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Autore: Jules10    05/04/2021    0 recensioni
" [...] Sua nonna era stata l’ultima donna della sua vita ad aver saputo leggere. Già sua madre, prelevata in giovane età e sbattuta in un istituto di Disindividualizzazione, non aveva appreso altro che non fossero le nozioni base per la sua futura mansione. Sua nonna era una donna estremamente dolce, questo Nulla lo ricordava bene. I suoi occhi – solcati da piccole e delicate rughe – brillavano ancora estatici a leggere le parole dei fratelli Grimm o i sonetti di William Shakespeare o le riflessioni nichiliste di Nietzsche. Il blu delle sue pupille era il più limpido e trasparente che Nulla avesse mai visto nella sua vita. Riguardo alla sua scomparsa invece, i ricordi erano sempre stati estremamente complicati da rimettere in ordine. Poteva forse sospettare che il Sistema avesse manipolato quella parte della sua memoria? Poteva spingere a tanto il proprio pensiero Individualista? Ma del resto, per quanto ne sapesse, non esisteva nulla che potesse avere un simile effetto sulla mente dell’uomo, individualizzato o disindividualizzato che fosse".
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I pensieri di Fango Monch erano sempre stati molto elementari. Un filo teso da un punto A ad un punto B, che si dipanava senza ostacoli o interruzioni in linea retta. Così elementare che qualsiasi altro tipo di ragionamento risultava per lui cerebralmente fastidioso se non impossibile. In quelle rare occasioni, come se una formica gli si fosse arrampicata su per le gambe fino ad arrivare alle tempie, gli prendeva un formicolio al lato della testa. Laddove supponeva il suo cervello fosse così vicino alla scatola cranica da solleticargli le ossa. Allora, solo grattandosi con le unghie lunghe e incrostate di terra, poteva dare sollievo alla nevrastenia che sentiva montare in lui. Sua madre del resto, i cui occhi avevano visto tempi migliori, amava riflettere nella solitudine della propria stanza lontana da sguardi indiscreti. Ogni sera, dopo che aveva messo Fango Monch a letto, imbucandogli ben bene le coperte sotto il corpo dinoccolato e rigido come un tronco di frassino, si sdraiava sul materasso e apriva silenziosamente la cassettiera accanto a sé. Ne traeva un libello piccolo e rosicchiato dalle termiti. In piccole lettere dorate vi si poteva leggere Philosophiea Naturalis Principia Mathematica. Tanto era piccolo quel volumetto tanto grande era il godimento che Nulla Monch ne ricavava sfogliandolo. Naturalmente, non aveva mai imparato a leggere. Ricordava con nostalgia, in mezzo ai fumi evanescenti della memoria, il volto di sua nonna chino sui libri mentre le raccontava favole e fiabe delle quali conservava solo immagini mentali. Su un telaio malsicuro e cigolante aveva tentato di mettere assieme le parole, assicurandosele il più saldamente possibile nella testa. Ma senza un supporto era difficile che sopravvivessero all’azione logorante del tempo. Poteva vederlo in Fango Monch. Qualsiasi concetto, anche il più elementare, attecchiva in lui quel tanto che bastava per scatenare l’azione immediata che da lui era richiesta. “Ad ogni istruzione segue una reazione”. Questo era il motto sul quale il sistema si reggeva. Ma lei sapeva che esisteva altro. O meglio era esistito. Sua nonna era stata l’ultima donna della sua vita ad aver saputo leggere. Già sua madre, prelevata in giovane età e sbattuta in un istituto di Disindividualizzazione, non aveva appreso altro che non fossero le nozioni base per la sua futura mansione. Sua nonna era una donna estremamente dolce, questo Nulla lo ricordava bene. I suoi occhi – solcati da piccole e delicate rughe – brillavano ancora estatici a leggere le parole dei fratelli Grimm o i sonetti di William Shakespeare o le riflessioni nichiliste di Nietzsche. Il blu delle sue pupille era il più limpido e trasparente che Nulla avesse mai visto nella sua vita. Riguardo alla sua scomparsa invece, i ricordi erano sempre stati estremamente complicati da rimettere in ordine. Poteva forse sospettare che il Sistema avesse manipolato quella parte della sua memoria? Poteva spingere a tanto il proprio pensiero Individualista? Ma del resto, per quanto ne sapesse, non esisteva nulla che potesse avere un simile effetto sulla mente dell’uomo, individualizzato o disindividualizzato che fosse. Ciò che Nulla ricordava e che sua madre ricordava e che Fango si era sentito raccontare, era che un giorno la nonna se n’era partita. Aveva raccolto i pochi libri sopravvissuti alla Grande Bonifica – Pirandello, Dostoevskij e persino Marquez – i vestiti che le erano rimasti, le foto del nonno ed era scomparsa. Sua madre non sembrava aver sofferto molto di quel distacco. Sarebbe stato come piangere la perdita di una cellula, pur sapendo che un’altra ne avrebbe preso subito il posto, le aveva spiegato con pacatezza. La Disindividualizzazione era chiara dal quel punto di vista. E forse Nulla era giunta ad ammettere con se stessa, forse nemmeno a lei mancava molto la nonna. Forse avrebbe sentito più la nostalgia delle sue storie perché le avevano insegnato come creare qualcosa che non esisteva. Seppure fosse solo nella sua testa. Da quando sua madre era molto giovane, il patrimonio dello scibile e del creabile era stato portato tutto alla luce del sole. Che senso poteva avere la creazione, laddove non c’era più nulla da scoprire? E questo lei lo sapeva bene. Eppure nella sua testa, quando la nonna le leggeva i racconti di un tempo passato, qualcosa ricominciava a funzionare. A indagare, frugare, cigolare, impastare. Vedeva il tramonto dalla sommità di luoghi che non aveva mai visitato, sentiva sulla pelle il tocco di un vento che non conosceva, abbracciava corpi che non le era permesso desiderare. Il piccolo libello che, nascostamente e silenziosamente traeva fuori dalla cassettiera dopo aver addormentato Fango Monch era l’unica cosa che le fosse rimasta a dimostrazione che la nonna, dopotutto, era esistita. Doveva farlo in segreto però, poiché sospettava che molti non avrebbero capito. E taluni l’avrebbero potuta anche guardare di traverso per quel comportamento Individualistico. Cosa c’era nel libro di quel tale, Isaac Newton, ad attirarla tanto, lei non avrebbe saputo dirlo. E che fosse di Isaac Newton e che si chiamasse Philosophiea Naturalis Principia Mathematica erano alcune delle poche cose che ne sapeva a riguardo. Glielo aveva regalato la nonna, ovviamente. “Parla della luna e di una mela” si era sentita dire, di fronte al proprio sguardo interrogativo e corrucciato. E quella era l’altra cosa che sapeva dello scritto di Isaac Newton. La nonna non glielo aveva mai letto.“E cosa c’entra la luna con una mela?” le aveva risposto lei, sperando forse di spingerla a cambiare regalo. “Molto più di quanto tu possa immaginare – la nonna l’aveva tirata su con leggerezza e se l’era messa sulle gambe – non sono una semplice luna e una semplice mela!”. “Ah, no?”. “No, piccola mia. Questo libro qui – aveva scandito ben bene, sventolandole il libello davanti agli occhi, ora un po’ più interessati – parla proprio di quella luna e di quella mela dalla quale è nato il mondo in cui viviamo noi oggi”.

Nulla non avrebbe saputo spiegare a parole quella sensazione. Quella leggera vibrazione che si era sentita scorrere lungo la schiena. Ed anche, ma di quello non si era posta molto il problema all’epoca, quel retrogusto desolato che aveva assunto la voce della nonna. “Non capisco” aveva sussurrato, senza poter impedire alla propria coscienza di esprimere tutto lo sconcerto e la confusione che le aleggiava nella testa. “E’ successo molto, molto prima che io nascessi. – la nonna aveva posato il libricino sulla tavola e l’aveva circondata con le sua grandi braccia – molto, molto, moltissimo tempo prima che tu nascessi. Allora il mondo era molto diverso da com’è oggi. Nessuno sapeva cosa fosse la Disindividualizzazione, la Grande Bonifica o il Giorno dell’Appiattimento. Uomini e donne vivevano secondo le leggi delle biologia, della scienza e dell’arte”. Nulla aveva distintamente sentito le sue viscere attorcigliarsi e il suo cervello muoversi convulso involvendo su se stesso. “In mezzo al corso della vita com’era allora, in quell’apparente caos umano, Isaac Newton – proseguiva la nonna, come se non fosse consapevole dell’effetto che le sue rivelazioni potessero avere sulla nipote – trovò la formula dell’Ordine. Egli soltanto, e per primo, suggellò il concetto della Razionalizzazione del Pensiero. Una scoperta che ebbe poi, e sfortunatamente, degli effetti devastanti”. “Devastanti?” ripeté Nulla, facendosi rotolare quella parola sconosciuta in bocca. “Si, devastanti – mormorò sognante la nonna – certo lui non voleva che quel concetto, nato esclusivamente nel campo della scienza, fosse applicato all’economia o alla politica, che dir si voglia. Trarre l’unicità dalla molteplicità, assoggettare fenomeni ed esperienze diversissime le une dalle altre, ad un solo sistema di idee, è sempre stata un’utopia dell’uomo da tempo immemore. Per ordinare il caos, soverchiare l’anarchia. E fintanto che tali forze, imbrigliate e canalizzate in un unico paradigma concettuale, fossero rimaste localizzate nei campi che Newton aveva immaginato…beh, la poesia, la filosofia e l’Arte tutta, ne avrebbero continuato a giovare senza sfociare in altro”. A Nulla sembrava impossibile riuscire a fermare quel fiume impetuoso e insensato di parole. Sospettava ormai che la nonna parlasse più a se stessa che a lei. Tanto più che, non avrebbe mai potuto comprendere il significato di tutti quei termini, quelle reminiscenze di un passato che non riusciva nemmeno a concepire. “Nonna, ho fame” disse, alzando un po’ la voce, nel tentativo di attirarne l’attenzione. Le parole cessarono. Per un attimo Nulla fu atterrita nel constatare che tutta quella massa di ricordi non solo la confondeva, ma la spaventava, come se portasse con sé l’inevitabilità di una Verità che esigeva invece di essere analizzata. Ma poi, un sollievo subitaneo la avvolse, facendole dimenticare già tutto. “Ma certo, bambina mia – le rispose la nonna, seppur con una voce che sembrava provenire da molto lontano – ora ti preparo qualcosa”. Posandola delicatamente a terra, fece leva sulla sedia e si trascinò a fatica verso la cucina. Nulla si sentiva più leggera ora che la nonna aveva smesso di raccontarle tutte quelle cose. Isaac Newton era un uomo davvero difficile da comprendere. Voltandosi verso la porta d’ingresso per richiamare il gatto – al quale adorava lanciare qualche briciola della sua merenda – vide in un battito di ciglia la porta della camera di sua madre chiudersi di scatto. In quella breve frazione di secondo, era quasi convinta di averne scorto l’occhio, fare capolino sospettosamente nello spiraglio. Chissà cosa ne pensava lei, di quel tale Isaac Newton.

“L’individualismo distrugge la Disindividualizzazione. Un bravo Disindividuo combatte l’Individualismo”. Il motto della nuova società si ergeva, a lettere mastodontiche, sopra la facciata dell’edificio comunale. Ovunque occhio umano potesse cadere, quella frase era reiterata all’infinito, fino alla nausea. Con diversi font, dimensioni, colori scandiva il primo dogma dell’Appiattimento Sociale. E accanto – da che se ne aveva memoria – compariva il numero telefonico con il quale “ogni onesto Disindividuo era esortato a denunciare chiunque contravvenisse alle norme ortodosse imposte dopo la Grande Bonifica”. Ciò che era ormai passato alla storia con quel termine, era in effetti stato un periodo buio e pieno di terrore. Anni di oscurantismo, obnubilazione delle conoscenze, persecuzione. Ufficialmente del resto, la Grande Bonifica era descritta come la manovra indispensabile che il Governo aveva dovuto mettere in atto per salvare la società e i cittadini. Si era arrivati ad un punto in cui la cultura, il raziocinio e le conoscenze dell’uomo ne avevano minato la felicità gettandolo in una nevrastenia isterica. I governanti allora – in ottemperanza alle loro mansioni di custodi della stabilità pubblica -  si erano dovuti rimboccare le maniche per salvare i sottoposti da loro stessi. In quella nuova visione, concepita da menti di gran lunga più elementari, tutto ciò che nel passato era superfluo era stato reciso come si fa con le spine sul gambo di una rosa. Per godere della bellezza e del profumo del fiore, si elimina ciò che potrebbe ferire una mano incauta e avventata. Per questo, Nulla ricordava ancora – seppur vagamente come la maggior parte dei ricordi della sua infanzia – lo sfrigolio delle fiamme nei Grandi Falò. Gigantesche pire che i funzionari statali avevano fatto erigere al centro della città e sulle quali erano stati accatastati libri, foto, diari. Come bruciavano i violini e come era secco il rumore delle loro corde che, improvvisamente, venivano divelte dal ponte. Come scomparivano velocemente le tele quando le fiamme iniziavano a mangiarle dal centro – cancellandovi le pennellate pesanti e i colori. Che odore persistente e pesante lasciavano nell’aria le fotografie, piene di volti e di ricordi. Nulla aveva bene impresso invece, e chissà per quale motivo, il profilo della nonna che si stagliava netto sul calore accecante delle fiamme. Se ne stava ritta, ma leggermente incurvata dalla vecchiaia, con lo sguardo fisso sui libri che bruciavano. Tutti quelli che amava sfogliare nella tranquillità della sua stanza, che aveva sempre letto a Nulla nei ritagli di tempo dal lavoro in bottega. Li guardava scomparire, mentre delle lacrime silenziose e sottili le solcavano il viso. Nulla si era persa ad osservare quei rigagnoli salini che si incanalavano nei solchi delle sue rughe e che poi, ma non con poca difficoltà, saltavano nel vuoto staccandosi dalla leggera peluria bianca che le cresceva sul mento. La nonna avrebbe iniziato ad etichettare, da quel momento, la Grande Bonifica come “l’atto finale del dramma della sua vita”. Nulla, accovacciata ai suoi piedi mentre si faceva intrecciare i capelli, non avrebbe potuto cogliere il senso di quelle parole nemmeno se lo avesse voluto. Sapeva solo che quattro libri soltanto erano riusciti a salvarsi da Grandi Falò. La nonna, che già sapeva come la lettura non fosse vista di buon occhio, li aveva nascosti sotto una tavola del pavimento in legno. Il Fu Mattia Pascal, Delitto e Castigo e L’amore ai Tempi del Colera erano tutti i volumi che il nonno le aveva lasciato prima di partire per la Muraglia. E così lei se li teneva stretti, nascondendoli cautamente ad occhi ed orecchie indiscreti. Il libello di Isaac Newton del resto, era sempre rimasto nella sua cassettiera, e non sembrava darle troppo pensiero.
  
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