, e neppure lo conosceva. Era, come dire, una cotta da celebrità.
La sua risposta arrivò più semplicemente del previsto, però.
Fuck, marry, kill: Saga, Albafica, Asmita.
Una cotta infantile non garantiva certo un posto nel suo immaginario letto, dopotutto. Anche se, a dirla tutta, una punta di rimorso lo assalì. Nel suo caso, Saga avrebbe forse meritato la forca più di un innocente come Asmita.
 
La sua risposta fece avvampare Dohko, e la reazione degli altri fu una grassa risata. Poi, finalmente, Shion scelse Milo.
 
E gli disse tre nomi che lo inchiodarono a sudare freddo sotto lo sguardo gelido di Camus.
 
Aphrodite. Camus. Kanon.
Ironicamente, tutti e tre caratterizzati da una splendida chioma di capelli sulle sfumature dell’azzurro, quasi come Shion avesse scelto per lui un tipo.
 
 
 
Milo sentì un sapore amaro in bocca, e non osò voltarsi a guardare suo marito. Sapeva che Camus stava sollevando un sopracciglio, così tanto da farlo quasi scomparire alla radice dei capelli. Sentiva le ondate ghiacciate del suo cosmo.
Camus non era mai stato geloso. Non si era mai davvero curato delle chiacchiere che ancora venivano spettegolate riguardo Milo e le sue avventure durante la follia. Erano insignificanti, per lui, dette da persone dotate di poca importanza, sparse ma deboli.
Ma con Shion era diverso, e Shion aveva scelto proprio quelle persone verso cui il risentimento di Camus, sebbene latente, era più radicato. Aphrodite, perché sin dalla giovinezza si era divertito fin troppo nei suoi giochi civettuoli nei confronti di Milo, senza alcune sincerità nelle sue parole ma solo con l’intento di far saltare i nervi a Camus. Kanon perché, in quell’ultimo anno prima della Guerra Sacra, invece di aiutare Milo a superare un trauma di morte mai passato, lo aveva accompagnato lungo una strada sempre in discesa.
 
Milo sapeva che il suo odio non era volontario, e che davvero non poteva definirsi tale, ma non aveva il cuore di rispondere.
Perciò, invece di usare i tre nomi che Shion gli aveva dato, rispose Camus per tutti e tre.
 
 
 
Dopo quella serata, alla Casa di Libra nevicò ininterrottamente per una settimana.
 

N.d.A.
 
So che fuck, marry, kill non è un gioco di vincitori e vinti, ma dubito che i nostri cari Cavalieri d’Oro abbiano pensato di giocare a cuor leggero. Ecco perché tutto il mio parlare di resa e sconfitta, e quant’altro.


Grazie per aver letto!
Lasciate recensioni, se vi è piaciuto o se avete critiche a riguardo. L'importante è restare corretti ed educati.
Chi siamo noi scrittori, dopotutto, senza la parola di voi lettori?
Alla prossima!

ElenCelebrindal
   
 
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