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Autore: Carmaux_95    04/04/2021    7 recensioni
[Immortal Husbands + tooth rotting fluff (perché con questi due non potrebbe essere altrimenti)]
Un semplice gesto può passare inosservato, eppure nella sua semplicità può avere una moltitudine di significati: connessione emotiva, tenerezza oppure giocosità, rispetto o protezione...
"Ancora dopo un millennio erano sempre le piccolezze a definire la loro storia, nei momenti di gioia così come nel dolore: in fondo erano le piccole cose, le azioni quotidiane della gente comune, a tenere a bada l'oscurità.
Semplici atti di gentilezza e amore."
[questa storia partecipa alla challenge “Fammeli shippare” indetta da Kim_ sul foum di EFP.]
[Storia partecipante alla challenge "Solo i fiori sanno" indetta da Pampa313 sul forum di EFP]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Joe / Yusuf Al-Kaysani, Nicky / Nicolò di Genova
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Headbonks

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Non c'è niente di più grande di un piccolo gesto.

Joe non se ne era reso conto subito: si chiamava ancora solo Yusuf quando non aveva capito l'importanza del gesto con cui Nicolò, seduto attorno ad un piccolo fuoco acceso per ripararsi dal freddo, gli aveva porto un sacchetto di frutta secca.

Solo qualche giorno prima Yusuf gli aveva tagliato la gola con un movimento fulmineo – una specie di vendetta per il modo in cui Niccolò lo aveva precedentemente affogato... anche se, volendo proprio essere onesti, era stato lui ad attaccarlo per primo: aveva imparato a suo discapito che il giovane crociato non era affatto uno stupido e infatti, sebbene meno forte a livello fisico, era stato in grado di ribaltare la situazione.

«Cosa vogliamo fare?» aveva biascicato Nicolò, gorgogliando e sputando sangue mentre lo squarcio alla gola cominciava a rimarginarsi. «I due immortali condannati a un'epica battaglia fino al Giorno del Giudizio, con tanto di trombe?*»

Yusuf gli aveva concesso una temporanea tregua ma le sue dita avevano continuato a stringere l'elsa della scimitarra, sempre pronta a incrociare nuovamente la propria lama con quella della spada a doppio filo del crociato nel caso se ne fosse presentata l'occasione.

In quel momento, invece, aveva accettato quella simbolica offerta di pace senza nemmeno rendersi conto del suo significato.

Ora, a distanza di novecento anni Joe ricordava con un sorriso come qualcosa di piccolo come un dattero avesse lentamente trasformato un musulmano e un cristiano che a mala pena si scambiavano una parola – ciascuno immerso nel proprio tormento interiore, nell'arrovellarsi su quale ironia del destino avesse legato nell'immortalità un uomo istigato all'odio e uno sanguinario pur di difendere la propria terra – in Yusuf Al-Kaysani e Nicolò di Genova.

E ancora dopo un millennio erano sempre le piccolezze a definire la loro storia, nei momenti di gioia così come nel dolore: in fondo erano le piccole cose, le azioni quotidiane della gente comune, a tenere a bada l'oscurità.

Semplici atti di gentilezza e amore.**

Cedere il proprio mantello ad un italiano che, abituato ad un clima mediterraneo caldo, nel sonno non riusciva a nascondere i tremiti dovuti al freddo imperdonabile del deserto notturno.

Aiutarlo a radersi la barba che, dopo mesi, era ormai troppo incolta per essere semplicemente regolata. Rispondere con sarcasmo ad una battuta circa la diffidenza sul lasciargli maneggiare un coltello così vicino alla sua gola.
Sorridere di nascosto nello scoprire un piccolo neo di fianco alla bocca...

Appoggiare la fronte sulla sua e chiudere gli occhi mentre finalmente si mettevano a nudo sentimenti a lungo repressi, mentre si rinnegava il senso delle proprie convinzioni... mentre ci si rendeva conto che il vero dono non era stato l'immortalità, ma l'essersi trovati.***

Appoggiare la fronte sulla sua ancora e ancora e sorridere ogni volta come la prima anche se ormai erano passati secoli e un gesto semplice come quello aveva ormai assunto i più svariati significati.



 

***


 

Marrakech non era tra le sue città preferite, ma il balcone della camera che Booker aveva prenotato all'Hotel El Fenn regalava una vista che Joe trovava particolarmente affascinante.

Certo, non affascinante quanto quella che gli si stagliava davanti agli occhi in quel momento. Le braccia incrociate sul petto, inclinò la testa e sorrise a metà tra il malizioso e l'intenerito: sapeva bene cosa Nicky stesse facendo, piegato com'era a frugare nella loro valigia, ma fece finta di niente.

«Hayati****?» lo chiamò. «Cosa combini?»

«Cerco il regalo che ho preso per Andy: so di averlo riposto in modo che non si schiacciasse, ma dev'essere scivolato di lato.»

«È baklava: non credo possa essersi rovinato.»

«Mi dispiacerebbe: è il suo dolce preferito.»

«Lo so bene. Sei ancora dell'idea di scommettere?»

Dopo aver finalmente trovato il pacchettino, ancora tutto intero, Nicky lo depositò sul tavolino del salotto e annuì: «Perché no?»

«Perché non hai mai vinto una sola volta.»

«Sai quante versioni ne esistono? Albanese, araba, bulgara, greca, israeliana...»

«E credi che in più di seimila anni non le abbia già provate tutte?»

«Prima o poi riuscirò a sconfiggere il palato di Andy!» dichiarò puntandogli un dito contro per enfatizzare il concetto. «Dovessi metterci un altro millennio, prima o poi troverò una variante che non conosce.»

«Perché non ne inventi una tu? Sei un bravo cuoco: ne saresti capace.»

«Inventare una ricetta? Ma sarebbe un po' come barare...»

«Sarebbe un gesto molto dolce, invece, proprio come te. Senza contare che il tuo portafoglio ti ringrazierebbe.»

«Cosa vorresti insinuare?»

«Tutte le volte che hai provato a sfidarla ne sei uscito al verde, soprattutto da quando abbiamo trovato Booker, che non perde mai l'occasione di puntare più del necessario o, peggio, che ti dà corda anche quando non ti rendi conto che è una causa persa.»

«Forse...» concesse Nicky a bassa voce. «Ma almeno ogni volta che è successo si sono divertiti e sai quanto è difficile strappare ad entrambi un sorriso.»

Joe gli si accostò e lo strinse a sé da dietro: «Questo mondo non ti merita.»

Nicky ridacchiò e, reclinando la testa e appoggiandola contro il petto del compagno, rispose all'abbraccio, ma quando sentì Joe mordicchiargli una spalla scosse il capo.

«Andy e Booker torneranno presto.»

«È colpa tua.»

«Mia

Il maggiore annuì: «Vuoi negare di esserti sbottonato la camicia quel tanto che basta per provocarmi?» domandò facendo voltare Nicky e tracciando con un dito una linea immaginaria partendo dal mento, scendendo lungo il collo fino allo sterno.

«Non so davvero di cosa tu stia parlando.»

Joe cancellò il ghigno colpevole formatosi sul viso di Nicky con un bacio e facendo scivolare le mani sui suoi fianchi per sfilargli la camicia dai pantaloni.

«Amore...» cantilenò il più giovane con un velo di rimprovero ma senza accennare a sciogliere quell'abbraccio che lo aveva incollato alla parete.

«Sono gli ultimi minuti che passiamo da soli: non vuoi approfittarne?»

Non che Joe avesse realmente bisogno di convincerlo, ma adorava lambirgli le orecchie e sentire i brividi increspare la sua pelle diafana.
Era così che lo vedeva – diafano e puro come gli angeli di quel Credo che Joe non condivideva ma rispettava – e sarebbe rimasto lì anche per ore ad abbracciarlo e a comporre poemi in proposito e che avrebbero avuto il suo Nicolò come unico uditore oltre che protagonista... lusingandolo, imbarazzandolo e strappandogli uno di quei sorrisi aperti che così raramente si concedeva, se non in sua presenza.
Era così che lo vedeva anche quando “casto” certo non era.
Certo non ora che le sue labbra rifuggivano quelle di Joe con giocosità mentre le mani gli accarezzavano la schiena insinuandosi sotto i vestiti.
Certo non durante tutte le notti passate ansimando e mugolando sulle labbra dell'altro innalzando il suo nome ad una litania, allacciandosi ai suoi fianchi o scivolando fra le sue gambe ancora e ancora, mai del tutto sazio.

Sfortunatamente le stoiche previsioni di Nicky si rivelarono, come sempre, esatte e qualche colpo alla porta li avvertì del fatto che Booker e Andy erano finalmente tornati in albergo.

Joe borbottò a bassa voce, strappando un altro sorriso all'italiano.
Quest'ultimo gli strinse delicatamente il mento fra le dita per impedirgli, ancora per qualche istante, di allontanarsi: sollevandosi dal muro chiuse gli occhi e appoggiò la fronte sulla sua.

Forse non c'era stato tempo per fare altro ma come sempre – come al termine di quelle notti quando, allorché ormai albeggiava, si trovavano accaldati ma ancora abbracciati l'uno all'altro – bastava quel gesto per dire tutto senza pronunciare una parola, per unire per l'ennesima volta le loro anime predestinate.



 

***


 

Come Joe l'adocchiò, sgranò gli occhi e un sorrisetto incurvò le sue labbra.

Si avvicinò a Nile, che stava scandagliando uno degli stand appendiabiti del negozio.

«Posso chiederti un favore?» sussurrò e, fingendo indifferenza e imitando i suoi gesti, si guardò intorno con circospezione.

«Di cosa si tratta?» domandò la ragazza afferrando finalmente uno dei capi e ispezionandolo per controllare che non fosse rovinato.

«Ho bisogno che tu trattenga e distragga Nicky.»

La ragazza sollevò lo sguardo: «Cosa stai tramando?»

«Tu tienilo impegnato. Solo per qualche minuto.»

«Siamo in un negozio d'abbigliamento: come faccio a tenerlo occupato? Non c'è niente che Nicky odi più del fare questo genere di compere.»

Non poteva darle torto.
Essere immortali significava poter sopravvivere ad una pioggia di proiettili... ma significava anche doversi rifare il guardaroba al termine di ogni missione: se volevano continuare a passare inosservati certo non potevano andare in giro con i vestiti bucherellati dai proiettili e imbrattati di sangue ormai rappreso.
Fosse stato per Nicky, questo genere di commissione si sarebbe ridotto all'entrare nel primo negozio a caso e comprare qualche maglietta anonima che tanto, presto o tardi, sarebbe andata a far compagnia ai cadaveri delle precedenti. Dopotutto, nella sua prima vita aveva imparato ad accontentarsi di poco e ad apprezzare la semplicità: un saio che lo tenesse al caldo e un cappuccio per ripararsi dalla pioggia erano più che sufficienti.
Joe invece, ancora prima di conoscerlo, trafficava e commerciava già in tessuti pregiati e stoffe d'alta classe: ad oggi, quando entrava in un negozio, studiava e apprezzava l'evoluzione che la moda aveva subito nel corso dei secoli desideroso di farla sua.

«Ormai un pochino dovresti conoscerlo: non sarà mai capace di rifiutare se gli chiederai aiuto, qualunque sia il motivo o la situazione.»

Consapevole di avere ragione, si allontanò prima che Nile potesse rispondere. Raggiunse il bancone adocchiato da lontano, cominciò a frugare tra i capi lì ripiegati cercandone uno che fosse della taglia giusta e, trovatolo, si affrettò a raggiungere le casse prima che si formasse coda.

Quando, una volta pagato e nascosto il tutto in uno dei sacchetti che già aveva in mano, tornò sui suoi passi, non riuscì ancora una volta a trattenere un sorriso.

A quanto pareva Nile era riuscita a trovare una scusa valida – “Sto cercando un regalo per Joe: il suo compleanno si avvicina. Tu hai più o meno la sua stessa taglia: posso sfruttarti come modello?” – e Nicky, per quanto a disagio, si era riconfermato troppo buono per sottrarsi, perfino ad una “tortura” come quella.

«Allora? Cosa ne pensi?» gli domandò la ragazza mentre Joe, incrociando le braccia sul petto, fermava ad osservarli poco distante.

Nicky studiò il proprio riflesso nello specchio, esaminando con poca convinzione i nuovi pantaloni che indossava. «Penso che dovrai comprarli per forza.»

«Sono contenta che ti piacciano!»

«Non proprio... è che sono talmente stretti che non riuscirò più a togliermeli: ormai fanno parte della mia pelle.»

Nile scoppiò a ridere e non perse il buon umore nemmeno quando, con una piccola smorfia, tornò a guardarlo: «Non ti piacciono, eh?»

«Mi dispiace: non sono bravo in queste cose. Non sono al passo con i tempi per quanto riguarda... questo: non me li sento bene addosso, ma per Joe è tutta un'altra storia. Personalmente non potrò che ringraziarti se glieli regalerai.»

Personalmente, anche Joe si sentì di ringraziarla mentalmente – anzi, non solo mentalmente: come Nicky scomparve nel camerino, andò a darle di gomito – per quel breve spettacolo che gli aveva inconsapevolmente regalato: forse non se li sentiva bene addosso, ma caspita se gli stavano bene.

Strinse fra le mani il sacchetto: non vedeva l'ora di tornare a casa.
Fortunatamente Nile non ci mise molto per trovare finalmente una giacca con cui sostituire quella vecchia, ormai inutilizzabile in seguito all'ultima missione che avevano portato a termine appena il giorno prima.

Durante il viaggio di ritorno per Joe non fu facile mantenere un'espressione anonima per non tradirsi.
Aspettò il dopocena, quando ciascuno si ritirò nella propria camera, per tirare fuori il sacchetto e porgerlo a Nicky, seduto al suo fianco a gambe incrociate sul letto.

«Qual è l'occasione?» domandò sorpreso.

«Mi serve una scusa per viziare l'amore della mia vita?»

Tu lo fai sempre con me.
Non in modo così palese – tranne quando gli portava la colazione a letto – ma probabilmente più assiduo: in tutta onestà, per esempio, Joe non riusciva a ricordare un solo giorno in cui Nicky non gli avesse dedicato una carezza gratuita, un bacio fra i capelli o un abbraccio da dietro mentre lui era seduto davanti al suo cavalletto privo di ispirazione. In quei momenti la superficie sconfinata della tela cominciava a rimpicciolirsi e il pennello iniziava a danzare sulla sue superficie ruvida, guidato e irretito da quelle adulazioni.

Nicky scartò con curiosità il pacchetto, ma facendo attenzione a non rovinare la busta: i suoi occhi si illuminarono e una risata proruppe dalle sue labbra mentre ne tirava fuori, per spiegarla sul copriletto, quella che era appena diventata la sua felpa preferita.

«È proprio vero» commentò accarezzandone il tessuto. «La prima cotta non si scorda mai.»

«Ti piace?»

«Se mi piace? La adoro!»

Le maniche, così come il collo e il cappuccio avevano una fantasia ad anellini in ferro, mentre il busto imitava una sopraveste bianca al cui centro spiccava una croce rossa fin troppo familiare*****.

«Non sono riuscito a trattenermi: l'ho vista e non potuto non pensare a te!» Joe lo avvicinò a sé e gli depositò un bacio dietro l'orecchio.

«Ti infastidisce?» gli domandò Nicky improvvisamente, cogliendolo di sorpresa.

«Che cosa?»

«Che preferisca una felpa ad un capo di moda. Oggi quando eravamo in quel negozio ti ho visto nel riflesso dello specchio e sembravi particolarmente contento che Nile mi avesse incastrato in quella trappola mortale...»

«Erano dei semplici pantaloni» ridacchiò Joe accarezzandogli la nuca. «Come ti viene in mente, comunque?»

Nicolò non si era mai considerato bello****** e Joe ancora non capiva proprio il perché.
Che fosse il naso importante?
Che fosse quel neo leggermente sporgente vicino all'angolo della bocca?
Eppure Joe adorava tratteggiare a matita il profilo italiano del suo naso quando lo ritraeva nei suoi sketchbook, così come ripensava con un certo affettuoso imbarazzo alla prima volta che, secoli addietro, aveva visto le guance glabre di Nicolò: scoprendo quel piccolo punto di squisita imperfezione non era riuscito a trattenersi e aveva allungato una mano come per sfiorarlo ma quando il crociato, all'ultimo, gli aveva scoccato un'occhiataccia in tralice, aveva finto di scacciare un insetto inesistente.

Mettendosi in ginocchio sul materasso, gli fece sollevare le braccia e, recuperata la felpa, gliela fece indossare, spettinandogli i capelli.
Gli fece calzare il cappuccio e posò la fronte sulla sua: non avrebbe cambiato una virgola del suo uomo, né in quanto ad aspetto né tanto meno in quanto a carattere. Lo amava e rispettava per quello che era, nei pregi come nei difetti.

In fin dei conti, poi, la bellezza non si trovava nel viso, quanto nella luce del cuore******: che avesse i capelli lunghi o corti, che indossasse un capo firmato o una maglia sdrucita come suo solito, Joe aveva sempre trovato la sua gentile semplicità di una bellezza disarmante.

Prese fra le dita i cordini che spuntavano dallo scollo della felpa e, le fronti ancora congiunte, li tirò con un colpo secco, stringendo il cappuccio così tanto da imprigionarvi dentro tutta la testa di Nicky che sussultò ed emise un verso strozzato.

Joe scoppiò a ridere e lo inchiodò al materasso tenendolo per i polsi perché non riuscisse a liberarsi. Si chinò su di lui e, sebbene lo avrebbe volentieri riempito di baci dalla testa ai piedi, si limitò a depositargliene uno sulla punta del naso, l'unica parte del viso che spuntava ancora dal cappuccio chiuso.


 

***


 

Joe strinse la presa senza nemmeno rendersene conto. Gli occhi serrati, nascose il viso contro la nuca di Nicky. Come colto da uno spasmo, le sue braccia si serrarono di nuovo attorno al corpo del compagno, stringendolo ancora di più a sé.

«Joe?» Quel primo sussurro non fu sufficiente a svegliarlo.
Solo quando avvertì Nicky rigirarsi in quello che in origine era un abbraccio ma che si era trasformato in una morsa e una mano posarsi sulla sua spalla riuscì a schiudere gli occhi. Saettarono rapidamente, cercando immediatamente di mettere a fuoco l'ambiente che lo circondava.

Nella stanza penetrava un velo di luce, segno che ci doveva essere qualcuno in salotto: pur sentendo Nile sospirare nel sonno rigirandosi fra le coperte e riconoscendo il russare di Booker, a due brandine di distanza, Joe impiegò qualche momento di troppo a dedurre che si doveva per forza trattare di Andy.

«Ehi» sussurrò Nicky, richiamando la sua attenzione.

«Scusami.»

Boccheggiava ancora e per quanto più robusto di lui, gli sembrò improvvisamente piccolo e fragile. «Va tutto bene.»

Nicky aveva sempre avuto il sonno leggero e Joe ne era consapevole: spesso bastava il minimo rumore a svegliarlo e, come se non bastasse, come apriva gli occhi era già presente a sé stesso, conscio di cosa gli stava succedendo intorno. Da un certo punto di vista non c'era da stupirsi che due borse scure decorassero molto spesso i suoi occhi. Joe invece, dal canto suo, aveva bisogno di una discreta quantità di tempo perché che gli arti cominciassero a rispondere e una buona dose di caffeina perché anche gli ingranaggi del suo cervello si mettessero in moto.

Pensandoci si sentì quasi in colpa ad averlo svegliato.

«Incubi?»

Ripiegò le labbra e distolse lo sguardo – come se avesse mai potuto ingannarlo – per poi scuotere la testa: «Dormivo come un sasso.»

«Un sasso che rotola giù da una scarpata.»

La mano di Nicky risalì lungo il braccio di Joe, che ancora gli cingeva il fianco, e si depositò sulla sua guancia, accarezzando la barba soffice che la ricopriva.

Ogni tanto Nile li prendeva affettuosamente in giro per il modo in cui avevano bisogno di starsi così vicino. Una volta aveva detto loro che dormire “a cucchiaio” era tipico delle coppie alle prime armi e che certo non se lo sarebbe mai aspettata da parte di due ultracentenari.
Ma a loro non importava e, notte dopo notte, non avevano mai smesso di cercarsi come le prime volte.

«Mi dispiace averti svegliato per uno stupido incubo.»

«Non è una cosa stupida.»

Mormorò qualcosa, un po' in italiano e un po' in arabo, mescolando le loro lingue in quella specie di dialetto misto che solo loro due comprendevano. Quelle parole erano per Joe e per nessun altro, anche se la casa sicura dove si erano dovuti nascondere non era così spaziosa da garantire una camera da letto a tutti e li aveva costretti a cercare un po' di riposo su giacigli improvvisati e accostati gli uni agli altri come si faceva in un campeggio.

Gli si avvicinò ancora di più, socchiudendo gli occhi mentre le punte dei loro nasi si sfioravano: «Yusuf» lo chiamò accarezzando il suo nome con una morbidezza che gli strappò un sospiro.

«Nicolò...»

«Quanto tempo è passato dall'ultima volta che hai avuto un incubo tale? Saranno almeno duecento anni.»

Gli occhi chiusi, Joe annuì: «Eravamo a Malta.» Con un risolino allusivo, inseguì il ricordo della centesima luna di miele che avevano festeggiato insieme nel loro nido d'amore a ridosso del mare: «Ma non credo che potrai farmi rilassare nel medesimo modo...»

Anche Nicky sorrise.

«Hai sempre vegliato su di me, cullandomi e proteggendomi ogni notte: sei stato il mio angelo custode.»
Congiunse la fronte con la sua in un bacio casto, sincero e profondo che sapeva di sostegno e devozione.
«Ora lascia che sia io a prendermi cura di te.»
Gli accarezzò la barba e poi i capelli, insinuando le dita fra i ricci scuri, accarezzandoli delicatamente e tirandoli appena, per poi tornare a dedicarsi al suo collo finché non sentì Joe rilassarsi. «Ti piace?»

Yusuf annuì, senza aprire gli occhi.

«Allora continuo finché non ti addormenti, habibi********.»




 




 

 

Angolino (quale -ino?) autrice

Salve! ^^

Questa è la prima volta che mi addentro, come scrittrice nel fandom di The Old Guard e ammetto di essere un po' emozionata! *^*

Questa shottina partecipa alla challenge “Fammeli shippare” indetta da Kim_ sul foum di EFP.

Ecco qui un po' di notine per completare il testo e per aiutare la giudiciA che non conosce il fandom ^^ (e poi non sarei io se alla fine di una storia non scrivessi un papiro di note lungo un chilometro e mezzo).

Innanzitutto, tutta questa piccola storia senza troppe pretese nasce letteralmente da una scena di meno di mezzo secondo di film:

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In un articolo che ho letto in seguito alla visione del film ho scoperto che inizialmente c'era anche un'altra scena in cui questi due si scambiavano una “testata affettuosa”, ma che purtroppo alla fine è stata tagliata (Nuoooo!!!)... e niente, ho dovuto “rimediare” in qualche modo.

La seconda scena, quella a Marrakesh, si ricollega direttamente alla prima scena del film in cui compaiono Joe e Nicky e vuole essere una sorta di missing moment precedente a quella scena ^^

[scusate, in questa shottina come nelle note ci sono settemila asterischi ma purtroppo non ho ancora imparato a creare le note numerate con i collegamenti che rimandino direttamente al fondo della pagina senza dover scrollare... SCUSATE '^^]

*citazione presa paro paro da “Pirati dei Caraibi – La maledizione della prima luna” perché, scusate, ma era perfetta XD

**citazione da “Il Signore degli Anelli – Il ritorno del Re”

***qui faccio riferimento a quanto detto in proposito da Greg Rucka, autore del fumetto da cui è stato poi tratto il film: “They have what they have because they have this gift. They meet killing each other, and only within that discovery that they can’t do it are they able to put down all this bullshit about religious hatred, about these cultural mandates, and look at each other and be like, “You know what? You are magical to me. My blessing isn’t that I get an eternal life. My blessing is I found you”.”

****Hayati in arabo significa “vita mia”

*****ho trovato la foto di questa felpa non ricordo se su pinterest o su facebook... ma comunque non potevo non approfittarne! Chiaramente il gioco di parole gioca sul doppio significato di “cotta”, come “infatuazione” e come “cotta di maglia”.

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******qui, invece, faccio riferimento a quanto affermato da uno dei disegnatori (se non sbaglio) di uno dei nuovi albi che dovrebbe uscire proprio questo mese: “Nicky is not, in the comic version, and is not wanted to be a too beautiful character. On the contrary... the attractiveness of the character goes the other way, because of his personality. One of the characteristics of the character is that he is very warm, very human, very sweet. He is a good guy and at the same time very affectionate.

*******citazione di Khalil Gibran

********Habibi, sempre in arabo, dovrebbe voler dire “amore mio”.

Che altro dire (come se non avessi già scritto TROPPO)? Kim, se vedrai il film vedrai che Joe disegna e dipinge e che questi due dormono davvero abbracciati.

Ok basta, la smetto di rompere e mi eclisso!

Ringrazio chiunque sia arrivato a leggere fino in fondo! ♥

Spero di avervi strappato un sorriso e di non avervi fatto venire troppo diabete.

A presto! ^^

Carmaux


 

P.S. Un pensiero vola direttamente a Sam_Hetfield, lei sa perché ♥


 

  
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